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Il Vangelo della domenica

“Il Cristo di Dio”

 Luca 9,18-24

vangeloUn giorno Gesù si trovava in un luogo solitario a pregare. I discepoli erano con lui ed egli pose loro questa domanda: “Le folle, chi dicono che io sia?”. Essi risposero: “Giovanni il Battista; altri dicono Elia; altri uno degli antichi profeti che è risorto”. Allora domandò loro: “Ma voi, chi dite che io sia?”. Pietro rispose: “Il Cristo di Dio”. Egli ordinò severamente di non riferirlo ad alcuno. “Il Figlio dell’uomo- disse-deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno”. Poi, a tutti, diceva: “Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua. Chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia la salverà”.

A differenza degli altri evangelisti, Luca non identifica il luogo della confessione di Pietro con Cesarea di Filippo, limitandosi a specificare che si tratta di un luogo solitario, in cui Gesù sta in preghiera, cioè in intima comunione con il Padre: ci troviamo perciò di fronte ad un altro punto chiave della sua missione. L’evangelista vuole sottolineare probabilmente, una dimensione più universale del riconoscimento del Cristo, accessibile in futuro ad ogni credente in ascolto del Vangelo.

Le tre opinioni popolari sono quelle riportate precedentemente nel brano delle perplessità di Erode Antipa (Lc 9, 7-8) e Gesù mostra di voler condurre i discepoli ad una consapevolezza maggiore della sua identità. Pietro sottolinea come nel Cristo sia presente e operante Dio stesso anche se tale affermazione risulta ancora superficiale: egli ancora non comprende come l’identità di Cristo sia strettamente unita al mistero della croce. Per questo Gesù impone ancora il segreto messianico: gli stessi discepoli comprenderanno solo successivamente che la concezione comune di Messia andrà ripensata alla luce del Mistero della Croce.

Tale mistero viene interiorizzato e compreso da ogni credente che, messosi alla sequela di Cristo, accetti di ripercorrere con Lui la via del Calvario per giungere alla vita eterna.

Per riflettere mi domando:

  1. Qual è la mia concezione di Messia?
  2. Quanta vita sono disposto/a a perdere per causa di Cristo?

Sr Laura Caddeo, ssm

Lacrime e carezze

Cena a casa di Simone fariseo 23Lc 7,36-8,3

In quel tempo, uno dei farisei invitò Gesù a mangiare da lui. Egli entrò nella casa del fariseo e si mise a tavola. Ed ecco, una donna, una peccatrice di quella città, saputo che si trovava nella casa del fariseo, portò un vaso di profumo; stando dietro, presso i piedi di lui, piangendo, cominciò a bagnarli di lacrime, poi li asciugava con i suoi capelli, li baciava e li cospargeva di profumo. 
Vedendo questo, il fariseo che l’aveva invitato disse tra sé: «Se costui fosse un profeta, saprebbe chi è, e di quale genere è la donna che lo tocca: è una peccatrice!». 
Gesù allora gli disse: «Simone, ho da dirti qualcosa». Ed egli rispose: «Di’ pure, maestro». «Un creditore aveva due debitori: uno gli doveva cinquecento denari, l’altro cinquanta. Non avendo essi di che restituire, condonò il debito a tutti e due. Chi di loro dunque lo amerà di più?». Simone rispose: «Suppongo sia colui al quale ha condonato di più». Gli disse Gesù: «Hai giudicato bene». 
E, volgendosi verso la donna, disse a Simone: «Vedi questa donna? Sono entrato in casa tua e tu non mi hai dato l’acqua per i piedi; lei invece mi ha bagnato i piedi con le lacrime e li ha asciugati con i suoi capelli. Tu non mi hai dato un bacio; lei invece, da quando sono entrato, non ha cessato di baciarmi i piedi. Tu non hai unto con olio il mio capo; lei invece mi ha cosparso i piedi di profumo. Per questo io ti dico: sono perdonati i suoi molti peccati, perché ha molto amato. Invece colui al quale si perdona poco, ama poco». 
Poi disse a lei: «I tuoi peccati sono perdonati». Allora i commensali cominciarono a dire tra sé: «Chi è costui che perdona anche i peccati?». Ma egli disse alla donna: «La tua fede ti ha salvata; va’ in pace!». In seguito egli se ne andava per città e villaggi, predicando e annunciando la buona notizia del regno di Dio. C’erano con lui i Dodici e alcune donne che erano state guarite da spiriti cattivi e da infermità: Maria, chiamata Maddalena, dalla quale erano usciti sette demòni; Giovanna, moglie di Cuza, amministratore di Erode; Susanna e molte altre, che li servivano con i loro beni.

