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La gioia di servire

L’altra via…

is1I continui mutamenti del nostro mondo spesso ci sfuggono. Sono troppo grandi, o forse siamo noi troppo lenti per capire davvero, come suggerisce D. Goleman. Nemmeno guardarsi dentro permette di capire davvero chi si è; e neppure chiederlo agli altri uomini, o ‘rileggere’ il breve arco della propria esistenza… Come navigare allora in giorni incerti come i nostri, così segnati dalla paura e dalla sfiducia nel futuro, quando neppure i soldati schierati nelle città possono trasmettere sicurezza?

…..Già Tommaso d’Aquino ci avvertiva: “la disperazione (insieme alla paura!) è il più insidioso dei vizi”, perché fa chiudere gli occhi al bene che pure c’è. Oggi, di fronte a una disperazione globale in cui la morte sembra avere l’ultima parola sulla vita e la menzogna sulla verità, la via sicura e possibile a tutti, è farsi seminatori di ri-generazione sociale e culturale. È proprio nei periodi più oscuri della storia che spesso emergono le fasi più creative (Thomas Berry), quelle che sempre richiedono comunità di vita e di sentimenti accanto a sogni per il futuro… Ma davvero i problemi hanno la capacità di tirar fuori da noi capacità che non sapevamo di avere?

Come essere comunità è problema antico; quanto accade oggi però chiede un vero salto d’intelligenza e di ethos sociale… Se invece di faticare per calare idee pensate e continuamente aggiustate dall’alto, si partisse dalla propria vita e dalle esigenze delle persone più difficili accanto a noi, qualche strada nuova si aprirebbe… Nelle società europee – caratterizzate da legami allentati e da un generale ripiegamento individuale – la passione sociale e politica è troppo fragile. Che posso fare io?…è l’istintiva reazione, che papa Montini definiva “pseudo giustificazione, che forse a volte ha l’accento dell’umiltà, ma che più spesso è solo espressione di mediocrità”. Occorre impegnarsi in prima persona a cercare nel nostro mondo e in se stessi quella bellezza che nessun altro riesce a guardare abbastanza a lungo da poterla scoprire. Ce n’è tanta: nelle persone, nei posti più inverosimili… Scoprirla produce atteggiamenti e gesti che partono dal proprio cuore e dal cuore di Dio, che magari ci attende alla fine di sentieri sbagliati. Ma siamo disposti a quell’ascolto cordiale e attento, possibile solo quando nasce dall’interesse alla vita reale dell’altro e ai suoi problemi?

Le nostre parole troppo spesso mancano del senso del vissuto… Siamo “gente che ha paura a fissare il Sole perché la sua Luce abbaglia(papa Montini). Così corriamo di qua e di là e ci ritroviamo… allo stesso punto, fermi alla grande domanda: chi è Dio? chi sono io? Sì, speranza è la sfida più significativa per l’umanità di oggi… Può vivere se affonda le radici in una realtà fissata con gli occhiali della fede; in un’esistenza pensata nelle mani di Dio e verificata sulla Parola… Allora la piccola speranza quotidiana di ognuno si tira su le maniche per sopravvivere, e si fa portatrice di quella Speranza, che sola può cambiare il mondo… La legge della fede è una crescita: là dove è autentica, è in continuo aumento. Ma viviamo noi veramente di fede?

Luciagnese Cedrone

lucia.agnese@tiscali.it

 

Nell’angoscia la speranza

Angoscia-speranza1Perplessi e confusi, ci ritroviamo ancora a guardare la nostra Terra, le sue faglie di distruzione, le vittime… Notti e giorni tremendi e un grido: Non scuotetemi sono pieno di lacrime! Tutta nuova si fa la certezza nell’uomo di essere erba del campo, “bagnata e nutrita dal cielo, ma inghiottita dalla terra a volte bene e nel momento propizio, ma altre volte male, troppo presto, con troppo dolore” (L. Bruni). Nel cuore risuona la perenne domanda sul senso del dolore degli innocenti, di tutto il dolore della vita…

Le speranze umane, grandi e insieme tanto fragili, passeggere, che senso hanno? Che significa essere umani? Abbiamo di che gioire? Possiamo davvero sperare? Certo ignorare il problema e far finta di nulla, cercare di sostituire i grandi interrogativi dell’esistenza con il virtuale, distrarsi in tutti i modi possibili per non pensare… non basta e non serve! È solo finzione che nasconde disperazione. La premessa per ritrovarsi a percorrere ogni giorno chilometri e chilometri di solitudine.

