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Istantanee

I 70 anni del CAL

d8256a98e75924698e69e6e5213760e8_XLNato 70 anni fa (ottobre 1947), il Centro di Azione Liturgica [= CAL] ha preparato il terreno alla Riforma del Concilio Vaticano II in modo speciale attraverso le Settimane Liturgiche Nazionali. Con tali incontri, ha pure guidato passo passo la neonata Riforma, accompagnando la pubblicazione dei diversi rituali e offrendo di volta in volta i fondamenti storici e teologici per una loro corretta e fruttuosa applicazione pastorale.

Con questa 68a Settimana Liturgica Nazionale che si celebra dal 21 al 24 agosto c.a., in collaborazione con le Pie Discepole del Divin Maestro, il CAL intende rinnovare il suo impegno al servizio della Chiesa conciliare e ribadire che la Liturgia è la «prima e per di più necessaria sorgente dalla quale i fedeli possano attingere uno spirito veramente cristiano» (SC 14). Una Liturgia viva per una Chiesa viva, in grado di dire e comunicare il mistero di Dio all’uomo di oggi. Una Liturgia che sia una forte e gioiosa esperienza della presenza del Risorto e di una fraterna comunione in lui. Una liturgia che non si avviti su se stessa, ma dia vita a cristiani che, sospinti dallo Spirito, siano capaci di «uscire dalla propria comodità e avere il coraggio di raggiungere tutte le periferie che hanno bisogno della luce del Vangelo» (EG 20).

In allegato il Programma

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I 100 ANNI DI DUE SUORE PAOLINE: UN CANTO DI FEDELTÀ

Le Figlie di San Paolo, nelle comunità di Alba (CN) il 15 giugno, e di Albano Laziale (RM) l’11 luglio, si sono strette attorno a sr Anna Maria Dal Pra’ e sr Vincenza Salvà per festeggiare il loro centesimo compleanno. Quando un genetliaco taglia il traguardo di un secolo di vita, e di una vita spesa per l’annuncio del Vangelo, tutta la Congregazione si sente unita e riconoscente.vincenza1annamaria1

Le consorelle Paoline, i parenti e gli amici, con profonda gratitudine, hanno elevato a Dio il loro grazie per la dedizione incondizionata di sr Anna Maria e di sr Vincenza; per la loro fedeltà vissuta in tanti anni, giorno dopo giorno, in semplicità e umiltà, al servizio del Signore e della Congregazione.

foto1A padre Ibrahim Alsabagh il Premio Jan Karski 2017

«Essere segno di speranza in una città morta e senza futuro, vuol dire attingere la speranza alla Fonte di vita e di Speranza, che è Gesù Cristo. I nostri occhi hanno visto la realtà crudele […] in questi momenti difficili, è stato solo nella speranza in Dio che abbiamo trovato la forza per andare avanti». È quanto ha sottolineato padre Ibrahim Alsabagh, 44enne francescano, parroco della parrocchia latina di Aleppo, vincitore dell’edizione 2017 dello Jan Karski’s Eagle Award, premio dedicato alla memoria del celebre avvocato e attivista polacco, fra i primi a raccontare il dramma della Polonia sotto il dominio nazista.

Il riconoscimento, conferito a personalità che si distinguono nel “servizio umanitario” per gli altri, è stato assegnato nei giorni scorsi a Cracovia, in Polonia, con la seguente motivazione: Per aver «portato speranza a un mondo senza speranza e alle persone dimenticate». Nel discorso di ringraziamento padre Ibrahim ha sottolineato che l’onorificenza è «un incoraggiamento nella battaglia per il mio popolo, nella mia missione di portare alla mia gente l’aiuto, la consolazione, la speranza.

 

Non lasciamo gli ospedali finché ci sarà un solo paziente

suora1“Noi non lasciamo l’ospedale finché ci sarà un solo paziente”. Lo ha detto la suora comboniana Laura Gemignani, presentando le attività che le suore comboniane svolgono in Sud Sudan. L’Ospedale di Wau – ha spiegato la religiosa durante la presentazione, in Sala Stampa vaticana, dell’iniziativa “Il Papa per il Sud Sudan” – è situato nella diocesi di Wau dello stato del Western Bahr el-Ghazal. Ha avviato le proprie attività nel 2011 e ha una capacità di 105 posti letto distribuiti nei reparti di chirurgia, medicina, maternità, pediatria e isolamento. Sono presenti ambulatori per esami specialistici e radiografici. Vengono curati in media 300 pazienti al giorno e si assicurano circa 40.000 ricoveri l’anno, con una particolare attenzione alle donne partorienti e ai bambini. L’Ospedale di Nzara, invece, è situato nella diocesi di Tombora-Yambio. Ha capacità di 130 posti letto, di cui 68 del reparto pediatrico.

