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Primo piano

Ospedali aperti in Siria

Ospedali aperti in Siria:

un progetto del cardinale Zenari con Cei e Avsi

Siria2“È la strage degli innocenti”. Così il cardinale Mario Zenari, nunzio apostolico a Damasco, parla dei sette anni di guerra in Siria, sottolineando che oggi “muoiono più persone per mancanza di medicine che sotto le bombe”. L’80% della popolazione vive ormai stabilmente in condizioni di grave povertà. In particolare morde la crisi sanitaria: quasi 11,5 milioni di abitanti, di cui il 40% bambini, non ricevono cure mediche e non hanno accesso agli ospedali.

Il progetto Ospedali aperti

Per questo, il porporato – da nove anni in Siria – ha ideato il progetto “Ospedali aperti”, affidandone la gestione ad Avsi, organizzazione internazionale che su più fronti opera per dar sostegno alla popolazione locale, ha spiegato Giampaolo Silvestri, segretario generale.

I tre ospedali siriani

Si tratta di rendere nuovamente operativi due ospedali a Damasco e uno ad Aleppo gestiti da congregazioni religiose. Il progetto, partito a luglio 2017 e presentato a Palazzo Pio a Roma, è cofinanziato dalla Conferenza episcopale italiana con i fondi del’8 x mille: un milione di euro lo stanziamento, ha annunciato il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Cei. Coinvolti nella formazione di medici, tecnici e infermieri anche il Policlinico Gemelli e l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, perché – ha aggiunto il nunzio a Damasco – “c’è pure il problema sempre più grave della penuria di medici e operatori sanitari. Tanti stanno lasciando la Siria”. I vescovi italiani, ha poi annunciato il cardinale Bassetti, si faranno promotori di un incontro per la pace nel Mediterraneo, che coinvolgerà tutti i presuli dell’area.

L’interessamento di Papa Francesco

Papa Francesco, da sempre vicino alla popolazione siriana martoriata dal conflitto – ricordata tra l’altro la giornata di preghiera per la Siria del settembre 2013 – ha esortato a portare avanti il progetto, rimanendo costantemente informato, hanno assicurato i porporati. (Da vaticannews 15.03.2018)

 

Auguri al nuovo Presidente

monasteroÈ il monastero carmelitano di Snagov, nella regione chiamata Ciofliceni, che ha ospitato la 18ª Assemblea Generale dell’UCESM, dal 5 marzo al 10 marzo 2018. Ha partecipato a questo importante incontro madre Regina Cesarato, presidente dell’USMI  Nazionale e sr Marta Finotelli, vice presidente.

chiesaIl tema di riflessione è stato “Allarga lo spazio della tua tenda” (Is 54,2e si è sviluppato più specificamente sulle questioni attuali relative alla migrazione e all’integrazione, sia nelle comunità religiose che nella società in generale.

In questa Assemblea è stato eletto il nuovo presidente nella persona di Zsolt Labancz dei padri Scolopi proveniente dall’Ungheria.padre

A lui e al Comitato esecutivo i nostri auguri per un cammino di unità e di testimonianza a bene di tanti fratelli e sorelle della nostra Europa ricca di valori e di spiritualità.

 

Consulta il sito: www.ucesm.net

Economia a servizio del carisma e della missione

economiacopPresso l’Aula Magna dell’Antonianum (Roma) il 6 marzo c.a. è stato presentato l’ultimo documento preparato dalla Congregazione per la Vita consacrata e le Società di vita apostolica “Economia a servizio del carisma e della missione”- Orientamenti, già disponibile in italiano e spagnolo. In arrivo inglese e francese.

A presentare il documento sono stati:

Em.za card. Joao Braz de Aviz, S. Ecc.za Mons. Jose Rodiguez Carballo, Padre Sebastiano Paciolla, padre Pierluigi Nava e il Prof. Andrea Perrone dell’Università Cattolica di Milano. Per la prima volta il Dicastero si è avvalso del contributo professionale dell’Università per la redazione degli orientamenti su un tema molto delicato come l’economia.

