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Primo piano

BUONE VACANZE!

montagna1Auguriamo di trascorrere giorni sereni di proficua distensione fisica e spirituale. Non dimentichiamo però quanti invece non possono beneficiare di un tempo di riposo e di vacanza: i malati negli ospedali e nelle case di cura, i carcerati, gli anziani, le persone sole e a coloro che trascorrono l’estate nel caldo delle città.

Riprendiamo l’aggiornamento del sito a fine agosto c.a.

Giornata Mondiale contro la tratta di persone

contro_la_tratta Il 30 luglio 2018 ricorre la Giornata Mondiale contro la tratta di persone, promossa dalle Nazioni Unite. Questa piaga riduce in schiavitù molti uomini, donne e bambini con lo scopo dello sfruttamento lavorativo e sessuale, del commercio di organi, dell’accattonaggio e della delinquenza forzata. Anche qui, a Roma. Anche le rotte migratorie sono spesso utilizzate da trafficanti e sfruttatori per reclutare nuove vittime della tratta. È responsabilità di tutti denunciare le ingiustizie e contrastare con fermezza questo vergognoso crimine, così ha detto oggi il Papa all’Angelus.

Giovani senza fede? No, c’è una sete nuova.

Giovani senza fede? No, c’è una sete nuova. Dentro l’indifferenza c’è un segreto da cogliere

giovaniIl rapporto tra i giovani e la fede è, oggi più che mai, tema di attualità. Non solo per l’avvicinarsi del Sinodo ma anche perché i giovani e la fede stanno veramente a cuore a tutti noi. Per riflettere sul tema appare, però, utile evitare almeno un paio di errori tra i più comuni: pensare ai giovani senza considerarli all’interno dell’intero percorso della loro vita e, inoltre, separare la fede da un’interpretazione complessiva dell’esistenza. In entrambi i casi, ciò che è da temere è la frammentazione.

Sul primo versante è utile ricordare che la giovinezza è, in realtà, soltanto un momento di un percorso più articolato e complesso. Ha, quindi, le caratteristiche, i pregi e i difetti di quel singolo momento. Non è l’intero. E non tutto può essere dato o richiesto in quel momento. Alcune cose potranno maturare, altre scomparire. Ci potrà stare anche qualche cambiamento di percorso e qualche errore. E la guida di persone più mature ed esperte sarà sempre di grande utilità.

Sul secondo versante, anche la fede rischia di non essere ben compresa se staccata dal suo contesto. La fede è un modo di interpretare e vivere l’intera esistenza. Ed è così legata ai gesti, alle parole e alle scelte della vita da essere difficilmente riconoscibile senza di essi. Così non è mai facile capire se la fede c’è o non c’è. A volte compare dove meno ce lo si aspetti.

Perché è molto più vicina a un modo di vivere che a un semplice concetto o a un’asettica definizione. Anche per questo non è mai facile comprendere i giovani e la loro fede. Nessuna delle due realtà, infatti, è statica e se a volte possono apparire come frammenti, lo sono, ma di un intero. Perciò, è tanto più facile comprenderle quanto meno le si staccano dall’intero.

È possibile, allora, che se la fede viene interpretata solo come una pratica religiosa o come un assenso intellettuale, i giovani appaiano irrimediabilmente lontani da essa. Al contrario, se quegli stessi giovani sono confrontati con gli itinerari di fede descritti nella Bibbia e spesso presenti nella tradizione cristiana, appaiono assai meno lontani da un autentico cammino di fede.

È quanto si può intuire, per esempio, leggendo le interviste realizzate dall’Istituto Toniolo all’interno dell’indagine su «Giovani e fede in Italia». Un giovane studente di ventuno anni, di Roma, mentre dice «non frequento la chiesa» e «sono dell’opinione che se non vedo non credo», allo stesso tempo apprezza «la speranza che può dare la fede e che può dare Dio» e confida: «Facendo una preghiera riesco a sentirmi meglio; questa è una cosa bella».

Un giovane ragioniere di ventisette anni, disoccupato, abitante in un piccolo centro del Nord, si definisce agnostico, ma mentre critica coloro che «credono, ma non vanno in chiesa», ritiene anche che «il vero regno di Dio sia dentro l’uomo», perché «la religione è una cosa interiore».

