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Il Vangelo della domenica

Sei tu colui che deve venire oppure dobbiamo attenderne un altro?

III DOMENICA DI AVVENTO – Mt 11, 2-11

In quel tempo, Giovanni, che era in carcere, avendo sentito parlare delle opere del Cristo, per mezzo dei suoi discepoli mandò a dirgli: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?». Gesù rispose loro: «Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: I ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo. E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!». Mentre quelli se ne andavano, Gesù si mise a parlare di Giovanni alle folle: «Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? Allora, che cosa siete andati a vedere? Un uomo vestito con abiti di lusso? Ecco, quelli che vestono abiti di lusso stanno nei palazzi dei re! Ebbene, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, io vi dico, anzi, più che un profeta. Egli è colui del quale sta scritto: “Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero, davanti a te egli preparerà la tua via”. In verità io vi dico: fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui».


 Il testo del vangelo di questa domenica pone l’interrogativo che fa emergere il dubbio di Giovanni il Battista: il Messia forte e deciso, il giudice inflessibile che egli attende non coincide con Gesù, che fin dall’inizio si dimostra essere accogliente e misericordioso. Ma il suo dubbio e il suo smarrimento sono anche i nostri. Possiamo così abitare il tempo dell’attesa coltivando desideri di giustizia o di vendetta, pregando incessantemente o addormentandoci nella dissipazione. La domanda del Battista è molto forte e profonda: “sei tu la presenza al di là della quale non si può dare altra presenza? (G. Dossetti). Gesù risponde ricapitolando le profezie e proclamando la beatitudine di chi non si scandalizzerà. La Parola che annuncia la sua presenza è data a coloro che sono stati piegati: lo scandalo è infatti possibile anche dopo i miracoli perché davanti alla croce tutti ci scandalizziamo. Quando subiamo la croce nella nostra carne non possiamo non scandalizzarci, altrimenti saremmo insensibili… La beatitudine consiste nell’andare oltre lo scandalo e collocarsi nella fede: continuare ad avere fiducia nella bontà e paternità di Dio, nonostante tutto, fino all’ultimo respiro della nostra vita terrena.

Per la riflessione personale:

  • Quale croce oggi colpisce la mia carne e mette alla prova la mia fiducia in Dio Padre?
  • Quale salvezza attendo oggi?

Sr. Stefania Sangalli SSM

Convertitevi…

Mt 3,1-12

 vangelo1In quei giorni, venne Giovanni il Battista e predicava nel deserto della Giudea dicendo: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino!». Egli infatti è colui del quale aveva parlato il profeta Isaìa quando disse: «Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri!».

E lui, Giovanni, portava un vestito di peli di cammello e una cintura di pelle attorno ai fianchi; il suo cibo erano cavallette e miele selvatico. Allora Gerusalemme, tutta la Giudea e tutta la zona lungo il Giordano accorrevano a lui e si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati.

Vedendo molti farisei e sadducei venire al suo battesimo, disse loro: «Razza di vipere! Chi vi ha fatto credere di poter sfuggire all’ira imminente? Fate dunque un frutto degno della conversione, e non crediate di poter dire dentro di voi: “Abbiamo Abramo per padre!”. Perché io vi dico che da queste pietre Dio può suscitare figli ad Abramo. Già la scure è posta alla radice degli alberi; perciò ogni albero che non dà buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco. Io vi battezzo nell’acqua per la conversione; ma colui che viene dopo di me è più forte di me e io non sono degno di portargli i sandali; egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala e pulirà la sua aia e raccoglierà il suo frumento nel granaio, ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile».

Il Vangelo della prossima domenica ci invita a preparare l’avvento del Signore, come l’arrivo di un ospite molto speciale. Perché si parla di “raddrizzare i sentieri”? La tendenza dell’uomo, di ciascuno di noi, è quella di “addomesticare” il pensiero di Dio, renderlo più conforme, più vicino. più adatto al proprio pensiero, alle proprie abitudini, alle proprie, personali, logiche umane.

