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Primo piano

In memoria dei Missionari Martiri

non abbiateIn memoria dei Missionari Martiri

E’ la frase che più ripete Gesù Risorto tutte le volte che si mostra ai suoi discepoli. Un invito che aiuta ad affrontare momenti bui, difficili, di persecuzione, sapendo che il Signore è sempre accanto ad ognuno di noi.

Il 24 marzo 1980, mentre celebrava l’Eucarestia, venne ucciso Monsignor Oscar  A. Romero, Vescovo di San Salvador nel piccolo Stato centroamericano di El  Salvador.

La celebrazione annuale di una Giornata di preghiera e digiuno in memoria dei missionari martiri, il 24 marzo, prende ispirazione da quell’evento sia per fare memoria di quanti lungo i secoli hanno immolato la propria vita proclamando il primato di Cristo e annunciando il Vangelo fino alle estreme conseguenze, sia per ricordare il valore supremo della vita che è dono per tutti.

Fare memoria dei martiri è acquisire una capacità interiore di interpretare la storia oltre la semplice conoscenza.

Lo slogan scelto dalla Fondazione Missio per la 25esima Giornata di preghiera e digiuno in memoria dei missionari martiri è NON ABBIATE PAURA.

Legato alla giornata del 24 marzo è il Progetto di solidarietà, quest’anno dedicato alle Chiese sorelle della Siria.

Una grave perdita per la Chiesa etiopica

etiopiaGrave perdita per la Chiesa etiopica: un tragico incidente è costato la vita a 4 suore

Un tragico incidente stradale è costato la vita a 4 suore della Congregazione delle Figlie di Sant’Anna, una quinta suora è in coma e altre due sono ricoverate in ospedale. Tra le vittime anche la superiora provinciale.

Le religiose della Missione di Addis Abeba, di nazionalità etiope e di età molto giovane, erano a bordo di un pulmino, poco dopo Meki, mentre andavano verso il Wolaita per prendere parte ad un funerale, quando il loro veicolo è stato travolto da un Tir.

“E’ una grave perdita per la Chiesa etiopica”, ha affermato padre Angelo Antolini, Prefetto Apostolico di Robe. “Sono passato sul luogo dell’incidente e la scena è stata orrenda, due camion incidentati e il pulmino delle suore senza la parte destra, letteralmente tranciata di netto da cima a fondo”.

L’apertura in Etiopia della prima comunità delle Figlie di S. Anna, la Congregazione fondata a fine ‘800 a Piacenza da Madre Rosa Gattorno, risale al 1965, anno in cui il Governo italiano presente nell’Ambasciata Eritrea – all’epoca parte integrante dell’Etiopia – invitava la Congregazione delle Figlie di S. Anna ad aprire, in Addis Abeba, una scuola materna nel centro della Città, accanto al Municipio, e offriva già gli ambienti arredati e la casa per l’abitazione della comunità religiosa.
Risale al 2004 l’apertura dell’ultima Comunità a Gambella, confinante con il Sudan, per svolgere essenzialmente un servizio pastorale, con attività di catechesi, visita alle famiglie e scuola materna.

Le Figlie di Sant’Anna sono presenti in diversi luoghi del Paese africano: Addis Abeba, Boditti, Moconissa, Gonder, Ambo, Waragu, Asella e Idaga-Hamus e si occupano di servizio educativo e scolastico e sono impegnate in attività per la promozione della donna e il servizio sanitario; nell’ottobre 1996 a Gondar hanno aperto una Scuola Convitto “S. Raffaele” sostenuta dal Mac, per bambini e giovani non vedenti.
Importante è anche l’opera svolta dalle religiose nella costruzione di pozzi d’acqua.

A nome dell’USMI nazionale, in comunione, esprimiamo la nostra vicinanza in questo momento di dolore e custodiamo nella preghiera le sorelle che ormai già godono la “pienezza della vita”.

In Vaticano, la Consulta delle donne

ConsultaNasce ufficialmente in Vaticano la Consulta delle donne.

In  Vaticano, presso il Pontificio Consiglio della Cultura, è stata presentata ufficialmente la “Consulta femminile”, un organismo nato nel 2015 in seguito all’Assemblea plenaria che nel 2014 il Dicastero per la Cultura ha dedicato al tema «Le culture femminili».