Il termine chárisma nel Nuovo Testamento viene usato in riferimento a doni che provengono da Dio. Ogni singolo carisma – come viene ricordato nella Iuvenescit Ecclesiae in riferimento alla relazione tra doni gerarchici e carismatici per la vita e la missione della Chiesa – non è un dono accordato a tutti ma un dono che lo Spirito distribuisce «come vuole» (1 Cor 12,11). Il cristiano è chiamato a diventare economo, amministratore della grazia che si esprime mediante i carismi ed è invitato a metterla in circolo a beneficio di tutti. L’attuale momento storico sollecita la vita consacrata a misurarsi con nuove problematiche che richiedono discernimento e progettualità. In questa prospettiva gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica, sono impegnati ad essere buoni amministratori dei carismi ricevuti dallo Spirito anche attraverso la gestione e l’amministrazione dei beni. Gli Orientamenti nascono nel solco del Magistero di Papa Francesco, al suo interno vengono gettate le basi per proseguire un cammino di riflessione ecclesiale sui beni e la loro gestione, richiamare ed esplicitare alcuni aspetti della normativa canonica sui beni temporali con particolare riferimento alla prassi della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica, suggerire alcuni strumenti di pianificazione e programmazione inerenti alla gestione delle opere, sollecitare gli Istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica, a tutti i livelli, da Superiori ai membri, a ripensare l’economia nella fedeltà al carisma per essere – secondo il pensiero di Papa Bergoglio – «ancora oggi, per la Chiesa e per il mondo, gli avamposti dell’attenzione a tutti i poveri e a tutte le miserie, materiali, morali e spirituali, come superamento di ogni egoismo nella logica del Vangelo che insegna a confidare nella Provvidenza di Dio».

La speranza in America Latina ha un volto femminile!

DONNELa donna, pilastro nella edificazione della Chiesa e della società in America Latina è il tema scelto dal Papa Francesco per la prossima Assemblea Plenaria della Pontificia Commissione per l’America Latina (Cal), che si svolgerà in Vaticano dal 6 al 9 marzo 2018

La scelta del Papa non sorprende, giacché risuonano ancora le sue parole ai 60 vescovi latinoamericani riuniti dal Celam a Bogotà: “La speranza in America Latina ha un volto femminile! […] “È un serio impegno capire, rispettare, valorizzare, promuovere la forza ecclesiale e sociale di quanto realizzano […]. “Senza le donne la Chiesa del continente perderebbe la forza per rinascere continuamente”. La dimensione femminile della salvezza passa da Maria, dalla Chiesa, dalle madri e dalle nonne.

D’altra parte, le parole del Pontefice in Perù hanno ribadito le radicate situazioni di ingiustizia vissute ancora dalle donne a causa del “maschilismo” nella regione, sia perché abbandonate come madri che, da sole, debbono farsi carico della cura, sostegno ed educazione della prole, sia per le odiose discriminazioni che subiscono in ambito lavorativo e perché su di loro in particolare si riversano le condizioni di povertà e indigenza e ogni tipo di violenza che sfocia anche nei numerosi casi di femminicidio.

Poiché tutti i membri e consiglieri della Cal sono cardinali e vescovi, abbiamo invitato – in via eccezionale a questa Plenaria – un gruppo ristretto di personalità femminili provenienti dall’America Latina, che ricoprono diverse responsabilità sociali ed ecclesiali. La loro presenza, competenza ed esperienza saranno fondamentali per arricchire le riflessioni e lo scambio di idee nel corso dell’Assemblea.

Il programma prevede quattro conferenze: la prof.ssa Ana Maria Bidegain sottolineerà “gli ostacoli e i punti di forza per la ‘promozione’ della donna nella realtà latinoamericana; il prof. Guzmán Carriquiry parlerà delle donne che hanno segnato “la svolta di una trasformazione culturale”; il Cardinale Francisco Robles presenterà il tema “la presenza della Vergine Maria e il ruolo della donna nell’evangelizzazione dei popoli latinoamericani”, e il Cardinale Marc Ouellet, Presidente della CAL, “la donna alla luce del mistero della Trinità e della Chiesa”. Seguirà una serie di pannelli sulla realtà della donna, “pilastro della famiglia e della cura della vita”, come “educatrice e catechista”, nell’ambito del lavoro e della politica, nell’impegno di “solidarietà con i poveri, la cura della casa comune” e “l’edificazione della Chiesa”. Al termine dell’Assemblea Plenaria, si prevede un’udienza con il Santo Padre Francesco nella mattinata di venerdì 9 marzo.

