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Pellegrino della gioia del Vangelo

Pellegrino della gioia del Angelo

LOGO1«Vengo da voi come pellegrino della gioia del Vangelo, per condividere con tutti la pace del Signore e confermarvi nella stessa speranza. Pace e speranza condivise tra tutti». Saluta così, Papa Francesco, tutti i «fratelli e sorelle di Cile e Perù» in un videomessaggio inviato, come consuetudine, a pochi giorni dalla partenza per il suo viaggio apostolico in programma dal 15 al 22 gennaio c.a.

«Desidero incontrarvi voi, guardarvi negli occhi, vedere i vostri volti e potere, tutti insieme, sperimentare la vicinanza di Dio, la Sua tenerezza e misericordia che ci abbraccia e consola», annuncia Francesco. E dice di conoscere «la storia» dei due Paesi sudamericani, «tessuta con impegno, dedizione». «Desidero insieme a voi – aggiunge – rendere grazie a Dio per la fede e l’amore per Dio e per i fratelli più bisognosi, specialmente per l’amore che voi avete verso coloro che sono scartati dalla società».

«La cultura dello scarto ci ha invaso sempre di più», osserva il Pontefice. Per questo, assicurando di voler condividere con la popolazione cilena e quella peruviana «gioie, tristezze, difficoltà e speranze», incoraggia: «Non siete soli, il Papa è con voi, la Chiesa intera vi accoglie, la Chiesa vi guarda».

Insieme, prosegue Bergoglio nel filmato, possiamo «sperimentare la pace che viene da Dio, tanto necessaria; solo Lui ce la può dare. È il regalo che Cristo ci fa, a tutti, il fondamento della nostra convivenza e della società; la pace si basa sulla giustizia e ci permette di incontrare istanze di comunione e di armonia». La pace «bisogna chiederla costantemente al Signore e il Signore la dona». È «la pace del Risorto» che «porta la gioia e ci incoraggia ad essere missionari, ravvivando il dono della fede che ci porta all’incontro, alla comunione condivisa di una stessa fede celebrata e donata».

Questo incontro con Cristo «ci conferma nella speranza», ribadisce il Vescovo di Roma: «Non vogliamo rimanere ancorati alle cose di questo mondo, il nostro sguardo va molto oltre, i nostri occhi sono riposti nella Sua misericordia che cura le nostre miserie. Solo Lui ci dà la spinta per alzarci e andare avanti» sottolinea, affermando che «toccare con mano questa vicinanza di Dio ci rende comunità viva che è capace di commuoversi per coloro che sono accanto a noi e compiere passi fermi di amicizia e di fraternità. Siamo fratelli che escono per incontrare gli altri per confermarci in una stessa fede e speranza».

A conclusione del videomessaggio, il Papa mette «nelle mani della Vergine Santa, Madre d’America», il suo viaggio apostolico e tutte le intenzioni che ognuno porta nel proprio cuore, «perché Lei, come buona Madre, possa accoglierle e insegnarci il cammino verso Suo Figlio».

Venite e vedrete

Dal Vangelo di Giovanni       Gv 1, 35-42

14 gennaio1Il giorno dopo Giovanni stava ancora là con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: «Ecco l’agnello di Dio!». E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù. Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: «Che cosa cercate?». Gli risposero: «Rabbì – che, tradotto, significa Maestro –, dove dimori?». Disse loro: «Venite e vedrete». Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio.

Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. Egli incontrò per primo suo fratello Simone e gli disse: «Abbiamo trovato il Messia» – che si traduce Cristo – e lo condusse da Gesù. Fissando lo sguardo su di lui, Gesù disse: «Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai chiamato Cefa» – che significa Pietro.

……………………………………………..

II tema di oggi è quello della chiamata. Già nella prima lettura vediamo il giovane Samuele che, nella notte, si sente chiamare tre volte per nome e pensa che sia il profeta Eli, ma questi capisce che a chiamarlo è il Signore e gli dice: “Vattene a dormire e se ti chiamerà ancora, dirai: Parla, Signore, il tuo servo ti ascolta”. E Samuele fece così e divenne poi un grande profeta.

“Andate, seguite Lui!”

Ogni esistenza è già una prima chiamata: Dio ci ha tratti dall’abisso vertiginoso del nulla e, dandoci l’essere, ci ha dato anche un progetto da compiere, un disegno da realizzare che è addirittura disegnato “sul palmo delle sue mani” (Isaia 49). E’ questo il senso della nostra vita: collaborare a un grande progetto che Dio ha da tutta l’eternità su ognuno di noi.

Il Vangelo ci parla della chiamata di Giovanni e Andrea: “Il giorno dopo il Battista stava ancora là con due dei suoi discepoli e fissando lo sguardo su Gesù che passava disse: Ecco l’Agnello di Dio! E i due discepoli, sentendolo parlare così seguirono Gesù”. Stupefacente questa umiltà del Battista: prima si era definito solo una voce che grida nel deserto e ora è solo più un dito puntato che indica un Altro. E lo indica a due dei suoi discepoli che lo abbandonano per seguire il nuovo Maestro. Avrà sofferto nel vederli andar via, ma non fa nulla per trattenerli, sa che lui deve diminuire per lasciar crescere il vero Maestro. Sa che lui è solo l’amico dello sposo, ma lo sposo è un altro. Quale esempio di sovrana libertà e di totale distacco da se stesso! Sublime grandezza di Giovanni!