Ma “nulla impedirà al sole di sorgere ancora, nemmeno la notte più buia” (K. Gibran); oltre la nera cortina della notte c’è un’alba che aspetta. Dipende dagli uomini credere oppure morire con la morte. Quando tutto sembrava perduto e unico futuro la croce, Gesù fa quell’atto “pazzo, generoso e pieno di amore” (T. Radcliffe) di dare il suo corpo per noi. Quell’Ultima Cena sembrava pasto conclusivo, la fine. Fu invece l’inizio e la base solida della speranza.

L’Evangelii gaudium assicura che, “ogni volta che si cerca di recuperare la freschezza originale del Vangelo, spuntano nuove strade per il mondo attuale”. In ogni caso esserci, condividere il pianto; darsi da fare per aiutare secondo le proprie forze; lasciarsi guidare da quel desiderio di infinito che ha ragione al di là della ragione e chiede solo di essere riconosciuto, vissuto con altri… tutto apre vie nuove. Ogni attimo è nuovo inizio. L’esperienza quando attraversa la porta della preghiera diventa saggezza; in fondo basta lasciare che lo Spirito apra fessure nel proprio egocentrismo e spinga più in là… Quell’Amore oltre misura che sta oltre la comprensione umana invade il cuore e dona il gusto della vita senza il timore della morte. Il cammino esteriore diventa il proprio cammino interiore. Tutte le cose che si vivono trovano il loro significato provvidenziale… E nel cuore vive l’eco del sorriso di Dio.

È la certezza che “non c’è grido umano che non sia ascoltato da Dio” (Ben. XVI). Lui è e rimane lì dove siamo noi, costi quel che costi. Allora tutto ritrova il calore di un senso e in ogni situazione, provocata o solo subita dall’uomo, si può riconoscere che ancheil silenzio di Dio è lo spazio della nostra libertà” (B. Forte). Chi spera, vive diversamente, assicura Benedetto XVI. Ed è il via alla Speranza che non delude, al futuro che non muore.

         Luciagnese Cedrone ismc

         lucia.agnese@tiscali.it

 

Il mondo ha nostalgia di comunità…

comunitàIl mondo ha nostalgia di comunità…

   …ma sa ancora viverla?

La più grave epidemia del mondo contemporaneo -affermava il grande maestro R. Panikkar- è la superficialità, che fa vivere di ‘immediato’ e di ‘cose’ che non durano. Questo blocca la vita al bordo del mistero e impedisce di riconoscere cosa significa essere umani… E l’uomo – fatto per essere coinvolto in un amore assoluto e incondizionato – si ritrova a sperimentare solo una tristezza infinita. La Verità, comunque, è e rimane nelle persone e nelle cose; ed è il desiderio di autenticità che muove a cercarla. Quando poi si diviene consapevoli che il tempo a propria disposizione è breve e va usato al meglio, allora, senza presumere di avere la soluzione per tutto e subito, si possono compiere grandi cose. Ma occorrono ‘occhi’ sani e la ferma decisione di aprirsi ad un cammino faticoso e indispensabile… Altrimenti è troppo facile (e anche tanto comune!) illudersi di ‘vedere’ e fermarsi invece alla superficie delle cose; percepire intorno a sé solo ostacoli, minacce, cose e persone da sfruttare, invece di volti umani; coltivare uno sguardo che fa confronti e sentirsi defraudati, considerati meno degli altri… In tutto si smarrisce il senso del Dono insieme alla luce della Vita. L’uomo da sempre cerca all’esterno ciò che è dentro di lui, ma trova rumore, fastidio, indifferenza…Solo la persona può decidere a chi aprire e a chi chiudere la porta del proprio cuore.

