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Giudici e avvocatesse del mondo in Vaticano ….

Giudici e avvocatesse del mondo in Vaticano ….

per un summit dedicato alla piaga del traffico di essere umani e del crimine organizzato 

CASCINA1Una si è appena dimessa dopo una estenuante campagna diffamatoria da parte del governo del suo Paese, l’Argentina, che ha incluso alcune denunce e un rinvio a giudizio. L’altra è stata costretta ad abbandonare il Venezuela dopo essersi opposta all’avanzata del regime di Nicolás Maduro e alla sua riforma costituzionale. Sono Alejandra Gils Carbó e Luisa Ortega, procuratrici generali di Argentina e Venezuela, donne dal forte impatto, personalità discusse nei rispettivi Paesi. Entrambe saranno presenti nei prossimi giorni in Vaticano insieme a giudici, avvocatesse e donne impegnate per la legalità in tutto il mondo per un summit dedicato alla piaga del traffico di essere umani e del crimine organizzato. 

 L’incontro si terrà nei giorni 9-10 novembre prossimi nella Casina Pio IV, sede della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, nel cuore dei Giardini Vaticani

La lista degli ospiti è ampia e varia, e include personalità incisive a livello internazionale. Come il sindaco di Madrid, giudice emerito e referente di “Podemos”, Manuela Carmena; Rabaa Al Zreqat, magistrato siriano attualmente rifugiata nei Paesi Bassi; Agatha Okeke, giudice nigeriana responsabile dell’inchiesta sul rapimento di oltre 80 persone per mano del gruppo terroristico Boko Haram. Per l’Italia sarà presente Carla Marina Lendaro, presidente dell’Associazione Donne Magistrato Italiane.

 La delegazione argentina è quella più numerosa. Probabilmente perché uno degli artefici del summit è Gustavo Vera, responsabile dell’associazione che lotta per i diritti umani “La Alameda” e amico di lunga data di Papa Francesco. Sempre lui era dietro all’organizzazione del primo incontro tra giudici e procuratori di tutto il mondo, svolto nello stesso luogo nel giugno 2016.

 In totale, spiegano gli organizzatori, parteciperanno al colloquio 70 donne provenienti da Perú, Stati Uniti, Jamaica, Uganda, Trinidad e Tobago, Tanzania, Guatemala, Regno Uniyo, Irlanda, Ungheria, Nuova Zelanda, Haití, Messico, Italia, Filippine, Polonia, India, Ecuador, Costa de Marfil, Paraguay, Pakistan, Sri Lanka, Australia, Colombia e Panamá.  

 «Le giudici e le procuratrici che partecipano a questo importante incontro sono convocate per scambiare le loro esperienza, proporre nuovi modelli e valorizzare quelli già esistenti», si legge nella brochure dell’evento. Speranza degli organizzatori è che «la loro sensibilità femminile, prodiga di tenerezza e delicatezza, come pure di ponderazione ed equità, possa avere un ruolo decisivo per imporre la giustizia in ogni caso e proporre migliori pratiche».

 «Non per nulla la giustizia è sempre rappresentata da una donna – si legge ancora nel testo – che è una personificazione allegorica della forza morale che dovrebbe avere il sistema giudiziario. Senza dubbio, alla base di tale allegoria c’è il riconoscimento universale del valore etico e umano della donna. Comunemente si riconosce che la donna è più capace dell’uomo di dirigere la sua attenzione verso la persona concreta nelle sue diverse situazioni e che la sua vocazione per la giustizia e la società – dar ad ognuno il suo – sviluppa ulteriormente questa disposizione. La dignità del giudice donna è strettamente legata al bene e alla severità che deriva dall’amore che è capace di porsi in relazione interpersonale».

 Secondo il programma del summit, ognuna delle partecipanti avrà un proprio spazio d’intervento prima della seduta plenaria pari a 15 minuti. Al termine tutti firmeranno una dichiarazione finale.