“Dove abiti?”

E i due discepoli del Battista iniziano a seguire quel Nazareno che trasformerà totalmente la loro vita. Per questi uomini di Galilea inizia qualcosa di radicalmente nuovo: la salvezza è entrata nella loro vita e non ne uscirà mai più! Quella forza nuova che è entrata nel mondo, continuerà a rimanervi fino alla fine dei secoli. Quella stessa voce che ha chiamato i primi discepoli continuerà a chiamarne infiniti altri, di ogni razza, popolo, lingua e nazionalità. Continuerà a risuonare fra gli uomini e donne di tutti i tempi e ad attraversare i secoli senza che questi possano coprirne il suono o offuscarne il ricordo, ma la rivestiranno di un manto di universalità senza confini.

“Gesù allora si voltò e vedendo che lo seguivano disse: che cercate? Rabbì dove abiti? Venite e vedrete”. Ecco Dio che entra nella storia degli uomini. E vi entra mentre stanno vivendo la loro vita di sempre, si presenta alla loro riva per invitarli a diventare collaboratori del suo piano di salvezza.

“Venite e vedrete”. E noi?

E si presenta alla nostra riva, a noi discepoli di oggi per rinnovare il suo invito. Anche a noi dice: “venite e vedrete!” E’ sempre Lui che si presenta per primo, ma siamo sempre noi che dobbiamo lasciare le nostre reti e i nostri appigli per seguirlo. Vedremo in seguito che anche altri apostoli, appena ebbero udito la voce del Maestro, lasciarono subito la barca, le reti e il padre, per seguirlo. Segno che da Gesù emanava veramente un fascino straordinario, assolutamente unico, che faceva vibrare le corde nascoste del cuore umano. Incontrando il Suo sguardo, quei primi discepoli capirono sicuramente di essere infinitamente amati e sentirono che valeva la pena di lasciare tutto pur di continuare a incontrare quello sguardo e sentire quella voce, unica al mondo, che veniva da “oltre”. E parlava un linguaggio divino. Di colpo capirono che Colui che li chiamava non era più soltanto l’Uomo di Galilea, ma lo splendore della gloria del Padre, l’eletto, l’inviato, Colui che, solo, aveva parole di vita eterna. Andarono dunque e si fermarono presso di Lui. Per sempre!

Monastero Juana Coeli

viandante1Orizzonte dell’uomo è un cuore plurale

Iddio ci tolga pure tutte le cose: ma ci lasci l’amicizia, si legge nel carteggio Montini/De Luca. Parole preziose per tempi agitati, confusi e avidi come i nostri. Certamente il grido più profondo di ogni essere umano è la domanda di relazione. Eppure ogni tempo inventa nuovi modi di rinnegare la fraternità o ne rispolvera di vecchi. Un sano realismo chiede di aprire gli occhi e guardare con attenzione a quanto avviene in noi e intorno a noi… I rapporti reciproci riescono difficili a tutti; la paura dell’altro continua a rendere stranieri; spesso anche l’uomo onesto preferisce coltivare il suo orticello, finendo così per soccombere alla tentazione di disprezzare gli altri; persino il sentimento stesso della fiducia sembra oggi smarrito… e non solo nei mercati! Intanto ogni comunità nasce, si nutre e vive di fiducia, oppure si sgretola… Dio, soltanto una piccola scintilla di pura amicizia – e si sarebbe salvi; di amore – e si sarebbe redenti! (Georg Trakl ). Parole che attendono risposta. Responsabilità, appunto. Siamo viandanti: chi ci indicherà la strada? Chi ci illuminerà?

Niente è esclusivamente nostro di ciò che abbiamo ricevuto; per questo chi è maggiore fra voi sia come colui che serve (Mt 23,12). Il vero amore incomincia quando l’altro non ha più niente di amabile; e la passione per il volto feriale dell’umano guida ad affidarsi con gioia e coraggio alla profezia del Vangelo. Migliori, perciò, di nessuno; eventualmente più responsabili, lasciando a Dio – di fronte alla cattiveria – il difficile compito di giudicare… Lui di sicuro non chiede di dividere il mondo secondo i propri criteri, o di erigersi a giudici. Chiamati invece a risvegliare le ricchezze sopite che ognuno porta in sé e a praticare il bene alla maniera di chi distribuisce con gioia la bontà che il Creatore gli ha messo nel cuore. Non perciò in modo esibizionista o aspettando una ricompensa, ma facendosi servi inutili a tempo pieno; specialisti nel cogliere la sostanza di ciò che accade e nell’annunciare un mondo altro. ‘Profeti abbastanza’ insomma, che camminano verso una fede incarnata e non evasiva, restituendo alla profezia dei ‘piccoli’ la sua forza inquietante e contagiosa.

Incarnare la Parola nella piccola cronaca personale e comunitaria produce storia di salvezza e gioia profonda. Se si nutrono sentimenti positivi verso gli altri, non se ne ha paura. Il problema è quando contano i principi più delle persone. Fermarsi ai principi non aiuta. Anzi…giustifica ogni lamentela. Guai a chi chiede agli altri più amore di quanto egli stesso si senta capace di donare. Far sentire, inoltre, qualcuno di troppo è un modo di ucciderlo, assicurava Mazzolari. Sta ad ognuno vivere quel poco di verità che sente, pensa, conosce e di cui, perciò, è pure responsabile. Perché orizzonte dell’uomo è un cuore plurale e se si smette di amare, allora si soffre davvero.