L’ambulatorio ha di media 90 pazienti al giorno. Una delle priorità, accanto alla prevenzione e cura di malattie come tubercolosi, lebbra e Aids, è l’assistenza sanitaria ai bambini minori di 5 anni. “Abbiamo 85 dipendenti – ha raccontato la suora a proposito dell’ospedale di Nzara – e facciamo fatica a pagarli, anche per la concorrenza di Ong che pagano con molti dollari”. A Wau, ad esempio, c’è un solo medico che opera 24 ore su 24, come tutto il resto del personale. Esprimendo la gratitudine per il sostegno del Papa, la religiosa ha detto: “Lo aspettiamo. È il nostro Papa ma anche il nostro papà”.

Fonte: agensir.it

mediterraneanoA Napoli nasce la Teologia del Mediterraneo

Il nostro è un tempo complesso. Tutti lo ammettono. Allora, quale cultura, o quale pensiero, offrire perché le persone – che vivono nell’oggi e guardano al futuro – possano avere un orientamento pacifico anche per la impostazione della propria esistenza? Per affrontare lo spinoso problema, a Napoli è nata, con simpatico nome, la “Teologia del Mediterraneo”…

La stanno organizzando padre Pino Luccio, decano della sezione San Luigi della Pontificia Facoltà teologica  dell’Italia Meridionale con la coordinatrice del biennio, Giuseppina De Simone. Essi intendono “dare ragione della fede, che sa comunicarsi, in un confronto con i saperi, con la storia, con le culture e le religioni, dentro il cammino dell’umanità, per aprirsi alle provocazioni che vengono dal presente e proiettarsi verso un futuro da costruire insieme”. Quindi intendono “offrire una formazione teologica che abiliti alla comprensione e all’annuncio della fede cristiana in dialogo con le culture, i popoli, le religioni”. “In questo modo – sostengono – vogliamo rendere un servizio alle Chiese locali per preparare preti e laici competenti nel campo del dialogo interreligioso e nella mediazione culturale della tradizione cristiana”.

Senz’altro una scelta innovativa che viene elaborata “alla luce del pontificato di Papa Francesco” e partirà dall’anno accademico 2017-2018.

Napoli, per la sua stessa posizione geografica sulla sponda del Mediterraneo – sostengono gli organizzatori – è “una città che favorisce il dialogo e, più di altre città del Mediterraneo, ha la capacità di accogliere quasi naturalmente persone che vengono da altre culture. Qui ognuno trova il suo spazio di espressione”. Del resto “la drammatica situazione di un Mediterraneo che diventa, da culla di civiltà e di religioni, la tomba di una moltitudine di disperati, si traduce in un appello forte a ritrovare il senso profondo dell’umano. La Chiesa spesso è l’unica voce che si spende per una cultura che sappia aprirsi all’incontro di chi viene da lontano e cerca possibilità di vita e di speranza”.

In questo biennio daranno importanza anche alla cosiddetta “religiosità popolare”, senz’altro dal punto di vista antropologico-culturale, ma anche teologico e pastorale. Pertanto alcuni corsi “faranno entrare nella variegata realtà delle religioni del Mediterraneo, che riguarderanno l’islam, elementi di lingua araba, Sacra Scrittura al tempo di Gesù, la pedagogia del dialogo, la pastorale dell’ecumenismo, le religioni come forza di pace o principio di violenza, la Chiesa e le altre religioni: quale dialogo?”.

Nella struttura del biennio avranno luogo alcuni corsi che faciliteranno la comprensione del contesto del territorio: i flussi migratori di ieri e di oggi, le religioni vissute nel Mediterraneo, elementi di lingua araba, la pedagogia del dialogo…

Il tutto con docenti particolarmente qualificati che potranno pervenire da altre Facoltà italiane od estere; si terrà presente il necessario coinvolgimento degli studenti non come fruitori passivi, ma soggetti impegnati e ascoltati.

La Chiesa è in cammino, nella luce dello Spirito, ma, anche, sotto la spinta acuta e pastorale di questo nostro papa. (B.M.)