Dal guazzabuglio del cuore umano nascono tanti mali, ma anche molti beni. Strada maestra per uscire dalla tendenza alla superficialità è nelle domande che muovono ad osare percorsi sconosciuti; a farsi viandanti con chi cammina e cercatori con coloro che cercano… L’uomo nasce da una relazione e cresce solo dinanzi a un tu. Nessun cammino è lungo per chi crede e nessuno sforzo è grande per chi ama. Quaggiù, al di fuori delle relazioni buone, non c’è ‘infinito’, né felicità.

     La possibilità di guardare in maniera diversa è sempre data: può giungere dalle persone e dalle situazioni più inaspettate. Jung ricordava che vivere non è altro che imparare ad amare e prepararsi a morire. Il che significa assumere su di sé -serenamente e con generosità- le morti quotidiane e quelle epocali… e rendere possibile, così, una reale partecipazione al mistero pasquale di Cristo. Quando si naviga negli occhi delle persone, il tempo fiorisce di eternità e quello che conta non è più ciò che è stato, ma solo: ‘d’ora in avanti’.

Certo è che alla fraternità si arriva solo abilitandosi alle relazioni che nascono dall’incrociare sguardi, preoccupazioni, desideri, riflessioni… Non basta certamente abitare nella stessa casa per essere ‘prossimi’. Se manca una reale, sincera e diretta comunicazione interpersonale non c’è fraternità. Nell’avvicinarsi agli altri occorre uno sguardo capace di riflettere la tenerezza di Dio, assicura Papa Francesco. La fraternità che ne scaturisce racconta Dio e lo rende comprensibile. Trasmette quel sapore di lievito e di sale di cui c’è tanto bisogno in un mondo sempre più complesso e disorientato.

         Luciagnese Cedrone ismc

         lucia.agnese@tiscali.it

 

 

 

 

 

La new economy… ‘capace di felicità’?

Pubblicità, mass media e un po’ tutta la cultura del nostro tempo abbinano la felicità al consumo di beni sempre piùeconomy1 complessi, consentiti per altro solo agli alti redditi. La grande tecnologia utilizzata nella new economy offre straordinarie opportunità a consumatori e investitori. Gli individui sognano, desiderano, gareggiano. La competizione si fa sempre più globale e velocemente muove verso un mercato globale incontrollato. I privilegiati accumulano straordinarie ricchezze e potere e le disuguaglianze crescono! Per i lavoratori la sensazione di essere abbandonati è forte. L’angoscia è reale; sfruttata e alimentata da politici in cerca di voti, incrementa fenomeni un po’ comuni, oggi, a tutto l’Occidente. L’indignazione generalizzata è espressione di un’obiezione di coscienza alla cinica logica dei numeri, che sono, o appaiono, parziali e perfino criminali: movimenti populisti antieuropei e antieuro, paura per la minaccia globale del terrorismo, rigetto delle frontiere aperte, muri di egoismo politico ed economico…

Il puro uomo economico è in effetti assai vicino all’idiota sociale: lo assicura Amartya Sen, Premio Nobel per l’economia. E Bob Kennedy rifletteva: il Pil misura tutto, eccetto ciò che rende la vita degna di essere vissuta. Nelle società avanzate il lavorare molto e il consumo sono segnali di posizione sociale, successo, potere e… spersonalizzazione delle relazioni sociali.

Il bisogno di bene comune nel nostro Paese e in Europa è enorme. Ma per arrivare al cuore del problema è necessario e urgente superare lo sguardo tipico dell’economia, capace solo di quantificare; disporre quindi di un ulteriore e più giusto “metro” di misura. Il bene economico è importante, ma nullo se contemporaneamente non si ricerca il benessere dell’uomo… Far lavorare una persona a ritmi forsennati e senza pagarla adeguatamente -e succede sempre più spesso – significa rubarle l’anima.

