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Primo piano

Misericordia

Ogni giorno, mentre vorremmo essere sostenuti dai segni della presenza di Dio, dobbiamo riscontrare segni opposti, negativi, che lo fanno piuttosto sentire come assente. La pienezza del tempo sembra sgretolarsi di fronte alle molteplici forme di ingiustizia e di violenza che feriscono quotidianamente l’umanità.
A volte ci domandiamo: come è possibile che perduri la sopraffazione dell’uomo sull’uomo?, che l’arroganza del più forte continui a umiliare il più debole, relegandolo nei margini più squallidi del nostro mondo?
Fino a quando la malvagità umana seminerà sulla terra violenza e odio, provocando vittime innocenti? Come può essere il tempo della pienezza quello che pone sotto i nostri occhi moltitudini di uomini, donne e bambini che fuggono dalla guerra, dalla fame, dalla persecuzione, disposti a rischiare la vita pur di vedere rispettati i loro diritti fondamentali?
Un fiume di miseria, alimentato dal peccato, sembra contraddire la pienezza del tempo realizzata da Cristo.
Questo fiume in piena non può nulla contro l’oceano di misericordia che inonda il nostro mondo. Siamo chiamati tutti ad immergerci in questo oceano, a lasciarci rigenerare, per vincere l’indifferenza che impedisce la solidarietà, e uscire dalla falsa neutralità che ostacola la condivisione.
La grazia di Cristo, che porta a compimento l’attesa di salvezza, ci spinge a diventare suoi cooperatori nella costruzione di un mondo più giusto e fraterno, dove ogni persona e ogni creatura possa vivere in pace, nell’armonia della creazione originaria di Dio.

Papa Francesco

Omelia per la Messa nella Giornata mondiale della pace, 1° gennaio 2016

Auguri

Natale 2015
Nella «pienezza del tempo» (Gal 4,4), quando tutto era disposto secondo il suo piano di salvezza, Egli mandò suo Figlio nato dalla Vergine Maria per rivelare a noi in modo definitivo il suo amore. Chi vede Lui vede il Padre. Gesù Cristo è il Volto della Misericordia del Padre.
Gesù di Nazareth con la sua parola, con i suoi gesti e con tutta la sua persona rivela la Misericordia di Dio (cf Misericordiae vultus).
Auguri, custoditi dalla preghiera, perché possiamo contemplare il Volto di Cristo “in compagnia e alla scuola della sua Madre Santissima”. Contemplare il Suo volto induce a una conoscenza profonda e coinvolgente del suo mistero e a comunicare agli uomini e alle donne di oggi l’amore ricco di misericordia del Padre.

 

In Gesù Cristo il Nuovo Umanesimo

La sera del 13 novembre mentre gli oltre 2000 convegnisti, popolo di Dio in festa, con il cuore ricolmo della gioia del Vangelo, stavano lasciando la città di Firenze, a Parigi esplodeva la follia omicida del terrorismo islamico che ha seminato morte e terrore tra gente innocente.
Il ritorno a casa, alle nostre chiese è stato profondamente segnato da questa tragedia che ci ha resi ancor più consapevoli dell’esigenza irrinunciabile di abitare il mondo, radicando la nostra vita e la nostra speranza in Cristo. Crediamo, infatti, che “la risurrezione del Signore ha già penetrato la trama nascosta di questa storia, perché Gesù non è risuscitato invano” (cfr EG, 278).

Raccolgo la ricca esperienza del Convegno, ancora tutta da “metabolizzare”, discernere, approfondire, attorno a tre coppie di parole, commentate da brevi stralci della relazione del prof. Magatti:

1. Esodo-Sinodo

Occorre un popolo (la Chiesa) disposto a mettersi in cammino (ex-odos) insieme (sun-odos). Confidando nella terra promessa. È solo uscendo (esodo) – come ha saputo fare già tante volte nel corso dei secoli nelle sue espressioni migliori – che la Chiesa italiana potrà accompagnare (sinodo) la società italiana verso la riscoperta della sua vocazione più profonda che tanto serve all’umano di oggi in ogni continente.

