Via Giuseppe Zanardelli, 32

00186 Roma - Italia

+39 06 6840051

Fax +39 06 56561470 segreteria@usminazionale.it

Il Vangelo della domenica

Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro

Cristo-ricaIn quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Avete inteso che fu detto: Occhio per occhio e dente per dente. Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu pórgigli anche l’altra, e a chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. E se uno ti costringerà ad accompagnarlo per un miglio, tu con lui fanne due. Da’ a chi ti chiede, e a chi desidera da te un prestito non voltare le spalle. Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste».


In questa settima domenica del tempo ordinario, siamo condotti al cuore del primo dei cinque grandi discorsi matteani, e al cuore dello stesso annuncio evangelico. Il testo, infatti, culmina nell’esortazione più sconvolgente che possa essere rivolta ad un essere umano: “siate come Dio”! (v.48).

Ogni volta che ascoltiamo il discorso che il Signore Gesù ha pronunciato sulla montagna, ci rendiamo conto che ci troviamo davanti a molto più di una semplice raccolta di sentenze dottrinali e morali. Molta folla lo seguiva per ascoltarlo e per essere guarita; la maggior parte era gente povera, bisognosa di cure, di perdono, di consolazione, di luce… E Gesù inizia il discorso più bello ed esigente di tutto il Vangelo, affrontando molti temi sociali e religiosi dell’uomo di ogni tempo.

Il Figlio di Dio è venuto a portare a compimento l’antica Alleanza custodita dalla Legge mosaica; rivelando definitivamente Dio Padre, ci svela il progetto più folle che la Trinità ha desiderato da sempre per noi: renderci partecipi della Sua Divinità!

Ascoltando queste ultime due antitesi, che riguardano la vendetta e la relazione con il nemico, ci sentiamo condotti davanti ad un abisso d’amore che ci spaventa non poco. Nei versetti precedenti, Gesù ha dichiarato l’identità del nuovo credente, chiamato “beato” (5,3-12), il suo ruolo in mezzo agli uomini come luce e sale (5,13-16); ha annunciato la giustizia superiore, che deve caratterizzare il vivere concreto (5,20) e, con le antitesi, esplicita come questa nuova giustizia si manifesta nel quotidiano. Ebbene, chi non si sente inadeguato, incapace e confuso davanti a tali affermazioni?  Porgere l’altra guancia a chi ti percuote, rinunciare ai propri diritti fondamentali (la tunica si toglie solo a colui che sta per essere venduto come schiavo) e addirittura amare i propri nemici, ci sembra una richiesta quantomeno utopica! Sì, questo ci spaventa e a ragione, perché normalmente ascoltiamo questo annuncio a partire da noi stessi, riducendolo ad ulteriori prescrizioni morali che appesantiscono la nostra coscienza e alimentano inutili sensi di colpa. Ma il Maestro non parla a partire da noi, bensì da Sé Stesso! Egli può invitarci a fare ciò di cui non siamo capaci, perché è Lui che vive in noi e ci rende partecipi dell’Amore Divino, che è pacifico e pacificante, libero da ogni condizionamento e schiavitù, gratuito e grande tanto da superare ogni inimicizia… E’ accogliendo questo annuncio che Paolo dirà: “Mi vanterò ben volentieri delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di CristoPerciò mi compiaccio nelle mie infermità, negli oltraggi, nelle necessità, nelle persecuzioni, nelle angosce sofferte per Cristo: quando sono debole, è allora che sono forte” (2Cor 12,9b-10). Un paradosso che trova la sua logica nelle parole di Cristo stesso: “Ti basta la mia grazia; la mia potenza infatti si manifesta pienamente nella debolezza” (2Cor 12,9a).