Questi due giovani manifestano una grave mancanza di fede o stanno cercando una fede più interiore e autentica? Una giovane ventottenne che risiede in un piccolo centro della Romagna mentre dice «non credo nella fede intesa come fede cattolica, quindi non credo in un Signore nel Paradiso, in tutto quello che ci insegnano a catechismo e giù di lì», e mentre si lamenta delle pratiche ecclesiastiche – «Non sono più andata in chiesa se non per il matrimonio della mia migliore amica che si è sposata l’anno scorso e ti posso garantire che è stato un sacrificio stare lì dentro un’ora e mezza a sentire delle “ciofeche”, perché io non ci credevo; ci sono andata solo perché voglio molto bene a lei e credo che la loro unione sarebbe stata ugualmente valida anche se l’avessero fatta in Comune» –, allo stesso tempo ritiene che la fede sia qualcosa che assomiglia a quel delicato rapporto che ha con la sua mamma, morta quando lei aveva solo venti mesi: «Come io trovo conforto in quella che è l’anima della mia mamma, quando ne ho bisogno, molto probabilmente altre persone credono in Dio perché dà loro conforto, perché si sentono aiutate; per gli stessi motivi per i quali io, quando ho bisogno, mi giro e dico “mamma cosa faccio?”, loro si girano e dicono “Signore adesso cosa faccio?”; credo che sia la stessa identica domanda, cambia solo la persona alla quale è indirizzata la richiesta di aiuto». Anche qui: è mancanza di fede o desiderio di una fede personale, profonda e autentica?

Si potrebbe proseguire con la presentazione delle interviste nelle quali i giovani dicono di sperimentare uno stretto collegamento tra la fede e la speranza; cercare in Dio il sostegno, la serenità e il conforto necessari per affrontare le vicende – non di rado sofferte e dolorose – della loro vita; leggere i Vangeli per ritrovarvi l’insegnamento e il volto di Gesù; avere fiducia nei miracoli; riconoscere la gioia e la bellezza di una fede autentica.

Tra tutti, si può citare Francesca, ventenne, studentessa della facoltà di Scienze della comunicazione. Racconta così alcuni passaggi importanti della sua vita: «Un giorno muore il fratello di una mia amica, un bambino di dieci anni. Da lì ho deciso di fare della mia vita qualcosa di straordinario. Ho deciso di avvicinarmi alle persone. […] Cerco di stare accanto agli altri. Cerco di amare un po’ di più e, prima di tutto, prima di me stessa vedo l’altro.

Secondo me l’altro è una missione meravigliosa. Secondo me l’altro è una scoperta meravigliosa. Penso che ognuno abbia croci e momenti di sconforto. Tutta la bellezza, però, sta nel trasformare questi momenti e nell’arricchire la vita degli altri. Nel vedere la loro luce, quando tu ci sei. […] Questo spero di fare ogni giorno: ascoltare. […] Mi sono ripromessa che non avrei mai più fatto morire gli altri di solitudine. So cosa si prova.

Lo so e, quindi, non accadrà mai che qualcuno non senta la mia presenza, mai. Perché io ci sono. Per me è una missione. Amare l’altro è una missione. È trasmettere quello che io ho dentro. Ci provo quotidianamente». Sorprendente la capacità di Francesca di trasformare una situazione di difficoltà e di dolore in un’occasione di crescita della propria disponibilità all’incontro, all’ascolto e alla dedizione.

Sino ad avvertire l’esigenza di partire da qui per plasmare la propria vita. Sembra di scorgere, in lei, i tratti dei grandi fondatori cristiani che da situazioni di bisogno sono stati spesso capaci di trarre idee e progetti in grado di migliorare la vita di tutti. Nascono allora alcune domande che sembrano accompagnare bene le nostre riflessioni sui giovani e la fede.

Non è che per capire i giovani sia necessario ascoltarli di più, evitando di interpretare la loro fede alla luce di schemi formali e precostituiti? Non è che la loro educazione religiosa, anziché essere progettata come un “vaccino”, da inoculare prima possibile e una volta per sempre, debba essere pensata come un cammino progressivo da accompagnare delicatamente per tutta la vita?

Non è che tendiamo ancora a pensare la fede più come una serie di pratiche e di concetti piuttosto che come un incontro personale con Gesù dal quale nasce, con consapevolezza e libertà, un modo di vivere più autentico? Non è che nella pastorale siamo ancora più impegnati a gestire spazi e a organizzare eventi e percorsi comunitari anziché favorire l’incontro personale e l’ascolto reciproco, in tutti i luoghi nei quali quotidianamente viviamo?In realtà, avremmo tutti e facilmente a disposizione un eccellente modello di pastorale: Gesù, che era davvero un “maestro” nell’incontrare le persone e ascoltarle, per rianimare la loro libertà e la loro vita.