Solo se si fa un lavoro per il piacere di farlo, non si pensa a sé e si diventa liberi. E quando si ammira o si comunica realmente con qualcuno, allora la persona indietreggia sullo sfondo… ed è felice! L’amore, l’amicizia, un sorriso, un abbraccio, la riconoscenza, il poter osservare i figli che crescono, l’aprirsi alla fraternità…sono tutti beni che non hanno prezzo, non sono in vendita e non passano attraverso il mercato. E il qualcosa che l’economia trascura ha a che fare proprio con tali beni. La felicità o si alimenta di relazioni interpersonali genuine e gratuite, o muore.

Gli economisti in realtà hanno sempre saputo che la ricchezza non fa di per sé la felicità. La novità è che il rapporto tra vita economica e felicità sta uscendo dagli ambienti accademici. Lo dimostrano le pubblicazioni, i convegni, i dibattiti anche su quotidiani e riviste non specialistiche… Inizialmente reddito e felicità aumentano insieme; superata una certa soglia critica, possedere di più non aggiunge nulla, anzi sottrae: maggiore è il benessere materiale, minore è la felicità. Ma l’interesse degli economisti è in forte crescita. Si può essere ottimisti! È possibile una scienza economica ancora “capace di felicità”.

         Luciagnese Cedrone, ismc

         lucia.agnese@tiscali.it

Uomini in viaggio…

in viaggio1Viaggiatori della vita siamo tutti…e innumerevoli sono i modi di attraversare i propri anni. La destinazione certo la decide chi ‘viaggia’. Quando poi la persona ha più anni di ‘partenze e arrivi’, forse ha anche qualcosa da dire su ciò che nel viaggio è utile portarsi dietro e magari si potrebbe abbandonare; e su ciò che facilmente si abbandona e invece sarebbe bene portare con sé… Perché il vero problema di ogni uomo che cerca la verità della vita e della morte, dell’amore e della sofferenza, è proprio lasciarsi formare dalla vita per tutta la vita. Camminare cioè con una certezza nel cuore: i torrenti che si smarriscono nel deserto non sono mai perduti del tutto, proprio come i semi lasciati da Dio nella vita di ogni sua creatura. Stando però dietro alle semplici preoccupazioni quotidiane, si corre facilmente il pericolo di dimenticare ciò che ci vive dentro e chi si è veramente. E si finisce per stare al mondo un po’ come se la vita esistesse solo per… mantenersi in vita. Ma da qualche parte, e con un ‘successo’ che almeno Dio certamente registra, c’è chi s’impegna seriamente, sulla propria pelle, a rendere meno arida la terra, meno soli gli uomini, meno contraddittorio il cuore

Nel quotidiano rumore di notizie terribili, dentro al nostro opaco chiasso e al di sopra delle proprie comode ragioni, solo essere ‘parole incarnate’ sarà un granello di sabbia nel meccanismo della storia sbagliata che spesso ci si trova a vivere e un balsamo che parla al cuore. Nei corridoi bui dell’esistenza -che in fondo esprimono lo smarrirsi del senso di umanità della nostra società- si aprono così dei varchi di luce. Forse non fermeranno l’esportazione di armi, né le navi turche della “controtratta” che risospingono indietro schiere di ultimi, né la disperazione di chi non trova lavoro… Ma diranno, a chi è intorno, di chi tutti quegli uomini sono volto. E chi è ognuno, quando guarda altrove!

 Il mondo con il suo bisogno lancinante di luce cerca qualche faro nella propria vita; e attende quello che gli canta nel cuore. Si tratta di comprendere, come ricordava C. M. Martini, che “Dio è presente in tutti i momenti misteriosi, nascosti e difficili della nostra esistenza”. Capire (o non capire!) il modo della presenza di Dio nella nostra storia; e con la vita raccontare la propria fede negli incontri insignificanti e spiccioli con compagni di viaggio alla ricerca di un po’ di calore per vivere e con fratelli incontrati ‘per caso’…

Con la forza del Vangelo e prendendo in mano ciò che si ha – cioè se stessi e la propria vita – si può edificare un mondo alternativo. E scoprire un perdono che riconcilia, la meraviglia di un’amicizia inattesa, lo splendore di un ri-innamoramento con il Signore dopo giorni di oscura fedeltà… In principio è la Vita e la vita è luce…oggi come sempre. Che altro?