Fonte: Vatican Insider, 1.11.2017

FRANCESCO1L’account Instagram di Papa Francesco @Franciscus ha superato in questi giorni i 5 milioni di follower. Dall’apertura dell’account il 19 marzo del 2016 ad oggi – informa la Segreteria per la Comunicazione della Santa Sede – sono stati pubblicati 468 post con foto e video del Papa, realizzate dal Servizio Fotografico dell’Osservatore Romano, e un testo di accompagnamento in più lingue. Significativamente, l’account Instagram papale è stato aperto dal Pontefice durante il Giubileo della Misericordia con questo messaggio: “Inizio un nuovo cammino per percorrere con voi la via della misericordia e della tenerezza di Dio”. Il 65 per cento dei followers sono donne, il 35 per cento uomini. La fascia di età che segue maggiormente il Papa sul Social Media di immagini è 18-24 anni e 25-34 anni. I Paesi dove l’account è più seguito: Brasile, Stati Uniti, Colombia, Italia, Messico.

In occasione dell’apertura dell’account, il prefetto della Segreteria per la Comunicazione, mons. Dario Edoardo Viganò, sottolineava che l’iniziativa è volta a “raccontare un Pontificato attraverso le immagini per far entrare nei gesti di tenerezza e di misericordia tutte le persone che vogliono accompagnare o che sono desiderose di conoscere il Pontificato di Papa Francesco”.

Cristo-Redentor1Da Vangelo di Matteo 23,1-12

In quel tempo, Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli dicendo: «Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno. Legano infatti fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito. Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dalla gente: allargano i loro filattèri e allungano le frange; si compiacciono dei posti d’onore nei banchetti, dei primi seggi nelle sinagoghe, dei saluti nelle piazze, come anche di essere chiamati “rabbì” dalla gente.

Ma voi non fatevi chiamare “rabbì”, perché uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli. E non chiamate “padre” nessuno di voi sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello celeste. E non fatevi chiamare “guide”, perché uno solo è la vostra Guida, il Cristo. Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo; chi invece si esalterà, sarà umiliato e chi si umilierà sarà esaltato».

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Gesù parla apertamente alla folla e ai discepoli di persone che in Israele esigono per sé il titolo di “maestri”: persone degne di stima in quanto appassionati nello studio delle Scritture e della tradizione profetica, ma povere di testimonianza. La sapienza diventa per loro motivo di onore più che sentiero da percorrere, parola da incarnare insieme a tutti. E quando la Parola di Dio invece che essere servita, viene usata per sé, diventa non solo sterile, ma motivo di condanna. Ecco perché Gesù, Parola vivente del Padre, Scrittura fatta carne, può apertamente additare la loro vita come non confacente a ciò che proclamano. Chi ama non ha bisogno di leggi perché il pensiero di dispiacere alla persona amata le consente di vivere in maniera a lei gradita. E non c’è nulla che non sia scritto nel vocabolario dell’amore. La necessità di norme e precetti nasce quando il legame con Dio e con gli altri è un legame di timore, di potere o di soggezione. Le vie del regno sono tracciate nella libertà e nella gratuità, aprono orizzonti sconfinati agli sguardi innamorati, offrono meraviglie da contemplare e l’attesa è già piena della presenza della persona amata, Gesù Signore. Non esiste il dovere per chi ama, perché l’amore chiede una sana curiosità: si sta lì ad apprendere tutto ciò che può essere gradito all’altro; come in una gara si cercano tutte le possibilità perché l’altro si sorprenda e viva il dono di una premura senza fine. Nell’amore nessuno è maestro se non Colui che è Amore. Tutti siamo figli in crescita. La legge dell’amore è quella di chi si china: basta vedere una mamma che non si sente umiliata quando si abbassa alla statura del suo bambino per accudirlo. Quando la paternità di Dio passerà in noi al punto da dare agli altri la percezione di essere amati senza misura, allora potremo accettare di essere chiamati padri e madri. Ma finché il nostro amore conosce limiti e condizioni, potremo dire a noi stessi di non aver gustato fino in fondo l’abbraccio dalla misericordia del Padre. Forse perché in qualche modo ci sentiamo capaci di amare e non ci accorgiamo di quanto sia inquinato il nostro bene per gli altri. Sia il nostro desiderio imparare ad amare, lasciandoci amare…