Luciagnese Cedrone

lucia.agnese@tiscali.it

Stemma_FMI_1Contemplando il piano divino della salvezza universale, attuata in Gesù Cristo e nella Chiesa, che ne continua l’opera, Brigida Postorino, secondo un particolare carisma dello Spirito Santo e l’ispirazione della SS.ma Vergine, fondò l’Istituto delle Figlie di Maria Immacolata (Cost. 1). Il 26 aprile 1901 l’Istituto veniva dichiarato col titolo “Figlie di Maria Immacolata”, titolo che “ogni altro in desiderio avanza” (C 3/12/1914); titolo che non doveva e non deve essere un semplice appellativo di distinzione da altre istituzioni religiose, ma significare innanzitutto un “segno” di celeste predilezione e un “modello” da imitare.

La Fondatrice volle che ci chiamassimo Figlie di Maria Immacolata  e che, dalla Madonna,  traessimo ispirazione e forza  nella vita spirituale  e una generosa dedizione  nell’esercizio del nostro apostolato (Cost. 5).

La nostra vita consacrata Immacolatina  ha il compito di favorire il primato assoluto di Dio, di metterlo al primo posto, subordinando tutto e tutti a Lui  nell’amore e nel servizio.  Contemporaneamente è chiamata  a dare la precedenza ai valori delle beatitudini,  vivendoli con radicalità e offrendone testimonianza forte e credibile agli uomini del nostro tempo, come cammino di santità.

La “Sequela di Christi” , alla quale siamo chiamate,  ci rende partecipi della vita intima di Cristo e ci impegna ad imitarlo con la professione pubblica  dei consigli evangelici di Castità, Povertà e Obbedienza (Cost. 8).

Essenziale, per vivere la nostra consacrazione religiosa, è la vita spirituale, di cui la preghiera è componente e importante.

Il carisma

Il carisma proprio delle Figlie di Maria Immacolata è dedizione totale e amorosa a Dio, secondo il motto “TUTTO IN DIO”, seguendo Cristo vergine, povero, obbediente,  manifestato nell’apostolato dell’istruzione e dell’educazione cristiana della fanciullezza e della gioventù (Cost. 2). “Il desiderio grande di perfezionare tutto, con la forza di Gesù, ci trasse il soave detto: Tutto in Dio, e noi lo prendemmo a motto emblema delle nostre azioni” (Ps 20).

Lo scopo dell’Istituto si sintetizza nel programma: “Amore e Zelo – Cuore e Braccio”.

Bisogna dare a Gesù Cristo il cuore e il braccio; l’orazione con la vita interiore sia il cuore; le occupazioni esteriori, il magistero di carità e di misericordia  da esercitarsi quotidianamente con la gioventù ne siano il braccio” (Cms III,3).

BRIGIDALa fondatrice

Le suore dell’Istituto Figlie di Maria Immacolata di Catona si ispirano alla loro Madre Fondatrice, Suor Maria Brigida Postorino.

Il 19 novembre 1865 nasce a Catona di Reggio Calabria Brigida Maria Postorino, quarta di otto figli, la quale entrerà come educanda nel collegio ‘San Gaetano’ di Reggio per il corso delle scuole.

 La famiglia della fondatrice e il tessuto sociale e religioso di Catona sono perciò dati essenziali non semplicemente ai fini biografici, ma per tentare di definire i primi, essenziali tratti dell’opera di Brigida Maria Postorino ed in prospettiva dell’Istituto delle Figlie di Maria Immacolata.

“L’Istituto – racconta Madre Brigida Postorino – nacque agli occhi degli uomini il 6 novembre 1898, ma agli occhi di Dio ebbe principio nel suo cuore ab eterno: nell’animo della Madre comincò a 4 anni… proseguì a 9… si raddoppiò a 12… quando con ingenua semplicità ripetevo: devo, voglio farmi suora. Dove? Chiedevano le compagne dell’educandato. Nel mio paese, rispondevo, ove posso far molto amare Gesù e la Madonna Immacolata”.

Nel 1882 terminati gli studi, torna a Catona dove Istituisce la Pia Unione delle Figlie di Maria. Per combattere l’analfabetismo apre una scuola gratuita a favore dei fanciulli disagiati.

Alcune delle date più rilevanti per tracciare la storia di un’opera di espressione del rinnovamento sociale e religioso che caratterizza molti territori, tra i quali quello di Reggio Calabria.

  1. Riceve a gennaio il mandato dal Card. Gennaro Portanova, Arcivescovo di Reggio, per la fondazione dell’Istituto che dopo l’acquisto della Casa Madre avverrà ufficialmente il  6 novembre.
  2. Le prime suore vestono l’abito religioso. Brigida viene nominata Superiora della Comunità (6 gennaio).
  3. In pellegrinaggio a Roma, dai Cardinali Tripepi e Portanova, Brigida Postorino viene presentata al Papa Leone XIII, che benedice la nuova Fondazione.
  4. Il 26 aprile L’Istituto delle Figlie di maria Immacolata riceve, dall’Arcivescovo di Reggio Calabria, il Decreto di Erezione canonica.
  5. Costituita Madre Brigida Postorino, dal Cardinal Portanova, Superiora Cenerale a vita, il 19 marzo viene celebrato il 1° Capitolo Generale dell’Istituto e vengono consegnate a tutte le suore le Costituzioni approvate dall’Arcivescovo.