Scopo della consulta, si legge in una nota di presentazione, è «lavorare in dialogo con le diversità, le religioni e i tanti mondi in cui le donne operano, convinte che la pluralità è il presupposto dell’azione umana». Per l’organismo, «la differenza femminile non fornisce l’avvio di una discussione ideologica. Non parliamo a nome della donna, ma alimentiamo una discussione propositiva sull’evoluzione dei ruoli, tema sul quale le donne sono protagoniste da più di un secolo, mentre gli uomini sembrano averlo vissuto in modo passivo. Sosteniamo che l’impegno delle donne nell’ampliare i confini della propria libertà richieda un patto nuovo con gli uomini – irrigato dall’amore e dall’amicizia – sia nella sfera pubblica, sia all’interno delle relazioni familiari a nutrimento della relazione materna e paterna».

 Il “meeting point” con i giornalisti organizzato alla vigilia della festa della donna nella Sala Stampa vaticana con il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio per la Cultura, insieme a Consuelo Corradi, prorettore alla ricerca e ai rapporti internazionali della università Lumsa e coordinatrice dell’organismo, e la teologa iraniana, Shahrazad Houshmand, docente di Studi Islamici e di Lingua e Letteratura Persiana presso l’università La Sapienza e la Pontificia Università Gregoriana, componente del Consiglio per l’islam presso il Ministero dell’Interno.

Docenti universitarie, imprenditrici, impegnate in politica, artiste, giornaliste, religiose,fanno parte della consulta ed erano presenti alla presentazione: Giorgia Abeltino (direttore Public Policy del Google Cultural Institute); Laura Bastianelli (psicologa e psicoterapeuta); Lavinia Biagiotti (imprenditrice della nota azienda di moda di famiglia); Giovanna Boda (direttore Generale presso la Direzione per lo Studente, l’Integrazione e la Partecipazione del Ministero dell’Istruzione e coordinatrice della commissione nazionale sul bullismo); Stefania Brancaccio (vicepresidente di Coelmo spa); Nancy Brilli (attrice); Marta Gagnola (giornalista di Radio24); Ida Del Grosso (direttore reggente della Casa Circondariale Femminile di Rebibbia); Caterina Doglio (giornalista caporedattrice di RaiNews24); Mariella Enoc (presidente del Consiglio di amministrazione dell’ospedale Bambino Gesù); suor Marcella Farina (teologa della facoltà di Scienze dell’Educazione “Auxilium”); Sira Fatucci (responsabile di antisemitismo, memoria della Shoah e Giornata della Cultura per l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane); Micol Forti (responsabile della collezione d’arte contemporanea dei Musei Vaticani); Maria Chiara Gadda (parlamentare Pd); Elena Giacchi Mancini (ginecologa dell’università Cattolica del Sacro Cuore); Roberta Gisotti (giornalista di Radio Vaticana e Rai); Eva Gullo Frassinetti (socia della società di consulenza GM&P Consulting Network); Monica Jimenez Dela Jara (diplomatica e docente cilena); Emma Madigan (ambasciatrice dell’Irlanda presso la Santa Sede); Monica Maggioni (presidente Rai), Fiona May (atleta olimpionica); suor Mary Melone (rettore della Pontificia Università Antonianum); Donna Orsuto (teologa della Pontificia Università Gregoriana); Chiara Palazzini (pedagogista); Maria Rita Parsi (scrittrice, psicoterapeuta e docente); Paola Pica (giornalista del Corriere della Sera); Maria Bruna Romito (già docente di italiano e storia presso l’Università Cattolica Pazmany di Budapest); Daniela Ropelato (docente di scienze politiche all’Istituto Universitario Sophia e all’Università S. Tommaso d’Aquino Angelicum); Maria Giovanna Ruggirei (presidente dell’Unione Mondiale delle Organizzazioni di Donne Cattoliche); Marzia Saltarello (professore di Chirurgia Plastica all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma); Renata Salvarani (professore di Storia del Cristianesimo e delle Chiese all’Università Europea di Roma); Lucetta Scaraffia (storica e editorialista dell’Osservatore Romano), Elisabetta Soglio (giornalista del Corriere della Sera), Yasemin Taskin (giornalista turca), Amelia Uelmen (docente alla Scuola di Legge di Georgetown).

La nota conclude sottolineando che «in molti luoghi del mondo (anche se non ancora in tutti), la richiesta delle donne di spendere i propri talenti in favore della società inizia ad essere esaudita. E questo avviene spesso senza rancore, senza assumere un tono feroce e senza abbandonare le risorse dell’ironia, dell’accortezza e della perspicacia. Da molti è detto che il mondo sta cambiando e il XXI sarà il secolo delle donne, nel bene e nel male.