Giovanni Battista viene quindi per raccontarci anche attraverso ala sua persona, la sua testimonianza, che occorre ritornare all’origine, al tempo del deserto, al tempo dell’ascolto della Parola di Dio, della ricerca della Volontà di Dio per noi e la nostra vita, al tempo della ricercare del  bene prima di tutto.

“Raddrizzare” ci ricorda anche che le vie di Dio sono diritte, semplici, pulite, non tortuose, non nascoste, non subdole. Le nostre vie invece,  sono spesso fatte di compromessi con qualche forma di male, d ricerca di vantaggi personali, di comodità, di verità non dette fino in fondo, di superbia, di riconciliazioni difficili da vivere. Ed ecco quindi che l’avvento, tempo di attesa ma anche di conversione, viene per dirci che occorre ritornare all’inizio del nostro incontro con Dio, alla gratitudine per il bene ricevuto e alla rottura con ogni forma di male. Occorre ripulire la nostra aia dalla paglia depositata nel tempo perché possa tornare a splendere in noi e attorno a noi, il grano buono, frutto della bontà del Padre.

Domande per la riflessione:

  • Cosa sto facendo per preparare le vie del Signore?
  • Da quale paglia dovrò ripulire la mia aia in questo Avvento?

 

sr Laura Caddeo, SSM

 

 

Viene il Figlio dell’uomo

avventoMt 24,37-44

“In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:

«Come furono i giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo. Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca, e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e travolse tutti: così sarà anche la venuta del Figlio dell’uomo. Allora due uomini saranno nel campo: uno verrà portato via e l’altro lasciato. Due donne macineranno alla mola: una verrà portata via e l’altra lasciata. Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo». 


 

 Un vangelo davvero “sorprendente” quello che ci propone la prima domenica di Avvento in questo Anno A, tutto costruito con l’intento di non farci “sorprendere” impreparati dalla venuta del Signore! Inizia un tempo liturgico importante dove ricordare che il Signore Gesù venuto una volta per tutte nella fragilità della nostra carne mortale, tornerà un giorno nella gloria per dare compimento alla storia ed “uno sarà preso”, cioè salvato,” e l’altro lasciato”, cioè escluso dalla salvezza! Cominciamo bene allora !anzi, ricominciamo! Questo tempo di Avvento non sia solamente una preparazione al Natale ma una nuova opportunità per allenarci a scoprire gli inviti del Signore presenti nel quotidiano, lì dove facciamo le cose ordinarie, per tenere pronto il cuore all’accoglienza della sua Parola e così vivere da veri discepoli. Il punto è non lasciarsi “annegare dalla banalità dei giorni” come ai tempi di Noè, quando non si accorsero di nulla! Noè invece salvò se stesso perché seppe leggere gli avvenimenti, prevedere il futuro e agire di conseguenza. L’invito è che possiamo anche noi attendere con gioia e speranza la venuta del Regno, ma non solo, anche di continuare pazientemente a costruire

 

Sr M. Monica Baneschi SSM

Signore, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno.

In quel tempo, [dopo che ebbero crocifisso Gesù,] il popolo stava a vedere; i capi invece deridevano Gesù dicendo: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto». Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell’aceto e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». Sopra di lui c’era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei».  Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». L’altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio. tu che sei condannato alla stessa pena? Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male». E disse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso».


 