ISTAnt1Per la Chiesa – e per Dio – i numeri non contano

In Mongolia i cattolici intendono far festa; in quello Stato, infatti, si celebrano i 25 anni di presenza cattolica. In occasione della solennità della Santissima Trinità ad Erdenet – città a nord della capitale Ulaanbaatar – la Chiesa della Divina Misericordia è stata costituita come parrocchia dal Vescovo Wenceslao S. Padilla, CICM, Prefetto Apostolico della stessa Città. In questo anno, poi, verranno anche costituite parrocchie altre due Chiese.

Il fiorire di queste nuove entità parrocchiali è indice e segno di grande speranza: i battezzati mongoli sono in continua crescita. E’ il piccolo seme che messo in terra fertile dà un abbondante frutto. Erano, infatti, appena tre i battezzati con i quali è partita la volontà o il desiderio di costituire una comunità parrocchiale. “Dove sono riuniti due o tre nel mio nome – disse Gesù – lì in mezzo a loro ci sono io”.

Era il 2013 quando il missionario congolese p. Prosper Mbumba, CICM (Congregazione del Cuore Immacolato di Maria) ha iniziato a seguire i tre cattolici battezzati che vivevano in quella città. Intendeva ‘assicurare e accompagnare quelle persone nella loro vita di fede perché “non fossero pecore senza pastore”. racconta il sacerdote, allora supervisore di una scuola materna, struttura prescolare per bambini svantaggiati gestita dalla Congregazione del CICM dal 2002. Una volta al mese celebrava l’Eucaristia con i tre cattolici. A volte, quando con lui celebravano altri sacerdoti, il numero dei celebranti era superiore alla comunità partecipante.

Poi su invito di quegli stessi tre cristiani, altre persone – amici, parenti, conoscenti – si sono avvicinate, la comunità cresciuta e dal 2015 l’Eucaristia è celebrata ogni domenica.

Dal 2016, – anno giubilare della Misericordia – la parrocchia – ottenuta anche l’autorizzazione dell’autorità civile – è riconosciuta ufficialmente come comunità. Da qui il nome della “Divina Misericordia”. L’impegno che li accomuna è: “creare una comunità partecipativa dove sacerdoti e laici possano irradiare il Vangelo e far conoscere la presenza del Signore alla gente di Erdenet”. E ‘insieme progredire verso la pienezza della vita cristiana’. (B.M.)

 

albanese1PREMIO CARDINALE MICHELE GIORDANO

Padre Giulio Albanese, missionario comboniano è il vincitore della V edizione del premio “cardinale Michele Giordano” con il libro “Vittime e carnefici nel nome di Dio”.

Il riconoscimento è stato consegnato oggi nel corso di una cerimonia che si è tenuta nella biblioteca intitolata al porporato scomparso sette anni e che è stato arcivescovo di Napoli dal 1987 al 2006.

Premio ex equo allo storico Alessandro Barbero e al vaticanista del Tg2, Enzo Romeo. Uno riconoscimento speciale è andato al salesiano padre Giuseppe Costa, direttore della Libreria editrice Vaticana e al giornalista Fabio Marchese Ragona, vaticanista di Mediaset.

Presenti alla cerimonia, tra gli altri, il presidente della giuria, Fulvio Tessitore (già rettore dell’università “Federico II”, il segretario Francesco Grana, il presidente emerito della Corte Costituzionale, Francesco Paolo Casavola, e monsignor Salvatore Ardesini, che per 23 anni è stato segretario particolare del cardinale Michele Giordano.

Fonte: ansa.it

Suor CAndida1Io forse triste non sono mai stata.

È morta a Lucca, nella comunità delle Ministre degli Infermi, suor Candida Bellotti, la religiosa più anziana al mondo. «Ha lasciato questa terra con la serenità che l’ha sempre contraddistinta nei suoi 110 anni di vita», comunicano le consorelle. «Il 20 febbraio scorso – si legge in una nota dei Camilliani – aveva festeggiato l’ultimo compleanno circondata dal vescovo di Lucca Italo Castellani, dalla superiora provinciale suor Giuliana Fracasso e dalle consorelle.

La religiosa ha visto durante la sua vita avvivendarsi dieci Pontefici fino a papa Francesco, che ha avuto il privilegio di incontrare nel 2014 a Roma, in occasione del suo 107esimo compleanno, partecipando alla messa celebrata nella Domus Santa Marta e ricevendo la sua benedizione.