Claudio Stercal

(articolo tratto da www.avvenire.it)

 

 

Sinodo dei giovani

Le parole-chiave dell’Instrumentum Laboris

SINODO1È stato pubblicato il Documento di lavoro della XV Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi, in programma in Vaticano dal 3 al 28 ottobre c.a. sul tema “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale”

Tanti sono i giovani del mondo: 1,8 miliardi di persone tra i 16 ed i 29 anni, ovvero un quarto dell’umanità. L’Istrumentum Laboris ne descrive la varietà, le speranze, le difficoltà. Strutturato in tre parti – riconoscere, interpretare, scegliere – il Documento cerca di offrirne le chiavi di lettura della realtà giovanile, basandosi su diverse fonti, tra cui un Questionario on line che ha raccolto le risposte di oltre centomila ragazzi.

Cosa vogliono, i giovani di oggi? Soprattutto: cosa cercano nella Chiesa? In primo luogo, desiderano una “Chiesa autentica”, che brilli per “esemplarità, competenza, corresponsabilità e solidità culturale”, una Chiesa che condivida “la loro situazione di vita alla luce del Vangelo piuttosto che fare prediche”, una Chiesa che sia “trasparente, accogliente, onesta, attraente, comunicativa, accessibile, gioiosa e interattiva”. Insomma: una Chiesa “meno istituzionale e più relazionale, capace di accogliere senza giudicare previamente, amica e prossima, accogliente e misericordiosa”.

Ma c’è anche chi alla Chiesa non chiede nulla o di essere lasciato in pace, ritenendola un interlocutore non significativo o una presenza “fastidiosa ed irritante”. E non senza motivo.

Ecco allora alcune parole-chiave che dall’Istrumentum Laboris emergono:

Ascolto: i giovani vogliono essere ascoltati con empatia, proprio “lì dove si trovano, condividendo la loro esistenza quotidiana”; desiderano che le loro opinioni vengano prese in considerazione, cercano sentirsi parte attiva della vita della Chiesa, soggetti e non solo oggetti di evangelizzazione. E là dove vengono offerti “ascolto, accoglienza e testimonianza in modo creativo e dinamico, nascono sintonie e simpatie” fruttuose.

Accompagnamento: spirituale, psicologico, formativo, familiare, vocazionale: in ognuna di queste forme, l’accompagnamento è fondamentale per i ragazzi. Esso, infatti, “non è un optional rispetto al compito di educare ed evangelizzare i giovani, ma un dovere ecclesiale e un diritto di ogni giovane”; serve a formare coscienze e libertà, a coltivare sogni ma anche ad intraprendere “passi concreti nelle strettoie della vita”. Centrale, quindi, il ruolo della famiglia che “continua a rappresentare un riferimento privilegiato nel processo di sviluppo integrale della persona”, pur necessitando di una riflessione sulla figura paterna, la cui “assenza o evanescenza” produce “ambiguità e vuoti”. Fondamentale anche il compito delle scuole e delle comunità cristiane che fanno sì che i giovani non si sentano soli, scartati, abbandonati nel loro percorso di crescita.

Conversione: diverse le accezioni di “conversione” indicate dal Documento sinodale: c’è il dramma di giovani cristiani che “rappresentano una minoranza esposta alla violenza e alla pressione della maggioranza che pretende la loro conversione”, ma c’è anche la richiesta di una “conversione sistemica” in ambito educativo, affinché tutte le strutture formative ed i loro membri investano di più nella loro “formazione integrale” così da non “trasmettere solo contenuti”, ma da essere anche “testimoni di maturità umana”, in grado di rendere i giovani soggetti e protagonisti della loro stessa vita. Centrale anche il richiamo alla “conversione ecologica”: i giovani sono molto sensibili sull’argomento ed il loro apporto è indispensabile per avviare un cambiamento duraturo nello stile di vita di ciascuno. C’è, infine, l’appello ad una “necessaria e coraggiosa ‘conversione culturale’ della Chiesa” affinché sappia “riconoscere, dare spazio ed incentivare” la creatività “unica e necessaria” della vita consacrata, “luogo specifico di espressione del genio femminile”.