Questa domenica, conclusiva dell’anno liturgico, celebra la regalità di Cristo: Gesù manifesta la sua signoria nel massimo dell’umiliazione. Il Crocifisso in Luca non sta in silenzio, ma parla alle folle, al Padre e al ladrone pentito. Non muore minacciando il giudizio di Dio, ma perdonando e scusando: morire perdonando è un tratto del martire cristiano. Gesù è raggiunto per l’ultima volta dalla tentazione, espressa nelle parole dei capi, dei soldati e del malfattore crocifisso con lui: se sei l’eletto di Dio, perché non ti aiuta? Il suo silenzio non è la prova del tuo errore e del tuo fallimento? Ma Gesù non risponde a queste domande: il silenzio di Dio esprime un altro modo di essere presente e di parlare. I due malfattori sono figure radicalmente opposte. Il primo, probabilmente un indomabile zelota, considera sconfitto un Messia che muore in croce e non salva né se stesso né quelli che hanno lottato con lui. Il secondo malfattore, invece, incarna le caratteristiche del discepolo: riconosce il Messia innocente e il proprio peccato, si affida totalmente a Lui nel momento della morte e riconosce la sua regalità sulla morte. Per questo viene presentato come il primo credente del Messia di Dio ad essere salvato. Gesù lo accoglie, così come per tutta la sua vita aveva accolto i peccatori, e mostra che la salvezza non è quella attesa dai soldati e dal primo malfattore. “Oggi sarai con me in paradiso”: la salvezza è l’oggi in cui si realizza l’incontro personale con il Salvatore

Per la riflessione personale:

1) In cosa il “buon ladrone” oggi provoca la mia fede?

2) Quali situazioni e tentazioni mi portano a perdere la fiducia in Dio Padre?

Sr Stefania Sangalli SSM

Nulla sarà perduto

tempioDal Vangelo secondo Luca  21, 5-19

In quel tempo, mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi, Gesù disse: «Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta».
Gli domandarono: «Maestro, quando dunque accadranno queste cose e quale sarà il segno, quando esse staranno per accadere?». Rispose: «Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: “Sono io”, e: “Il tempo è vicino”. Non andate dietro a loro! Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché prima devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine».
Poi diceva loro: «Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno, e vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo.
Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome. Avrete allora occasione di dare testimonianza. Mettetevi dunque in mente di non preparare prima la vostra difesa; io vi darò parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere.
Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e uccideranno alcuni di voi; sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto.
Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita».


 

In un primo momento, la Parola di questa settimana potrebbe farci un po’ paura, soprattutto in questo tempo in cui terremoti, catastrofi naturali, sono realtà davvero vicine a noi e ai nostri cari. Saremmo forse portati a pensare che davvero il tempo sia vicino e che ci sia intorno a noi una distruzione che ci lascia disarmati, impauriti.

Le Parole di Gesù ci invitano però anche ad una lettura più profonda e ci mettono in guardia: Gesù non ci inganna mai e ci avvisa in anticipo su quanto ci attende. Scegliere Lui è una strada impegnativa, esigente, che chiede a volte “rotture”, “strappi” dolorosi anche con persone o realtà che ci stanno a cuore; può comportare incomprensioni, odio, fino addirittura al tradimento e all’uccisione di qualcuno…

Ma Gesù, nello stesso tempo ci rassicura, promettendo che niente avverrà invano e che la vita con Lui sarà sempre via di salvezza per noi e quindi, di gioia vera. Lui promette di stare sempre con noi, tanto che non sarà necessario preparare prima la nostra difesa, perché sarà Lui stesso a suggerirla nel momento opportuno.

Per la riflessione personale:

In quale aspetto della mia vita attualmente, sperimento divisione o lacerazione per il nome di Cristo? In questo stesso ambito, sperimento che Gesù è con me, mi sostiene e mi guida?

Sr Laura Caddeo ssm

Siamo figli della resurrezione

“In quel tempo, si avvicinarono a Gesù alcuni sadducèi – i quali dicono che non c’è risurrezione – e gli posero questa domanda: «Maestro, Mosè ci ha prescritto: “Se muore il fratello di qualcuno che ha moglie, ma è senza figli, suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza al proprio fratello”. C’erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli. Allora la prese il secondo e poi il terzo e così tutti e sette morirono senza lasciare figli. Da ultimo morì anche la donna. La donna dunque, alla risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie».
Gesù rispose loro: «I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio. Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: “Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe”. Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui».