Le donne della Consulta, interpretando ognuna a proprio modo il genio femminile, ritengono che questo accadrà nel bene».

Per l’8 marzo di quest’anno l’organismo ha curato anche il numero speciale «Il tempo e lo sguardo delle donne» della rivista Culture e fede presentato anch’esso alla stampa: «Per celebrare l’8 marzo, abbiamo scelto di curare questo numero speciale della rivista Culture e Fede, intervenendo su quattro temi», si legge nella nota di presentazione. «Andare incontro ai giovani, al loro peculiare linguaggio, alla loro esperienza, forza e fragilità. Superare le disparità di accesso al lavoro e di remunerazione, che ancora esistono persino nei paesi dove le ragazze hanno tassi di istruzione più elevati dei maschi. Sostenere la presenza positiva delle donne nelle religioni. Gettare un ponte verso le culture maschili».

Quaresima 2017

Quaresima 2017: la conversione non si limita al pensiero ma tocca il nostro esserericcoepulone1

Siamo in un tempo liturgico di grazia durante cui – per prepararci alla celebrazione della grande Pasqua annuale – siamo chiamati a convertirci al Signore proprio in questo senso molto concreto.

Papa Francesco ha preso spunto da una parabola raccontata nel vangelo della misericordia – quella di Lazzaro, in Lc 16,19-31 – per formulare il suo messaggio in vista della quaresima di quest’anno. Una parabola, comunque, in cui il Maestro di Nazaret prospetta ai discepoli tutta la serietà con cui occorre assumersi in personale responsabilità le radicali esigenze del Regno.

Nel racconto evangelico, difatti, è posto davanti al cosiddetto ricco epulone lo scenario disastroso delle scelte negative da lui fatte durante la vita. E non gli vengono evitate le tristi conseguenze della sua incapacità di vedere Lazzaro, di accorgersi delle sue necessità, di farsi carico dei suoi deficit, di condividere con lui le proprie risorse.

“L’altro è un dono” e “il peccato ci acceca”: Francesco sintetizza così l’insegnamento di Gesù.

Siamo chiamati a convertirci al Signore proprio in questo senso molto concreto.

Convertirci vuol dire innanzitutto prendere visione della nostra vita, esaminarla alla luce del vangelo smascherandone i vuoti e le ombre, renderci consapevoli della nostra lontananza da Dio e del bisogno che abbiamo della sua compagnia: significa operare una metánoia, un mutamento nel modo di pensare e di intendere la nostra relazione con Dio e, perciò, riprogettare la nostra stessa esistenza non più in vista di noi stessi ma in riferimento a Dio. Di conseguenza convertirci vuol dire anche cambiare il nostro comportamento, trasformare le nostre azioni, riorientare – come lascia intendere il Papa – il nostro cammino, rivolgere nuovamente lo sguardo verso Dio dopo avergli voltato le spalle col nostro peccato e riconoscerlo, e accoglierlo soprattutto, nell’altro che ci chiede aiuto, in chi ci viene incontro con la sua presenza ferita: convertirsi significa, dunque, compiere anche un radicale capovolgimento nel nostro modo di vivere.

Ma la conversione non si limita alla nostra rinnovata maniera di pensare e di agire. Essa tocca anche e soprattutto il nostro essere.

E, in questo senso, non dipende soltanto dal nostro impegno ma da Dio. Con la “Parola” di cui ci fa “dono”, come scrive Francesco, il Signore interpella la nostra coscienza: è Lui che ci fa sperimentare la nostalgia della casa paterna, è ancora Lui che per primo si mette in cammino verso di noi, ci corre incontro e viene a stringerci a Sé. Lontani da Lui anche noi siamo smarriti, anche noi sentiamo il desiderio di ritrovare la nostra identità di figli, di ritornare nella casa del Padre. Ma possiamo cercare e trovare la via del ritorno solo perché è il Padre che si mette a cercarci e finalmente ci incontra. Il nostro esserci perduti si trasforma, così, nell’essere ritrovati da Lui. E la nostra Quaresima può diventare, spiega papa Francesco nel suo messaggio, un “nuovo inizio”.

Minori e adulti sempre più connessi

Internet, minori e adulti sempre più connessi

Internet1Il 7 febbraio 2017 si è celebrata la 14esima edizione del il Safer Internet Day – giornata europea dedicata alla sicurezza in rete dei ragazzi.
Il Safer Internet Day (SID) è un evento annuale, organizzato da INSAFE e INHOPE con il supporto della Commissione Europea nel mese di febbraio, al fine di promuovere un uso più sicuro e responsabile del web e delle nuove tecnologie, in particolare tra i bambini e i giovani di tutto il mondo.

