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LA VERA GIOIA

La ricchezza, la bellezza, tutto si può perdere,

ma la gioia che hai nel cuore può essere soltanto offuscata:

per tutta la vita tornerà a renderti felice.

Prova, una volta che ti senti solo e infelice o di cattivo umore,

a guardare fuori quando il tempo è così bello.

Non le case e i tetti, ma il cielo.

Finché potrai guardare il cielo senza timori,

saprai di essere puro dentro e che tornerai a essere felice.

 

Anna Frank

Alla vita

La vita non è uno scherzo.
Prendila sul serio
come fa lo scoiattolo, ad esempio,
senza aspettarti nulla
dal di fuori o nell’al di là.
Non avrai altro da fare che vivere.

La vita non è uno scherzo.
Prendila sul serio
ma sul serio a tal punto
che messo contro un muro, ad esempio, le mani legate,
o dentro un laboratorio
col camice bianco e grandi occhiali,
tu muoia affinché vivano gli uomini
gli uomini di cui non conoscerai la faccia,
e morrai sapendo
che nulla è più bello, più vero della vita.

Prendila sul serio
ma sul serio a tal punto
che a settant’anni, ad esempio, pianterai degli ulivi
non perché restino ai tuoi figli
ma perché non crederai alla morte
pur temendola,
e la vita peserà di più sulla bilancia.

Nazim Hikmet

È vita, è futuro

Germoglia la speranza

“Ecco, io faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete? Aprirò anche nel deserto una strada, immetterò fiumi nella steppa” (Is 43,19). L’annuncio di Isaia al popolo testimonia una speranza affidabile nel domani di ogni donna e ogni uomo, che ha radici di certezza nel presente, in quello che possiamo riconoscere dell’opera sorgiva di Dio, in ciascun essere umano e in ciascuna famiglia. È vita, è futuro nella famiglia! L’esistenza è il dono più prezioso fatto all’uomo, attraverso il quale siamo chiamati a partecipare al soffio vitale di Dio nel figlio suo Gesù. Questa è l’eredità, il germoglio, che possiamo lasciare alle nuove generazioni: “Facciano del bene, si arricchiscano di opere buone, siano pronti a dare e a condividere: così si metteranno da parte un buon capitale per il futuro, per acquistarsi la vita vera” (1Tim 6, 18-19).

Vita che “ringiovanisce”

Gli anziani, che arricchiscono questo nostro Paese, sono la memoria del popolo. Dalla singola cellula all’intera composizione fisica del corpo, dai pensieri, dalle emozioni e dalle relazioni alla vita spirituale, non vi è dimensione dell’esistenza che non si trasformi nel tempo, “ringiovanendosi” anche nella maturità e nell’anzianità, quando non si spegne l’entusiasmo di essere in questo mondo. Accogliere, servire, promuovere la vita umana e custodire la sua dimora che è la terra significa scegliere di rinnovarsi e rinnovare, di lavorare per il bene comune guardando in avanti. Proprio lo sguardo saggio e ricco di esperienza degli anziani consentirà di rialzarsi dai terremoti – geologici e dell’anima – che il nostro Paese attraversa.

Generazioni solidali

Costruiamo oggi, pertanto, una solidale “alleanza tra le generazioni”, come ci ricorda con insistenza Papa Francesco. Così si consolida la certezza per il domani dei nostri figli e si spalanca l’orizzonte del dono di sé, che riempie di senso l’esistenza. “Il cristiano guarda alla realtà futura, quella di Dio, per vivere pienamente la vita ‒ con i piedi ben piantati sulla terra ‒ e rispondere, con coraggio, alle innumerevoli sfide” , antiche e nuove. La mancanza di un lavoro stabile e dignitoso spegne nei più giovani l’anelito al futuro e aggrava il calo demografico, dovuto anche ad una mentalità antinatalista  che, “non solo determina una situazione in cui l’avvicendarsi delle generazioni non è più assicurato, ma rischia di condurre nel tempo a un impoverimento economico e a una perdita di speranza nell’avvenire” . Si rende sempre più necessario un patto per la natalità, che coinvolga tutte le forze culturali e politiche e, oltre ogni sterile contrapposizione, riconosca la famiglia come grembo generativo del nostro Paese.