 

Siamo figli della resurrezione

Si conclude oggi la settimana liturgica e di preghiera dedicata ai Santi e ai Defunti. Siamo stati invitati in questi giorni a contemplare la Gerusalemme celeste e a pensare, seriamente, ai nostri fratelli defunti, che sono ancora in attesa della visione beatifica di Dio nel Purgatorio.
Le anime sante del purgatorio attendono il nostro suffragio e la nostra preghiera, nonché le nostre opere di bene, soprattutto in questo anno della misericordia che volge al termine; mentre i santi dei Paradiso, pregano per noi e vigilano sul nostro cammino terreno. Oggi la liturgia della parola di Dio ci mette di fronte alla verità di fede della risurrezione. Come recitiamo nel credo, “aspettiamo la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà”. Su tali verità anche molti che si dicono cristiani non credono. Al tempo di Gesù i sadducei ,un gruppo religioso interno all’ebraismo, di stampo più conservatore rispetto ai farisei, non credevano nella resurrezione per questo cercavano di contrastare l’insegnamento di Gesù sulla resurrezione e la vita eterna usando l’arma del ridicolo. L’esempio delle donne con sette ex-mariti appare come una trappola ben congegnata per ridicolizzare la fede nella vita eterna e d’altra parte funziona egregiamente, come tutti i ragionamenti che cercano di vedere la vita eterna solo come la continuazione di questa vita. Chi pensa la vita eterna restando impelagato nella logica, spesso contorta, di questa nostra vita terrestre, segnata dall’egoismo e dal peccato, non può comprenderne certo il mistero. Per i sadducei in realtà tutto il problema era quello della proprietà. Siccome secondo la legge israelita la moglie era proprietà del legittimo marito, nella resurrezione la donna del racconto di chi sarebbe stata? Gesù ribalta la loro logica contorta e tutta mondana. Nella resurrezione né gli uomini prendono in possesso le donne, né le donne prendono in possesso i mariti, perciò è importante capire che Gesù non dichiara la fine degli affet­ti. Quelli che risorgono non si sposano, ma danno e ri­cevono amore ancora, finalmente capaci di amare bene, per sempre. Perché amare è la pienezza dell’uomo e di Dio. Perché ciò che nel mondo è valore non sarà mai di­strutto. Ogni amore vero si aggiungerà agli altri nostri a­mori, senza gelosie e senza esclusioni, portando non li­miti o rimpianti, ma una impensata capacità di intensità e di profondità. Il Signore ci conceda davvero la grazia di crescere nella fede della resurrezione.

sr M. Monica Baneschi SSM

Oggi la salvezza è venuta in questa casa!

zaccheoIn quel tempo, Gesù entrò nella città di Gèrico e la stava attraversando, quand’ecco un uomo, di nome Zacchèo, capo dei pubblicani e ricco, cercava di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura. Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomòro, perché doveva passare di là.

Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zacchèo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia. Vedendo ciò, tutti mormoravano: «È entrato in casa di un peccatore!».

Ma Zacchèo, alzatosi, disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto».

Gesù gli rispose: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch’egli è figlio di Abramo. Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto».


 

Gesù, in cammino verso Gerusalemme, deve attraversare Gerico e qui incontra Zaccheo, un uomo disonesto che si è arricchito ingiustamente come esattore di tasse. Il modo in cui avviene questo incontro merita la nostra riflessione. Zaccheo, peccatore pubblico, porta nel cuore il desiderio profondo di conoscere Gesù, tanto che arriva ad arrampicarsi sull’albero di sicomoro pur di poterlo vedere. L’evangelista però non ci dice nulla di questa visione ma cambia la prospettiva del racconto riferendoci che è Gesù a guardare Zaccheo. L’attenzione non è più sul desiderio e l’impegno umano per “vedere” ma sullo sguardo del Signore Gesù che cerca il peccatore. Anche il passaggio dai verbi di movimento del v.4, che sottolineano l’attività di Zaccheo, al “fermarsi” del v. 5 indicano il cambio di prospettiva: la frenesia della ricerca umana deve acquietarsi per lasciarsi riempire dalla presenza del Cristo. Come già accade in altri episodi, la comunione di mensa con i peccatori da parte di Gesù scandalizza coloro che si ritengono giusti, perché ritenuta incompatibile con la volontà di Dio. Gli uomini religiosi disprezzano questo suo atteggiamento e non comprendono che in questo modo Gesù manifesta il desiderio di Dio di salvare tutti gli uomini, a partire proprio da quelli additati come “perduti”. Zaccheo mostra di portare frutti di conversione nel gesto generoso verso i poveri e così manifesta che egli ha veramente accolto il Signore e che l’incontro non è stato superficiale e banale. L’incontro con Gesù, infatti, rende l’uomo capace di vivere in modo autentico secondo la volontà di Dio e in ciò sta la salvezza: per questo motivo la dichiarazione dell’“oggi” salvifico si trova ora nel brano dopo la parola di Zaccheo. Gesù manifesta che la storia di salvezza, quel grande disegno di Dio compiuto attraverso la sua vita, morte e resurrezione, passa attraverso la salvezza delle storie personali e relazionali di ogni singolo essere umano.