Porgere l’altra guancia, allora, non è semplicemente un gesto di non-violenza, ma è l’espressione di quella forza dell’Amore che libera l’aggressore dalla propria violenza, come fa il Signore Gesù quando si lascia schiaffeggiare. Lasciarsi spogliare da ogni diritto personale, non è solo accettare pazientemente le umiliazioni, ma è riconoscere la propria identità e dignità, nell’essere figli di Dio, come il Figlio dell’uomo che non ha dove posare il capo e condivide la stessa natura divina del Padre. Amare i nemici, infine, non è solo assumere un comportamento simile a quello del Padre celeste, ma è lasciare che in noi si realizzi e si manifesti quella pace che il Signore Gesù ci ha conquistato sulla Croce, dove “ha fatto dei due un popolo solo, abbattendo il muro di separazione che era frammezzo, l’inimicizia, annullando, per mezzo della sua carne, la legge fatta di prescrizione e decreti, per creare in se stesso, dei due, un solo uomo nuovo, facendo la pace e per riconciliare tutti e due con Dio in un solo corpo, per mezzo della croce, distruggendo in se stesso l’inimicizia” (Ef 2,14-16). Se, infatti, ci fermiamo a considerare la vera radice dell’inimicizia, non faticheremo a trovarla dentro il nostro cuore. Per questo il Figlio può invitarci ad essere come il Padre, uguali a Lui, che è l’unico Amore gratuito. Gesù è la riconciliazione definitiva, Colui in cui si realizza la vera Pace con Dio e con gli uomini, Colui che ha distrutto l’inimicizia radicata nei nostri cuori, rendendoci così capaci, attraverso lo Spirito Santo, di quella “perfezione” che, più che essere il superamento di ogni difetto, è la compiutezza della nostra natura umana assisa alla destra del Padre.

Questo è l’annuncio che il Maestro grida alle folle bisognose di Lui, all’uomo di ogni tempo che, abitato dall’Amore, diventa il tempio in cui risplende lo Spirito di Dio che rende possibile lo “straordinario” a cui siamo chiamati (v.47).

 Paola Agnese Marinangeli, sfa

Ma io vi dico…

VI Domenica, tempo ordinario Anno A

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Io vi dico: se la vostra  giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli. Avete inteso che fu detto agli antichi: “Non ucciderai; chi avrà ucciso dovrà essere sottoposto al giudizio”. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio. Avete inteso che fu detto: “Non commetterai adulterio”. Ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel proprio cuore. Avete anche inteso che fu detto agli antichi: “Non giurerai il falso, ma adempirai verso il Signore i tuoi giuramenti”. Ma io vi dico: non giurate affatto. Sia invece il vostro parlare: “sì, sì”, “no, no”; il di più viene dal Maligno».

Un Vangelo da vertigini. E come è possibile? Anche Maria lo chiese quel giorno all’angelo, ma poi disse a Dio: “sia fatta la tua volontà, modellami nelle tue mani, io tua tenera argilla, trasformami il cuore”. E ha partorito Dio. Anche noi possiamo come lei, portare Dio nel mondo: partorire amore.
Avete inteso che fu detto… ma io vi dico. Gesù non contrappone alla morale antica una super-morale migliore, ma svela l’anima segreta della legge: «Il suo Vangelo non è una morale ma una sconvolgente liberazione» (G. Vannucci).
Gesù non è né lassista né rigorista, non è più rigido o più accondiscendente degli scribi: lui fa un’altra cosa, prende la norma e la porta avanti, la fa schiudere come un fiore, nelle due direzioni decisive: la linea del cuore e la linea della persona.
Gesù porta a pienezza la legge e nasce la religione dell’interiorità. Fu detto: non ucciderai; ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello, cioè chiunque alimenta rabbie e rancori, è già in cuor suo un omicida. Gesù va alla sorgente: ritorna al cuore e guariscilo, solo così potrai curare i tuoi gesti. Ritorna al cuore e custodiscilo perché è la sorgente della vita. Non giurate affatto; il vostro dire sia sì, sì; no, no. Dal divieto del giuramento, arriva al divieto della menzogna. Dì la verità sempre, e non servirà giurare.
Porta a compimento la legge sulla linea della persona: se tu guardi una donna per desiderarla sei già adultero. Non dice semplicemente: se tu, uomo, desideri una donna; se tu, donna, desideri un uomo. Il desiderio è un servitore necessario alla vita. Dice: se guardi per desiderare e vuol dire: se ti avvicini ad una persona per sedurre e possedere, se riduci l’altro a un oggetto, tu pecchi contro la grandezza di quella persona.
Commetti adulterio nel senso originario del termine adulterare: tu alteri, falsifichi, manipoli, immiserisci la persona. Le rubi il sogno di Dio, l’immagine di Dio. Pecchi non contro la morale, ma contro la persona, contro la nobiltà e la profondità della persona.
Cos’è la legge morale allora? Ascolti Gesù e capisci che la norma è salvaguardia della vita, custodia di ciò che ci fa crescere oppure diminuire in umanità. Ascolti queste parole che sono tra le più radicali del Vangelo e capisci che diventano le più umane, perché Gesù parla solo in difesa della umanità dell’uomo, con le parole proprie della vita.
Allora il Vangelo diventa facile, umanissimo, anche quando dice parole che danno le vertigini. Perché non aggiunge fatica a fatica, non convoca eroi duri e puri, non si rivolge a santi, ma a persone autentiche, semplicemente a uomini e donne sinceri nel cuore.

