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Suore uditrici al Sinodo

istaLa vita religiosa femminile è presente al Sinodo sulla Famiglia. E lo è per volontà espressa da Papa Francesco  il quale ha scelto le tre religiose, membri della UISG (Unione internazionale Superiore Generali), che vi partecipano come uditrici. Esse sono: sr Carmen Sammut, membro delle Suore Missionarie di Nostra Signora d’Africa, presidente della stessa UISG, sr Maureen Kelleher, religiosa del Sacro Cuore di Maria e sr Berta Maria Porras Fallas, Terziaria Cappuccina della Santa Famiglia. Le tre religiose hanno una ricchezza missionaria esperienziale diversa ma complementare; pertanto rappresentano in modo efficace il mondo della vita religiosa: identità e carismi diversi, sempre posti al servizio della Chiesa e della società in vari ambiti: educazione, dialogo interreligioso, diritti umani, internazionalità.

Sarebbe un peccato se in questo contesto, e con la loro presenza non si riflettesse sul rapporto tra vocazione matrimoniale e religiosa, vocazioni, forse, ancora troppo poco approfondite.

Una vita piena

UNA%20VITA%20PIENACon forte commozione e un intenso sussulto di ricordi comunichiamo che sr Eugenia Lorenzi (sccg) è stata chiamata dal Padre nel suo Regno di infinita ed eterna pace. Donna di squisita, brillante intelligenza, di ardita e saggia creatività, umile, audace, ma soprattutto una donna dalla forte capacità d’amare. Un amore che diventava di volta in volta comprensione, promozione, incoraggiamento, stimolo, condivisione vera, compartecipazione. Per la sua vita dedicata all’USMI nel 2012 scriveva: ”Rendo innanzitutto grazie al Signore e alla mia Congregazione che mi ha concesso di ‘restare’ all’USMI per 17 anni (1986-2002) per un servizio alla Vita Consacrata, alla Chiesa, al mondo”. Effettivamente il suo servizio ha oltrepassato molteplici confini, quelli nazionali e quelli di competenza. In un primo momento – dal 1970 al 1984 – dovette coordinare le USMI regionali . “Un primo passo – ha scritto lei nello stesso anno – che mi ha coinvolto e, contemporaneamente, spalancato la vita, facendomi prendere diretta coscienza con immersione nel concreto della vita della gente, delle problematiche che stavano già affiorando, delle prospettive nuove che si delineavano”. Tutto ciò divenne per lei una miniera di esperienze che di volta in volta le davano forza e fiato a entrare in campi apostolici di frontiera.

Dovette anche pensare alle religiose che si occupavano degli emigranti e di quelle che aprivano case e comunità nei paesi in ricostituzione. La caduta del muro di Berlino e lo smembramento della Jugoslavia con la libertà raggiunta da alcuni Paesi comportarono per lei stancanti e impegnativi viaggi all’estero, per offrire aiuto e collaborazione alle religiose ivi presenti, italiane e non. Anche grazie a lei la vita religiosa italiana, sensibilizzata e orientata all’emergenza di quegli anni si era resa presente in mille modi per alleviare, accogliere sia la vita religiosa dell’Est osteggiata per decenni, ma rimasta viva e fedele, sia la gente che, impreparata, andava cercando libertà.

Nel tempo della sua presenza a Roma diede vita a quella iniziativa formativa che è poi stata reintrodotta e alla quale da allora hanno partecipato più di mille religiose: il trimestre sabbatico. Tre mesi per ritemprare la propria vita sull’onda della fedeltà a Dio, a se stesse, alla storia.

Suor Eugenia! Sei stata fermento di vita e di comunione e collaborazione anche negli Uffici dell’USMI nazionale di Via Zanardelli a Roma. Ti ricordiamo e ricorderemo così: una donna che ha dedicato sino alla consumazione la propria vita nell’ ”esercizio delle opere di misericordia a imitazione dell’amabilissimo Redentore”, come è definito il carisma della tua Congregazione nell’Annuario USMI 2009.

Sr Biancarosa Magliano fsp

Cavaliere della Repubblica

ISTANTANEE_marchettimichela_CAVALIEREDal 10 ottobre 2015 sr Suor Michela Marchetti – appartenente alla Congregazione delle suore della Divina Volontà – è ‘italiana’ per un nuovo titolo. Da quel giorno è “Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica italiana per volontà (motu proprio) del presidente della Repubblica Sergio Mattarella”. Motivo? Il suo ‘spendersi e sopraspendersi’ – verbi usati da san Paolo – in un “continuo impegno, anche nell’ambito del centro antiviolenza di Crotone, a favore delle donne e dei bambini in difficoltà”. Una missione ‘qualificata’ da una precedente specifica preparazione culturale e da specifiche, valide, molteplici esperienze.