C’è una donna che cammina su una  strada di pietra. Stringe forte tra le mani un vaso di profumo che ha appena comprato. 

C’è una voce di carne e di anima in lei, una voce che non si vede. E’ come una mano che le prende le viscere e la spinge su quelle strade di pietra. Cerca qualcosa..cerca se stessa, il suo cuore, quello più vero che ha smarrito nella sua vita di peccato. E’ una donna senza nome, un nome cancellato dal ruolo. Cerca qualcuno..come ogni donna.. perché l’amore sa ogni dolore. Per tutti è la peccatrice della città; per Gesù è la donna che ha molto amato.  Viene con un vaso di profumo dove mescolerà profumo e lacrime e dirà il suo cuore attraverso le carezze perché  anche il corpo è un luogo del cuore. Gesù è ad un passo da lei, disteso sul triclinio, con il volto reclinato verso la tavola. Lei arriva, con il suo passo cadenzato da insetto rotto e si mette dietro di lui, si rannicchia in fondo, dalla parte dei piedi. Sta per terra, sul pavimento, come un cane sotto un tavolo e tocca con il suo capo i piedi del Maestro. Gesù sta in alto e lei in basso, il più basso possibile. E dal basso lei piange, lo guarda e gli parla. Parla in silenzio, senza parole. Parla con il suo corpo. In casa di Simone tutti hanno un seggio. Soltanto lei è sul pavimento. Tutti sono collocati uno di fronte all’altro. Lei è dietro. Tutti vedono il volto degli altri. Lei vede soltanto i piedi di Gesù. E si emoziona. Piange. Fissa solo i suoi piedi nudi, nudi come la sua vita. Piange, mentre vede soltanto i piedi nudi di Gesù, piedi stanchi, escoriati e feriti. E allora li bacia; li bacia e li accarezza come sa fare solo lei. Continuamente, incessantemente, senza sosta. Lo fa con tutta la passione che ha dentro, con tutto il suo sguardo di donna. Le sue mani sul corpo di Gesù, anzi sui piedi di Gesù, il grande camminatore.

E va oltre le convenzioni, oltre le regole, esce da ogni calcolo.

Fuori regola nella sala banchetto, come era stata fuori regola nella vita. Gesù non si scompone: si lascia toccare perché si lascia amare.. Accoglie tutto di quella donna così bella, così intensa. Si fa accarezzare da lei, dalle sue mani,. E lei lo fa con tutto l’amore che può, con tutto di sé. Amore che ha bisogno di uscire da se stesso per entrare nell’alterità dell’altro. Ma la donna osa ancora di più perché l’amore è senza misura, perché l’amore è impossibilità di sapere dove si trovi il limite. E allora si spinge oltre con quell’audacia , con quell’unica tenerezza che possiedono le donne che amano davvero. Asciuga i piedi di Gesù con i suoi capelli. Poi prende il profumo e unge i piedi di Gesù. Le lacrime sulle sue guance scendono veloci fino ad irrigare il corpo di Gesù. Lo inzuppa di lacrime e di profumo. Quelle lacrime che sono il suo dolore, lacrime che finalmente sente  e che la lavano dentro, disciolgono i suoi mali e i legami che stringevano il suo cuore. Noi siamo tutti farisei, come  Simone: vediamo solamente i fatti nudi ed oggettivi..emaniamo sentenze senza cuore. Siamo moralisti: inconsciamente pensiamo di poter comprare Dio con le nostre prestazioni ma in realtà anche noi siamo debitori. Gesù, invece, in quella donna vede amore di oggi e di domani. I farisei vedono la peccatrice, Gesù vede l’amante. Simone vede il passato della donna, Gesù vede il suo futuro. Ed è così che nella prostituta si risveglia la donna. E per la prima volta Gesù si rivolge alla donna: «I tuoi peccati sono stati perdonati».  Gesù le perdona tutto perché ha molto amato. Gesù accoglie il suo amore, ne accetta le carezze, ne aspira il profumo, la guarda negli occhi, parla con lei, ne loda il gesto, ne perdona i peccati e le ridona la pace del cuore. La donna entra senza dignità e senza sostegno nella casa del fariseo e ne esce con il riconoscimento della sua dignità, con il perdono. Perché il peccato non è rivelatore, mai. Nessun uomo, nessuna donna coincidono con il loro sbaglio o con la zizzania che hanno nel cuore. E il punto decisivo è sempre quello: non chi avrà meno peccati ma chi amerà di più perché l’amore vale più del peccato. La donna del profumo ci insegna che la fede è una storia d’amore con Dio. Ci insegna a riconoscere il vuoto che abbiamo dentro e a dire “ ho bisogno”. Ci mette sulla strada della fiducia perché il Signore non guarda le apparenze ma guarda il cuore. Allora anche io, Signore, mi affido e metto mani e cuore in te; metto lacrime e carezze; capelli e profumo. Mi affido senza riserve, e fai di me ciò che vuoi, perché solo tu mi farai nuova e donna finalmente.