Nata a Quinzano (Verona) il 20 febbraio del 1907, suor Candida da più di 80 anni faceva parte della Congregazione delle Ministre degli Infermi di San Camillo de Lillis, patrono degli ammalati, degli infermieri e dei luoghi di cura e ha prestato la sua opera come infermiera professionale in diverse città d’Italia. Nel 2000, all’età di 93 anni, era stata trasferita nella casa madre di Lucca.

Lucida e dinamica fino all’ultimo, dal mattino alla sera seguiva pienamente la vita della comunità, partecipando agli atti comuni e alle celebrazioni eucaristiche, impressionando tutti per la sua vivacità fisica e mentale, oltre che per la sua prontezza di spirito.

Guardando indietro alla sua lunga vita, la suora ha riconosciuto che tanto di quello che ha potuto fare è stato grazie alla «saggezza» dei suoi genitori e alla «loro grande fede». Per il resto, ha aggiunto, «ho sempre lasciato che ci pensasse Lui. Ho accettato e detto grazie. La mia vita in fondo è un grazie. E sono felice. Anche nella comunità religiosa sono sempre stata bene. Anche quando ero un po’ giù, alla fine il cuore non l’ho mai avuto triste». Quindi ha ricordato anche la fondatrice della congregazione, la beata Maria Domenica Brun Barbantin, di cui il prossimo anno ricorrono i 150 anni dalla morte. «Ma lei in fondo – ha detto – è viva e vivrà per sempre: continuiamo tutte ad assistere i bisognosi come lei ci ha insegnato».

logoLa tenerezza e l’affidamento di Maria

“Ecco la serva del Signore; avvenga per me secondo la tua parola” (Lc  1,3). E’ il testo biblico proposto come tema per la 34esima GMG che si celebrerà a Panamà dal 22 al 27 gennaio 2019.

Su questo testo sono stati presentati alla commissione organizzatrice 103 fantasiosi progetti. Tra essi una giuria di esperti nel graphic design e nel marketing ha scelto quello di una ventenne panamense – Ambar Calvo – , studentessa di architettura. In esso sono evidenziati i colori rosso e blu che sono i colori della bandiera panamense. Oltre i colori, logicamente, interessa il progetto: esso è stato illustrato dalla stessa ideatrice.

Nell’impostazione del suo logo ella ha voluto mostrare “la tenerezza e l’affidamento di Maria” nel momento in cui fa la totale consegna di sé a Dio, in cui pronuncia il suo “Fiat”. Nel logo il Canale di Panama, esso pure rappresentato, simboleggia “il cammino dei pellegrini attraverso Maria per trovare Gesù”; sono pure evidenziati l’Istmo di Panama e la croce del pellegrino. I cinque punti bianchi, oltre a rappresentare la corona di Maria, simboleggiano i pellegrini che giungeranno da tutti i cinque continenti.

In sintesi un logo espressivo di una realtà e di un messaggio, quasi di un augurio. La realtà è il Paese a cui giungeranno centinaia di miliaria di giovani dal mondo intero. Il messaggio: Maria, nella sua donazione a Dio, è l’icona-simbolo a cui i giovani e le giovani d’oggi devo guardare, per essere nella Chiesa testimonianza e annuncio essi stessi. Con coraggio e con gioia. (B.M.).

Nel logo è stato inserito anche il Canale di Panamá, il quale simboleggia “il cammino dei pellegrini attraverso Maria per trovare Gesù”, inoltre l’Istmo di Panama, la croce del pellegrino e la figura di Maria stessa, al momento del suo “sì”, spiega un comunicato. I cinque punti bianchi rappresentano sia la corona di Maria sia i pellegrini provenienti da tutti i cinque continenti.

Come ha dichiarato l’arcivescovo di Panamá, mons. José Domingo Ulloa Mendieta, il progetto vincitore “è riuscito a cogliere il messaggio che noi desideriamo inviare ai giovani del mondo: la piccolezza del nostro Paese e la grandezza del nostro cuore, aperto a tutti e a tutte, senza alcuna esclusione, per mano della Vergine Maria, un modello di giovane coraggiosa, impegnata e generosa, che ha saputo dire ‘sì’ alla chiamata di Dio”.