L’8 marzo cena con 40 donne, su 700, che lavorano in Vaticano

Nella preparazione della Plenaria, si è tenuto conto del fatto che i lavori si sarebbero svolti comprendendo anche la giornata dell’8 marzo, “Giornata Internazionale della donna”. Per questo la Cal ha programmato di invitare una quarantina di donne che svolgono il loro lavoro con differenti incarichi di responsabilità in Vaticano ad una cena di omaggio e in amicizia insieme a tutti i partecipanti all’Assemblea, il giorno 8 marzo. Per ragioni logistiche e finanziarie non è stato ovviamente possibile invitare tutte le circa 700 donne che lavorano in Vaticano, le quali saranno rappresentate simbolicamente dalle partecipanti alla cena, accompagnata ed animata da canzoni popolari sulla figura della donna.

Una nuova nomina…

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Il Santo Padre Francesco ha nominato Sotto-Segretario della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica la Rev.da Suor Carmen Ros Nortes, N.S.C., delle Suore di Nostra Signora della Consolazione, finora Officiale nel medesimo Dicastero.

Rev.da Suor Carmen Ros Nortes, N.S.C. La Rev.da Suor Carmen Ros Nortes, N.S.C., è nata il 20 dicembre 1953 a Espinardo in Murcia (Spagna). Entrata nella Congregazione Suore di Nostra Signora della Consolazione, il 19 gennaio 1986 ha emesso i voti perpetui. Ha conseguito il Diploma in Teologia, il Diploma in Pedagogia catechetica e il Diploma in Scienze Umane in Spagna. Nel 1985 ha conseguito la Licenza in Teologia, specializzazione in Mariologia, presso il Marianum di Roma. Ha ricoperto vari incarichi in seno alla sua Congregazione religiosa ed è stata missionaria in Corea del Sud. E’ stata assunta presso la Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica il 1° gennaio 1992; finora ha ricoperto la mansione di Aiutante di Studio. In seno al suddetto Dicastero ha svolto varie mansioni, sia nell’Ufficio Governo ordinario, vita e apostolato, sia nell’Ufficio Promozione e formazione. E’ insegnante nello Studium del medesimo Dicastero. E’ stata inviata speciale del Dicastero al VII Encuentro Latinoamericano y Caribeño de Vida Consagrada, (Quito 13‑17 ottobre 2014).

L’augurio di un feconda presenza e di una fattiva collaborazione per il cammino della vita consacrata.

La ‘Casa della tenerezza’ per disabili

Snehonir, la ‘Casa della Tenerezza’ per disabili

BANGLADESH_-_0220_-_P__CagnassoUna struttura per l’accoglienza, il conforto e la riabilitazione dei disabili, dove tutti gli ospiti “si danno da fare nello spirito del reciproco aiuto”. È “Snehonir”, la “Casa della Tenerezza” di Rajshahi, dove le suore della congregazione locale Shanti Rani (Regina della pace) e i padri del Pime (Pontificio istituto missioni estere) accolgono bambini e ragazzi con disabilità mentali e fisiche, sordomuti, ciechi e bambine sfregiate con l’acido. Non solo: la casa si prende cura anche di bambini senza disabilità, orfani o provenienti da famiglie molto povere che non hanno la possibilità di allevarli.

Ad AsiaNews p. Franco Cagnasso, missionario Pime in Bangladesh, da sei anni co-direttore della casa, riferisce che “l’obiettivo comune è l’aiuto reciproco, la convivenza gioiosa e senza complessi, l’impegno a dare il meglio per costruirsi un futuro quanto più indipendente possibile”.