Nell’arco di dieci anni, tra il 1898 e il 1908, si avrà la fondazione di altre dieci case dell’Istituto, ma con il terremoto che colpì Reggio e Messina andarono distrutte procurando la morte di diverse suore e con il conseguente sfollamento delle superstiti a Torre del Greco (NA).

  1. Udienza di Sua Santità Pio X, che si mostra benevolo e prodigo con Madre Postorino (25 gennaio). Il nuovo Istituto riceve dal Santo Padre il Decretum Laudis (30 luglio).
  2. Il noviziato delle Figlie di Maria Immacolata dalla Campania viene trasferito a Reggio Calabria con un incremento spirituale, disciplinare e numerico dell’Istituto.
  3. Conferma definitiva dell’Istituto e approvazione apostolica delle Costituzioni aggiornate ai canoni del nuovo Codice (10 aprile).
  4. In ossequio al desiderio del papa Benedetto XV e allo scopo di preparare ospitalità alla gioventù, Madre Brigida il 19 marzo fonda una casa a Roma, al Viale Mazzini.
  5. Nell’anno del trentennio di fondazione dell’Istituto, Madre Postorino vede partire le prime Suore Missionarie Immacolatine per l’Argentina.
  6. Con decreto reale, l’Istituto delle Figlie di Maria Immacolata viene riconosciuto giuridicamente (1 dicembre).
  7. Il 3 marzo Madre Brigida senza il beneficio dell’anestesia, subisce un intervento chirurgico per diverticolosi e si trasferisce a Velletri per la convalescenza.
  8. La Congregazione dei Religiosi, il 18 luglio, nomina tra le Figlie di Maria Immacolata un governo autonomo da Visitatori e Delegati.
  9. Santa morte di madre Maria Brigida Postorino (30 marzo – ore 17,30).
  10. Traslazione delle sue spoglie dal cimitero tuscolano alla cappella dell’Istituto “Maria Immacolata”, Via Brigida Postorino – Frascati (30 aprile).

Per maggiori informazioni soprattutto per conoscere la loro missione

e la loro presenza in Itale e nel mondo consulta il sito: figliedimariaimmacolata.it

sito-nuovo-sito-vaticano20171Vatican News è il nuovo sistema d’informazione della Santa Sede. Un’avventura che inizia il 27 giungo 2015, con il Motu Proprio di Papa Francesco che ha istituito la Segreteria per la Comunicazione, il nuovo Dicastero della Curia Romana.

Vatican News, superando il concetto di semplice convergenza digitale, intende rispondere e in un certo senso anticipare, i continui cambiamenti di luogo e forma della comunicazione. Si esprime ed interagisce su un piano multilinguistico, multiculturale, multicanale, multimediale e multidevice.

Quattro le aree tematiche che informano sull’attività del Papa, della Santa Sede, delle Chiese locali, dando spazio anche alle notizie dal mondo. Una “super redazione” inizialmente formata da sei divisioni linguistiche (italiano, inglese, francese, tedesco, spagnolo e portoghese) in cui confluiranno gradatamente altre 33, intende non solo informare, ma offrire una chiave interpretativa alla luce del Vangelo.

La sfida è dunque rispondere “sempre meglio alle esigenze della missione della Chiesa” nella cultura contemporanea, con l’obiettivo di “comunicare il Vangelo della misericordia a tutte le genti” nelle diverse culture.

Criterio guida è “quello apostolico, missionario, con una speciale attenzione alle situazioni di disagio, di povertà, di difficoltà” (Discorso di Papa Francesco alla plenaria di SPC, 4 maggio 2017).

Attualmente Direttore editoriale ad interim è Dario Edoardo Viganò, Prefetto della Segreteria della Comunicazione della Santa Sede.

SCUOLA PUBBLICA, STATALE E PARITARIA.

SOLO IL COSTO STANDARD GARANTISCE I DIRITTI DI TUTTI

costo standard1Il costo standard di sostenibilità per alunno è l’unica strada per garantire una scuola senza discriminazioni, superando inutili contrapposizioni tra buone scuole pubbliche statali e buone scuole pubbliche paritarie, di cui molte cattoliche. Anche papa Francesco, nel grande incontro con il mondo della scuola del 2010, ha bypassato ogni discriminazione. Lo ha ribadito anche il segretario della Cei mons. Galantino e lo sostiene persino la ministra Fedeli, di cui è noto il colore politico, quest’ultimo storicamente in odore di pregiudizio..