2. Ascolto e concretezza

Occorre un nuovo umanesimo della concretezza che, guardando a Gesù Cristo, torni a essere capace di quella postura relazionale, aperta, dinamica, affettiva verso cui ci sospinge continuamente Papa Francesco. Etimologicamente ‘concretezza’ significa ‘cum crescere’, ‘crescere insieme’. Dunque, essa ha a che fare con il rimettere insieme – cioè, in dialogo – ciò che abbiamo imparato a separare. La concretezza richiede prima di tutto, di rimanere aperti alla vita e alle sue istanze e, per questo, è generativa. Una generatività che si esprime nei movimenti del desiderare, mettere al mondo (non solo in senso biologico), prendersi cura, lasciare andare

3. Approfondimento-Attuazione creativa

A conclusione del suo discorso Papa Francesco ci ha affidato un compito: “Permettetemi di lasciarvi un’indicazione per i prossimi anni: in ogni comunità, in ogni parrocchia e istituzione, in ogni Diocesi e circoscrizione, cercate di avviare, in modo sinodale, un approfondimento della Evangelii gaudium, per trarre da essa criteri pratici e per attuare le sue disposizioni. Sono sicuro della vostra capacità di mettervi in movimento creativo per concretizzare questo studio”.

Proviamo a cambiare in ogni passaggio il soggetto “chiesa” con “comunità /congregazione” e a accogliere le indicazioni come rivolte a ogni nostra famiglia religiosa ma anche alla nostra USMI, per trarne contenuto, metodo, strumenti del nostro futuro programma. Un nuovo esercizio nel “tempo del passaggio”!

sr Azia Ciarano, smirp
azia@missionariemortara.it

Giubileo al via in Africa

La congiura della paura e l’offensiva della  misericordia
Primo Anno Santo ai tempi dell’Isis e delle sue  stragi. Nessun  rinvio. Gli attentati di Parigi hanno semmai accentuato il bisogno di  misericordia. Apertura ufficiale l’8 dicembre. Il via di fatto il 29 novembre in Africa. Nella  cattedrale di Bangui – luogo simbolo del Paese più martoriato e dilaniato  dai conflitti – il Papa entrerà in una moschea e pregherà con i leader  musulmani per un futuro di pace, giustizia e riconciliazione.
A Roma per evitare assembramenti,  i pellegrini verranno distribuiti secondo la data e l’ora; seguiranno perciò un  percorso privilegiato e protetto. L’apertura di una Porta Santa in tutte le  Diocesi aiuterà a contenere il rischio di attentati terroristici.

Per dire e  fare…
La Bolla di indizione del Giubileo evidenzia la  necessità di tenere viva nella Chiesa la consapevolezza di essere presente nel  mondo per dispensare la Misericordia di Dio. Ma già il Concilio Vaticano II  aveva vinto la grande sfida di imparare a dialogare col mondo aprendosi a ogni  uomo. Oggi l’Anno Santo rivolge ai cristiani -e non solo- l’invito a vivere e trasmettere quella  Misericordia, che getta luce nelle tenebre del cuore e la diffonde intorno in  bagliori di gioia. “Sono convinto  -ha detto Papa Bergoglio- che tutta la Chiesa potrà trovare in questo Giubileo  la gioia per riscoprire e rendere feconda la misericordia di Dio, con la quale  tutti siamo chiamati a dare consolazione a ogni uomo e donna del nostro  tempo”.
Un tempo  dunque destinato al raccolto dei semi via via piantati: misericordia,  tenerezza, vicinanza ai poveri, riscoperta di una Chiesa più semplice e più  vicina a chi soffre… fino a un cambiamento  delle politiche che rimetta finalmente al centro le persone.

…misericordia, misericordia e ancora misericordia
Un tema su cui Papa Francesco insiste fin dal  primo giorno del suo pontificato. “La misericordia cambia il mondo”, dice nel  suo primo Angelus. E ancora, in ordine sparso: “la misericordia è la giustizia  di Dio”, “è una carezza sulle ferite dei nostri peccati”, “solo chi è stato  accarezzato dalla sua tenerezza, conosce veramente il Signore”. Per due anni ha  preparato il terreno a questo Giubileo. Con parole, gesti e anche trovate  originali come quella della “Misericordina”, il kit di medicina spirituale. “Non dimenticatevi di prenderla perché fa bene  al cuore, all’anima e a tutta la vita. La sua efficacia è garantita  dalle parole di Gesù. Prendetela e diffondete ovunque l’amore”.

L’organizzazione di questo Giubileo è  affidata al Pontificio Consiglio per la Promozione  della Nuova Evangelizzazione, perché “possa animarlo come una nuova tappa del  cammino nella missione di portare ad ogni persona il Vangelo della  misericordia”. Il che, in primis, chiede di svegliare  in sé la certezza che le persone non nascono buone o cattive, ma sono  condizionate da come vivono, dalla scuola e dalle opportunità che hanno.