Il sacerdote riferisce che “la struttura è nata per caso 25 anni fa nella missione di Rohanpur [nella diocesi di Rajshahi, creata dal Pime e ora affidata a sacerdoti locali– ndr]. A dare inizio a tutto sono stati sr. Gertrude, p. Gianantonio Baio e p. Mariano Ponzinibbi, quando un padre disperato consegnò alla parrocchia suo figlio Robi, di quattro mesi, la cui mamma era morta. A quel tempo non c’era alcun programma di assistenza per i bambini, ma loro decisero di tenerlo e di trovare una madre adottiva.

20180220Photo1A nove mesi Robi contrasse la poliomielite e rimase paralizzato. Oggi, grazie alla fisioterapia di sr. Gertrude e alle cure amorevoli delle suore e della signora che ha accettato di fargli da madre, si muove in maniera autonoma con la sedia a rotelle, si è laureato e gioca a cricket”.

Da quella prima esperienza, p. Cagnasso riporta che al momento la “struttura accoglie 43 persone tra bambini e ragazzi. La più piccola ha cinque anni e il più grande, Robi, 26. In tutto, lavorano 10 persone”. “Il principio che ispira la convivenza nella struttura, – continua – che negli anni ha mantenuto un’impostazione familiare, è l’aiuto reciproco tra persone disabili e ‘normodotati’. Non esiste una divisione tra servitori e serviti, ma solo bambini con abilità diverse che si mettono a disposizione degli altri e collaborano per quel che possono, per esempio a fare i compiti o a spingere la carrozzina. I più grandi aiutano i piccoli”.

Sr. Dipika Palma ha ereditato la missione di sr. Gertrude. La casa offre “un’educazione di base elementare sui principi del cristianesimo. Accogliamo tutti, cattolici, indù e musulmani”. Con il passare degli anni, la struttura si è dotata di insegnanti del linguaggio braille e dei segni, “per consentire anche ai bambini sordomuti e non vedenti di apprendere”. Inoltre “non esiste un tempo massimo di accoglienza dei malati e dei poveri. Rimangono con noi fin quando ne hanno bisogno”.

Ad ogni modo, “appena possibile, i ragazzi vengono spinti a frequentare le scuole locali, perché non vogliamo che si crei una sorta di ghetto. Tutta la nostra opera ha uno scopo ben preciso: cerchiamo di avviarli alla vita, ad integrarsi nella società, a trovare un lavoro”. “Fa piacere sapere – conclude – che chi è uscito, si è realizzato nella vita. Per esempio Flora, la seconda bambina accolta dalle suore, non era mai stata accettata dal padre perché malata di poliomielite. Ma oggi lavora con la Caritas ed è lei a mantenere il padre malato. Insieme ad altri ragazzi sta pensando di creare un’associazione di ex alunni, gli ‘Amici di Snehonir’”.

Da: Asianews.it

Che cosa posso fare io per la pace?

Che cosa posso fare io per la pace?

Un accorato invito del Papa

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Papa Francesco all’Angelus di domenica 4 febbraio c.a., riferendosi al Vangelo di Marco che mette in risalto “il rapporto tra l’attività taumaturgica di Gesù e il risveglio della fede”, ha sottolineato che “la guarigione del corpo mira alla guarigione del cuore”.

“Una volta liberati dalle strette del male e riacquistate le proprie forze in seguito all’intervento di Gesù” – ha affermato Francesco – bisogna mettersi “al servizio del Signore”. “Gesù – ha aggiunto – non è venuto a portare la salvezza in un laboratorio; non fa la predica di laboratorio, staccato dalla gente: è in mezzo alla folla! In mezzo al popolo!”. E l’annuncio del Regno di Dio da parte di Gesù – ha spiegato – “ritrova il suo luogo più proprio nella strada”. “La strada come luogo del lieto annuncio del Vangelo – ha osservato il Papa – pone la missione della Chiesa sotto il segno dell’andare”, del movimento e mai della staticità. Dopo la preghiera mariana, ricordando “il tragico protrarsi di situazioni di conflitto in diverse parti del mondo”, il Pontefice ha esortato ad aderire ad una “speciale Giornata di preghiera e digiuno per la pace il 23 febbraio prossimo, venerdì della Prima Settimana di Quaresima”.