Si è messo a tema il costo standard il 20 dicembre 2017 al Ministero, giorno di insediamento del gruppo di lavoro appositamente costituito con DM del 21 Novembre 2017. Un passaggio storico senza precedenti, che segna un punto di non ritorno. Con questo tema nessun candidato politico potrà esimersi oltre ogni strumentalizzazione dal fare i conti. Senza alcuna ombra di dubbio il costo standard garantirebbe tutti i diritti secondo quanto recita l’art. 3 della Costituzione: il diritto di apprendere da parte degli studenti senza alcuna discriminazione economica; la responsabilità educativa della famiglia, che può essere esercitata solo in un’effettiva libertà di scelta tra una buona scuola pubblica statale e una buona scuola pubblica paritaria; la libertà d’insegnamento dei docenti – a parità di titolo – in una scuola pubblica statale e in una pubblica paritaria.

A 17 anni dalla legge Berlinguer i tempi sono oggi davvero maturi: si registrano, negli ultimi tempi, passi avanti molto positivi. C’è innanzitutto un testo scientifico di base, il saggio “Il diritto di apprendere, nuove linee di investimento per un sistema integrato”, che fonda la soluzione del costo standard su dati forniti dal Ministero stesso. E con il cordiale incoraggiamento del suo personale amministrativo.

Il concetto, assimilabile al costo standard in Sanità (pago le tasse, ergo mi curo dove voglio, in ente ospedaliero statale o privato convenzionato che sia) sta facendo breccia, perché riesce a intercettare i diritti traditi a 70 anni della Costituzione. L’Italia, da Stato di diritto quale è, non può esimersi dal garantire a) il diritto di apprendere dello studente senza alcuna discriminazione economica; b) il diritto dei genitori di esercitare la propria responsabilità educativa in una piena libertà di scelta che domanda necessariamente un pluralismo formativo, fatto di buone scuole pubbliche statali e buone scuole pubbliche paritarie; c) il diritto degli insegnanti, a parità di titolo e di stipendio, di scegliere se insegnare in una buona scuola pubblica statale o in una buona scuola pubblica paritaria. Un tavolo, quello del 20 dicembre, di studiosi esperti: la scuola ha bisogno delle migliori teste per garantire i diritti; non basta essere un politico per essere esperto….

La Conferenza Episcopale Italiana, – tramite il Consiglio Nazionale della Scuola Cattolica – con il documento “Autonomia, parità e libertà di scelta educativa” del giugno scorso, ha voluto chiarire che il costo standard di sostenibilità è la via maestra per garantire i diritti di alunni, genitori e insegnanti nella scuola. Tutte le altre soluzioni si chiamano leve fiscali, perché in Italia, in un sistema giuridico perfetto, l’unico anello mancante, come dimostrano peraltro tutte le risoluzioni europee e l’ultimo documento del 2014 che invita gli Stati membri a rivedere le linee di finanziamento, è un costo standard di sostenibilità, applicato sia alla scuola statale che alla paritaria. Sarebbe così garantito il diritto di apprendere degli alunni senza discriminazioni, la libertà di scelta della famiglia, la libertà d’insegnamento dei docenti nelle scuole statali e in quelle paritarie.

E’ assolutamente rilevante la task force di politici che singolarmente si stanno esprimendo positivamente in merito e non potranno certamente rimangiarsi questa parola “Aprea e Gelmini sul costo standard: Fedeli ok, il modello è quello della Lombardia” (https://www.tuttoscuola.com/aprea-gelmini-sul-costo-standard-fedeli-ok-modello-quello-della-lombardia/); si guarda alla scuola pubblica tutta come al servizio del diritto di apprendere dello studente senza discriminazioni e della responsabilità educativa in capo alla famiglia in primis, che per essere esercitata domanda una libertà di azione in un pluralismo educativo.

Chi intende perseguire nelle letture di parte e ideologiche dovrà rispondere agli studenti, ai genitori, ai docenti alla Res-Publica di aver tradito il diritto di apprendere confermando l’Italia la più grave eccezione in Europa e al 47 posto al mondo in termini di libertà di scelta educativa, con la conseguenza di perdere un patrimonio culturale enorme. Si è ampiamente dimostrato che il costo standard di sostenibilità non solo garantisce questi diritti, superando ogni discriminazione, ma soprattutto favorisce un sistema scolastico di qualità. A chi rifugge dall’evidenza scientifica, invocando che la scuola statale può ben assorbire tutti gli studenti e i docenti italiani, non solo ci consegna ad una scuola unica e di regime, ma dice il falso, ignorando il grave problema delle classi pollaio. O peggio: gli studenti della scuola statale di Vulcano hanno scioperato per ben 17 giorni prima di Natale invocando il diritto allo studio in una classe decente e non in una pluriclasse affollata…. E’ questo che si desidera?

Occorre abbandonare i personalismi associativi e soprattutto – come ha detto anche mons. Galantino – le associazioni imparino a lavorare e ad andare d’accordo, perché al centro c’è lo studente e il suo diritto da apprendere. Il cuore della faccenda è il diritto di apprendere senza discriminazioni: con il costo standard di sostenibilità è possibile passare dalle parole ai fatti e su questa proposta i programmi dei futuri candidati politici non possono non misurarsi.

Se ogni cittadino impara a denunciare i diritti traditi e a cercare la soluzione da proporre, con la costanza della goccia che scava la roccia e la perfezione di un bisturi telecomandato, allora chi veramente desidera servire la Res-Publica con l’arte nobile della politica si farà strada con proposte serie, risparmiando alla collettività sterili e deprimenti trasmissioni che sollevano le piazze e ci consegnano al populismo.

sr AnnaMonia Alfieri

 

fioreLa gratitudine è la forma più bella di felicità. Walter Dirks

Tutti gli incipit delle Lettere che il grande apostolo Paolo inviava sia a un singolo personaggio – Tito, Timoteo – come a un popolo – Efesini, Galati, Tessalonicesi – erano un tripudio di gioia, una esplosione di gratitudine.