Nel corso degli anni, il Safer Internet Day (SID) è diventato un evento di riferimento per tutti gli operatori del settore, le istituzioni le organizzazioni della società civile, arrivando a coinvolgere, oggi, oltre 100 Paesi.

 Be the change: unite for a better internet” (Siate il cambiamento: uniamoci per un internet migliore) è lo slogan scelto per l’edizione del 2017, ed è  finalizzato a far riflettere i ragazzi non solo sull’uso consapevole della Rete, ma sul ruolo attivo e responsabile di ciascuno nella realizzazione di internet come luogo positivo e sicuro.

In preparazione al Safer Internet Day, la giornata annuale per la promozione di un utilizzo sicuro e responsabile delle tecnologie digitali, è stata resa nota la ricerca inedita di Ipsos per Save the Children su Il consenso in ambiente digitale: percezione e consapevolezza tra i teen e gli adulti.

L’indagine ha voluto esplorare il consenso in internet, inteso come la possibilità di esercitare una scelta libera e consapevole delle sue implicazioni.

Adulti e ragazzi vivono una vita sempre più social, con una media di più di 5 profili a testa, e sono sempre più connessi via smartphone (il 95% degli adulti e il 97% dei ragazzi ne possiede uno), ma sono quasi del tutto inconsapevoli delle conseguenze delle loro attività in rete. Esiste una scarsa cura della propria storia online sia per gli adulti che per i ragazzi, che non prevede una “manutenzione” costante dei propri profili e che sembra quasi esasperare l’importanza esclusiva dell’essere “presente qui e ora”:

Da Save the Children spiegano che «I risultati che emergono dalla ricerca dimostrano che adulti e ragazzi condividono le stesse conoscenze, gli stessi livelli di consapevolezza delle conseguenze dei loro comportamenti in rete e spesso anche i comportamenti stessi. Si tratta di un dato preoccupante se pensiamo che proprio gli adulti dovrebbero esercitare un ruolo di guida in un contesto complesso e in continua evoluzione, come quello del mondo e delle tecnologie digitali». (DS)

Per vino nuovo otri nuovi

 vino nuovo1Per vino nuovo otri nuovi. Dal Concilio Vaticano II la vita consacrata e le sfide ancora aperte: questo il titolo del nuovo volume della LEV 2017 contiene le riflessioni emerse nel corso della Plenaria che la Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica hanno tenuto dal 27 al 30 novembre 2014 sul tema: «Vino nuovo in otri nuovi. La vita consacrata a 50 anni dalla Lumen gentium e dal Pefectae caritatis» che ha rivolto l’attenzione al cammino compiuto dalla vita consacrata nel post-Concilio, cercando di leggerne in sintesi le sfide rimaste ancora aperte.

Tali Orientamenti sono anche il frutto di quanto emerso a seguito dei numerosi incontri che nel corso «dell’Anno della vita consacrata hanno visto convergere a Roma, presso la Sede di Pietro, consacrate e consacrati provenienti da ogni parte del mondo» (pag.7).

Il Magistero della Chiesa, a partire dal Concilio Vaticano II, ha sempre accompagnato la vita delle persone consacrate anche attraverso grandi coordinate di riferimento e di valore come: «le Istruzioni Potissimum institutioni (1990), La vita fraterna in comunità (1994), Ripartire da Cristo (2002), Il servizio dell’autorità e l’obbedienza. Faciem tuam (2008), e Identità e missione del Fratello religioso nella Chiesa (2015)».

Per vino nuovo otri nuovi si colloca nella linea «di un esercizio di discernimento evangelico, nel quale si cerca di riconoscere – alla luce dello spirito – quell’“appello” che Dio fa risuonare nella stessa situazione storica: Anche in essa e attraverso di essa Dio chiama» i consacrati e le consacrate del nostro tempo, perché «tutti siamo invitati ad accettare questa chiamata: uscire dalla propria comodità e avere il coraggio di raggiungere tutte le periferie che hanno bisogno della luce del Vangelo».

Orientamenti per saggiare con parresìa gli otri adatti a custodire i vini nuovi che lo Spirito continua a donare alla sua Chiesa, esortando ad avviare mutamenti con azioni concrete a breve e a lungo termine.