La offriremo in particolare per le popolazioni della Repubblica Democratica del Congo e del Sud Sudan. Come in altre occasioni simili, invito anche i fratelli e le sorelle non cattolici e non cristiani ad associarsi a questa iniziativa nelle modalità che riterranno più opportune.

“Il nostro Padre celeste – ha detto il Santo Padre – ascolta sempre i suoi figli che gridano a Lui nel dolore e nell’angoscia, risana i cuori affranti e fascia le loro ferite”. Rivolgo un accorato appello perché anche noi ascoltiamo questo grido e, ciascuno nella propria coscienza, davanti a Dio, ci domandiamo: “Che cosa posso fare io per la pace?”. Sicuramente possiamo pregare; ma non solo: ognuno può dire concretamente “no” alla violenza per quanto dipende da lui o da lei.

Perché le vittorie ottenute con la violenza sono false vittorie; mentre lavorare per la pace fa bene a tutti!

Cambiamento e qualità di vita…

Cambiamento e qualità di vita

basilicataCome ogni anno l’USMI Basilicata, ha programmato, il Convegno regionale formativo che sì svolto presso l’Hotel Heraclea di Policoro (MT) dall’11 al 13 febbraio c.a. per le circa 300 religiose presenti nel territorio. Hanno preso parte un centinaio di sorelle che hanno potuto partecipare perché la Regione ha concesso alla scuola il “ponte di carnevale” come festa.

Il tema del Convegno è stato “Cambiamento e qualità di vita evangelica. Quale profezia per la vita consacrata?”. Sr M. Regina Cesarato, Presidente dell’USMI Nazionale, trattando il tema nelle due giornate ha posto all’attenzione elle sorelle 4 segni profetici di forte intensità:

  • L’incontro
  • Il desiderio
  • Il Pane spezzato e condiviso
  • Il profumo.

Un percorso fatto alla luce dell’Evangelo e dell’insegnamento di Papa Francesco sulla vita consacrata, ricco di provocazioni e di proposte che certamente hanno lasciato un segno per il cammino personale e di comunità.

La vita consacrata in questo lembo di terra possa davvero essere quel piccolo seme che da frutti saporosi e con parresia annunciare la gioia del Vangelo.

Allegato: Intervista – Video

Preghiera, digiuno, elemosina…

Preghiera, digiuno, elemosina – spiegando che “non sono fuori tempo”

CROCIFISSOFratel MichaelDavide Semeraro, monaco benedettino, all’indomani del Messaggio del Papa per la Quaresima, “rilegge” le tre pratiche quaresimali – preghiera, digiuno, elemosina – spiegando che “non sono fuori tempo”. La preghiera come apertura alla trascendenza, il digiuno come “disciplina” e l’elemosina come occasione per comprendere che “in ogni donna e in ogni uomo si nasconde un povero che attende di essere scoperto”.

All’indomani del messaggio del Papa, in cui Francesco mette in guardia dai “falsi profeti” ed esorta a contrastare “il dilagare dell’iniquità”,  fratel MichaelDavide Semeraro, monaco benedettino, propone di vivere la Quaresima come tempo di “incremento di umanità”, non solo per i credenti. E rivela: “in ogni donna e in ogni uomo si nasconde un povero che attende di essere scoperto”.

Preghiera, digiuno ed elemosina sono le tre pratiche quaresimali. Come attualizzarle oggi, in una società che sembra lasciare sempre meno spazio al silenzio e all’attenzione all’altro? Preghiera, elemosina e digiuno sono tre pratiche che non hanno tempo. Non sono fuori tempo, in quanto esprimono un’esperienza non eminentemente di Chiesa, ma sono legate alla storia della civiltà umana. Esprimono nell’uomo di ogni tempo un aspetto che ha a che fare con il senso più profondo della vita e della realtà.

Il digiuno, ad esempio, non è una forma di controllo e mortificazione, ma un attraversamento critico delle esigenze del nostro corpo per operare un discernimento di bisogni e desideri.