Voi siete la luce del mondo.

Senza titoloVangelo Mt 5, 13-16

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente.Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli».

Nella Spe Salvi, Benedetto XVI ci insegna che il Vangelo non è “informativo” ma “performativo”: non è una comunicazione di contenuti nuovi né una trasmissione di informazioni ricevute o imparate, ma è una comunicazione che produce fatti e cambia la vita, è l’incontro vivo e reale con la persona di Gesù. Il brano di oggi è inserito nel contesto delle beatitudini: coloro che sono proclamati beati, non lo sono solo per se stessi, ma anche nei confronti del mondo; essi, per le realtà terrestri, sono luce e sale. Oggi siamo chiamate a vivere nella luce, forti della consapevolezza che in Cristo la Luce vince sulle tenebre e la Verità vince sulla menzogna. Nella sua vita terrena Gesù ha sempre parlato apertamente, poteva fingere o ritrattare per salvarsi ma non l’ha fatto preferendo lasciarsi crocifiggere per la verità del suo essere Figlio di Dio. La Sua Risurrezione ci dà il coraggio di far luce sulla nostra esistenza, amare la verità e vivere nell’ autenticità, senza nulla da nascondere e di cui vergognarsi. In un mondo che troppo spesso, piegandosi a logiche di potere, preferisce la tenebra e la menzogna, siamo chiamate ad essere testimoni della Luce e della Libertà dei figli di Dio. Non sono le parole che testimoniano la venuta del regno di Dio, ma il pagare di persona, il compromettersi negli avvenimenti costruttivi. Come discepole, siamo chiamate a dissolverci e a penetrare profondamente nel mondo per dargli il gusto nuovo, il fermento di salvezza portato da Cristo.

 

Per la riflessione personale:

1) In quale ambito della mia vita la Parola di Dio mi chiede di portare luce?

2) Dove il Signore mi chiama a compromettermi per portare un gusto e un sapore nuovo?

 

Sr Stefania Sangalli SSM

Mendicanti di gioia

“In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:
«Beati i poveri in spirito,
perché di essi è il regno dei cieli. Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati.
Beati i miti, perché avranno in eredità la terra.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,
perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli.
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli».

Mendicanti di gioia
Siamo dei mendicanti di gioia. Tutti, credenti e non credenti, siamo dei mendicanti di gioia, perché sperimentiamo di non possedere ragioni a sufficienza per essere davvero realizzati, totalmente appagati. Sì, certo, viviamo momenti intensi, belli, memorabili, gioie semplici e vere che solcano – grazie a Dio! – il cuore e la vita. Ma non sufficienti a realizzare tutto il desiderio di assoluto che portiamo conficcato nel cuore. É possibile vivere la totalità dell’amore? La pienezza della felicità? Questi desideri ,che lo ammettiamo o no, ce li portiamo dentro! Matteo inizia oggi il lungo discorso della montagna e, come un nuovo Mosè, Gesù sale sulla montagna per consegnare la nuova legge, non più scolpita sulle tavole di pietra, ma incisa nel cuore dei discepoli. Gesù si rivolge a chi nella vita non sta dalla parte dei vincenti, ma dalla parte di quelli che ogni giorno tornano a casa con un carico di amarezza e di delusione perché ancora per un giorno qualcuno ha approfittato di loro. A questi tali Gesù annuncia che sono beati nella loro condizione di poveri, di afflitti, di miti, di perseguitati, di affamati e di assetati della giustizia. Sembra quasi che Gesù voglia esaltare la condizione del povero e del perseguitato, del perdente e dello sconfitto, perché in questa condizione vi vede le premesse per una felicità e una beatitudine, impossibile a trovarsi nella ricchezza e nella prepotenza di molti che se la ridono dei “piccoli”. Gesù ha una grande certezza e ci invita a farne il fondamento di tutta la nostra vita: Dio privilegia un cuore povero o un cuore affranto perché un cuore sazio di autosufficienza, purtroppo, non ha bisogno di nulla e, tanto meno, di Dio. La povertà e l’afflizione non sono valori in sé e non vanno mai difesi, anzi allontanati per quanto è possibile, ma sono una condizione indispensabile per accogliere l’intervento di Dio che colma il cuore di chi è affranto. Chi è povero, affranto e perseguitato, ma ha trovato Dio nella sua vita, è beato.
È Dio che gode la pienezza della beatitudine, Egli che è l’Amore è la Comunione, si compiace di fare dono della beatitudine a coloro che consegnano a Lui il desiderio di essere “beati” e rinunciano a percorrere la via della conquista della beatitudine, giacché la beatitudine conquistata non esiste. Se vuoi essere “beato” non puoi fare altro che aprire le tue mani e aspettare che Colui che la possiede ti faccia dono della beatitudine. Beati noi allora se ci decidiamo ad aprire le mani e non avere paura di essere mendicanti di gioia!