Un Sinodo in ascolto dei giovani

giovani1Un Sinodo in ascolto dei giovani

«I giovani, la fede e il discernimento vocazionale» è il tema della Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi, che si celebrerà nell’ottobre del 2018. Con esso il Papa invita la Chiesa “a porsi in ascolto dei giovani, intercettandoli nel loro cammino di vita cristiana” e ad accompagnarli “verso la maturità affinché, attraverso un processo di discernimento, … possano scoprire il loro progetto di vita e realizzarlo con gioia, aprendosi all’incontro con Dio e con gli uomini e partecipando attivamente all’edificazione della Chiesa e della società».
Nella lettera che accompagna Documento preparatorio al Sinodo, papa Francesco esorta i giovani ad ascoltare l’invito che Dio fece a Mosé: “Esci dalla tua terra… e va verso un Luogo che io ti indicherò”. (Gen 12,1). Oggi, scrive il Papa, il partire, significa “allontanarsi dalla prevaricazione, dall’ingiustizia e dalla guerra”; e la terra nuova è “una società più giusta e fraterna” da costruire insieme.

Ricordando quel grido fragoroso “Sì!” dei giovani a Cracovia, in risposta alla domanda: “le cose possono cambiare?”, papa Bergoglio afferma: “Quel grido nasce dal vostro cuore giovane che non sopporta l’ingiustizia e non può piegarsi alla cultura dello scarto, né cedere alla globalizzazione dell’indifferenza”. E aggiunge: “Un mondo migliore si costruisce anche grazie a voi, alla vostra voglia di cambiamento e alla vostra generosità…Fate sentire il vostro grido, lasciatelo risuonare nelle comunità e fatelo giungere ai pastori”.

E’ quanto mai eloquente la fotografia che il Documento fa dei giovani, le loro aspirazioni e possibilità, i pericoli che incontrano lungo il cammino, il bisogno di avere figure di riferimento “coerenti e oneste, oltre che di luoghi e occasioni in cui mettere la capacità di relazione con gli altri”. Infine, il loro desiderio di essere protagonisti nella vita sociale ed ecclesiale, nel presente e nel futuro. E’ desiderio della Chiesa, afferma il Papa, “incontrare, accompagnare, prendersi cura di ogni giovane, nessuno escluso”. Perciò essa ha deciso di interrogarsi su come accompagnare i giovani a riconoscere e accogliere la chiamata all’amore e alla vita in pienezza, e di chiedere ai giovani di aiutarla a identificare le modalità oggi più efficaci per annunciare la Buona Notizia”.

L’invito a mettersi in ascolto della Parola di Dio, il coinvolgimento di tutti gli operatori educativi e pastorali attraverso un intelligente questionario, sfoceranno nella celebrazione sinodale dell’ottobre 2018 e in una nuova apertura nei confronti dei giovani, i quali si sentiranno parte attiva della società, della Chiesa e nell’annuncio del Vangelo.

A.P.

 

Donne e uomini per la vita

vita2Donne e uomini per la vita nel solco di Santa Teresa di Calcutta”. Questo il titolo del Messaggio del Consiglio Permanente per la 39ª Giornata Nazionale per la vita, che sarà celebrata domenica 5 febbraio 2017.
“La Santa degli ultimi di Calcutta – affermano i Vescovi – ci insegna ad accogliere il grido di Gesù in croce. Com’è bello sognare con le nuove generazioni una Chiesa e un Paese capaci di apprezzare e sostenere storie di amore esemplari e umanissime, aperte a ogni vita, accolta come dono sacro di Dio anche quando al suo tramonto va incontro ad atroci sofferenze; solchi fecondi e accoglienti verso tutti, residenti e immigrati”.

“Il sogno di Dio si realizza nella storia con la cura dei bambini e dei nonni. I bambini ‘sono il futuro, sono la forza, quelli che portano avanti. Sono quelli in cui riponiamo la speranza’; i nonni ‘sono la memoria della famiglia. Sono quelli che ci hanno trasmesso la fede’”. Avere cura di nonni e bambini – sottolineano i vescovi – “esige lo sforzo di resistere alle sirene di un’economia irresponsabile, che genera guerra e morte.

“Educare alla vita – si legge ancora nel Messaggio – significa entrare in una rivoluzione civile che guarisce dalla cultura dello scarto, dalla logica della denatalità, dal crollo demografico, favorendo la difesa di ogni persona umana dallo sbocciare della vita fino al suo termine naturale”.

Scarica il testo del messaggio Messaggio Giornata Vita 2017

Comunicare la missione

SALA1“Essere portatrici di Dio, gravide di Dio, incinte di luce” è una delle immagini più belle – tratta da Origene – del cristiano. Quanto più della vita consacrata, chiamata ad “essere grembo”, come Maria, per la Parola. Chiamata a generarla, a darla alla luce, a farla traboccare nel mondo d’oggi.