Questo discernimento, tramite le pratiche quaresimali, si dispiega in tutte le sue forme: dal cibo, alla nostra relazione con le cose e con gli altri, al rapporto tra il corpo e il tempo. La preghiera è la capacità di cui un uomo ha bisogno per uscire anche fuori della propria esperienza ed aprirsi ad un vissuto che riguarda un ambito più ampio: l’orizzonte della trascendenza. La capacità di essere attenti a noi stessi, a quel groviglio di pulsioni e desideri profondi che ci caratterizza, ci rende attenti anche ad un mondo più grande. Il termine elemosina, infatti, viene da élemos, che in greco significa pietà, ma anche balsamo, e ha a che fare quindi con la compassione e la benevolenza.

Queste tre pratiche sono una forma di incremento di umanità in cui tutta l’umanità può ritrovarsi.

Per noi cristiani sono le forme classiche di impegno quaresimale che, più che ripetere, dovremmo rinnovare ogni anno, all’inizio della Quaresima, cercando di maturare sempre di più nell’attenzione a noi stessi e nell’attenzione agli altri.

Per Francesco pregare è imparare a chiamare Dio col nome di “Padre”, nutrendosi della Scrittura e dell’alfabeto della fede appreso in primo luogo col latte materno, a partire dal segno della croce. La famiglia può ancora essere una scuola di preghiera? Può esserlo nella misura in cui, oltre ad insegnare a pregare, la famiglia diventa il luogo in cui si insegna ai più piccoli ad immaginare, e quindi a riconoscere, che c’è una presenza diversa da quella visibile. “L’essenziale è invisibile agli occhi”, diceva il Piccolo Principe. I bambini di oggi sono bombardati da tantissimi stimoli, e le famiglie devono essere capaci di insegnare ai bambini il senso dell’invisibile.

Bisogna insegnare loro a chiudere occhi ed orecchie, per imparare a sentire da dentro il proprio mondo e il mondo di fuori.

I bambini sono continuamente bombardati dai moltissimi stimoli esterni e fanno fatica a distinguere l’interno dell’esterno. Imparare a sentire da dentro significa saper scorgere anche l’invisibile, nelle piccole o nelle grandi esperienze di fede, perché senza il senso della trascendenza nessuna esperienza spirituale è possibile.

Il Papa , nel messaggio per la Quaresima, auspica l’elemosina come “stile di vita”, a partire dalla concretezza della carne dell’altro. Di chi dobbiamo essere capaci di ascoltare il grido? In Quaresima siamo chiamati innanzitutto a prendere coscienza della nostra povertà, fragilità, vulnerabilità, e del grido che portiamo dentro di noi come creature umane. Se viene veramente vissuto, tutto questo ci rende sensibili ad ogni grido dell’umanità: in ogni donna e in ogni uomo si nasconde un povero che attende di essere scoperto.

Poi ci sono le urgenze, il dovere di solidarietà con i più poveri, ma non sarebbe possibile prenderci carico dei loro bisogni se non ci fosse una sensibilità abituale alla povertà che è dentro di noi e dentro ogni uomo e donna che incontriamo nel nostro cammino.

Quando parliamo di elemosina, non si tratta solo di un gesto per mettere a posto la nostra coscienza, ma di una relazione di “cospirazione della speranza” con tutti.

Ognuno di noi ha bisogno di un po’ di balsamo per le sue ferite. Non a caso la Quaresima comincia con il rito di imposizione delle Ceneri, dove ci viene ricordato che l’uomo è polvere, è nulla. Non per deprimerci, ma per fare appello a tutte le nostre energie e renderle polvere di stelle.