Sr M .Monica Baneschi SSM

Commento al Vangelo della III Domenica del T.O.

tramonto

Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 4, 12-23)

Quando Gesù seppe che Giovanni era stato arrestato, si ritirò nella Galilea, lasciò Nàzaret e andò ad abitare a Cafàrnao, sulla riva del mare, nel territorio di Zàbulon e di Nèftali, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaìa: «Terra di Zàbulon e terra di Nèftali, sulla via del mare, oltre il Giordano, Galilea delle genti! Il popolo che abitava nelle tenebre vide una grande luce, per quelli che abitavano in regione e ombra di morte una luce è sorta».
Da allora Gesù cominciò a predicare e a dire: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino».
Mentre camminava lungo il mare di Galilea, vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. E disse loro: «Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini». Ed essi subito lasciarono le reti e lo seguirono. Andando oltre, vide altri due fratelli, Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni suo fratello, che nella barca, insieme a Zebedeo loro padre, riparavano le loro reti, e li chiamò. Ed essi subito lasciarono la barca e il loro padre e lo seguirono. Gesù percorreva tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo.


Il Vangelo di domenica riprende la prima lettura, in cui si annuncia una luce che rischiara le tenebre. Gesù all’inizio della sua missione si reca a Cafarnao, una città importante, un crocevia della Galilea, luogo di passaggio e di incontro; un luogo confuso, impuro, periferico, abitato da tante popolazioni, da tanti pagani. E’ un luogo di tenebre che attendono di essere rischiarate. Proprio qui Gesù annuncia che il regno di Dio è vicino, proprio qui, lontano dalla rettitudine dell’osservanza, della giusta Giudea. E proprio qui Gesù incontra Pietro, Andrea, Giacomo e Giovanni, persone impegnate nel loro lavoro, nei loro affari, nei loro guai e li chiama a seguirlo. Quale la buona notizia per noi? Gesù ci chiama per nome, ci riconosce, mentre siamo impegnati nelle nostre vite, spesso confuse, difficili, ambigue. La storia con Lui inizia con il Suo sguardo d’amore rivolto su di noi, e l’invito a seguirlo. Lui viene per rischiarare ciò che ancora in noi si trova nelle tenebre e guarire le nostre infermità.

 

Per la preghiera:

Quale situazione della mia vita vorrei che fosse rischiarata dalla luce di Gesù?

Da cosa vorrei essere guarito?

 

Sr Laura Caddeo SSM

Ecco l’agnello di Dio…

vangelo1Gv 1, 29-34

 

« In quel tempo, Giovanni, vedendo Gesù venire verso di lui, disse: «Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo! Egli è colui del quale ho detto: “Dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me”. Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare nell’acqua, perché egli fosse manifestato a Israele».

Giovanni testimoniò dicendo: «Ho contemplato lo Spirito discendere come una colomba dal cielo e rimanere su di lui. Io non lo conoscevo, ma proprio colui che mi ha inviato a battezzare nell’acqua mi disse: “Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo”. E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio».