Sr. Gabriella Della Santa, sfa

Alzarsi: La Resurrezione

Christ Raising the Dead null Louisa Anne, Marchioness of Waterford 1818-1891 Bequeathed by Adelaide, Lady Brownlow 1917 http://www.tate.org.uk/art/work/N03222

Christ Raising the Dead null Louisa Anne, Marchioness of Waterford 1818-1891 Bequeathed by Adelaide, Lady Brownlow 1917 http://www.tate.org.uk/art/work/N03222

Dal Vangelo di Luca 7,11-17

In quel tempo, Gesù si recò in una città chiamata Nain, e con lui camminavano i suoi discepoli e una grande folla. 
Quando fu vicino alla porta della città, ecco, veniva portato alla tomba un morto, unico figlio di una madre rimasta vedova; e molta gente della città era con lei. 
Vedendola, il Signore fu preso da grande compassione per lei e le disse: «Non piangere!». Si avvicinò e toccò la bara, mentre i portatori si fermarono. Poi disse: «Ragazzo, dico a te, àlzati!». Il morto si mise seduto e cominciò a parlare. Ed egli lo restituì a sua madre. 
Tutti furono presi da timore e glorificavano Dio, dicendo: «Un grande profeta è sorto tra noi», e: «Dio ha visitato il suo popolo». 
Questa fama di lui si diffuse per tutta quanta la Giudea e in tutta la regione circostante.

Siamo nella X Domenica del Tempo Ordinario e il Signore ci conduce a Naim, città del dolore e della compassione. La porta della città è la protagonista di un momento tragico intriso di dolore, una bara sta per passare in rassegna gli sguardi di quella grande folla che fino ad allora aveva seguito Gesù di Nazareth. Ora quella folla si trova immobile dinanzi al dolore di quella madre, vedova che ancora una volta si trova a donare tutto al mistero della morte senza risposte; ora anche il suo unico figlio era venuto a mancare, ora anche l’ultima possibilità di gioire alla vita non c’era più.

Il Signore si ritrova anche Lui ad osservare tutto, ad guardare il cuore affranto di quella donna a cui non si poteva non rispondere, non farsi prossimi.

Il Signore prova com-passione per quella donna, per quell’ anima che gridava con tutta se stessa il perché. Lui la guarda, le parla e tocca quel segno di morte chiedendo anzi ordinando al ragazzo: ALZATI! Alzarsi!, questa l’unica certezza della Resurrezione, lo stare in PIEDI è il segno della vita. Affidiamo al Signore i nostri stalli, le nostre pause il nostro grido. Lui che conosce il nostro cuore ci dira con forza IO dico a TE, ALZATI