L’arcivescovo panamense ha definito i giovani “la riserva morale e umana delle nostre società e della stessa Chiesa”, poiché “capaci di trasformare tutto, positivamente, prendendo rischi come fece l’adolescente Maria di Nazaret, se siamo capaci di insegnare loro ad amare come Gesù ha fatto con noi”. (pdm)

Un arcobaleno a Kabul

ragazziniUn segno di speranza e un seme di carità

Niente crocifissi nè abiti religiosi, ma da 13 anni un gruppo di religiosi e religiose opera a Kabul per aiutare i bambini con gravi disabilità. Un laboratorio di futuro, un giardino dove fioriscono donne nuove e bambini più veri e forti, oasi dove non è possibile parlare loro di Gesù nè pregare con loro. A fare il punto sulla singolare esperienza Intercongregazionale di accoglienza ed integrazione di minori disabili nella capitale dell’Afghanistan sarà il convegno “un arcobaleno a Kabul” in programma sabato 13 maggio dalle 9:30 alle 14:30 nella Sala Capitolare “Giovanni Spadolini” della Basilica Santa Maria sopra Minerva a Roma.

“Una realtà” spiega padre Wladimiro Bogoni, Presidente dal 2010 dell’Associazione Pro Bambini di Kabul “che vuole contribuire a promuovere un nuovo atteggiamento per l’affermazione della dignità umana ed essere semplice segno di speranza e seme di carità, testimonianza della presenza profetica della vita religiosa Intercongregazionale in una terra, come l’Afghanistan, chiamata a diventare un angolo del Regno di Dio”.

In programma in apertura il saluto di Padre Luigi Gaetani e Madre Regina Cesarato, presidenti CISM e USMI, la testimonianza di Fratel Carlo Fondrini, guanelliano e legale rappresentante del PBK di Kabul e di Suor Annie Joseph Puthenparambil, della Congregazione Suore del Cottolengo. In collegamento in diretta via skype le suore della Comunità Intercongregazionale del Centro Diurno PBK. Alle 11:40 la riflessione di P. Alessandro Perrone, RCJ, Officiale della Congregazione dei Religiosi e degli Istituti di Vita Consacrata sul tema “piccola, intercongregazionale, in frontiera: tre aggettivi profetici per definire la comunità religiosa a Kabul”. Quindi gli interventi di Mons. Paolo Lojudice, Vescovo incaricato del Centro di Cooperazione Missionaria tra le Chiese del Vicariato di Roma, Mons. Francesco Soddu, direttore di Caritas Italiana, il Dott. Paolo Beccegato, Vice direttore vicario dell’Area Internazionale di Caritas Italiana, il Dott. Massimo Pallottino, responsabile dell’Ufficio Asia di Caritas Italiana, il Generale Gaetano Zauner, delle Forze Armate Italiane, la Dott. Laura Baldassarre, Assessore alla Persona, Scuola e Comunità Solidale del Comune di Roma.

L’Associazione PBK è nata dal grido di Giovanni Paolo II la notte del Natale 2001 “Salvate i Bambini di Kabul” raccolto da don Giancarlo Pravettoni, guanelliano, che lo condivise con tante istituzioni dando vita al PBK. 14 gli Istituti femminili e maschili coinvolti. Così nel novembre 2004 dopo otto mesi di preparazione linguistica, culturale, psico-pedagogica, sanitaria, carismatico-spirituale arrivano a Kabul le prime quattro suore: due pakistane, delle Domenicane di Santa Caterina da Siena, una polacca delle Suore Francescane Missionarie di Maria ed una italiana dell’Istituto Internazionale delle Suore di Santa Marcellina.

Dal 2005 opera un Centro Diurno per i bambini disabili mentali non gravi, di età compresa tra i 6 e i 12 anni, per sviluppare le loro autonomie e sostenere le famiglie nel percorso educativo. 40 quelli accolti quest’anno. Tra i servizi offerti, trasporto, accoglienza, istruzione di base, disegno e musica, sviluppo personale e sociale, autonomie a livello igienico personale, educazione fisica, corretta alimentazione, gioco libero e guidato. Il Centro prepara il maggior numero degli allievi ad inserirsi nella scuola normale. Collabora con enti locali, eroga borse di studio, aiuta famiglie in gravi difficoltà. Un “Cortile dei gentili della Carità”, riconosciuto dal Ministero per l’Educazione Afghano e luogo di incontro e di formazione per le insegnanti laiche che supportano l’operato delle suore. Dal 2015 Il Ministero ha adottato da modelli occidentali le “linee guida per l’introduzione della tematica della disabilità” progetto in cui il PBK è parte attiva. Forti e preziosi i legami di vicinanza con le altre Congregazioni maschili e femminili presenti a Kabul. (Laura Galimberti)

Fonte: altrodadire.it