CONTEMPLAZIONE

Signore, crocifisso dall’Amore, insegnaci la mansuetudine e la passione di chi sa che nulla e nessuno può essere “nemico” quando si ama. Il cuore di Dio non conosce altro che figli, creature da sostenere e accompagnare. Fa’ che guardando al tuo amore, al tuo abbandonarti con fiducia nelle nostre mani, possiamo imparare ad allargare le braccia a chiunque per stringere in un abbraccio amicale i fratelli tutti, i più bisognosi e i più saggi, i più deboli e gli eroi, tutti. Ognuno porta in sé una richiesta di amore. Che io possa ascoltare, come fai tu, il cuore di chi mi passa accanto per non lasciare vuoti di amore. La tua disponibile presenza che silenziosamente si offre all’uomo narra la bontà del tuo essere per noi. Tu, maestro, ci nutri di te e ci insegni ad essere figli. Anche tu sei stato e sei Figlio del Padre. Nel dono di un reciproco sguardo che ricrei possano i nostri vincoli ristorarsi alle fonti della tua Vita.

Monastero Janua Coeli

 

“Sprecavo nelle preoccupazioni un prezioso secondo di quella gioia distillata”.

(Richard Bach)

attimoE’ una osservazione sagace che l’autore fa su di sé in un momento di particolare intensità in un suo viaggio in aereo quando stava per planare. S’accorge di aver allontanato lo sguardo dall’essenziale di quel momento: godersi l’ebbrezza di una discesa dall’atmosfera alla terra, dal volo al posare i piedi su terra ferma. Lo sguardo sull’essenziale si era dileguato in preoccupazioni inutili, evasive. Era passato alle accidentalità del momento.

Forse non aveva ancora capito che le stesse preoccupazioni diventano piccole quando si è stati capaci di voltare lo sguardo dall’altra parte. Prenderne le distanze… Quando si è assunta razionalmente la capacità di dare alle persone, agli accadimenti della vita, presente e passata, le giuste proporzioni… quando ci si lascia raggiungere dal proprio io più vero, allora esiste la possibilità di degustare i vari distillati di ogni giornata. Già perché anche il passato può intorpidire i pensieri.

“Se accogliamo pensieri degradati questi ci fanno come loro; se accogliamo pensieri di Vangelo, di bontà, di bellezza questi ci faranno uomini e donne della bellezza”. Scriveva un autore. Anziché lasciarsi risucchiare dalle preoccupazioni, allora, urge guardarle con distacco, dall’alto di Dio, dall’alto e nella luce concreta della verità di ogni evenienza, lieta o tormentata, come quel pilota che doveva o poteva gustarsi la bellezza di un atterraggio, a dir poco, poetico.

La società, oggi, le stesse convulse tragiche vicende che di ora in ora le diverse vie di comunicazione offrono; il desiderio o la passione per le opere apostoliche, le tensioni all’interno delle comunità, chiedono non un coinvolgimento che succhia e consuma, seduce e ipnotizza. Dio non succhia né consuma. Egli è quel dolce, acuto, infinito distillato che ci deve assorbire. Anche nei momenti in cui si è tentati di fuggire. “Ringrazia la fonte quando bevi“ recita un proverbio cinese. Ogni essere umano necessita gesti semplici, anche per volare in alto, che rivelino però le bellezze sparse nel mondo, in te, in ogni sorella, in ogni cosa, in ogni evenienza, in ogni goccia di rugiada… Dio è la spinta ascensionale verso una più luminosa vita. E’ la fonte che ristora. Dona pace; depone la pace in cuore. Sempre. Se si è allenati ad accoglierlo. E’ questione di discernimento, di stile, di visione della vita.