         Luciagnese Cedrone, ismc

         lucia.agnese@tiscali.it

 

Nessuno può farcela da solo!

In una realtà complessa come quella attuale, è forte il bisogno di un nuovo umanesimo globale, che però non si può IScostruire artificialmente e meno ancora imporlo. Per l’Europa, poi, che sempre ha esportato la sua cultura, imparare è forse la cosa più difficile, come è difficile confessare di avere le proprie mancanze. Presunzione di onnipotenza?… “Andate nei cimiteri – ha detto Bergoglio parlando a cardinali e vescovi delle ‘malattie’ da cui anche loro sarebbero afflitti – a vedere quante lapidi ci sono di gente che si credeva indispensabile!”.

Indubbiamente corruzione e malaffare devastano oggi le nostre città e un’indomabile sete di guadagno e di possesso sostituisce un po’ dappertutto le relazioni umane. Eppure mai, come oggi, abbiamo assistito a tanta speranza in un mondo migliore. In una umanità distratta, che apparentemente si limita a sopravvivere alla rincorsa del tempo, cresce infatti una viva attenzione ai diritti umani; sempre più voci si levano contro la guerra, la pena di morte, il mercato delle armi, la voglia di muri… E tanti – soprattutto fra i giovani – riscoprono che anima dell’Europa è il recupero dei suoi valori. Il predominio delle cose ha creato uomini insoddisfatti e deboli ed è sempre più chiaro che l’attivismo affannoso e invadente, che ci caratterizza un po’ tutti, maschera solo una mancata accettazione del proprio limite umano. Lo psichiatra Massimo Recalcati è arrivato a dirlo chiaramente: l’ingorgo degli oggetti genera angoscia e uomini spenti… Ma fa anche emergere nuove domande!

Come i discepoli intorno alla tavola durante l’ultima Cena, è necessario interrogarsi su ciò che sta accadendo intorno a noi e dentro di noi. Entrare alla radice dei dubbi, delle perplessità e dei fallimenti degli uomini del nostro tempo; e prima ancora permettere ai propri comportamenti e sentimenti di dirci chi siamo veramente; ma farlo senza durezza, per non cedere alla tentazione di addossarne la responsabilità a qualcun altro. Il coraggio di tale sincerità fa mendicanti della Parola e riapre, nella cultura che tutti respiriamo, l’orizzonte che sembrava chiuso. Dio infatti – attraverso la vita e le parole dei suoi amici – non lascia di far capolino nel chiaroscuro di ogni tempo.

Sfida allora è farsi capaci di cogliere le nuove dinamiche della società per condividerne gioie e sofferenze. In realtà, quando le parole nascono dalla sofferenza, la persona riesce a purificarle dal veleno implicito che spesso si insinua inosservato nel cuore… E trova sempre qualcosa da imparare – chiunque parli.

È naturale allora, se s’incrocia qualcuno, dimenticare parole troppo facili e scontate. Ugualmente naturale è riconoscersi chiamati a incontrare – con parole e gesti buoni che guariscono e benedicono – chiunque non abbia nessuno. Parole che raccolgono a fare comunità e guidano a scoprire la verità di ogni uomo: nessuno può farcela da solo. Ed è il recupero del piacere di sentirsi scorrere la vita dentro il sangue: un’eco del sorriso di Dio.

Luciagnese Cedrone, ismc

lucia.agnese@tiscali.it

 

Fondati sulla solitudine

ISLa sensazione di vivere insieme senza “essere” insieme è forse oggi la più terribile solitudine. E se la persona, mai come oggi, ha preso coscienza della propria solitudine come incapacità di comunicare con gli altri, l’importanza di riconoscerla in sé e di esserne consapevoli, è invece quasi sempre sottovalutata. Più comune è rifugiarsi nel fruscio dei soldi, nel frastuono delle discoteche, nel fascino dei tropici, o peggio… E nel cuore rimane la sensazione che niente basta a colmarne il vuoto. Solitudine, così, è forse la parola cardine su cui gira tutta la problematica dei rapporti umani contemporanei, un malessere molto ‘democratico’: non risparmia nessun gruppo sociale e nessuna età.