Dopo il normale saluto introduttivo, nella Lettera ai Tessalonicesi scrive: “Rendo grazie al mio Dio ogni volta che mi ricordo di voi” e ne definisce i motivi: “Sempre, quando prego per tutti voi, lo faccio con gioia a motivo della vostra cooperazione per il Vangelo, dal primo giorno sino al presente”. Gratitudine e gioia; gratitudine e felicità sono inseparabili. Papa Francesco ricordando un suo professore, per il quale sentiva profonda riconoscenza diceva: “la gratitudine che provavo e che non avrei mai smesso di provare nei suoi confronti per avermi aperto il mondo delle culture tradizionali, della loro musicalità, per avermene rivelato i significati e i valori profondi, era un’attitudine che onorava me più che lui; lo pensavo allora e lo penso ancora oggi senza nulla volere togliere al mio Maestro. Si, mi sento di sostenerlo con chiarezza: la gratitudine onora e giova a chi la prova, molto più che a chi la riceve”.

Chi si sente in debito verso l’altro per quanto ha ricevuto può vivere un sentimento dalla difficile gestione. Sapersi in debito può provocare anche sentimenti di disagio, forse di irrequietezza. Ci si può sentire in difficoltà quasi sotto la pressione di un ricatto fintanto che non si è compiuto quello che si crede essere un obbligo: il rendimento di grazie.

Gratitudine è esattamente espressione di ricchezza e di bellezza d’animo, di tenerezza; di consapevolezza di sé che riceve un beneficio e del prossimo che lo elargisce; anzi, è espressione di un forte senso della giustizia. San Paolo ai Corinzi scriveva: “Che cosa mai possiedi che tu non abbia ricevuto e se l’hai ricevuto perché ti glori come se non l’avessi ricevuto?” (cfr. 1Cor 4,1-6).

E’ giusto e doveroso guardare con empatia chiunque ha sparso sui sentieri della nostra vita pietruzze od opere d’arte, fiori o spine. Tutto è dono…

San Paolo in una esplosione di gaudio scriveva agli abitanti di Colossi: “Ringraziamo con gioia Dio, Padre del nostro Signore Gesù Cristo” e lo motivava: “perché ci ha messo in grado di partecipare alla sorte dei santi nella luce…”.

sr Biancarosa Magliano, fsp

sito-nuovo-sito-vaticano20171Vatican News è il nuovo sistema d’informazione della Santa Sede. Un’avventura che inizia il 27 giungo 2015, con il Motu Proprio di Papa Francesco che ha istituito la Segreteria per la Comunicazione, il nuovo Dicastero della Curia Romana.

Vatican News, superando il concetto di semplice convergenza digitale, intende rispondere e in un certo senso anticipare, i continui cambiamenti di luogo e forma della comunicazione. Si esprime ed interagisce su un piano multilinguistico, multiculturale, multicanale, multimediale e multidevice.

Quattro le aree tematiche che informano sull’attività del Papa, della Santa Sede, delle Chiese locali, dando spazio anche alle notizie dal mondo. Una “super redazione” inizialmente formata da sei divisioni linguistiche (italiano, inglese, francese, tedesco, spagnolo e portoghese) in cui confluiranno gradatamente altre 33, intende non solo informare, ma offrire una chiave interpretativa alla luce del Vangelo.

La sfida è dunque rispondere “sempre meglio alle esigenze della missione della Chiesa” nella cultura contemporanea, con l’obiettivo di “comunicare il Vangelo della misericordia a tutte le genti” nelle diverse culture.

Criterio guida è “quello apostolico, missionario, con una speciale attenzione alle situazioni di disagio, di povertà, di difficoltà” (Discorso di Papa Francesco alla plenaria di SPC, 4 maggio 2017).

Attualmente Direttore editoriale ad interim è Dario Edoardo Viganò, Prefetto della Segreteria della Comunicazione della Santa Sede.

Accogliere, proteggere, promuovere…

Migranti1“Accogliere, proteggere, promuovere e integrare i migranti e i rifugiati”

è il tema del messaggio di Papa Francesco per la Giornata mondiale del Migrante e Rifugiato che sarà celebrata il 14 gennaio 2018. Un messaggio ricco di proposte concrete, perché tutte le Chiese si impegnino a promuovere queste buone prassi.

Tante buone pratiche per affrontare in maniera chiara e pragmatica il fenomeno delle migrazioni. Perché, se si vuole, le soluzioni si trovano. Dai visti umanitari o per motivi di studio ai programmi di sponsorship, dai canali umanitari ai ricongiungimenti familiari, dalla regolarizzazione di chi vive da tempo in un Paese di accoglienza senza documenti fino alla cittadinanza secondo lo ius soli. Sono le tante proposte e indicazioni contenute nel Messaggio di Papa Francesco per la Giornata mondiale del migrante e rifugiato che sarà celebrata in tutte le chiese. Una serie di azioni e proposte che nascono dalle buone pratiche della Chiesa cattolica in diversi contesti. Buone pratiche come ampliare canali legali e sicuri per tutti i migranti attraverso i visti umanitari, i programmi di sponsorship, i canali umanitari, i visti di studio per giovani rifugiati che vivono nei campi.