 

Biancarosa Magliano, fsp

                                                                                     biancarosam@tiscali.it

Fare amicizia con la morte?

morte1La più grave epidemia del mondo contemporaneo – affermava il grande maestro R. Panikkar – è la superficialità, che fa vivere di ‘immediato’ e di ‘cose’ che non durano. Questo blocca la vita al bordo del Mistero e impedisce di riconoscere cosa significa essere umani. E l’uomo – fatto per essere coinvolto in un amore assoluto e incondizionato – si ritrova a sperimentare solo una tristezza infinita.

Ricercare il senso della morte?… sì, è necessario. Ma saremo mai capaci di trovarne uno che possa toglierci la paura? La morte ci svela il senso della vita in cui tutto è provvisorio e nulla vissuto pienamente. Una certezza, però, ridà calore di senso ad ogni situazione, provocata o solo subita dall’uomo: Dio è e rimane lì dove noi siamo, costi quel che costi. “Non c’è grido umano che non sia ascoltato da Dio” (Benedetto XVI), che porta a compimento ciò che nella nostra storia noi stessi -aprendoci all’amore verso gli altri – siamo riusciti a realizzare solo parzialmente. Lui non ha scarto né pattumiere nel suo progetto e nessun gesto umano d’amore va perduto. La risurrezione di Cristo – che certo non affrontò la morte come un bene desiderabile – rivela al cristiano che veramente l’Amore è più forte della morte. E se Gesù ha voluto sperimentare con noi l’intera assurdità della morte, essa non è l’estuario tragico nel baratro del nulla, ma l’ingresso nella piena comunione con Dio… Strada possibile solo per chi ha fede?

Oggi si tratta di ridare dignità alla morte, strappandola alla terra di nessuno in cui l’abbiamo confinata. Come possiamo credere in un Dio che ci ama incondizionatamente, se tutte le gioie e tutti i dolori della nostra vita sono alla fin fine inutili, se si perdono nella terra con il nostro corpo mortale? Quando si giunge alla profonda conoscenza interiore – più del cuore che della mente- che nati dall’amore, moriremo nell’amore, allora tutte le forme della morte perdono il loro potere ultimo su di noi. E se il Creatore ci ha amato così tanto da desiderare che noi facessimo esperienza della totale assurdità della morte, allora deve esserci una Speranza, qualcosa che supera la morte, una promessa che non è compiuta nella nostra breve esistenza. Lo stesso amore, che ci fa mormorare e protestare contro la morte, ci rende liberi di vivere nella Speranza. La fede, insomma, ci dà la liberante certezza che niente di ciò che noi facciamo nella nostra esistenza corporea va perduto; ci chiama a vedere e vivere ogni nostro singolo attimo come un seme di eternità. Il cuore e la mente di Dio superano la misura della nostra comprensione… Tutto ciò che a noi è richiesto è semplicemente avere fiducia in Chi è pronto ad accoglierci: sarà lì quando faremo il grande balzo. Basta solo stendere le braccia e le mani e avere fiducia, fiducia, fiducia.

         Luciagnese Cedrone

         lucia.agnese@tiscali.it

COMUNICARE LA MISSIONE

COMUN2Ho avuto la possibilità di interagire in questi due giorni  (27 – 28 ottobre c.a.) con un gruppo di comunicatrici e comunicatori di diverse appartenenze culturali, linguistiche e carismatiche. Il coinvolgimento e la guida appassionata del team coordinato delle animatrici e dei relatori ci ha permesso di acquisire contenuti e di confrontarci su obiettivi, prassi ed esperienze. Ma il valore aggiunto è quello di coniugare tutto questo con la prospettiva della spiritualità della comunicazione.