Festa della vita donata

pane donatoDal Vangelo di Luca 9,11-17

In quel tempo, Gesù prese a parlare alle folle del regno di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure.
Il giorno cominciava a declinare e i Dodici gli si avvicinarono dicendo: «Congeda la folla perché vada nei villaggi e nelle campagne dei dintorni, per alloggiare e trovare cibo: qui siamo in una zona deserta». 
Gesù disse loro: «Voi stessi date loro da mangiare». Ma essi risposero: «Non abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo noi a comprare viveri per tutta questa gente». C’erano infatti circa cinquemila uomini. 
Egli disse ai suoi discepoli: «Fateli sedere a gruppi di cinquanta circa». Fecero così e li fecero sedere tutti quanti. 
Egli prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò su di essi la benedizione, li spezzò e li dava ai discepoli perché li distribuissero alla folla. 
Tutti mangiarono a sazietà e furono portati via i pezzi loro avanzati: dodici ceste.

Festa della vita donata, del Corpo e del Sangue dati a noi: partecipare al Corpo e al Sangue di Cristo non tende ad altro che a trasformarci in quello che riceviamo (Leone Magno). Dio è in noi: il mio cuore lo assorbe, lui assorbe il mio cuore, e diventiamo una cosa sola. L’uomo è l’unica creatura che ha Dio nel sangue (Giovanni Vannucci), abbiamo in noi un cromosoma divino.

Gesù parlava alle folle del Regno e guariva quanti avevano bisogno di cure. Parlava del Regno, annunciava la buona notizia che Dio è vicino, con amore. E guariva. Il Vangelo trabocca di miracoli. Gesù tocca la carne dei poveri, ed ecco che la carne guarita, occhi nuovi che si incantano di luce, un paralitico che danza nel sole con il suo lettuccio, diventano come il laboratorio del regno di Dio, il collaudo di un mondo nuovo, guarito, liberato, respirante. E i cinquemila a loro volta si incantano davanti a questo sogno, e devono intervenire i Dodici: Mandali via, tra poco è buio, e siamo in un luogo deserto. Si preoccupano della gente, ma adottano la soluzione più meschina: Mandali via. Gesù non ha mai mandato via nessuno.

Il primo passo verso il miracolo, condivisione piuttosto che moltiplicazione, è una improvvisa inversione che Gesù imprime alla direzione del racconto: Date loro voi stessi da mangiare. Un verbo semplice, asciutto, pratico: date. Nel Vangelo il verbo amare si traduce sempre con un altro verbo concreto, fattivo, di mani: dare (Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio (Gv 3,16), non c’è amore più grande che dare la vita per i propri amici (Gv 15,13).

Gli apostoli non possono, non sono in grado, hanno soltanto cinque pani, un pane per ogni mille persone: è poco, quasi niente. Ma la sorpresa di quella sera è che poco pane condiviso, che passa di mano in mano, diventa sufficiente; che la fine della fame non consiste nel mangiare da solo, voracemente, il proprio pane, ma nel condividerlo, spartendo il poco che hai: due pesci, il bicchiere d’acqua fresca, olio e vino sulle ferite, un po’ di tempo e un po’ di cuore. La vita vive di vita donata.

Tutti mangiarono a sazietà. Quel tutti è importante. Sono bambini, donne, uomini. Sono santi e peccatori, sinceri o bugiardi, nessuno escluso, donne di Samaria con cinque mariti e altrettanti divorzi. Nessuno escluso. Pura grazia. È volontà di Dio che la Chiesa sia così: capace di insegnare, guarire, dare, saziare, accogliere senza escludere nessuno, capace come gli apostoli di accettare la sfida di mettere in comune quello che ha, di mettere in gioco i suoi beni. Se facessimo così ci accorgeremmo che il miracolo è già accaduto, è in una prodigiosa moltiplicazione: non del pane
ma del cuore.

Ciò che è del Padre è anche vostro

I878af4972e07916863ae909a162bf74b_XLLa Trinità si delinea in filigrana, nel Vangelo di oggi, non come fos­se un dogma astratto ma come un accadimento di vita, una azione che ci coinvolge.

Lo Spirito mi glorificherà: prenderà del mio e ve lo an­nuncerà.

La gloria per Ge­sù, ciò di cui si vanta, la pie­nezza della sua missione consiste in questo: che tut­to ciò che è suo sia anche nostro.