Nell’epoca dei social il digiuno, oltre alla condivisione del pane con chi non ce l’ha, è anche un digiuno mediatico. La Quaresima può essere uno stimolo per un “tempo diverso”, meno dedicato al frastuono digitale e più alle relazioni autentiche con l’altro? In passato il digiuno toccava l’aspetto alimentare perché era un’esperienza fondamentale nella vita di tutti. Oggi è una preoccupazione che noi occidentali non abbiamo più. Digiunare vuol dire stare sempre attenti a ciò che entra dentro di noi: è vero, come dice Gesù, che non ci può contaminare, ma è anche vero che ci può rendere meno liberi, più dipendenti. Dobbiamo stare attenti a tutto ciò che entra dentro di noi attraverso la bocca, gli occhi, le orecchie. In questa prospettiva, potremmo tradurre la parola digiuno con la parola “disciplina”, di cui soprattutto i giovani hanno perso il significato. La disciplina ha a che fare con l’ascesi: la nostra qualità di umanità passa attraverso la reale capacità di disciplina, altrimenti si regredisce allo stadio disumano o inumano. La Quaresima può essere, allora, un’occasione per vigilare maggiormente su ciò che entra dalla nostra bocca, dai nostri occhi, dalle nostre orecchie, per guadagnare in libertà e discernimento.

Fonte: agensir.it

Le dieci regole di suor Carità

Le dieci regole di suor Carità

Una guida semplice per vivere bene

RegoleFai del bene a tutti. È la prima di dieci regole di vita buona, ovvero consigli illuminati dal Vangelo, “cose di cui uno non si pente mai”. A scriverle, suor M. Caritas, religiosa paolina da poco scomparsa. A metterle in rete una sua consorella.

In questo semplice decalogo suor M. Caritas, al secolo Angelica Forte, propone comportamenti capaci di migliorare la vita di tutti, facili solo in apparenza. Del resto i grandi successi richiedono sacrifici, no?

Come detto, la prima regola è: fai del bene a tutti. Poi: non parlar male di nessuno; prima di decidere rifletti; non parlare quando sei agitato; aiuta chi è sfortunato; ammetti il tuo errore; sii paziente con tutti; ascolta non per raccontare ad altri; non credere a cose spiacevoli; preparati a morire.

 Semplice? Non credo, chiaro, però certamente sì. Il consiglio è quello di provare con la regola che in apparenza sembra più facile e poi di proseguire con le altre. A spiegare chi era suor M. Caritas (Angelica Forte) è suor Anna Maria Parenzan la superiora generale dell’Istituto Pia Società Figlie di San Paolo, nella lettera con cui annunciava la morte della consorella.

 Nata a Cattolica Eraclea (Agrigento) il 1° gennaio 1931 suor M. Caritas entrò in Congregazione ad Agrigento, il 27 novembre 1954. Visse a Roma, il tempo di noviziato per poi essere inserita da giovane professa nella comunità di Livorno, dove proseguì il servizio bello e faticoso della “propaganda” percorrendo le strade della Toscana, entrando in centinaia di abitazioni con le borse colme di Parola di Dio, di libri di formazione per le diverse fasce di età. Dopo la professione perpetua, emessa nel 1963, si dedicò ancora a questa forma caratteristica di diffusione nelle comunità di Taranto e Bari. Nel 1966, partiva per il Québec, come missionaria: a Montreal e nella filiale di Montreal Workman, svolse l’apostolato diffusivo e quello della cucina. Nel 1981, venne trasferita nel Canada inglese, a Toronto (allora casa dipendente del governo generale), dove si dedicò con piena convinzione, alla missione della libreria.

 Nel 1989, con l’inserimento nella comunità di Toronto nella provincia degli Stati Uniti, svolgendo il proprio servizio prima a Cleveland e poi a Boston e a New Orleans. Nel 1997 il ritorno a Toronto, con una breve parentesi a Saint Louis, quindi nel 2014, una situazione di salute molto precaria a motivo del morbo di Parkinson, ne suggerì il trasferimento a Boston.

 Uno spostamento vissuto con sofferenza dalla religiosa che desiderava restare in Canada ma accettato con coraggio e nella preghiera. Scriveva: offro tutto quello che sto vivendo perché il Cristo sia glorificato e proclamato e ogni Figlia di San Paolo abbia il coraggio di vivere la propria vocazione con sincerità e amore.

Riccardo Maccioni

 (articolo tratto da www.avvenire.it)

 

Suor M. Caritas è morta il 1° febbraio scorso ma la sua eredità spirituale è più che mai viva. Anche grazie a questo semplice decalogo, un sentiero stretto ma percorribile, con vista sulla santità.