Attualmente – con suor Bruna Zaltron e un gruppo di laici – è impegnata soprattutto con i giovani. Insieme, dopo un periodo di tempo vissuto giustamente nella riflessione e nella ricerca, hanno dato inizio al Centro Noemi. Esso si è poi trasformato in cooperativa. Sr Michela ne è ancora oggi responsabile, non solo, ma “è coordinatrice del Centro per la famiglia, collabora con la Caritas diocesana come responsabile e formatrice accreditata del servizio civile”. All’interno del suo Istituto è responsabile della comunità religiosa, consigliera generale e responsabile della pastorale vocazionale. L’USMI si felicita per tanta ‘onorificenza’ giustamente meritata. Tutto può trasformarsi in testimonianza e profezia. “Se questi e quelli” – direbbe sant’Agostino – “perché non io”? Ognuno nel proprio campo, come realizzazione del progetto di Dio su di sé. (B.M.)

Master Pastoral Counselling

ISTANTANEE_MASTERLa Commissione Salute dell’Osservatorio Europeo ha dato questa definizione di benessere “quello stato emotivo, mentale, fisico, sociale e spirituale di be-essere che consente al persone di raggiungere e mantenere il loro potenziale personale nella società”.

Questo Master universitario, proposto dall’Istituto Nino Trapani di Neuroscienze e Gestalt, ha lo scopo di promuovere il benessere (da ben – essere = stare bene o esistere bene) integrando tutti e cinque gli aspetti suddetti, in modo che siano tra loro equilibrati per consentire alle persone di migliorare il loro benessere relazionale con potenziamento delle loro competenze al “contatto” (in termini gestaltici) e conseguente miglioramento dei rapporti interpersonali e della qualità di vita comunitaria.

Destinatari del Master sono i religiose/e, presbiteri, formatori educatori, animatori pastorali e quanti interessati agli argomenti trattati in possesso di laurea sia magistrale che triennale.

www.neuroscienzegestalt.it

La comunione…

La Chiesa, ovunque si trovi, è comunione. La vita consacrata ne condivide l’identità. Giustamente le Conferenze dei Superiori e delle Superiore Maggiori degli Istituti maschili e femminili di vita consacrata delle Chiese Cattolica Romana e Greco-Cattolica presenti in Ucraina, hanno voluto organizzare insieme una Assemblea dal tema: “La Comunione Evangelica tra le Persone Consacrate della Chiesa Greco-Cattolica e della Chiesa Cattolica Romana in Ucraina”. Essa si è svolta a Lviv, nei giorni 14-18 settembre 2015 e vi hanno partecipato più di 600 persone; 300 membri della Chiesa Cattolica Romana e altrettanti della Chiesa Greco-cattolica. Il ritrovarsi per la solenne celebrazione eucaristica introduttiva, l’ascolto delle relazioni degli esperti, le testimonianze delle persone presenti è stata una bella opportunità per la costruzione di rapporti fraterni tra le comunità di vita consacrata delle due Chiese.
Nonostante le differenze della vita e del ministero, le due espressioni di vita consacrata hanno molto in comune, quindi i contatti, la mutua comprensione, il consolidare la comunione evangelica, favoriscono la stessa vita ecclesiale in quel Paese. E’ sempre valido l’invito a cercare quello che unisce, soprattutto quando le idealità convergono: testimoniare e annunciare Cristo Gesù, Maestro e Signore.