In alcuni momenti di sconforto sono in tanti a cercarla, quasi per allontanarsi dalla propria incapacità di amare. Poi, però, pesa. E allora in un quotidiano pieno di input sollecitato da tecnologia e modelli che mutano incessantemente e confondono, si cerca di negarla. Ci si illude di annullarla con il cellulare a portata di orecchio, la TV accesa, il chattare in internet…

È significativo, comunque, che il riconoscersi soli chiami sempre alla comunità… Poi però, come qualcuno ha detto, quando si ha una comunità si ha anche un problema; nel suo spazio infatti vive sempre la persona con la quale meno vorresti vivere. E in rapporti qualitativamente deboli, come essere sicuri di agire con la libertà di ‘essere ciò che si è’, o, più realisticamente, ‘ciò che si pensa di essere’? Certo è che leggere con coraggio in sé la solitudine e decifrare le sofferenze che ci provoca può aiutare a capire ciò che davvero si desidera o ci si aspetta dagli altri. Può offrire una prospettiva nuova nel guardare alla realtà intorno. Un atteggiamento da sapientoni, per esempio, crea intorno alla persona che se ne riveste, solo separazione ed esclusione. L’handicap della vita insieme certamente non è il sapere, ma come lo si usa…E chiudere la bocca a chi proclama idee scomode è solo un modo di sottomettere a sé l’intelligenza di chi è ritenuto sottoposto.

Nel cammino per incontrare davvero se stessi e gli altri, è necessario imparare a mantenere la giusta distanza da alcune insidie molto pericolose, che alienano la persona dall’umano autentico. Per esempio, l’istinto a cercare l’approvazione e la rassicurazione di qualcuno, come fosse garanzia che ciò che si fa o si dice è giusto. Questa è una tendenza presente proprio in tutti; ma rivela solo un abdicare infantile alla responsabilità delle proprie azioni.

Altra insidia è la pretesa di affrettare la realizzazione di se stessi e il compimento di ciò che si è, come se questo dipendesse solo dai propri sforzi. Ma è e rimane puro dono che viene secondo i ritmi e i tempi del Donatore. All’uomo è dato unicamente di attendere e accogliere il dono, sapendo che il modo in cui si vive il rapporto con gli altri è ciò che dice la verità della propria fede.

Luciagnese Cedrone ismc

lucia.agnese@tiscali.it

Vite inutili o pietre angolari?

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Non si finisce mai di conoscersi quando ci si misura con i cambiamenti delle ‘stagioni’ che segnano l’avventura umana. Diceva bene Rita Levi Montalcini (scienziata orgogliosamente atea!) quando invitava a non temere i momenti difficili, perché -spiegava- “il meglio per la persona scaturisce da lì”. In realtà lungo il sentiero della possibile crescita umana si annidano tanti ‘falsi Sé’ che facilmente portano ognuno a deviare verso pozzanghere di sfiducia, ansia, ripiegamento su di sé… Il fardello più pesante da portare nel quotidiano è proprio questa chiusura, che isola e porta a scegliere diffidenza e solitudine. Certo non serve avere ragione se si è arrabbiati e scontenti. È necessario invece re-iniziare il viaggio verso il proprio vero ‘Sé’.

In tal senso, lezioni diverse, sempre efficaci e preziose, si possono raccogliere dal trovarsi a inciampare in imprevisti e sorprese dolorose.

Nella nostra epoca di crisi, per esempio, l’ossessione del progresso economico rende indesiderabili coloro che costano e non producono; ‘crea’ classi di persone ‘inadeguate’, perciò ‘eliminabili’; si chiudono le frontiere e il cuore al migrante, alla persona in stato vegetativo, al feto imperfetto, al malato, al vecchio, al vicino antipatico, a chi è nemico o semplicemente estraneo… E l’assuefazione ai nuovi orrori rende accettabile l’inaccettabile. Si trascurano così quei riflessi automatici del cervello umano, che si innescano solo quando ci si identifica con gli altri. Ne sono convinti oggi sociologi, scienziati, economisti: fonte di evoluzione per la persona umana è la capacità di sentire le emozioni dell’altro come fossero proprie, e non – come si pensava in passato- l’eliminazione dei più deboli. Nessuna vita è mai inutile e le pietre scartate in realtà sono pietre angolari, dal momento che ognuna porta l’impronta della mano di Dio.