L’abbraccio alla vita fragile genera futuro

Per aprire il futuro siamo chiamati all’accoglienza della vita prima e dopo la nascita, in ogni condizione e circostanza in cui essa è debole, minacciata e bisognosa dell’essenziale.

Nello stesso tempo ci è chiesta la cura di chi soffre per la malattia, per la violenza subita o per l’emarginazione, con il rispetto dovuto a ogni essere umano quando si presenta fragile.

Non vanno poi dimenticati i rischi causati dall’indifferenza, dagli attentati all’integrità e alla salute della “casa comune”, che è il nostro pianeta. La vera ecologia è sempre integrale e custodisce la vita sin dai primi istanti.

La vita fragile si genera in un abbraccio: “La difesa dell’innocente che non è nato deve essere chiara, ferma e appassionata, perché lì è in gioco la dignità della vita umana, sempre sacra, e lo esige l’amore per ogni persona al di là del suo sviluppo” . Alla “piaga dell’aborto” – che “non è un male minore, è un crimine”  – si aggiunge il dolore per le donne, gli uomini e i bambini la cui vita, bisognosa di trovare rifugio in una terra sicura, incontra tentativi crescenti di “respingere profughi e migranti verso luoghi dove li aspettano persecuzioni e violenze”.

Incoraggiamo quindi la comunità cristiana e la società civile ad accogliere, custodire e promuovere la vita umana dal concepimento al suo naturale termine. Il futuro inizia oggi: è un investimento nel presente, con la certezza che “la vita è sempre un bene”, per noi e per i nostri figli. Per tutti. È un bene desiderabile e conseguibile.

 

 

Per un mondo riconciliato

La buona politica a servizio della pace è il tema scelto da papa Francesco per la Giornata della pace. In un mondo in cui regnano sovrani i personalismi, le animosità, il disprezzo delle minoranze considerate lo scarto della società, c’è bisogno di pace e di un mondo riconciliato.

La buona politica è al centro del messaggio per la Giornata della pace. In molti interventi il papa ha posto attenzione sul valore della politica, sulla necessità di considerarla come compito ed espressione della carità, sulla responsabilità dei politici nell’investire forze e impegno per una convivenza serena e pacifica degli uomini. La visione e l’impegno della classe politica non possono limitarsi al proprio Paese o nazione, ma devono abbracciare l’umanità intera ed estendere al mondo globalizzato – reale e virtuale – i valori fondanti la pace. Tra questi, la giustizia e la pace. Perché se la giustizia produce ed è fonte di giustizia, se l’accoglienza e il rispetto della vita è alla radice di ogni tipo di accoglienza e di convivenza civile, la pace semina e rafforza la pace.

 La politica per un mondo riconciliato

La pace è presupposto e frutto di ciò che siamo, dei valori in cui crediamo e che orientano la nostra vita, del contributo che ogni cittadino dà per l’ordine e la convivenza civile. Se si semina odio, se alcuni vengono discriminati ed esclusi dall’orizzonte civile, politico e religioso, il raccolto che ne deriva si chiama incomprensione, divisione, ostilità, lotta, guerra.

Seminare, alimentare la pace è responsabilità di ogni cittadino chiamato a costruire un futuro di pace tra gli uomini, a cominciare dal proprio habitat familiare. In particolare, è compito – e oserei dire missione – dei politici, di chi ha il ruolo di guida, di legislatore, di impegno culturale e formativo. A loro compete interpretare la realtà quotidiana con uno sguardo volto al futuro, offrire strumenti adeguati per una convivenza civile: leggi che riducano ed eliminino le discriminazioni tra i cittadini, risollevino le sorti degli svantaggiati per difficoltà economiche, mancanza di istruzione, appartenenza alle minoranze.

“Conforme alla propria vocazione, il potere politico deve sapersi disimpegnare dagli interessi particolari per considerare attentamente la propria responsabilità nei riguardi del bene di tutti, superando anche i limiti nazionali” scriveva Paolo VI nelle Lettera apostolica “Octogesima adveniens”. E ancora: “Prendere sul serio la politica nei suoi diversi livelli – locale, regionale, nazionale e mondiale – significa affermare il dovere dell’uomo, di ogni uomo, di riconoscere la realtà concreta e il valore della libertà di scelta che gli è offerta per cercare di realizzare insieme il bene della città, della nazione, dell’umanità”.