Per la riflessione personale:

1) In che modo sono chiamata a placare la frenesia della ricerca del Signore per lasciarmi guardare da Lui e riempire della Sua presenza?

2) In cosa posso dire di sperimentare “oggi” la salvezza?

 

Sr Stefania Sangalli SSM

Abbi pietà di me peccatore

khkhDal Vangelo di Lc 18, 9-14

In quel tempo, Gesù disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri: «Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano. Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adulteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”. Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”. Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato».


Il Vangelo di questa settimana ci presenta il confronto tra due uomini, ovvero tra due modi diversi di stare davanti a Gesù. Il fariseo considerato giusto davanti a Do secondo i criteri della società del tempo, in realtà non sale al tempio per pregare ma per esaltare se stesso e vantare i propri meriti per l’osservanza della Legge. Così pieno di sé, sente il diritto di giudicare gli altri.

Il pubblicano invece, mostra un atteggiamento opposto: così consapevole della propria condizione di peccatore, non osa nemmeno alzare lo sguardo. Gesù con la sua risposta sottolinea come l’essere giustificati, non dipende da noi, dalle nostre azioni, ma è dono gratuito di Dio. A noi è chiesta solo l’umiltà di riconoscerci peccatori, bisognosi di perdono.

Per la riflessione:

So riconoscere la gratuità dell’amore di Dio? Quanto è presente nella mia giornata la tentazione di credere che mi salveranno le opere e l’adempimento ad una serie di doveri o osservanze?

Sr Laura Caddeo ssm

La potenza della fede!

gesucatLa potenza della fede!  

Dal Vangelo di Lc 18,1-8

In quel tempo, Gesù diceva ai suoi discepoli una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai:
«In una città viveva un giudice, che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno. In quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: “Fammi giustizia contro il mio avversario”.
Per un po’ di tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: “Anche se non temo Dio e non ho riguardo per alcuno, dato che questa vedova mi dà tanto fastidio, le farò giustizia perché non venga continuamente a importunarmi”».
E il Signore soggiunse: «Ascoltate ciò che dice il giudice disonesto. E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? Io vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?»


Domenica scorsa il Vangelo ci lasciava con queste parole di Gesù rivolte al lebbroso samaritano: “ Alzati e va,  la tua fede ti ha salvato!” . Nel brano di questa domenica vediamo ancora un esempio concreto dei miracoli che può compiere la fede, riprendendo un’immagine usata da Gesù stesso qualche settimana fa, si potrebbe dire che questa povera vedova ci mostra come “un gelso può essere piantato nel mare”! Ecco quanto è grande la potenza della fede anche se è piccola come un granello di senape! Questa donna per noi può essere oggi maestra di fede, maestra di preghiera! Lei che era vittima di ingiustizia si rivolge a un giudice già conosciuto come insensibile, eppure questa donna ha il coraggio di insistere, vuole sperare ancora, spera e crede fermamente  nella forza della sua giusta richiesta, anche contro tutte le evidenze, e non si arrende! E se questo giudice disonesto e malvagio cederà all’insistenza di questa vedova solo per non essere più infastidito, quanto più il Padre nostro celeste che è buono e misericordioso farà giustizia prontamente ai suoi eletti?!?  Sorge allora una domanda: non sarà che ancora non abbiamo capito che siamo davvero amati dal Padre?! Che siamo realmente i suoi eletti?! Il problema di fondo allora non è tanto sulla preghiera, ma sulla fede, forse ci stanchiamo presto a chiedere perché ci manca la fiducia in Colui che davvero può aiutarci. Non ci resta che lasciarci istruire da questa maestra di fede e di preghiera, e riprendere il cammino di sequela ricordandoci di porre sulle nostre labbra la stessa bella preghiera dei discepoli di qualche domenica fa: “Signore,  aumenta la nostra fede!”