Dio gode nel mettere in co­mune. Ciò per cui Cristo è venuto: trasmettere se stesso e far nascere in noi tutti un Cristo iniziale e in­compiuto, un germe divino incamminato.

Tutto quello che il Padre pos­siede è mio. Il segreto della Trinità è una circolazione di doni dentro cui è preso e compreso anche l’uomo; non un circuito chiuso, ma un flusso aperto che riversa amore, verità, intelligenza fuori di sé, oltre sé. Una ca­sa aperta a tutti gli amici di Gesù.

La gloria di Gesù diventa la nostra: noi siamo glorifica­ti, cioè diamo gioia a Dio e ne ricaviamo per noi godi­mento e pienezza, quando facciamo circolare le cose belle, buone e vere, le idee, le ricchezze, i sorrisi, l’amo­re, la creatività, la pace…

Nel dogma della Trinità c’è un sogno per l’umanità. Se Dio è Dio solo in questa co­munione di doni, allora an­che l’uomo sarà uomo solo nella comunione.

E questo contrasta con i modelli del mondo, dove ci sono tante vene strozzate che ostruiscono la circola­zione della vita, e vene trop­po gonfie dove la vita rista­gna e provoca necrosi ai tes­suti. Ci sono capitali accu­mulati che sottraggono vita ad altre vite; intelligenze cui non è permesso di fiorire e portare il loro contributo al­l’evoluzione dell’umanità; linee tracciate sulle carte geografiche che sono come lacci emostatici, e sia di qua che di là, per motivi diversi, si soffre…

Tutto circola nell’universo: pianeti e astri e sangue e fiu­mi e vento e uccelli migra­tori… È l’economia della vi­ta, che si ammala se si fer­ma, che si spegne se non si dona. Come nel racconto della ospitalità di Abramo, alla querce di Mambre: ar­riva uno sconosciuto all’ac­campamento e Abramo con dolce insistenza lo forza a fermarsi e a mettersi a ta­vola. All’inizio è uno solo, poi senza spiegazione apparente, i personaggi sono tre.

E noi vorremmo capire se è Dio o se sono solo dei vian­danti. Vorremmo distingue­re ciò che non va distinto. Perché quando accogli un viandante, tu accogli un an­gelo, l’ha detto Gesù: ero straniero e mi avete accolto.

L’ospitalità di Abramo al Dio Viandante, Uno e Tre, ha un premio: la fecondità di Sara che sarà madre. For­se qui c’è lo scintillio di un rimedio per la nostra epoca che sta appassendo come il grembo di Sara: riprendia­mo anche noi il senso del­l’accoglienza e ci sarà vita nella tenda, vita nella casa.

Padre Ermes Ronchi

Interprete perfetto della Parola

IF_11Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre. Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato. Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto».

In questa domenica di Pentecoste ci viene proposto un brano del Vangelo di Giovanni che coincide in buona parte con quello che abbiamo già ascoltato la VI domenica di Pasqua. Ci troviamo dunque nella parte finale del discorso di addio, pronunciato da Gesù ai suoi discepoli durante l’ultima cena; Gesù saluta i suoi, ma al tempo stesso assicura che non li lascerà soli. La sua presenza continuerà in un modo diverso, ma non meno reale, assicurata dall’altro Paraclito, lo Spirito suo e del Padre.

Rileggendo una lettera che Dietrich Bonhoeffer, indirizzò dal carcere, nel quale era in attesa dell’esecuzione, in quel periodo buio della Storia, ai genitori, proprio il giorno di Pentecoste, nel lontano 1943, desidero riportare alcune righe, che, fanno comprendere davvero la solennità della Pentecoste:

“…dobbiamo dunque celebrare divisi anche la Pentecoste, che è, in modo tutto particolare, una festa della comunità. Da ieri sera recito ogni tanto, tra me e me, l’inno di Pentecoste di Paul Gerhardt, con i suoi bei versi: «Tu sei uno Spirito di gioia…», «Dona serenità e forza…»…

Ancora una volta, il singolare racconto del miracolo delle lingue, mi ha fatto molto riflettere: che debba finire la confusione babilonese delle lingue, a causa della quale gli uomini, parlando ciascuno la propria lingua, non sanno più comprendersi, e che essa debba essere vinta dal linguaggio di Dio, che ogni uomo comprende, e grazie al quale, soltanto, gli uomini possono tornare a comprendersi, anche tra di loro e che, proprio la Chiesa debba essere il luogo dove questo accade…”

O Spirito santo,

Gesù ha rivelato il tuo mistero

e ha detto che tu sarai il nostro Consolatore

Ogni giorno fino al suo ritorno.