Sento l’invito a farmi attenta al nuovo continente della rete abitato da persone assetate di senso e di Dio con le quali posso condividere il dono ricevuto e da cui posso lasciarmi evangelizzare. In un sistema multimediale veloce e globalizzato, mi sento chiamata ad immettere contenuti, informazioni e immagini che trasmettano un’esperienza di Vangelo vissuto in fraternità accanto ai poveri e ai piccoli. Il cammino lungo che ci ha impegnate nella nostra storia a cercare vie di comunione e di servizio ci sfida oggi a percorsi nuovi. Da una parte animare e favorire come comunicatrici relazioni autentiche tra le fraternità e le sorelle: scoprire connessioni nuove e inedite tra il nostro oggi e il carisma vitale che custodiamo. Dall’altra gettare ponti: cogliere la sfida di lasciarci raggiungere, interpellare ed sfidare da chi ci passa accanto per scelta o per caso; ed anche scoprire l’opportunità di coinvolgere, invitare e collaborare nelle nuove dimensioni di tempo e di spazio che la rete spalanca davanti a noi per il futuro della missione.

Esserci in modo consapevole e in modo autentico è forse il messaggio sintesi che ho ricevuto in questi giorni di incontro. Coglierlo come una possibilità concreta da costruire con umiltà e pazienza per me e per noi come famiglia religiosa lo devo a chi in questa proposta della UISG – USMI- Multimedia International – ONG2.0 vive e trasmette la propria passione per la comunicazione e offre un’esperienza viva e concreta di comunione di carismi.

Una riflessione costruttiva…

assemblea1L’USMI, nella persona della Presidente Nazionale, sr M. Regina Cesarato, è stata invitata a partecipare al Dialogo (Re)Thinking Europe. Un contributo cristiano al futuro del Progetto Europeo, organizzato in Vaticano, dal 27 al 29 ottobre 2017, dalla Commissione delle Conferenze Episcopali dell’Unione Europea (COMECE), in collaborazione con la Segreteria di Stato. Ecco a mo’ di flash quanto ci comunica madre M. Regina dopo la bella esperienza:

Il Dialogo tra persone rappresentanti della Chiesa Cattolica e di altre confessioni cristiane presenti in Europa con leader politici europei di alto livello, ha favorito una riflessione costruttiva sulle sfide fondamentali del progetto europeo.

Si è sentita forte la responsabilità di dare testimonianza di una vita cristiana autentica, per l’evangelizzazione e la rinascita di un umanesimo basato sui valori cristiani. Papa Francesco nell’udienza che ci ha concesso, ha sottolineato in un discorso molto articolato, l’identità cristiana dell’Europa, dalle origini al suo sviluppo storico e ha dato orientamenti chiari per contribuire, da credenti, alla costruzione del futuro del nostro Continente. I valori non negoziabili, nelle parole di Papa Francesco, sono: l’attenzione da dare alla persona e alla comunità perché l’Europa diventi sempre più un luogo di dialogo, un ambito inclusivo, uno spazio di solidarietà, una sorgente di sviluppo e una promessa di pace. Come cristiani siamo chiamati a essere anima e fermento di trasformazione del mondo.

Dal Vangelo di Matteo 22, 34-40

IMMXXX2In quel tempo, i farisei, avendo udito che Gesù aveva chiuso la bocca ai sadducei, si riunirono insieme e uno di loro, un dottore della Legge, lo interrogò per metterlo alla prova: «Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?». Gli rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Questo è il grande e primo comandamento. Il secondo poi è simile a quello: Amerai il tuo prossimo come te stesso. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti».

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Nel racconto dell’ultima settimana di Gesù, la liturgia salta il discorso che Gesù fece con i sadducei (Mt 22,23-33). Si tratta della famosa questione della donna che aveva sposato uno dopo l’altro sette fratelli senza averne figli, questione direttamente collegata con la risurrezione, che i sadducei non ammettevano. Nel brano di oggi i nemici di Gesù tornano alla carica. Si tratta ancora dei farisei e il motivo è sempre quello di trarre in inganno Gesù. Essi lo interpellano su una delle questioni fondamentali dell’insegnamento farisaico: quale è il più grande dei comandamenti? La risposta di Gesù inizialmente avrebbe dovuto trovarli d’accordo: anch’essi pensavano che l’amore verso Dio valesse più di tutti gli altri comandamenti. Ma poi nella seconda parte della sua risposta Gesù li mette con le spalle al muro: il secondo comandamento, il più simile al primo è l’amore per il prossimo, ed essi che stavano complottando per togliere di mezzo Gesù non stavano certo dando un buon esempio! I farisei non sembra abbiano replicato alle parole di Gesù. Matteo continua la narrazione con una domanda che Gesù stesso rivolge loro (Mt 22,41-46), riguardante il Figlio di David. Evidentemente si sono sentiti scoperti e non avevano più nessun argomento per giustificarsi.