 Potere e servizio

È importante la missione del politico. È mettersi al servizio della comunità civile, salvaguardare e difendere il diritto e i diritti; è incoraggiare la fiducia e il dialogo tra le generazioni, tra giovani e adulti, tra uomini e donne di ogni cultura, lingua, razza e religione. Non può esserci pace se manca la fiducia reciproca, se ogni persona non è accolta, difesa e protetta, se non le è consentito la possibilità di avere il necessario per vivere dignitosamente e di ricevere una formazione e una cultura adeguate, se non può guardare al futuro con fiducia e speranza. “Quando l’uomo è rispettato nei suoi diritti germoglia in lui il senso del dovere di rispettare gli altri”, scriveva nel 1963 Giovanni XXIII nell’enciclica Pacem in terris. Un principio cui nessuno può sottrarsi. Neppure i politici, e quanti hanno responsabilità di guida di gruppi, partiti, e di una nazione.

La politica, afferma papa Francesco, è la massima espressione della carità. E il politico è chiamato ad accogliere questo compito come una vera missione, ad agire con una ”buona politica”, sorretta e guidata dall’operare a beneficio di tutti, rispettando i diritti di ogni persona e gruppo, di eliminando – anche attraverso gesti e parole – ogni tipo di discriminazione e di rifiuto. Come è lontana la politica italiana odierna dalla “buona politica!

La politica, ha scritto papa Francesco, è una vocazione altissima, è una delle forme più preziose di carità, perché cerca il bene comune” (Evangelii gaudium). Essa è realizzata da quanti hanno a cuore il bene di tutti, si impegnano perché nessuno si senta estraneo, rifiutato, usa ogni strumento per risollevare le sorti degli ultimi, degli “scartati”, vive l’impegno politico come una vocazione.

E’ una visione utopica quella che delinea e sogna papa Francesco? No, è la visione cristiana che, se vissuta nella sua interezza e responsabilità, può diventare realtà. Quanti politici che hanno vissuto questi principi abbiamo conosciuto e stimato!

Anna Pappalardo

La comunicazione oggi

Iscrizione CONVEGNO 05-07 febbraio 2019

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Santa Maria, donna dell’attesa

Attendere: infinito del verbo amare.

Anzi, nel vocabolario di Maria, amare all’infinito.

 

Santa Maria, Vergine dell’attesa,

donaci del tuo olio perché le nostre lampade si spengono.

Vedi: le riserve si sono consumate. Non ci mandare ad altri venditori.

Riaccendi nelle nostre anime gli antichi fervori che ci bruciavano dentro

quando bastava un nonnulla per farci trasalire di gioia:

l’arrivo di un amico lontano, il rosso di sera dopo un temporale,

il crepitare del ceppo che d’inverno sorvegliava i rientri in casa, le campane a stormo nei giorni di festa,

il sopraggiungere delle rondini in primavera,

l’acre odore che si sprigionava dalla stretta dei frantoi,

le cantilene autunnali che giungevano dai palmenti,

l’incurvarsi tenero e misterioso del grembo materno,

il profumo di spigo che irrompeva quando si preparava una culla.

Se oggi non sappiamo attendere più, è perché siamo a corto di speranza.

Se ne sono disseccate le sorgenti. Soffriamo una profonda crisi di desiderio.

E, ormai paghi dei mille surrogati che ci assediano,

rischiamo di non aspettarci più nulla neppure da quelle promesse ultraterrene

che sono state firmate col sangue dal Dio dell’alleanza.

Santa Maria, donna dell’attesa,

conforta il dolore delle madri per i loro figli che,

usciti un giorno di casa, non ci son tornati mai più,

perché uccisi da un incidente stradale o perché sedotti dai richiami della giungla.

Perché dispersi dalla furia della guerra o perché risucchiati dal turbine delle passioni.

Perché travolti dalla tempesta del mare o perché travolti dalle tempeste della vita.

Don Tonino Bello