Soprattutto c’è un appello molto chiaro perché la Chiesa si impegni a proporre queste buone pratiche in tutto il mondo, con un coinvolgimento diretto da parte delle Conferenze episcopali e dei movimenti cattolici nel sensibilizzare le comunità ai due Global compacts (patti globali) che verranno firmati nel secondo semestre 2018 dalla comunità internazionale: uno sui migranti internazionali e l’altro sui rifugiati. In questo processo la Chiesa cattolica è chiamata ad essere più attivamente presente. Questi principi fanno riferimento alla dottrina sociale della Chiesa, ma si trasformano in buone pratiche e indicano soluzioni a problematiche presenti.

È un messaggio che spiega nel dettaglio tutti quei canali che possono essere aperti o ampliati (per chi lo sta già facendo). Ad esempio il canale della riunificazione familiare, un diritto che la Chiesa ha sempre promosso, sarebbe una via interessante attraverso la quale molte persone potrebbero arrivare in modo sicuro e legale nel nostro Paese.

Il Papa accenna all’importanza di proteggere i migranti fin dalla partenza sia durante il transito, offrendo loro tutte le informazioni necessarie per decidere se partire o no, dove e come andare. Poi nel Paese di arrivo attraverso le missioni diplomatiche e quelle forme di protezione e assistenza fornite dalla società e dai governi locali, provvedendo a dare informazioni perché possano permanere in situazione regolare o regolarizzare la loro posizione.

A livello di promozione si chiede il riconoscimento delle capacità e delle competenze dei migranti con la convalida di titoli di studio e professionali, perché queste persone possano offrire il meglio e possano approfondire la loro istruzione, sia secondaria, terziaria o all’università. Che possano veder riconosciute le loro professionalità in modo che possa essere un contributo e una opportunità di sviluppo per i Paesi che li ricevono.

Riconoscere, inoltre, ai migranti e ai rifugiati che permangono per lungo tempo un facile canale di nazionalizzazione. Per chi è nei Paesi da 20 o 30 anni in permanenza irregolare si può cercare una facile soluzione, con formule di regolarizzazione straordinaria che in qualche Paese sono state già previste.

La Chiesa italiana ha esplicitato molto chiaramente la posizione: ogni bambino che nasce deve avere una nazionalità, sia quella dei genitori (qualora lo prevedano e utilizzino i canali adeguati allo scopo) oppure riconosciuta dallo Stato. Come Chiesa cattolica continuiamo ad insistere sul fatto che la cittadinanza non è un diritto necessariamente regalato. I diritti ius sanguinis e ius soli possono coesistere, come già avviene in molti Paesi. Dipende semplicemente dalla volontà di mettersi in gioco.

Una considerazione personale: in questi casi è sempre opportuno insistere non tanto sul diritto ma sul fatto che appartenere ad una nazione è una scelta personale e responsabile. Da questa scelta derivano una serie di doveri e responsabilità di partecipazione, di crescita, di sviluppo del Paese in cui si ha deciso di vivere.

Non è soltanto un passaporto ma è prendersi un impegno con un luogo, con un territorio. Non è dire: “Puoi o non puoi”, ma: “Se vuoi, tieni presente che c’è una certa responsabilità da assumere”.

Sono temi che riguardano le singole Conferenze episcopali. A livello globale la paura dell’invasione è data dalla non conoscenza e ignoranza rispetto a quelli che bussano alle porte. Dipende sempre dalle percezioni, che dal mio punto di vista personale debbono sempre essere considerate in modo molto serio, perché la percezione determina la scelta. Bisogna lavorare moltissimo sull’educazione, sulla cultura dell’incontro, fornendo dati reali.

L’andare verso l’altro non è necessariamente naturale: nel bambino è molto più presente ma nell’adulto c’è spesso una remora perché nell’incontro con l’altro teme di perdere qualcosa. L’esperienza della storia – io sono uno storico – ci insegna invece che le civiltà sono nate proprio dall’incontro tra diversi popoli: nel momento in cui si sono aperti, non quando si sono chiusi.

Fabio Baggio, sotto-segretario della Sezione migranti & rifugiati del Dicastero

per il servizio dello sviluppo umano integrale.

Liberamente tratto da Agensir

 

Tu sei il Figlio mio, l’amato…

battesimoDal Vangelo secondo Marco            Mc 1,7-11

In quel tempo, Giovanni proclamava: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo». Ed ecco, in quei giorni, Gesù venne da Nàzaret di Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni. E, subito, uscendo dall’acqua, vide squarciarsi i cieli e lo Spirito discendere verso di lui come una colomba. E venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento».

