Camminando attraverso i giorni luminosi e oscuri di questo nostro tempo …
… e sapendo che non si può indagare il nuovo con strumenti vecchi, come coprire la distanza tra noi e l’uomo contemporaneo, ferito come noi, dolente come noi, provato come noi?
In concreto che fare? Certamente occorre partire da una sana e realistica conoscenza del contesto in cui si opera, guidati dalla certezza che nessun ambiente, mai, può essere totalmente privo di “valori e principi”. Nello stesso tempo è necessario permettere ai propri comportamenti e sentimenti di interrogarci. E, osservando con sincerità e comprensione le risposte che diamo, lasciarci dire chi siamo veramente.
Quasi tutta l’umanità – scriveva Umberto Eco – sembra essere presa dalla stessa sindrome del telefonino e non ha più rapporti faccia a faccia, non guarda il paesaggio, non riflette sulla vita e sulla morte. Comune, invece, nelle nostre vite sempre più frenetiche, è diventato il lamentarsi: praticamente un automatismo. Forse è vero che si parla ossessivamente, consumando la propria vita in un dialogo tra non… vedenti. Certo è che fino a ieri una comunità di valori permetteva al singolo di sentirsi parte di ‘qualcosa’ che ne interpretava i bisogni. Ed era una sicurezza per la persona. Oggi invece un individualismo sfrenato ha contagiato un po’ tutti.
Per essere capita e forse superata, questa nostra società liquida richiede di svegliarsi dal torpore; di impegnarsi ogni giorno per ri-acquisire la giusta consapevolezza sulla funzione della società: l’elemento capace di unire le coscienze e mettere insieme il buonsenso. Il mistero della gioia pasquale lo esige. Camminare per un po’ nelle scarpe di un altro aiuta molto (anche se non è semplice!) a muoversi in tale direzione. Aiuta a farsi liberi dal sospetto reciproco, dallo spirito di dominio, dal desiderio di imporre la ‘propria’ verità piuttosto che cercarla assieme… Soprattutto aiuta a svegliare in sé quell’intelligenza emotiva che permette di sintonizzarsi sul prossimo per agire insieme e creare spazi più umani. E crescere, quindi, nella disponibilità quotidiana a sentire le domande che la vita pone attraverso fatti e persone che hanno a che fare con la propria coscienza…
L’anziano della ‘stanza’ accanto, per esempio, al quale il vortice della vita passa solo accanto, mentre nessuno più si ferma per chiedergli come va… come si sente? E l’altro, che è quasi sempre malato, che cosa prova a portare il dolore di notte con sé nel letto e a svegliarsi in sua compagnia al mattino? E cosa vuol dire essere vecchio, quando ci si sta preparando al grande riposo della morte?…
Cristo ha salvato l’uomo e la sua storia non respingendola, né criticandola dall’esterno; l’ha salvata assumendola fino in fondo, vivendola pienamente, condividendola… E per un’autentica fedeltà all’uomo di oggi, chiama ognuno, con Lui, a scoprire quanto calore si genera anche là dove il gelo sembra prevalere.
Luciagnese Cedrone ismc