Su questo sfondo si è svolto il Laboratorio “COMUNICARE LA MISSIONE: prendersi cura delle parole, delle immagini e degli ambienti digitali” organizzato in sinergia dalla UISG e USMI nei giorni 28 e 29 gennaio 2017, rivolto a coloro che si occupano di comunicazione all’interno delle famiglie religiose. Uno spazio e un tempo, per chi vi ha partecipato, per far nascere consapevolezza, sviluppare creatività, creare ponti di comunione.

PINA1Consapevolezza perché la comunicazione è – come l’ha definita sr Pina Riccieri fsp – “un dinamismo trasformante” di cui è urgente conoscere, comprendere le logiche che la regolano. Solo così, in un discernimento permanente, sarà possibile “abitare la rete” come spazio di annuncio: “evangelizzare implica necessariamente il fatto di comunicare”.

ANNA1Creatività perché chiamate ad essere “architetti della comunicazione”. Ciò che comunichiamo è la Bellezza del Vangelo, ovvero suscitare stupore, emozione, speranza. È importante quindi imparare a “giocare creativamente” con testi, immagini, foto e PAtrizia1piattaforme digitali, come ci hanno dimostrato concretamente Patrizia Morgante e sr Anna Sanchez Boira.

Comunione perché la comunicazione nasce dalla comunione e crea comunione. Si costruisce nella condivisione, nella pluralità di sguardi e sensibilità, nella capacità di imparare le une dalle altre e di mettersi in rete.

Consapevoli, creative, in comunione per riappropriarci del dono femminile dell’ascolto, dell’interiorità, della prossimità che si fa annuncio appassionato e contagioso. Donne consacrate in cammino con la “Chiesa in uscita”: “offrire un pane fragrante e buono a coloro che si alimentano dei frutti della comunicazione…esortare tutti ad una comunicazione costruttiva che favorisca una cultura dell’incontro, grazie alla quale si possa imparare a guardare la realtà con consapevole fiducia” (Papa Francesco, Messaggio per la 51ma Giornata Mondiale delle comunicazioni sociali).

Signore illuminaci perché sappiamo creare spazi ampi di relazione,

ponti di comunione, momenti di silenzio che si fanno incontro profondo.

Signore accompagnaci sempre con il tuo Spirito nel nostro compito

di comunicare la missione.

 

sr Chiara Lorenzato

Clarisse Francescane Missionarie del SS. Sacramento (CFMSS)

Prime vittime della tratta…. le minorenni analfabete

Prime vittime della tratta le minorenni analfabete

tratta1Il prossimo 8 febbraio si terrà la terza giornata internazionale di preghiera e di riflessione contro la tratta delle persone; «sono bambini, non schiavi» è il titolo scelto per quest’anno. Suor Eugenia Bonetti, missionaria della Consolata, presidente dell’associazione «Slaves no more», già responsabile dell’Ufficio Tratta dell’USMI Nazionale,  impegnata da molti anni nella costruzione della rete di religiose e religiosi contro il traffico di esseri umani, parla con «Vatican Insider» dei tanti aspetti drammatici di una delle piaghe più terribili del nostro tempo.

Suor Eugenia, possiamo provare a spiegare in termini generali cosa si intende per ‘tratta’ delle persone?
«È una forma di sfruttamento delle persone che può essere di tipo lavorativo, sessuale o per trapianti di organi; c’è anche lo sfruttamento dei minori dovuto a tante ragioni, anche per le adozioni; in tutti questi casi parliamo di ‘tratta’ cioè di traffico. A muovere i fili ci sono i trafficanti, coloro che usano queste situazioni per ottenerne un guadagno. I trafficanti si occupano di gestire la tratta, e chi ci va di mezzo sono le persone più inesperte, più povere, quelle che stanno cercando di trovare un futuro e una vita migliore e spesso cadono nelle mani dei trafficanti; questi ultimi, a volte, sono persone di cui nessuno sospetta, riescono ad essere scaltrissimi pur di catturare le loro prede. Fino a qualche anno fa il traffico maggiore riguardava lo sfruttamento sessuale, perché c’era una grande richiesta di ‘manodopera’ a buon mercato. E’ un fenomeno che prosegue, però attraverso una modalità specifica: quella dei richiedenti asilo».