Noi crediamo in te e crediamo che questa è l’ora tua,

l’ora della Pentecoste.

Vieni e vinci ogni paura dentro di noi,

rendici felici di credere, di sperare e di amare.

Metti entusiasmo nella nostra vita,

mitezza e serenità nel nostro cuore.

Rendici un cuore solo e un’anima sola,

affinché il mondo creda in Gesù, Figlio di Dio.

Facci amare la Scrittura

Per riconoscere la voce viva di Gesù;

rendici umili e semplici

per comprendere i misteri del Regno di Dio.

Vieni, Spirito santo!

Maria è qui con noi,

ci raduna e prega e invoca per noi

il dono dell’Amore e il Fuoco dello Spirito.

Amen. (Angelo Comastri)

 

Un momento magnetico

tavolozza1dal Vangelo secondo Luca 24, 46-53

E disse loro: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni. Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto». Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. Ed essi si prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia e stavano sempre nel tempio lodando Dio.

“Il momento magnetico è un vettore che caratterizza le proprietà magnetiche di un corpo: è il corpo si sposta verso il suo polo corrispondente per esserne parte.” (elem. di fisica)

Potrebbe spaventare quest’ introduzione al Vangelo di questa Domenica dell’Ascensione del Signore Gesù. Non siamo a una lezione di fisica ma prendiamo a prestito il simpatico esempio del magnete per meditare il Vangelo di Luca . I discepoli erano con Lui in piena comunione, l’avevano visto morire, ritornare alla vita perché Risorto, avevano goduto della sua presenza che dava senso ad ogni profonda confusione. Tutti assaporavano la bellezza del tempo NUOVO che aveva spalancato la certezza della speranza. Era tutto pronto per dire al mondo che l’unica verità che rende gli uomini e le donne felici è l’incontro con Lui. Ma ancora una volta il Signore nel suo ultimo gesto che non avrà mai fine, dona la sua benedizione; lascia coloro che ama per raggiungere Colui che da sempre ha amato perche l’amore viene da Dio.

Un’attrazione, una forza magnetica lo attira al Padre, da Lui è nato e a Lui ritorna nella piena comunione che li ha visti vivere il grande mistero della salvezza. Egli si staccò da loro e veniva portato su in cielo. Grazie a Lui gli occhi dei discepoli sono costretti piano piano sguardare verso l’alto; dalla terra al cielo in un movimento carico d’infinito stupore; attratto dal Padre perchè attratto dall’Amore vero, puro libero.

E’ bello pensare all’amore che attira …

L’amore che attira un neonato alla mamma, la pelle, il tocco, la voce, la vita ormai partorita che si legherà per sempre alla certezza della reciproca presenza

L’amore che attira i giovani che vivono la loro prima esperienza d’ innamoramento. Quanto si percepisce dai loro occhi il fascino di un sentimento bello, limpido, nuovo, che da lontano apre le porte ai sogni e ai progetti di una vita che si fa sempre più vera bella e matura. Anche loro toccano il cielo con un dito.

L’amore che attira gli anziani che hanno condiviso un’intera vita assieme e che mano nella mano riempiono i giorni di ricordi e di sapienza.

L’amore che attira chiunque abbia incontrato il vero Amore!

Sr. Marilda Sportelli, sfa

L’amore di Dio, fa!!

preghiera05«Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandatoVi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto. Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore. Avete udito che vi ho detto: “Vado e tornerò da voi”. Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me. Ve l’ho detto ora, prima che avvenga, perché, quando avverrà, voi crediate».