Discernimento: tra le parole più presenti nel Documento, il discernimento viene inteso come “stile di una Chiesa in uscita”, per rispondere alle esigenze di giovani: “Mi trovo ora come di fronte a un muro, quello di dare senso profondo alla mia vita. Penso di aver bisogno di discernimento di fronte a questo vuoto”, scrive un ragazzo. “Dinamica spirituale” per “riconoscere e accogliere la volontà di Dio nel concreto” delle singole situazioni, il discernimento va offerto alle giovani generazioni come “strumento di lotta” che li renda “capaci di riconoscere i tempi di Dio”, per “non sprecare” le sue ispirazioni ed il suo “invito a crescere”. “Dono e rischio” allo stesso tempo, perché non immune dall’errore, il discernimento insegna ai ragazzi “la disponibilità ad assumere decisioni che costano”. In ambito vocazionale, inoltre, il giusto discernimento dovrà avvalersi di persone competenti e di “strutture di animazione adeguate, efficienti ed efficaci, attrattive e luminose per lo stile relazionale e le dinamiche fraterne che generano”.

Sfide: discriminazioni religiose, razzismo, precariato lavorativo, povertà, tossicodipendenza, alcolismo, bullismo, sfruttamento sessuale, pedopornografia, corruzione, difficoltà di accesso allo studio, solitudine…Le sfide che i giovani devono affrontare oggi sono innumerevoli. Molte di essere – spiega l’Instrumentum Laboris – sono generate da fenomeni di esclusione, dalla “cultura dello scarto”, da un uso improprio delle nuove tecnologie digitali così pervasive, ma anche rischiose per quel fenomeno di “dark web” che possono generare. Importante, poi, la questione dei giovani migranti, spesso vittime di tratta, per i quali il Documento sinodale chiede di “attivare percorsi a tutela giuridica della loro dignità e capacità di azione e, al tempo stesso, di promuovere cammini di integrazione nella società in cui arrivano”. Tutta la pastorale, quindi, anche quella giovanile, è chiamata “a evitare forme di ghettizzazione e promuovere reali occasioni di incontro”. Fortunatamente, non mancano le sfide positive: la musica, con il suo valore socializzante; lo sport che, nell’ambito della sana competizione, permette di scoprire la cura e la disciplina del corpo, il lavoro di squadra, il rispetto delle regole e lo spirito di sacrificio; l’amicizia tra coetanei, vero e proprio “strumento di emancipazione dal contesto familiare, di consolidamento dell’identità e di sviluppo di competenze relazionali” di ciascuno.

Vocazione: in tale ambito, il Documento sinodale mette in luce una difficoltà oggettiva: i giovani hanno “una visione riduttiva” del termine “vocazione”, il che crea “un forte pregiudizio” poiché la pastorale vocazionale viene vista come “un’attività finalizzata esclusivamente al ‘reclutamento” di sacerdoti e religiosi’. Da qui nasce la necessità di ripensare la pastorale giovanile vocazionale in modo che sia “di ampio respiro” e “significativa per tutti i giovani”. Ogni ragazzo, infatti, ha una sua vocazione che può esprimersi in vari ambiti – la famiglia, lo studio, la professione, la politica…- divenendo “un fulcro di integrazione di tutte le dimensioni della persona”: i talenti naturali, le competenze acquisite, i successi ed i fallimenti “che ogni storia personale contiene”, “la capacità di entrare in relazione e di amare”, l’assunzione di responsabilità “all’interno di un popolo e di una società”. Nello specifico delle vocazioni sacerdotali, invece, la Chiesa è chiamata a riflettere, perché “è innegabile la sua preoccupazione per il calo numerico dei candidati – si legge nell’Instrumentum – Ciò rende necessaria una rinnovata riflessione sulla vocazione al ministero ordinato e su una pastorale vocazionale che sappia far sentire il fascino della chiamata di Gesù a divenire pastori del suo gregge”.

Santità: il Documento sinodale si conclude con una riflessione sulla santità, poiché “la giovinezza è un tempo per la santità” ed essa va proposta come “orizzonte di senso accessibile a tutti i giovani”. In fondo, tutti i Santi sono stati giovani: la “narrativa” della loro vita, allora, possa permettere ai ragazzi di oggi di “coltivare la speranza” affinché – come scrive Papa Francesco nella preghiera finale del Documento – i giovani, “con coraggio, prendano in mano la loro vita, mirino alle cose più belle e più profonde e conservino sempre un cuore libero”.