In che modo?
«In sostanza si sfrutta l’arrivo di queste persone via mare, poi i trafficanti fanno fare alle vittime una domanda d’asilo politico, che la maggioranza di loro non si vedrà mai riconosciuto; è un meccanismo che coinvolge soprattutto donne minorenni poverissime. Queste si fanno tutto il percorso che le porte prima fino alle coste della Libia e poi da lì a Lampedusa, e una volta sbarcate i trafficanti le inducono a fare richiesta d’asilo politico. Con questo documento entrano nei centri d’accoglienza, gli Sprar, (Servizio protezione richiedenti asilo e rifugiati); tuttavia da quel momento le donne sono in possesso solo della domanda d’asilo e per avere una risposta possono passare anche uno o due anni. Qui entrano in gioco i trafficanti. Questi ultimi infatti le hanno aiutate finanziariamente a venire in Italia, e hanno quindi messo sulle loro spalle un enorme debito che deve essere pagato poi con lo sfruttamento sulle strade. C’è da dire che da questi centri, durante il giorno, le persone possono entrare e uscire, così i trafficanti le vanno a prendere e le riportano, mentre la polizia di fronte a un documento con richiesta di asilo non può fare molto».

Il meccanismo perverso quindi è quello della restituzione di un debito…
«Sì, un debito di cui loro a volte non conoscono nemmeno il valore. Un valore che può arrivare a cifre fra i 50 e i 70mila euro; il più delle volte ora vengono prese di mira le ragazzine analfabete che sono più ricattabili».

Sta dicendo che anche la burocrazia, con i suoi tempi lunghi, agevola lo sfruttamento…
«Sì, e si va anche oltre. Perché trascorso il periodo dell’attesa di una risposta alla domanda d’asilo, queste donne si trovano ormai sul territorio italiano e continuano ad essere sfruttate fino a quando il debito non è saldato. Ma quando ciò avviene queste donne sono finite, distrutte. Si tenga conto che negli ultimi due anni, solo dalla Nigeria, sono arrivate 12mila donne, sono dati del Ministero degli Interni. Queste nigeriane sono in maggioranza minorenni, analfabete, ricattabili quindi, perché per altro sono sottoposte ai riti Voodoo che sono violenti e hanno un impatto fortissimo su di loro, molte poi arrivano incinte. Gli sfruttatori sanno che quando una ragazza arriva incinta ha un canale preferenziale di aiuto. Non di rado sono state messe incinte apposta».

Ma chi sono i trafficanti, parliamo di organizzazioni che sono attive sia nei Paesi d’origine che di destinazione?
«Esattamente. Ma non si tratta per forza di enormi strutture, possono essere anche organizzazioni di poche persone, il trafficante può essere anche un familiare, un amico di famiglia, è qualcuno che sfrutta la fuga dovuta alla povertà, alla violenza di Boko Haram (il gruppo armato di matrice fondamentalista, ndr), per quel che riguarda la Nigeria . E prendono le persone più sprovvedute dalle famiglie più numerose, facendo credere che poi che queste giovani potranno dare un aiuto ai fratelli e alle sorelle rimaste a casa ad andare a scuola, ma i guadagni ovviamente vanno nelle tasche degli sfruttatori. Perché se una persona deve pagare un debito netto di 50-60mila euro, dovrà lavorare sulla strada non meno di 4-5 anni dato che adesso la tariffa è bassissima poiché la crisi economica ha inciso anche su questo; quindi si può arrivare anche a 15-20 euro a prestazione. La persona continua ad essere usata e non ha neanche la capacità di capire che l’hanno imbrogliata».

Ma nei Paesi d’arrivo, chi è che opera lo sfruttamento?
«C’è la connivenza di organizzazioni criminali italiane, ma il traffico vero e proprio è gestito da trafficanti nigeriani e soprattutto da donne nigeriane, le cosiddette madame, le maman, che le custodiscono dopo che sono sbarcate a Lampedusa. Vengono prelevate dai centri di permanenza temporanea e portate sulla strada; tanto se vengono fermate dalla polizia hanno il cedolino della richiesta d’asilo».