Giovanni vede perché è profeta: l’autenticità della sua visione è data dalla visione del Cristo. Egli lo vede e lo indica come l’Agnello di Dio, il preesistente, colui che battezza nello Spirito Santo. Giovanni vede che Gesù viene verso di lui: la profezia giunge al suo compimento, il Verbo si è sempre rivelato ai profeti per farsi conoscere al popolo, e ora si rivela a Giovanni che lo contempla in profondità. In quel momento tutti vedono un uomo ma solo Giovanni vede l’Agnello di Dio: “La fede è certezza di cose che si sperano, dimostrazione di realtà che non si vedono” (Eb, 11,1).  Gesù è l’Agnello che Dio ha scelto e che gli appartiene, la vera vittima che innalzata realizza la nuova Pasqua. In lui converge sia la Legge, che lo indica come Agnello pasquale, sia la profezia, che lo indica come il Servo del Signore. La profezia, che in Giovanni è visione, contempla tutto il mistero di Cristo. La missione di Cristo è togliere il peccato del mondo. Il peccato è considerato sia nella sua globalità, come situazione del mondo, sia come azione personale. Guardando a Lui, che viene a noi come l’Agnello di Dio, veniamo liberati dal potere del peccato che è nel mondo. La nostra carne viene sciolta dalla schiavitù del peccato. Se volgiamo con fede il nostro sguardo a “colui che hanno trafitto”, sentiremo l’efficacia del suo sacrificio.

Per la riflessione personale

  • Rifletto sulla funzione profetica del mio battesimo.
  • Nella preghiera personale contemplo Cristo Crocifisso, che con il suo sacrificio mi ha salvato.

sr Stefania Sangalli, SSM

Tu vieni da me Signore?

baptismMt 3,13-17

In quel tempo, Gesù dalla Galilea venne al Giordano da Giovanni, per farsi battezzare da lui. Giovanni però voleva impedirglielo, dicendo: «Sono io che ho bisogno di essere battezzato da te, e tu vieni da me?». Ma Gesù gli rispose: «Lascia fare per ora, perché conviene che adempiamo ogni giustizia». Allora egli lo lasciò fare.
Appena battezzato, Gesù uscì dall’acqua: ed ecco, si aprirono per lui i cieli ed egli vide lo Spirito di Dio discendere come una colomba e venire sopra di lui. Ed ecco una voce dal cielo che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento». 


Tu vieni da me?”-si chiede uno stupito Giovanni Battista vedendo Gesù mischiato tra la folla di peccatori che chiedono il battesimo di penitenza…”Tu vieni da me Signore?…sono io che ho bisogno di te…io non sono degno”…

Imbarazzante rivelazione di Gesù per Giovanni che aspettava la venuta del Messia, il potente liberatore e Salvatore. Sì, Gesù è il liberatore e salvatore ma il suo stile è diverso da quello che ci aspetteremmo; abbiamo appena celebrato il Natale, mistero sconvolgentemente bello della Incarnazione di Dio, un Dio che prende l’iniziativa e viene nei poveri panni di un bambino; e in questa domenica che fa da cerniera tra il tempo natalizio e il tempo ordinario, siamo ancora raggiunti dalla meraviglia per la rivelazione del Vero Dio che abbiamo lungamente atteso, un Dio che si immerge nella fragilità della nostra umanità per assumerla e salvarla. E il Padre si compiace di vedere il Figlio solidale con i fratelli, e lo Spirito scende soavemente per benedire, per instaurare una nuova creazione. I cieli sono aperti per l’uomo peccatore, per me e per te, Dio ha Misericordia e scende e viene in mezzo a noi, poveri uomini.

Potessimo rimanere pieni di stupore e con tanta gratitudine nel cuore per riprendere il cammino della quotidianità nel tempo ordinario! Potessimo davvero scoprire la presenza di Dio nelle piccole-grandi cose di ogni giorno!

Sì, tu vieni da me Signore, anche oggi!!… vieni a me non per punire, ma per benedire e per ripetere al cuore “Tu sei mio figlio, l’amato, in te ho posto il mio compiacimento”

Sr M. Monica Baneschi SSM

Dio mandò suo figlio, nato da donna

madre-di-dio1« In quel tempo, [i pastori] andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro.

Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore. I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro. Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo prima che fosse concepito nel grembo.» (Lc 2, 16-21).

Nell’ottava di Natale si celebra la solennità di Mara Madre di Dio, che ricorda il ruolo che la Vergine ha avuto nel piano della salvezza. L’Enciclica Redemptoris Mater riflette sul significato che ha Maria nel mistero di Cristo e sulla sua presenza attiva ed esemplare nella chiesa: “Quando giunse la pienezza del tempo, Dio mandò suo figlio, nato da donna, nato sotto la legge, perché ricevessimo l’adozione a figli. E che voi siete figli ne è prova il fatto che Dio ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio che grida Abbà, Padre” (Gal 4,4).