Feriti e amati

Il servizio più urgente
La vita pretende che viviamo insieme e ogni essere umano è chiamato a crescere insieme agli altri… proprio quello che a tutti, proprio a tutti, riesce tanto difficile. In una società, poi, ‘liquida’ come l’attuale, sempre accelerata e fugace nei contatti reciproci e continuamente tendente alla depressione o alla competizione più o meno violenta, vivere e crescere insieme richiede ancora più coraggio. Così solitudine, bisogno di ascolto e di senso crescono a dismisura… Da tale contesto storico, ai cristiani – e fra loro, a maggior ragione, ai consacrati – viene la sfida evangelica ad abitare il mondo reale di oggi; a lasciarsi dinamizzare dai suoi appelli e non limitarsi a giudicare e lamentarsene. Il giudizio è solo separazione. Il servizio più urgente invece – ce lo ricorda spesso papa Francesco – è “essere modello di fraternità per tutti nella ‘diversità”. E, indicando una delle tante vie concrete lungo tale percorso: …se hai qualcosa contro il fratello, glielo dici in faccia: a volte finirai a pugni, ma meglio questo che il terrorismo delle chiacchiere.
Il mondo ha urgente bisogno di proposte solide e di senso che vengano da volti felici e da ambienti dove i rapporti umani siano attenti, autentici e caldi. Chiede testimoni della forza umanizzante del Vangelo, che si sentano amati – pur nella propria povertà – dal Dio di Gesù Cristo; consapevoli che respirare quotidianamente la sorgente della Gioia è la forza per amare tutti con la tenerezza e la delicatezza di Cristo.
Priorità oggi, quindi, è creare spazi di vita dove sia possibile riappropriarsi – o apprendere – l’attenzione al volto umano di ognuno troppo a lungo trascurato e che va recuperato… Anche nella vita consacrata, anche nella formazione ad essa.
La vecchia storia degli uomini di tutti i tempi è rifiutare la diversità. Ma “le diversità di ciascuno – assicura G. Crea – sono pietre angolari per un modello di comunione basato sulla logica del Vangelo”. E la capacità di riconoscere e apprezzare le reciproche diversità è la possibilità di contribuire alla costruzione di un benessere davvero comune, che vada al di là degli interessi individualistici. Il problema vero, però, per riuscirvi è rimettere al primo posto l’ascolto di ciò che avviene nel profondo di sé e nelle pieghe della propria vita. “Quanto più fedelmente porgerai ascolto al tuo intimo, tanto meglio udrai ciò che risuona all’esterno. E solo chi ascolta può parlare.” (D. Hammarskjold). Verso la ‘verità’ si cammina passando attraverso il «vero» di se stessi, il solo che apre alla scoperta delle meraviglie e del mistero di ogni persona che ci vive accanto. E consente finalmente di entrare nel lungo processo del perdono che guarisce.
Luciagnese Cedrone ismc

Per rinnovare la gioia del dono del battesimo

Uno dei passaggi più significativi all’età adulta si manifesta con la coscienza che siamo molto più fragili di quello che pensiamo e speriamo. Tutti riconosciamo clamorosamente vera quell’affermazione di San Paolo che dice: io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio (Rm 7,19). Il nostro cuore è velato, le nostre intenzioni spesso non cristalline, non riusciamo ad amare con quell’ampiezza e profondità che la parola amore ci suggerisce e che subito, naturalmente, desideriamo.
Questo senso di inadeguatezza talvolta ci blocca e ci sfiducia, altre volte facciamo finta di niente e ci accontentiamo, anche di noi stessi. I sensi di colpa con la loro ferocia vendicativa fanno spesso da padroni nel nostro cuore, nei nostri pensieri e anche nel subconscio che poco conosciamo ma che determina diversi nostri comportamenti. Talvolta tutto ciò diventa insopportabile.
Esiste una terza via tra la dimenticanza (gli esperti parlano di rimozione) e la condanna: il perdono. Questo gesto di infinita misericordia fa i conti con la verità delle nostre storie e non imbroglia o illude nessuno, insieme però permette uno sviluppo positivo e non disperante, ci fa crescere e persino cambiare. Siamo assetati di perdono e di riconciliazione, certo non di dimenticanza né di condanna.
La Buona Notizia di Gesù morto e risorto per i nostri peccati, della sua Pasqua che ci strappa dal destino di morte altrimenti ineluttabile, ha risuonato nel giorno del nostro battesimo quando siamo stati immersi nella novità riconciliante dell’opera del Regno. Tale grazia può e chiede di essere rinnovata davanti al perdurare delle nostre rigidità e delle nostre non accoglienze della vita nuova dei Figli. È quanto accade nel sacramento della riconciliazione o confessione.
Come in ogni sacramento, anche nella confessione è Dio che opera primariamente, Lui è il protagonista principale. Davanti all’obiezione frequente “non vado a confessarmi perché non so cosa dire” o “sono sempre le stesse cose”, bisogna ricordare che le cose veramente interessanti ed efficaci le dice Lui. Ci confessiamo anzitutto per sentirci dire che siamo amati e perdonati, malgrado le nostre infedeltà che riconosciamo e di cui ci pentiamo amaramente. Ci confessiamo prima di tutto per ascoltare e solo successivamente per parlare.
Come ogni altro sacramento, tale annuncio di salvezza che ci viene ancora una volta rinnovato, accade in un contesto ecclesiale, dentro una comunità di fratelli e sorelle. Questa dimensione ineludibile ci ricorda anzitutto che il perdono è un dono e ci è offerto; ciò permette di uscire da una autoreferenzialità che non ci fa crescere e che non permette uno sguardo vero su noi stessi: ci sono alcune cose su cui sorvoliamo con troppa superficialità e altre che non ci perdoniamo mai. Inoltre celebrare la misericordia dentro la comunità, seppur in una forma giustamente riservata, ci ricorda la dimensione pubblica, sociale ed ecclesiale dei nostri comportamenti: ogni nostro agire, anche il più privato e segreto, influisce sulla vita di chi ci sta attorno e condivide con noi l’esistenza.
Ecco perché vale ancora la pena confessarsi: per lasciare che la buona notizia dell’evangelo risuoni nella nostra vita e ci schiuda a un orizzonte di eternità e di fraternità più vasto non solo di quello, piccolo, che riusciamo a realizzare, ma anche di quello che osiamo immaginare per noi e per i nostri cari. Celebrare la riconciliazione non è anzitutto un dovere da adempiere per potere fare la comunione ma una possibilità di gioia e pacificazione.
Una confessione così intesa chiede certamente qualcosa di più di una triste e insoddisfacente lista di peccati da raccontare sottovoce. Il Cardinale Martini tante volte ha proposta e insegnato a confessarsi secondo una triplice scansione: ricordare anzitutto il bene operato da Dio nella nostra vita, chiedere perdono per i nostri egoismi che si sono opposti all’opera divina in noi, affidarci a Lui perché non venga meno la sua promessa efficace di salvezza.
Tale pratica, più semplice a realizzarsi che a spiegarsi, chiede certo un impegno diverso nel momento della preparazione alla confessione ma offre a questa pratica un respiro serio, grande e bello, adeguato a niente meno che alla nostra vita.
Viene voglia di confessarsi spesso.
don Andrea Ciucci