Il quadro è terribile, ma da dove si può cominciare per invertire la rotta?
«Prevenzione e informazione, sia nei Paesi d’origine che nei Paesi di destinazione. A settembre sono stata in Nigeria, era un po’ che non andavo, veramente il Paese è sprofondato in una miseria assoluta, eppure è pieno di petrolio, di ricchezze, ma la povera gente fa una vita estrema, nei villaggi non hanno nemmeno le scuole; la gente è disperata. E allora è disposta a credere a tutto anche perché le madame quando vanno giù arrivano con grandi ricchezze, e fanno vedere che in Europa, in Italia, c’è lavoro si può star bene. C’è un’enorme ignoranza. E allora il lavoro che stiamo facendo, con la rete di religiose insieme alle Caritas e alle diocesi, è di far passare dei messaggi: guardate che l’Europa e l’Italia non sono il bengodi ma rappresentano un mondo di sfruttamento, guardate che mandate le vostre figlie verso la morte certa. C’è un grande bisogno di investire sulla prevenzione. Inoltre, una volta che le donne hanno vissuto questa esperienza ricostruirle è difficilissimo, sono svuotate, non hanno più parametri, e sono state abituate ad essere usate e ributtate, non hanno più il senso della loro dignità, hanno in mente solo i soldi».

Quale lavoro fate in questo contesto come religiose?
«Noi religiose siamo state le prime a capire la necessità di creare una rete fra Paesi d’origine, transito e destinazione. Abbiamo detto: i trafficanti sono organizzatissimi per catturare le loro prede, noi dovremo essere altrettanto organizzate per bloccare questo fenomeno e dare risposte alternative. E abbiamo creato questa rete, ormai mondiale, che si chiama Talitha Kum, che raggiunge tutti i gruppi di religiose che si sono formati nei singoli Paesi e nei continenti e a livello intercontinentale e li mette in continuo cont, ‘atto fra di loro. Lavoriamo sempre in rete».

Quindi siete favorevoli a strumenti come quello dei ‘canali umanitari’ per gestire l’immigrazione?
«Certamente. L’importante poi è che su questi temi lavori con intelligenza. Le nostre case di accoglienza per esempio, hanno una tipologia particolare: le regole del gioco le facciamo noi. Se dobbiamo dare un’accoglienza diamola bene, creiamo occasioni di integrazione; che imparino a leggere e scrivere, teniamoli impegnati. Che poi è un modo per stabilire contatti positivi con le popolazioni locali; se infatti la gente vede queste persone girare a vuoto tutto il giorno, ragazzi che non sanno che fare dalla mattina alla sera, è naturale che alla fine si ribelli, che nascano preoccupazioni».

In quali altre aree del mondo il problema è particolarmente sentito?
«Nel sud est asiatico, per esempio, il problema è terribile, soprattutto per lo sfruttamento dei minori, dovuto anche al turismo. Ci sono queste bambine di 7,8 o 9 anni sfruttate sessualmente, è un crimine contro l’umanità».

Emerge, da quello che dice, un dato: c’è un mercato, una domanda, una clientela nei Paesi ricchi…
«Sì, il problema della richiesta. Noi dobbiamo puntare moltissimo sulla formazione dei nostri giovani. La formazione al rispetto della dignità della persona, spiegare che non basta pagare per fare ciò che si vuole, la dignità di una persona non si compra, e quindi c’è molto da fare. Noi, nei Paesi occidentali, dobbiamo investire sulla formazione e poi avere il coraggio di dire: ‘non ti è lecito!’. Chi ha più il coraggio di essere come Giovanni Battista che ha detto: ‘non ti è lecito’ a costo della sua vita. Ma anche noi come Chiesa dobbiamo diventare voce di questi poveri».

Su questo tema la voce del Papa si è levata con forza…
«È una voce, la sua, che ci stimola in continuazione, come Chiesa, come istituti religiosi, è un grande sostegno e un grande appoggio. C’è però anche bisogno dei governi che stabiliscano delle leggi adeguate…»

Va quindi perseguito anche il cliente?
«Sì, d’altro canto oggi sulle strade non c’è più distinzione fra il giorno e la notte. Quando arrivai a Roma nel 2000, andavo sulla Salaria di notte e trovavo 40 nigeriane, adesso non c’è più differenza fra il giorno e la notte la donne in vendita sono dappertutto. Come si vende un sacco di patate si vende una donna. Che valori stiamo proponendo alla nostra società? C’è solo il valore del denaro, per cui io pago e posso fare quello che voglio. Ma non si può comprare la dignità e il corpo di una minorenne; la prevenzione va fatta ceto nei Paesi d’origine, ma dovremmo lavorare anche moltissimo sulla richiesta, c’è bisogno si un lavoro a tappeto nelle scuole, nelle parrocchie. Non si sente mai in una predica accennare a questo problema. Tutte le realtà di Chiesa devono sentirsi coinvolte in questo enorme problema, purtroppo invece le conferenze episcopali non ne parlano mai. E questa è una cosa che deve cambiare, serve la voce dei vescovi».

Liberamente tratto da Vatican Insider