D.S.

 

 

A Bari, “un respiro autenticamente ecumenico”

A Bari, “un respiro autenticamente ecumenico

BARI2Il prossimo 7 luglio il Santo Padre si recherà a Bari, finestra sull’Oriente che custodisce le Reliquie di San Nicola, insieme a molti Capi di Chiese e Comunità cristiane del Medio Oriente per una giornata di riflessione e preghiera sulla situazione drammatica del Medio Oriente che affligge tanti fratelli e sorelle nella fede.

L’evento è definito “autenticamente ecumenico” dall’arcivescovo di Bari-Bitonto, mons. Francesco Cacucci che ne sottolinea, inoltre, l’eccezionale valenza storica. Mi riferisco alla capacità di coniugare la visione ecumenica tra le Chiese cristiane e l’attenzione particolare al Medio Oriente, per invocare la pace, ma anche per essere vicini ai nostri fratelli cristiani che vivono nella sofferenza. E non solo ai nostri fratelli cristiani. Si tratta cioè di passare da una visione che, sia pure encomiabile, è legata alla nostra Chiesa e al mondo cattolico, per avere un respiro autenticamente ecumenico.

La Chiesa di Bari rappresenta un ponte tra Oriente e Occidente e da sempre è consapevole della sua vocazione ecumenica. Questo grazie anche alla presenza del corpo di San Nicola, venerato sia dalle Chiese di Occidente, sia da quelle di Oriente.

Già il Patriarca Kirill, la scorsa estate, accogliendo le reliquie del Santo taumaturgo Nicola, aveva evidenziato – nella sua omelia a Mosca nella Cattedrale del Salvatore – come «davvero Bari è il centro che unisce Oriente e Occidente» ed aveva invitato a pregare perché questa città diventasse sempre più “città di mediazione”.

«Siamo convinti – affermava – che san Nicola, venerato dall’Oriente e dall’Occidente, sia ora in preghiera dinanzi a Dio per tutti noi. Oggi noi siamo ancora divisi nella misura in cui i problemi teologici trasmessi dall’antichità non ci danno la possibilità di ricostituire l’unità. Ciò nondimeno, come hanno previsto molti santi uomini, se il Signore vorrà riunire tutti i cristiani, ciò avverrà non per i loro sforzi, non in virtù di passi ecclesiastico diplomatici quali che siano, non per qualche accordo teologico, ma solo se lo Spirito Santo riunirà tutti coloro che professano il nome di Cristo. E siamo convinti che san Nicola, che ascolta le preghiere dei cristiani d’Oriente e d’Occidente, starà anche lui dinanzi al Signore a pregarlo di ricomporre l’unità della Chiesa. (Discorso di sua santità il Patriarca Kirill ricevendo le reliquie di san Nicola Taumaturgo nella cattedrale di Cristo Salvatore a Mosca. Domenica 21 maggio 2017).

L’Arcivescovo di Bari-Bitonto, mons. Francesco Cacucci, nell’incontro avuto con il Patriarca Kirill a San Pietroburgo lo scorso 27 luglio, aveva ipotizzato e suggerito un impegno comune: «proporre San Nicola come patrono del cammino verso l’unità e la comunione”.

Il cammino ecumenico non è un cammino che si improvvisa. Sottolineo, dice Mons Cacucci che, immediatamente dopo il Vaticano II, monsignor Nicodemo – l’arcivescovo del tempo – di ritorno dal Concilio aprì la cripta di San Nicola agli ortodossi con una cappellina con iconostasi dedicata a loro. È stato il primo atto del genere a livello mondiale. E così, il cammino è continuato attraverso un dialogo costante con le altre confessioni cristiane ma, soprattutto, con il mondo orientale che continuamente viene qui a San Nicola per venerare le reliquie del taumaturgo. Si sottolinea molto la presenza del mondo russo, però vorrei dire che non è solo il mondo russo, ma è tutto il mondo orientale. Inoltre, sono presenti anche molti evangelici, la Chiesa anglicana e altre Chiese evangeliche.

L’incontro del prossimo 7 luglio, non avrà solamente una connotazione “ecumenica”, così come evidenziato dal comunicato della Sala Stampa Vaticana.