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Riprendiamo il vangelo di Marco, di cui avevamo letto l’inizio la seconda domenica di Avvento. La nostra lettura ripete gli ultimi due versetti del primo capitolo (vv. 7-8), quelli in cui è riportata con discorso diretto la predicazione di Giovanni Battista e continua con il racconto del battesimo di Gesù. Marco è troppo breve e sintetico per poterci accompagnare passo passo per tutto l’anno liturgico. Già nel tempo di Natale non lo abbiamo potuto leggere e di nuovo domenica prossima dovrà essere integrato con il vangelo di Giovanni. Oggi, festa del Battesimo di Gesù, ci soffermiamo dunque sulla breve cronaca che Marco ci fornisce di questo evento. Si tratta di un aspetto della vita di Gesù un po’ imbarazzante per la comunità cristiana: Gesù si mette in fila con i peccatori per ricevere un battesimo di conversione e di purificazione. Se fosse stato davvero Dio non avrebbe avuto bisogno di purificazione! Eppure è stato proprio così e il fatto che tutti e quattro i vangeli riportino il fatto è garanzia della sua storicità. Gesù ha scelto di cominciare la propria vita pubblica con un gesto penitenziale, si sottopone egli stesso al battesimo di conversione predicato da Giovanni. Questo atto con cui Gesù si adegua alla sua natura umana diventa un’epifania, una manifestazione della sua grandezza. Il Padre lo dichiara il Figlio amato, e facendo scendere su di lui lo Spirito Santo lo investe della sua potenza affinché possa cominciare la missione che è stato mandato a compiere.

In quel tempo, Giovanni proclamava: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. Giovanni parla di uno che viene dopo di lui. Il linguaggio utilizzato è quello dei cortei trionfali. Chi viene per ultimo è il personaggio più importante ed è preceduto da musicisti, banditori servitori. Giovanni si dichiara suo schiavo. Il compito di legare o sciogliere i sandali di un uomo importante infatti era affidato agli schiavi. Giovanni si dichiara addirittura indegno di compiere questo gesto già di per sé umile.

Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo». Infatti in questo versetto Marco mette in luce la differenza sostanziale tra il battesimo di Giovanni e quello che darà Gesù. Giovanni ha battezzato, quindi la sua azione è ormai compiuta. Ha battezzato con acqua, un elemento naturale, simbolo di vita e di purificazione. Gesù battezzerà, la sua azione sta per iniziare. Battezzerà in Spirito Santo, cioè porterà una purificazione più radicale, la santificazione definitiva realizzata dallo Spirito Santo, quella che era attesa da alcuni gruppi spirituali di Israele (ad esempio la setta di Qumran).

Ed ecco, in quei giorni, Gesù venne da Nàzaret di Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni. Entra dunque in scena Gesù, colui che Giovanni stava annunciando. E’ interessante notare che Gesù veniva da Nazaret, dalla Galilea e non da Gerusalemme e dalla Giudea come tutti coloro che si stavano recando da Giovanni (v. 5). Egli viene da una zona più lontana, considerata un po’ ai margini, se non addirittura eretica. Ancora si dà un’indicazione geografica e storica. Gesù non viene dal nulla, ma da un luogo ben preciso. Segue la notizia del battesimo. Sembra che Marco voglia dire esattamente ciò che è successo senza abbondare troppo in particolari. La precisazione del fiume Giordano può essere un riferimento all’entrata di Israele nella terra Promessa. Si sta aprendo una nuova era nella storia del popolo di Dio.

E subito, uscendo dall’acqua, vide squarciarsi i cieli e lo Spirito discendere verso di lui come una colomba. La manifestazione della Trinità dopo il battesimo è introdotta con un “e subito“, un intercalare tipico di Marco (che lo usa 42 volte nel vangelo). L’attenzione del lettore viene diretta non tanto al battesimo, quanto a ciò che è avvenuto dopo. Cosa è successo? I cieli si sono aperti. E’ una risposta al desiderio espresso in Is 63,19b (Se tu squarciassi i cieli e scendessi!): Dio si fa vicino, superando la barriera posta tra cielo e terra. Un altro squarcio è avvenuto alla morte di Gesù (Mc 15,38): il velo del tempio si è squarciato in due, annullando la separazione tra lo spazio sacro riservato a Dio e quello degli uomini. Lo Spirito discende su Gesù come una colomba. Per indicare lo Spirito si usa il simbolo della colomba, che ha diversi richiami nel testo biblico. La ritroviamo in Gn 1,2: lo Spirito che aleggia sulle acque prima della creazione. Gen 1,2: la colomba che annuncia la fine del diluvio in Gn 8,11. In Os 11,11 è simbolo di Israele. Nel Cantico dei Cantici (1,15) è uno dei modi in cui viene chiamata la sposa. Il simbolo della colomba rimane qui un po’ difficile da decifrare. Lo Spirito Santo accompagna l’investitura di Gesù. Il rappresentarlo come colomba significa forse che qualcosa di nuovo sta cominciando.

E venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento». Tutto quello che avviene dopo il battesimo sembra abbia come testimone soltanto Gesù e non Giovanni, né tantomeno altre persone presenti. Anche queste parole che vengono dal cielo sono sentite da lui solo. Si tratta delle parole che accompagnano la sua investitura. Egli è riconosciuto come figlio (come il discendente di Davide nella profezia di Natan, 2Sam 7,14). In lui Dio ha posto il suo compiacimento, come nel servo di Jahvé di Isaia (Is 42,1, il servo sofferente). Ancora si può pensare a Isacco, figlio prediletto di Abramo, che Dio chiese in sacrificio. In questo versetto troviamo condensate le caratteristiche più importanti della figura di Gesù.

Monastero Matris Domini