Uno dei passaggi più significativi all’età adulta si manifesta con la coscienza che siamo molto più fragili di quello che pensiamo e speriamo. Tutti riconosciamo clamorosamente vera quell’affermazione di San Paolo che dice: io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio (Rm 7,19). Il nostro cuore è velato, le nostre intenzioni spesso non cristalline, non riusciamo ad amare con quell’ampiezza e profondità che la parola amore ci suggerisce e che subito, naturalmente, desideriamo.
Questo senso di inadeguatezza talvolta ci blocca e ci sfiducia, altre volte facciamo finta di niente e ci accontentiamo, anche di noi stessi. I sensi di colpa con la loro ferocia vendicativa fanno spesso da padroni nel nostro cuore, nei nostri pensieri e anche nel subconscio che poco conosciamo ma che determina diversi nostri comportamenti. Talvolta tutto ciò diventa insopportabile.
Esiste una terza via tra la dimenticanza (gli esperti parlano di rimozione) e la condanna: il perdono. Questo gesto di infinita misericordia fa i conti con la verità delle nostre storie e non imbroglia o illude nessuno, insieme però permette uno sviluppo positivo e non disperante, ci fa crescere e persino cambiare. Siamo assetati di perdono e di riconciliazione, certo non di dimenticanza né di condanna.
La Buona Notizia di Gesù morto e risorto per i nostri peccati, della sua Pasqua che ci strappa dal destino di morte altrimenti ineluttabile, ha risuonato nel giorno del nostro battesimo quando siamo stati immersi nella novità riconciliante dell’opera del Regno. Tale grazia può e chiede di essere rinnovata davanti al perdurare delle nostre rigidità e delle nostre non accoglienze della vita nuova dei Figli. È quanto accade nel sacramento della riconciliazione o confessione.
Come in ogni sacramento, anche nella confessione è Dio che opera primariamente, Lui è il protagonista principale. Davanti all’obiezione frequente “non vado a confessarmi perché non so cosa dire” o “sono sempre le stesse cose”, bisogna ricordare che le cose veramente interessanti ed efficaci le dice Lui. Ci confessiamo anzitutto per sentirci dire che siamo amati e perdonati, malgrado le nostre infedeltà che riconosciamo e di cui ci pentiamo amaramente. Ci confessiamo prima di tutto per ascoltare e solo successivamente per parlare.
Come ogni altro sacramento, tale annuncio di salvezza che ci viene ancora una volta rinnovato, accade in un contesto ecclesiale, dentro una comunità di fratelli e sorelle. Questa dimensione ineludibile ci ricorda anzitutto che il perdono è un dono e ci è offerto; ciò permette di uscire da una autoreferenzialità che non ci fa crescere e che non permette uno sguardo vero su noi stessi: ci sono alcune cose su cui sorvoliamo con troppa superficialità e altre che non ci perdoniamo mai. Inoltre celebrare la misericordia dentro la comunità, seppur in una forma giustamente riservata, ci ricorda la dimensione pubblica, sociale ed ecclesiale dei nostri comportamenti: ogni nostro agire, anche il più privato e segreto, influisce sulla vita di chi ci sta attorno e condivide con noi l’esistenza.
Ecco perché vale ancora la pena confessarsi: per lasciare che la buona notizia dell’evangelo risuoni nella nostra vita e ci schiuda a un orizzonte di eternità e di fraternità più vasto non solo di quello, piccolo, che riusciamo a realizzare, ma anche di quello che osiamo immaginare per noi e per i nostri cari. Celebrare la riconciliazione non è anzitutto un dovere da adempiere per potere fare la comunione ma una possibilità di gioia e pacificazione.
Una confessione così intesa chiede certamente qualcosa di più di una triste e insoddisfacente lista di peccati da raccontare sottovoce. Il Cardinale Martini tante volte ha proposta e insegnato a confessarsi secondo una triplice scansione: ricordare anzitutto il bene operato da Dio nella nostra vita, chiedere perdono per i nostri egoismi che si sono opposti all’opera divina in noi, affidarci a Lui perché non venga meno la sua promessa efficace di salvezza.
Tale pratica, più semplice a realizzarsi che a spiegarsi, chiede certo un impegno diverso nel momento della preparazione alla confessione ma offre a questa pratica un respiro serio, grande e bello, adeguato a niente meno che alla nostra vita.
Viene voglia di confessarsi spesso.
don Andrea Ciucci
Per gentile concessione della rivista mensile dell’Opera don Guanella: «La santa Crociata in onore di san Giuseppe» – info@piaunionedeltranstito.org