In quel tempo, i farisei, avendo udito che Gesù aveva chiuso la bocca ai sadducei, si riunirono insieme, Gesù era riuscito a vincere anche le cavillose argomentazioni dei sadducei. I farisei non si danno per vinti. Si radunano insieme. Il verbo usato è synago, dal quale viene il termine sinagoga. Si tratta forse di un accenno ironico al riunirsi dei giudei, per fare del male e non per ascoltare la Parola del Signore. e uno di loro, un dottore della Legge, lo interrogò per metterlo alla prova: I farisei mandano avanti uno dei loro campioni, un dotto, esperto nella Legge di Mosé. Ma il loro intento viene subito dichiarato: si interroga Gesù per metterlo alla prova. «Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?». La questione era molto sentita e dibattuta in ambito farisaico. In particolare nella corrente che faceva capo al maestro Hillel si ammetteva una gerarchia tra i precetti (che distingueva tra precetti “leggeri” e “gravi”) e anche la possibilità di riassumere tutto il contenuto della Torà in un unico principio, il grande precetto. Gli rispose: «”Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente”. 38Questo è il grande e primo comandamento. Nella sua risposta Gesù sembra dire cose già risapute. Egli richiama due precetti che nella Legge avevano già grande importanza. Il primo era parte integrante dello Shemà Israel, il credo fondamentale del popolo di Dio. Con il termine “tutta la tua mente” Matteo sostituisce il termine che trovava nella bibbia greca dei Settanta “con tutte le tue forze”.4l secondo poi è simile a quello: “Amerai il prossimo come te stesso”. La novità introdotta da Gesù è quella di aver messo in relazione diretta il comandamento dell’amore di Dio con quello del prossimo. Sebbene i due precetti fossero ricordati nella Torà nessuno li aveva mai paragonati. Egli li ha affermati “simili”. Su questo punto si poggia la polemica antifarisaica di Matteo. Sull’amore di Dio i farisei erano pienamente d’accordo con Gesù, ma egli citando il secondo comandamento dell’amore del prossimo li accusa di non rispettare nemmeno l’amore per Dio. I due comandamenti si completano e si rispecchiano a vicenda. Non c’è vero amore di Dio se non c’è amore verso il prossimo. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti». Tutta la Torah, ma anche i Profeti (altra punta polemica verso i farisei che non avrebbero mai abbassato la Legge al livello dell’insegnamento dei Profeti) sono appesi a questi due comandamenti. Potremmo immaginarli come i due cardini sui quali si regge e gira una porta, un cardine in basso e uno in alto. La porta ha bisogno di entrambi i cardini per funzionare correttamente! Queste parole così dure (confrontate i due brani paralleli di Mc 12,28-34 e Lc 10,25-28), rispecchiano la situazione che la comunità di Matteo stava vivendo al tempo della stesura del Vangelo. Si era infatti dopo il 70 d.C., dopo la distruzione del tempio e questo periodo fu segnato da forti contrasti tra i farisei e i cristiani provenienti dal giudaismo. Queste tensioni fecero sì che Matteo indicasse i farisei come i più fieri oppositori di Cristo.

Meditiamo

– Mi capita mai di voler mettere alla prova qualcuno con l’inganno?

– Quale è per me il più grande comandamento del Signore?

– Quali sono le caratteristiche del mio amore verso il prossimo (e, di riflesso, verso Dio?)