Sappiamo quanto drammatica sia oggi la situazione in Medio Oriente, quante persecuzioni, quante vittime e quanti conflitti insanguinano quelle terre, culla delle tre grandi religioni monoteiste.

D.S.

 

Il Papa a Ginevra

 “Pellegrinaggio ecumenico”

PAPA_GINEVRA1Giovedì 21 giugno c.a. il Papa visiterà il Centro ecumenico di Ginevra in occasione del 70° anniversario della sua fondazione. Fanno parte di questo Centro circa 350 Chiese protestanti, anglicane, ortodosse e veterocattoliche e comunità ecclesiali presenti in 110 paesi del mondo. Il Centro fu fondato il 23 agosto 1948 ad Amsterdam e ha sede a Ginevra. La Chiesa cattolica non è membro di questo Centro, ma teologi cattolici lavorano in importanti commissioni come membri a pieno titolo.

Inoltre, ogni anno si riunisce un gruppo di lavoro della Chiesa cattolica e del Centro ecumenico. Il motto della visita ‘Camminare – Pregare – Lavorare insieme’ rispecchia il tema del Pellegrinaggio di Giustizia e Pace, adottato dall’ultima assemblea del CEC come un leitmotiv di tutte le sue attuali attività. Riflette anche ciò che è stato definito da papa Francesco un ‘ecumenismo del camminare insieme’. Infatti in molte occasioni il papa ha incoraggiato le Chiese a camminare insieme nel testimoniare la loro fede e nell’affrontare le nostre sfide contemporanee.

Un evento che considera di grandissima importanza ecumenica visti i buoni rapporti tra il Consiglio Ecumenico e la Chiesa Cattolica tramite il Pontificio Consiglio per l’Unità dei cristiani. Un “Pellegrinaggio ecumenico” sulla scia del viaggio a Lund, in Svezia nel 2016, per la commemorazione del 500° anniversario della Riforma luterana, senza dimenticare i fraterni rapporti con il Patriarca Ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I, o lo storico incontro a Cuba con il Patriarca di Mosca Kirill.

Ed il significato di questa visita di papa Francesco è stato descritto dal card. Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani: “La visita costituirà un’occasione per rendere grazie a Dio per una lunga e ricca collaborazione che la Chiesa cattolica mantiene con il CEC da oltre mezzo secolo. In effetti, i nostri rapporti sono iniziati durante la preparazione del concilio Vaticano II. Il Vaticano II impegnò la Chiesa cattolica nell’attuale movimento ecumenico e aprì una nuova pagina nella storia delle nostre relazioni con il Consiglio ecumenico mondiale delle Chiese, dando origine a uno spirito di riavvicinamento e di reciproca comprensione.

A Ginevra nel corso della visita al Consiglio Ecumenico delle Chiesa, Francesco incontrerà anche una delegazione della Corea del Nord che insieme ai cristiani del Sud, partecipa alla grande Assemblea ecumenica che inizia domani. Centrale della visita a Ginevra anche il tema della pace ed il supporto delle Chiese per i rifugiati. Tra le quasi 350 Chiese del Consiglio Ecumenico, la maggior parte rappresenta realtà africane o asiatiche, da dove provengono molti rifugiati che fuggono verso l’Europa, culla delle tre confessioni cristiane come il cattolicesimo, le chiese ortodosse e quelle protestanti.

Come Pastore della Chiesa universale della Chiesa Cattolica, ogni viaggio papale comprende sempre l’incontro con la comunità cattolica. Così a Ginevra – come Paolo VI nel Parco de la Grange che Giovanni Paolo II nel Palazzo delle Esposizioni – Papa Francesco celebrerà la Messa sempre nel Palaexpo non solo con i cattolici della diocesi di Losanna, Ginevra e Friburgo, ma di tutta la Svizzera. Per il vescovo di Ginevra, mons. Charles Morerod in un’intervista all’Agenzia Sir, il Papa arriva in “una terra ricca di culture diverse che sanno convivere bene insieme ma anche un Paese dove il tasso di suicidi è tra i più alti di Europa e dove, nonostante il benessere economico, si può morire per noia. Eppure in questa terra nel cuore dell’Europa, sono andati esauriti nel giro di una sola giornata i biglietti messi gratuitamente online per partecipare giovedì prossimo alla Messa del Papa. Che cosa si aspetta la Svizzera dal Santo Padre? Il vescovo di Ginevra non ha dubbi: “Un messaggio di speranza e di gioia”.