Si nasce per dare alla luce quel meraviglioso umano, che dorme in ognuno insieme all’insostituibile bisogno di donare e ricevere sicurezza, affetto, trascendenza… Umano che è ‘svegliato’ dall’esperienza del limite. Lasciarsi trovare da tale Verità è l’unica ‘cosa’ per cui vale la pena di vivere. Con la bussola interiore orientata sull’inquietudine di Dio, non ci si smarrisce nel cinismo e nel declino. Si sperimenta invece che nella vita insieme non è necessario difendersi, o provare che si è meglio di qualcuno; la tendenza ad affermarsi sopra gli altri e la pretesa di sapere già abbastanza si pacificano; e finalmente si depone l’atteggiamento del giudice per impegnarsi solo ad amare le realtà che s’incontrano, anche nella loro pochezza.

Le comunità – dove si rivelano insieme le povertà di ognuno e l’essere amati proprio come si è – sono lì: un pozzo di tenerezza per tutti e strumento privilegiato per realizzare una società più vera, più bella, più buona. Certo non si possono accogliere le ferite di un altro se non si riesce ad accogliere le proprie. Ma tutti siamo parte dell’unica umanità ferita, povera, amata e, grazie alla buona novella data ai poveri, capace di sperare.

Luciagnese Cedrone ismc

lucia.agnese@tiscali.it

 

Paure e steccati…

…nelle teste e nei cuori?IS_incontro

Si sta forse ridisegnando per sottrazione la nuova carta dell’Unione Europea? Certo è che -fra muri, reticolati e mancato rispetto di Schengen – la politica del futuro e di una progettualità comune sembra perdere voce in troppi Paesi Membri… Solo momentaneamente? E le idee quali possibilità hanno di maturare se sono costrette a vivere dentro la paura così diffusa oggi nella politica e nel quotidiano della gente?

Don Milani, prete notoriamente vicino agli ultimi, era solito dire che uscire da soli dai problemi è avarizia; uscirne insieme, è politica! E Dag Hammarskjold segretario delle Nazioni Unite – che con il suo operato di uomo politico e la sua profonda spiritualità divenne simbolo dell’uomo di Stato che si mette al servizio totale della comunità – si chiedeva rivolgendosi a Dio: “Mi desti forse questa solitudine senza scampo affinché più facilmente io potessi darti tutto?”. Coltivare in sé tale apertura e imboccare la strada di un’autentica libertà dove l’esterno riflette fedelmente l’interno, non è proprio semplice. Più facile e comune è disporsi a simulare l’esodo da se stessi. Ma se forte è la tentazione di cedere al peggio, la buona notizia è che l’uomo -prima o poi- si stancherà di tutto meno che delle relazioni vere.

Ma il valore è solo nell’incontro

Certamente l’indifferenza – per la quale l’altro non esiste e non conta – alimenta ogni male e insieme la tentazione di ripiegarsi in un isolamento egoistico. Cedervi però dipende da quello che si sta realmente cercando in sé, negli altri, nelle situazioni, nelle cose… Se è il bene, ce n’è tanto; e aspetta solo di essere scoperto per disporre il cuore all’incontro. Se invece sono le futilità, le imperfezioni, gli errori… la ricerca sarà più veloce, ma avvierà la persona – sempre divisa interiormente fra bisogno degli altri e paura di essere respinta- al ripiegamento su di sé. Il risultato è che la maggior parte degli individui risponde molto superficialmente all’invito di andare incontro agli altri. Resta il fatto che solo cuori decisi ad amare possono afferrare la bellezza di certe realtà: l’esperienza di condividere il vissuto; di privilegiare percorsi concordati piuttosto che piste di bravura solitaria; di allenare la propria mano a stringere altre mani più di quanto si allena il pollice sullo schermo… Sì, il valore della persona è nella verità dell’incontro. E c’è un sapore di vita nell’uomo che è dono naturale di chi ha respirato Dio e abitato il Vangelo (E. Ronchi). Tale sapore vive unicamente di comunione. All’uomo è dato solo di cercarlo, custodirlo e donarlo insieme alla luce che sempre l’accompagna. Allora la paura di perdersi si ridimensiona e scompare, insieme alla preoccupazione di essere visibili, rilevanti, o ignorati… E il proprio sguardo nel posarsi sulle persone farà emergere ciò che di più bello c’è in ognuno; come fa il sale che, penetrando nelle cose, le fa durare e le rende più buone.