(Re)Thinking Europe

(Re)Thinking Europe

TRE1Si è aperto oggi, venerdì, 27 ottobre e si conclude, sabato 29 ottobre c.a. presso l’Aula Nuova del Sinodo in Vaticano, il Congresso “Ripensare l’Europa: contributo cristiano al futuro dell’Ue”; un incontro fortemente voluto da papa Francesco e dai vescovi della Comece (Commissione degli episcopati della Comunità Europea ) alla cui guida c’è il cardinale Reinhard Marx in occasione del 60.mo anniversario della firma dei Trattati di Roma che di fatto hanno sancito l’avvio della realizzazione concreta del progetto europeo da parte dei primi 6 Stati fondatori (Belgio, Francia, Germania Ovest, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi).

«Come Chiesa, e come cristiani, vogliamo dare un contributo alla discussione sul futuro dell’Europa» spiegava il presidente illustrando l’evento che rappresenta un chiaro segnale del forte impegno della Chiesa cattolica nella ricerca di nuove opportunità e nuovi modi di vivere insieme nel continente. In un momento di incertezza per quanto riguarda il futuro percorso dell’Unione Europea, la COMECE è disposta ad offrire un’occasione di dialogo e di riflessione comune tra vescovi e rappresentanti politici di alto livello, insieme ad altri attori della Chiesa.

Tanti gli interrogativi sul tappeto cui cercheranno di offrire un contributo di riflessione esperti di varie discipline, politici, rappresentanti di movimenti, religiosi e laici.

Quali sono le sfide di oggi per l’Unione Europea? Cosa vogliamo realizzare insieme? Quali sono le esigenze delle nostre popolazioni? Qual è il riferimento comune che vogliamo porre al centro della costruzione europea? Come può contribuire ad un futuro positivo la nostra matrice cattolica?

Tre gli ambiti tematici che saranno affrontati: le crisi e le loro cause, la dimensione sociale dell’Europa, i diversi concetti e visioni di Europa e di Unione Europea.

A questo congresso partecipa madre Regina Cesarato, presidente dell’USMI Nazionale. Questo invito a parteciparvi come organismo della Chiesa, da parte del COMECE, ci apre ad Europa che ha ancora voglia di futuro e di vita e fa sentire tutta la responsabilità e l’impegno a promuovere e a lavorare per il bene comune.

Missione è clausura

Monache-Visitandine1In occasione della Giornata missionaria mondiale, che è stata celebrata domenica, 22 ottobre c.a., l’agenzia Fides ha prodotto e lanciato oggi, venerdì 20 ottobre c.a., un video intitolato “Clausura è missione”.

Con la produzione multimediale, disponibile sul canale Youtube di Fides in italiano e in inglese, l’agenzia della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli vuole ricordare “il 90° anniversario della proclamazione di Teresa di Lisieux ‘Patrona delle missioni’”. E’ quanto si legge sul sito Internet di Fides.

Fu infatti papa Pio XI a proclamare il 14 dicembre del 1927 santa Teresa di Gesù Bambino (1873-1897) “patrona speciale dei missionari, uomini e donne, esistenti nel mondo”, titolo già concesso a san Francesco Saverio (1506-1552).

Il video, che dura 3.35 minuti, è girato nel monastero di clausura delle suore carmelitane di Sutri, nel Lazio, dove le monache “abbracciano tutto il mondo”.

“Teresa di Lisieux desiderava ‘essere l’amore nel cuore della Chiesa’. Oggi le monache di clausura sono come un cuore che pompa il sangue, cioè la carità di Cristo, a tutto l’organismo della Chiesa universale”, così ha dichiarato padre Ryszard Szmydki, O.M.I., sottosegretario della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, durante la presentazione del video.

“Il missionario, come afferma la ‘Redemptoris Missio’, deve essere un ‘contemplativo in azione’”, ha ricordato p. Szmydki. “La risposta ai problemi egli la dà alla luce della parola di Dio e nella preghiera personale e comunitaria. Se il missionario non è un contemplativo non può annunciare Cristo in modo credibile.”