Per gentile concessione della rivista mensile dell’Opera don Guanella: «La santa Crociata in onore di san Giuseppe» – info@piaunionedeltranstito.org

Il labirinto dell’Europa sulle migrazioni…

… e lo scandalo della speranza!
Dio scommette proprio su coloro sui quali la storia non scommette. Ma possiamo davvero annunciare la speranza senza che la smentita della realtà renda false le parole? Fame e guerre continuano ad uccidere; già 23.000 corpi senza vita nel Mediterraneo (e la stima è per difetto!); spettacoli inaccettabili di muri e frontiere che si rafforzano in alcuni Paesi membri; vertici EU ancora abbondantemente distanti da una risposta complessiva…
Eppure la speranza resta più forte dei fatti: non li ignora, non li aggira, li attraversa, li contesta. Certo non si può diventare fecondi di speranza se si vuol credere che il povero è all’esterno e non dentro di noi. Ma Dio si è impegnato e sulla sua promessa anche oggi persone coraggiose e libere sfidano la notte, contendono il mondo alle sue forze e si fanno seme nel presente della civiltà europea che si basa sul rispetto della dignità umana.
Nonostante i nodi ancora da sciogliere  e il luogo comune persistente: “ci invadono”, sul dramma ‘migranti’ siamo forse a una svolta europea… Nelle opinioni pubbliche la pietà per le vittime e la solidarietà umana prendono il sopravvento su ansie xenofobe e chiusure egoistiche. Decine di migliaia di persone da mesi scendono in piazza per chiedere maggiore tolleranza. Tanti universitari e rifugiati scelgono di vivere sotto lo stesso tetto per progetti di cittadinanza attiva. Cresce il numero delle Parrocchie, degli Istituti religiosi e delle famiglie,  che accolgono rifugiati in casa… Tutto questo conduceoltre i pregiudizi e l’ignoranza; favorisce integrazione e accettazione reciproca; mette in gioco le persone spingendole a cercare quel seme indistruttibile, comune all’umanità di ogni creatura, su cui costruire il futuro. Idee e iniziative simili si vanno diffondendo in tutta l’Europa dei cittadini alla quale i politici dovrebbero dare ascolto!
Per i cristiani il problema vero è mettere in azione un po’ della irrazionalità propria del cuore umano insieme allafiducia che è l’altro nome della fede e farsi così cercatori e inventori di amicizia davanti agli uomini e davanti a Dio. Trovare in Lui – sorgente, corrente sotterranea e foce di ogni amore vero – il supplemento di umanità necessario alle nostre vite insufficienti. Essere insomma l’amico che ti fa più umano, al quale si chiede tempo, conforto, di sognare e operare insieme…
Anche se la strada di un’Europa e di un’Italia autenticamente accoglienti rimane lunga e impervia, siamo dunque agli inizi di un nuovo cammino verso quella comunione che è indispensabile nel pellegrinaggio bello e difficile della storia…
Luciagnese Cedrone ismc
lucia.agnese@tiscali.it