Sr M. Monica Baneschi  SSM

La tua fede ti ha salvato!

gesu_e_il_lebbrosoXXVIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Lc 17,11-19

La tua fede ti ha salvato!

Lungo il cammino verso Gerusalemme, Gesù attraversava la Samarìa e la Galilea. Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a distanza e dissero ad alta voce: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!». Appena li vide, Gesù disse loro: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». E mentre essi andavano, furono purificati. Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano. Ma Gesù osservò: «Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?». E gli disse: «Àlzati e va’; la tua fede ti ha salvato!


Gesù è in viaggio verso Gerusalemme e mentre passa in un villaggio gli vengono incontro dieci persone affette da lebbra. Nell’Israele antico il lebbroso era l’emarginato per eccellenza, colpito da una malattia avvertita come ripugnante e connessa al castigo di Dio. Gesù obbedisce alla legge mosaica rinviandoli all’autorità religiosa e mentre sono per via vengono tutti guariti ma soltanto uno torna a ringraziare, un samaritano. L’indegnità religiosa è posta in risalto da questo samaritano e l’indegnità fisica è evidenziata mediante la malattia della lebbra: Luca non poteva scegliere persone più indegne per mostrare la gratuità della salvezza! Questo brano ci invita inoltre a riflettere sul rapporto tra fede e miracoli. Nel contesto della predicazione di Gesù, i miracoli sono segni del Regno di Dio che sta irrompendo nella storia e che attestano che la salvezza riguarda tutto l’uomo. Essi sono segni per la fede in quanto hanno lo scopo di condurre l’uomo alla fede; non sono una prova assoluta della fede ma fanno sorgere la domanda “chi è costui?” (Mc 1,27): Dio non vuole travolgere l’uomo ma vuole che l’uomo risponda in libertà. Per questo motivo i miracoli non potranno mai costituire una prova chiara della fede. Tuttavia per conoscere e riconoscere il miracolo come tale, cioè come opera di Dio, bisogna credere: la fede è condizione. Si tratta dunque di un rapporto di circolarità tra fede e miracolo: nei miracoli di Gesù la potenza di Dio si manifesta nel nascondimento, nell’equivocità e nello scandalo. Dio si manifesta e si nasconde per rispettare la nostra libertà, perché se si manifestasse totalmente noi lo renderemmo un idolo! In questo brano il miracolo non è determinante per la fede in quanto gli altri lebbrosi non tornano dal Signore per ringraziarlo pur essendo stati guariti. Al contrario la fede di per sé si presenta come constatazione di salvezza: questo samaritano non aveva bisogno di tornare indietro ma poteva proseguire nel proprio itinerario senza mettere in discussione l’avvenuta guarigione. L’affermazione di Gesù “La tua fede ti ha salvato” ci dice che la fede in quanto tale si presenta come salvezza e la salvezza evangelica avviene solo quando il cuore si apre alla conoscenza di Cristo, una conoscenza che rinnova e pone in cammino: “Alzati e va!”.

Per la riflessione personale:

1) Quale esperienza ho della mia indegnità?

2) In quali situazioni oggi sono invitata a “tornare indietro per ringraziare il Signore”?

                                                                                                                       Sr. Stefania Sangalli SSM