 

 

Giornata Mondiale del Rifugiato 2018

Giornata Mondiale del Rifugiato 2018

#WithRefugees

withrefugees1Il 20 giugno si celebra in tutto il mondo la Giornata Mondiale del Rifugiato, appuntamento annuale voluto dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, che ha come obiettivo la sensibilizzazione dell’opinione pubblica sulla condizione di milioni di rifugiati e richiedenti asilo che, costretti a fuggire da guerre e violenze, lasciano i propri affetti, la propria casa e tutto ciò che un tempo era parte della loro vita. E soprattutto invita a non dimenticare mai che dietro ognuno di loro c’è una storia che merita di essere ascoltata. Storie di sofferenze, di umiliazioni ma anche di chi è riuscito a ricostruire il proprio futuro, portando il proprio contributo alla società che lo ha accolto.

Per perseguire questo obiettivo l’Agenzia ONU per i Rifugiati (UNHCR) prosegue la campagna #WithRefugees, che vuole dare visibilità alle espressioni di solidarietà verso i rifugiati, amplificando la voce di chi accoglie e rafforzando l’incontro tra le comunità locali e i rifugiati ed i richiedenti asilo.

#WithRefugees è anche una petizione, con la quale l’UNHCR chiede ai governi di garantire che ogni bambino rifugiato abbia un’istruzione, che ogni famiglia rifugiata abbia un posto sicuro in cui vivere, che ogni rifugiato possa lavorare o acquisire nuove competenze per dare il suo contributo alla comunità. La petizione vera’ presentata all’Assemblea delle Nazioni Unite entro la fine del 2018 in occasione dell’adozione del Global Compact per i rifugiati.

La petizione, le storie dei rifugiati e delle rifugiate, le testimonianze di solidarietà di esponenti del mondo della cultura, dello sport e dello spettacolo, e l’elenco e le informazioni sulle principali iniziative in programma su tutto il territorio nazionale sono disponibili sul sito della campagna www.unhcr.it/withrefugees.

Mese Missionario Straordinario e Sinodo per l’Amazzonia

Mese Missionario Straordinario e Sinodo per l’Amazzonia, opportunità di evangelizzazione

missione1Sinodo per l’Amazzonia e il Mese Missionario Straordinario, eventi che si celebreranno entrambi nell’Ottobre 2019, sono due opportunità di evangelizzazione, per mettere in pratica il richiamo a “riqualificare evangelicamente la missione della Chiesa nel mondo”. Lo afferma il Messaggio di Papa Francesco che ha ricevuto in udienza oggi, 1° giugno, i Direttori nazionali delle Pontificie Opere Missionarie, riuniti per la loro Assemblea Generale annuale a Sacrofano (Roma) dal 28 maggio al 2 giugno. Il Papa sottolinea l’importanza di una reale “conversione missionaria”. Con questo spirito è stato scelto il tema per il Mese Missionario dell’ottobre 2019, annunziato dal Pontefice: “Battezzati e inviati: la Chiesa di Cristo in missione nel mondo”. Il tema ricorda che “la missione è una chiamata insita nel Battesimo ed è di tutti i battezzati”, ha detto Francesco. Così la missione è invio per la salvezza che opera la conversione dell’inviato e del destinatario: la nostra vita è, in Cristo, una missione! Noi stessi siamo missione perché siamo amore di Dio comunicato, siamo santità di Dio creata a sua immagine. La missione è dunque santificazione nostra e del mondo intero, fin dalla creazione (cfr Ef 1,3-6). La dimensione missionaria del nostro Battesimo si traduce così in testimonianza di santità che dona vita e bellezza al mondo, afferma papa Francesco. La coincidenza tra i due eventi – il Sinodo per l’Amazzonia e il Mese Missionario Straordinario – “ci aiuti a tenere fisso il nostro sguardo su Gesù Cristo nell’affrontare problemi, sfide, ricchezze e povertà; ci aiuti a rinnovare l’impegno di servizio al Vangelo per la salvezza degli uomini e delle donne che vivono in quelle terre”, si legge nel testo. “Preghiamo affinché il Sinodo per l’Amazzonia possa riqualificare evangelicamente la missione anche in questa regione del mondo tanto provata, ingiustamente sfruttata e bisognosa della salvezza di Gesù”, dice il Papa.

Fonte: Agenzia Fides