Il brano di Luca pone l’accento sul Figlio, ma in questo modo non riduce il ruolo della Madre la quale è in totale relazione col Figlio e ci invita a contemplare il Verbo della vita. Maria è modello del credente, che ascolta e custodisce la Parola. Anche noi, come i pastori, siamo invitati all’obbedienza di fede all’annuncio di salvezza: solo chi ascolta, medita e custodisce la Parola può farsi annunciatore. Qui si profila la chiesa, che nasce dall’annuncio e trasmette l’annuncio, glorificando e lodando Dio che si è rivelato nell’impotenza di Gesù. L’oggi della nascita del Salvatore si realizza ovunque è annunciato e creduto.

Per la riflessione personale

  • Quale ruolo ha Maria nella mia vita di fede?
  • Quale annuncio di salvezza attendo oggi?

sr Stefania Sangalli, SSM

Egli venne fra i suoi

nativita-giottoIn principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era, in principio, presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste.
In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre
e le tenebre non l’hanno vinta. Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui.

Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce. Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. Era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di lui; eppure il mondo non lo ha riconosciuto. Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto.

A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali, non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati. E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità.
Giovanni gli dà testimonianza e proclama: «Era di lui che io dissi: Colui che viene dopo di me è avanti a me, perché era prima di me». Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto grazia su grazia. Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè, ma la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo. Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato.


La liturgia del Natale prevede la possibilità di quattro messe. In questo breve spazio commentiamo il Vangelo della messa del giorno.

Il brano ci presenta il Verbo, in origine in Dio, è venuto nel mondo come luce per gli uomini, quella luce che cambia la vita dell’uomo. Questo Verbo si è fatto carne, cioè è divenuto simile a noi, uno di noi. Significa che Dio non è più per noi un concetto astratto e lontano, da comprendere scrutare, ma una persona da incontrare, conoscere, amare. Tale incontro è già una certezza poiché alcuni, prima di noi, alle origini del Cristianesimo, hanno già potuto “contemplare” la sua gloria, ovvero conoscerlo, sapere chi è, gustare la Sua presenza.. Così l’invito del Natale è quello di accogliere il dono di Dio fattosi carne, di entrare pienamente in questo mistero, per conoscere totalmente Lui e, di conseguenza, conoscere noi e comprendere la nostra vita.

Per la riflessione personale:

  • Come mi lascio incontrare da Gesù Bambino?
  • Cosa accolgo di Lui?

sr Laura Caddeo, SSM

Egli salverà il suo popolo

gioseppe“Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto.
Però, mentre stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati».
Tutto questo è avvenuto perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: «Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio: a lui sarà dato il nome di Emmanuele», che significa “Dio con noi”. Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa.”

Oggi il Vangelo ci fa contemplare la grandezza di Giuseppe, uomo giusto ma soprattutto innamorato sia di Dio sia della sua sposa promessa, Maria. Secondo la legge di Israele Giuseppe avrebbe dovuto lapidare Maria, ma invece della Legge vince l’amore. Per risolvere al meglio il suo dramma interiore pensa a una soluzione umana diversa per custodire comunque la sua amata, licenziarla in segreto. Ma Dio ha sempre sogni più grandi e più belli dei grandi sogni degli uomini e interviene per rassicurare Giuseppe: “Non temere Giuseppe!” tu, sarai custode di Maria ma anche di Gesù! La tua missione è ben più grande di quella che pensavi! Sconvolgente Dio! Sconvolge la vita dei chiamati ,è vero, ma per rendere la vita ancora più piena e affascinante! Giuseppe è chiamato a collaborare con Dio al suo piano di salvezza dell’umanità, è chiamato a dare il nome a Gesù, all’Emmanuele. Grazie al “sì” di Giuseppe si compie il sogno di Dio, venire a dimorare in mezzo a noi per stare con noi per sempre! Chiediamo la grazia in questi giorni che ci separano dal Natale, di avere una capacità di accoglienza come quella di Giuseppe, perché si compia anche in noi il sogno di Dio: riempire il nostro cuore della sua Presenza!

Sr M. Monica Baneschi SSM