In questa Domenica del tempo pasquale la Parola di Dio ci fa entrare nel cuore dell’annuncio del Vangelo. L’amore di Dio porta ad un fedele e costante abbandono nella sua Parola. Se non ci si abbandona al suo amore misericordioso non si possono fari passi di santità nel mondo che cerca la salvezza di Dio. Le preoccupazioni della vita, le paure, i progetti ancora da compiere non possono spegnere la forza della rivelazione del Padre. L’amore accogliente porta vita perche dall’amore nasce l’obbedienza. Amare Gesù significa desiderare insieme a Lui quello che Lui desidera, per questo chi ama desidera e fa ciò che Gesù comanda. Non si può amare senza vivere in questo atteggiamento di obbedienza, non si può amare senza “fare”. L’amore di Dio ci deve spingere a fare scelte concrete se questo non accade probabilmente l’amore non è autentico, è immerso in meccanismi di difesa che ci intiepidiscono e rendono il nostro operare vuoto, spento senza passione.

L’amore di Dio è coinvolge l’uomo nella pienezza di sé e scava fino a creare uno spazio preferenziale per la grazia e la salvezza. Lasciamoci, dunque, provocare da questa Parola, che ci chiede con forza e decisione: Se tu mi ami, seguimi”

Sr Marilda Sportelli, sfa

Amare come ama Lui

Gv 13,31-33a. 34-35

 

volto rupnikQuando Giuda fu uscito [dal cenacolo], Gesù disse: «Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito. Figlioli, ancora per poco sono con voi. Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri».

“Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri.” In questa riflessione vogliamo soffermarci su questo versetto che l’evangelista Giovanni pone al centro  del saluto che il Signore Gesù consegna ai suoi discepoli appena dopo l’annuncio del tradimento di Giuda.

Amare come ama Lui. Una provocazione, un invito, un esempio che il Signore consegna nelle nostre mani fragili e incapaci di comprendere fino a che punto è possibile amare. Guardiamo all’amore di Cristo nel suo percorso, nel suo divenire che ha scavato nel cuore indurito dell’uomo e l’ha reso docile alla buona notizia del Vangelo. Il Signore non ha amato a parole ma con la Parola ha compiuto l’amore.

Amare come ama Lui. Quando sul lago di Tiberiade ha incrociato gli occhi di quegli uomini smarriti e affaticati dalla pesca-vuota. Ha pronunciato i loro nomi che da quel giorno non hanno più smesso di risuonare nelle chiese del mondo. La loro storia arenata tra le rive di un lago con l’amore di Dio è divenuta storia di salvezza per la Chiesa universale.

Amare come ama Lui. Come quel giorno lungo la strada di Gerico, quando si senti chiamare: “Figlio di Davide, abbi pietà di me”. Era cieco colui che gridava forte e che chiedeva di ritornare ad avere la luce in quegli occhi spenti da anni. Il tocco del Signore e il grido della fede ridiedero la speranza al cieco che fu guarito per amore.

Amare come ama Lui. Con le dita nella sabbia, quando la storia e la giustizia ci chiedono parole forti e l’aridità del giudizio che condanna inaridisce la terra della misericordia. Come Lui inginocchiato con le dita tra la sabbia a scrivere per terra il peccato di quella donna colta nella sua doppia vita. Amare lei e non ferirla ancora sfiorando il suo peccato per scavare e ritrovare la sua bellezza di figlia amata.

Amare come ama Lui. Quando la morte riempie la casa e la disperazione apre le porte della tristezza e all’assenza di Dio. Lui entra nella morte e dice: Non temete, nulla è finito. La fanciulla si rialza, Lazzaro ritorna in vita, a Nain il figlio della vedova ritorna alla vita. Il pianto è accompagnato dal suo amore e ogni lacrima feconderà nuovi germi di vita nuova.

Amare come ama Lui. In alto, sulla Croce dove tutto si vede e tutto si offre. Nel silenzio del Padre che ama quel mistero da Lui voluto e nel silenzio dell’uomo che non ha ancora compreso cosa vuol dire AMARE da MORIRE. Amare sulla Croce tra le urla della sofferenza e la pace del “Tutto è compiuto”. Perché solo nell’amore di Dio tutto è possibile!