Parole di papa Francesco ai Missionari Comboniani

logo_CombonianiIl 1° ottobre c. a. papa Francesco ha ricevuto i Missionari Comboniani del Cuore di Gesù riuniti per il loro Capitolo generale. Ha espresso loro e all’intero Istituto “la riconoscenza della Chiesa per il generoso servizio al Vangelo”. Ne ha poi delineato i termini: missionari perché “servitori e messaggeri del Vangelo, specialmente per coloro che non lo conoscono o lo hanno dimenticato”. Ha ricordato che all’inizio di ogni mandato c’è sempre l’iniziativa gratuita dell’amore di Dio che chiama “a stare con Lui e ad andare a predicare” (cfrMc3,14). La missione ha sempre una relazione personale con Cristo, radicata nel Battesimo, e, per alcuni, rafforzata dall’Ordinazione. Tutto ciò porta a vivere e ad agire con Cristo, per Cristo e in Cristo. Questa ‘vita’ – spiega il papa – “si vive e si alimenta soprattutto nella preghiera, nel rimanere presso il Signore, nell’adorazione, nel colloquio cuore a cuore con Lui”… e la relazione della missionead gentescon la Parola di Dio non si colloca tanto nell’ordine del «fare» quanto dell’«essere». La missione, per essere autentica, deve riferirsi e porre al centro la grazia di Cristo che scaturisce dalla Croce: credendo in Lui si può trasmettere la Parola di Dio che anima, sostiene e feconda l’impegno del missionario…”.

In quantoCombonianidel Cuore di Gesù,contribuiscono “con gioia alla missione della Chiesa, testimoniando il carisma di san Daniele Comboni, che trova un punto qualificante nell’amore misericordioso del Cuore di Cristo per gli uomini indifesi… In questo Cuore c’è la fonte della misericordia che salva e genera speranza”. Come consacrati a Dio per la missione, i comboniani sono “chiamati ad imitare Gesù misericordioso e mite”, ma anche ad andare “alle periferie della società per testimoniare la perseveranza dell’amore paziente e fedele… la giustizia e la pace, il rispetto e la dignità di ogni persona”.

Inoltre il papa ha ricordato l’esempio di tanti loro confratelli, “che hanno offerto la loro vita alla causa del Vangelo, disposti anche alla suprema testimonianza del sangue”.

 

Pietà e umiltà

Queste le caratteristiche principali di Madre Klara Ludwika Szeczesna, che domenica 27 settembre c.a. è stata elevata agli onori degli altari a Cracovia, nel santuario dedicato a san GiovanniMADRExISTANTANEE1 Paolo II. La religiosa polacca è stata cofondatrice della Congregazione delle Ancelle del Sacro Cuore di Gesù assieme a san Giuseppe Sebastiano Pelczar. La celebrazione, in rappresentanza del Santo Padre, è stata presieduta dal Card. Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle cause dei Santi.

Il carisma dell’Istituto consiste “nella glorificazione del mistero del Sacro Cuore e nella diffusione dell’amore del Signore nella vita quotidiana attraverso il lavoro negli ospedali, negli asili e nelle scuole e attraverso la catechesi”. Un carisma vissuto sino all’eroismo da lei – prova ne è la beatificazione – e, alla luce di esso, formava e animava le giovani che man mano chiedevano di vivere la spiritualità e partecipare alla missione dell’Istituto. Già membri, aveva verso di loro ’una grande carità’. Ha scritto il card. Angelo Amato: “Verso le sue consorelle nutriva una profondo amore materno. Era disponibile ad accoglierle, consigliarle, seguirle, aiutarle. Si interessava della loro salute, dei loro bisogni, soprattutto quando erano ammalate”.

Preghiera intensa, assidua, vera, ascolto e confronto con la Parola, recezione dei sacramenti della Riconciliazione e dell’Eucaristia, adorazione del Santissimo Sacramento hanno costituito il fondamento e il sostegno di una vita tutta dedita all’Istituto e a un continuo, fedele e solerte servizio al prossimo, qualsiasi fosse la situazione di fragilità in cui esso poteva trovarsi: poveri, anziani, ammalati, mancanti o carenti di formazione culturale, come i bambini, e i giovani.

“Tutto il cuore per Gesù” è stato lo slogan che ha guidato tutta la sua vita, ne ha permeato tutti gli spazi.

L’USMI partecipa intensamente alla gioia delle Ancelle del Sacro Cuore di Gesù. Augura loro un avvenire in sempre più profonda e vera fedeltà al carisma, in qualsiasi Paese esse siano presenti, e così in tutti sorga una società in cui fraternità e solidarietà sono la norma vincente.