Luciagnese Cedrone ismc

lucia.agnese@tiscali.it

Come vanno le cose…

IS_alba04Il terrore che “questo” Occidente non può sconfiggere …

Per sopravvivere, occorre prestare fiducia almeno a qualcuno, scriveva U. Eco. Vivere di fiducia è un po’ come scommettere: un’esperienza rischiosa; ma è certamente essenziale alla salute mentale di tutti, soprattutto in un tempo che va caricandosi di disumano, nell’orrore di sempre nuove atrocità e indubbi atti di follia. Migliaia di cristiani sono cacciati dalla loro terra, sgozzati, perseguitati e… dimenticati! Milioni di migranti disperati, in un esodo di massa continuo, incrociano nel loro calvario un Occidente neocoloniale: accettati come braccia utili ad aumentare il Pil con lavoro a basso costo; e respinti con muri, filo spinato e violenza. Un’intera generazione di giovani, che nei decenni passati ha cercato in Europa un’integrazione possibile, oggi si vede rigettata violentemente in una situazione di instabilità culturale e materiale. Un Occidente oggettivamente detestabile e ‘nemico’; quindi un contesto nel quale il terrorismo di marca Isis pesca a piene mani. Il sogno di un’Europa unita e senza frontiere è decisamente messo a dura prova. Ma il perverso gioco di interessi in atto intorno ai migranti non si rompe certo criminalizzando tutto il mondo islamico. E nemmeno è saggezza chiudersi nel ‘privato’ nazionale, o in un piagnisteo sterile che rimpiange i tempi passati (cfr Qo 7,10). Il confronto con il passato però aiuta a capire un tarlo del presente: la pretesa che le difficoltà non ci debbano essere, e, se ci sono, qualcun altro le deve togliere.

… e quel ‘poco’ che non equivale a ‘niente’

Nel momento in cui l’umano viene insidiato e aggredito da tante parti e in tanti modi, le grandi organizzazioni, i governi, gli eserciti… sono necessari, ma da soli non bastano. Alla vita si accede soltanto dalla vita e ci vuole una nuova realtà vissuta, inculturata. Forte è il bisogno di essere inseriti in piccole comunità dove ci si senta a ‘casa’, ma le famiglie nucleari sono troppo deboli. Papa Francesco sogna, predica e testimonia una Chiesa che si fa ovunque ‘casa dell’umano’, dove l’individuo possa sperimentare quelle sane emozioni che nel ritmo della vita quotidiana fanno crescere. È la via dell’Amore: crocifisso ma non vinto. Autentica sfida allora è realizzare davvero l’umano; farlo insieme a tutti, senza arroganza e senza pretesa di egemonia; pronti a ripartire ogni giorno dalle persone che ‘contano’ meno; accettando lungo il percorso l’umile missione di lievito e la poca rilevanza del piccolo gregge. Quando Dio entra così nella vita di una persona, il contatto con la realtà si fa più profondo e ogni poco è tutto. Così la misericordia – quella possibile e autentica – nasce dalla convinzione consolidata che gli altri, qualunque sia il loro bisogno, meritano l’attenzione del proprio cuore, semplicemente perché è giusto portare i pesi gli uni degli altri. Logica essenziale e vincente, l’unica che sottrae la storia al suo apparente non senso.

 

Luciagnese Cedrone

lucia.agnese@tiscali.it