Un Vangelo carico di esempi, d’incontri, di tocchi, il Vangelo dell’amore ci rende capaci di questo: Amare come ama Lui. Ora e qui!

Sr. Marilda Sportelli, sfa

Nella mano di Dio

mano di dio1

la mano di Dio – Auguste Rodin

Dal Vangelo di Giovanni 10, 27-30
In quel tempo, Gesù disse: «Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. 
Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano. 
Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola».

Il Vangelo di questa Domenica ci fa entrare nel grande e intenso capitolo 10 del Vangelo di Giovanni: Il Buon Pastore!
Siamo nella festa della dedicazione, in ebraico Hanukkah ed è la festa delle luci. Per otto giorni si accendevano dei candelabri che illuminavano tutta la città e ricordava la riconsacrazione del tempio ad opera di Giuda Maccabeo nel 165 a.C.
Ebbene, in questa festa, i capi circondano Gesù e gli chiedono: “fino a quando ci terrai nell’incertezza, sei tu il Cristo?” Vogliono sapere se Gesù è il Messia, ma non per accoglierlo, per eliminarlo. E Gesù tronca bruscamente questo colloquio e dice loro che non fanno parte delle sue pecore. Perché?

“Le mie pecore ascoltano la mia voce” Ascoltare una voce definisce quel suono familiare alla nostra vita. Io ascolto se sono disponibile a cambiare. Ogni ascolto ci muta, ci cambia, abilita in noi uno spazio nuovo che fa entrare la vita dell’altro. Ascoltare la voce del Pastore, ci rimette in cammino verso la bellezza del Padre buono che desidera la salvezza dei suoi figli.

“… e io le conosco”
le parole del salmo 139 ci aprono la strada al mistero della conoscenza di Dio, lui ci conosce così:

Signore, tu mi scruti e mi conosci,
2 tu sai quando seggo e quando mi alzo.
Penetri da lontano i miei pensieri,
3 mi scruti quando cammino e quando riposo.

Ti sono note tutte le mie vie;
4 la mia parola non è ancora sulla lingua
e tu, Signore, gia la conosci tutta.
5 Alle spalle e di fronte mi circondi
e poni su di me la tua mano.

6 Stupenda per me la tua saggezza,
troppo alta, e io non la comprendo.
7 Dove andare lontano dal tuo spirito,
dove fuggire dalla tua presenza?
8 Se salgo in cielo, là tu sei,
se scendo negli inferi, eccoti.

9 Se prendo le ali dell’aurora
per abitare all’estremità del mare,
10 anche là mi guida la tua mano
e mi afferra la tua destra.

11 Se dico: «Almeno l’oscurità mi copra
e intorno a me sia la notte»;
12 nemmeno le tenebre per te sono oscure,
e la notte è chiara come il giorno;
per te le tenebre sono come luce.

13 Sei tu che hai creato le mie viscere
e mi hai tessuto nel seno di mia madre.
14 Ti lodo, perché mi hai fatto come un prodigio;
sono stupende le tue opere,
tu mi conosci fino in fondo.

15 Non ti erano nascoste le mie ossa
quando venivo formato nel segreto,
intessuto nelle profondità della terra.

16 Ancora informe mi hanno visto i tuoi occhi
e tutto era scritto nel tuo libro;
i miei giorni erano fissati,
quando ancora non ne esisteva uno.

17 Quanto profondi per me i tuoi pensieri,
quanto grande il loro numero, o Dio;
18 se li conto sono più della sabbia,
se li credo finiti, con te sono ancora.

“… ed esse mi seguono”
L’ascolto, la conoscenza intrisa di Misericordia provoca la sequela. Come sospendere la cascata di grazia che riempie il cuore e che ci fa ancora dire: “Eccomi, Signore manda me!”? Impossibile balbettare sflebili consensi dinanzi alla profondità della promessa del Signore. Il grigio SI non basta per ereditare la vita eterna che non si sarà tolta, e i diversi tentativi di rassegnate e spente speranze non potranno duellare con la forza di Dio che nulla lascia cadere. Siamo in mano sua anzi in nelle mani del Padre e del Figlio che per sempre saranno una cosa sola.

Sr. Marilda Sportelli, sfa