Luciagnese Cedrone ismc

Con la speranza attiva del contadino…

Si può davvero invertire la rotta di questa nostra storia che sembra risucchiata verso il basso? Puntare gli occhi e il cuore, insieme alla fatica delle mani, al germoglio di speranza che pure spunta? Le radici della storia in realtà affondano nelle relazioni quotidiane degli uomini. E solo se si capisce come funziona tale corrente profonda della storia, ognuno può anche capire qual è il proprio posto nel mondo. Nella vita storie personali più o meno accidentate, tanti deserti, qualche oasi; sempre grovigli di paure e nodi di desideri… Ma di fronte all’ennesima, orribile violenza omicida compiuta a Parigi da ‘esseri umani’, lo sgomento per l’odio insensato e la tentazione della paura lievitano; cresce anche il rischio di una radicalizzazione dello scontro e facilmente si perde persino il coraggio di cercare la rotta….
Eppure la barbarie del nuovo millennio è in atto da tempo, più o meno nell’indifferenza generale. “Cristiani perseguitati e dimenticati”: è l’amara constatazione del Rapporto Acs, la cui opera di denuncia presso l’opinione pubblica è stata molto elogiata da Papa Francesco. Il gruppo religioso, ad oggi il più perseguitato nel mondo, è quello cristiano; nello stesso tempo è anche quello sulle cui condizioni drammatiche cala con più facilità la cappa del silenzio. I dati emersi dal Rapporto Acs indicano che tra l’ottobre 2013 e il giugno 2015, la condizione dei cristiani nei Paesi dove Gesù muore sui Calvari del nostro tempo si è drammaticamente aggravata. Le nazioni classificate di “estrema” persecuzione sono salite da 6 a 10 con l’aggiunta di Iraq, Nigeria, Sudan e Siria. In Iraq oltre 120.000 cristiani, sotto la minaccia delle armi del cosiddetto Stato islamico, sono stati costretti ad abbandonare le proprie abitazioni; in Nigeria la setta estremista di Boko Haram ha spinto alla fuga circa 100.000 cristiani dalla sola diocesi di Maiduguri, nella quale sono state distrutte ben 350 chiese…
Padre Joseph Bouzouzi, vescovo degli armeni cattolici ad Atena confida: “Di questa guerra non si raccontano le persone, la paura, il pericolo di morte che incombe su di noi in ogni momento. Ci manca tutto. E la gente scappa per sopravvivere”. Il patriarca della chiesa siro-cattolicaIgnace Youssif III Younan, sulla situazione delle minoranze cristiane perseguitate nel Vicino Oriente, pronuncia un duro attacco durante il Sinodo in Vaticano: “Siamo stati dimenticati, traditi dai Paesi occidentaliche seguono l’opportunismo politico ed economico”. E il patriarca di Baghdad, Raphael Sako, durante lo stesso Sinodo, ha reso la testimonianza di una Chiesa martire. Lo ha fatto con dolcezza e mitezza, con un’apertura d’animo e una visione piena di speranza sul futuro dei cristiani in quelle terre dove nacque la fede di Abramo… Una testimonianza di fede come la sua, vissuta nella gioia, è vera fonte di speranza.
Teilhard de Chardin è stato profetico: esistono tante contraddizioni nella libertà dell’uomo, si passa attraverso tanta devastazione e a volte sembra che il male prevalga. Ma non è così, perché la Vita vera vissuta nell’amore non è mai distrutta. Se mente e cuore guardano in alto, quel germoglio di speranza spunterà. Non importa quando. Certo il cielo dell’umanità non sarà mai vuoto.
Luciagnese Cedrone

Atto senza giustificazioni, non è umano

Papa Francesco ha accolto con sgomento le notizie sugli attacchi terroristi a Parigi che hanno fatto almeno 120 morti.In un’intervista a Tv2000, ha espresso il suo profondo dolore: “Sono commosso e addolorato e non capisco … ma queste cose sono difficili da capire, fatte da esseri umani. Per questo sono commosso e addolorato e prego. Sono tanto vicino al popolo francese, tanto amato, sono vicino ai familiari delle vittime e prego per tutti loro”. Quanto accaduto è “un pezzo” della “terza guerra mondiale a pezzi” che il mondo sta vivendo: “Ma non ci sono giustificazioni per queste cose”. Né una giustificazione religiosa, né umana: “Questo non è umano. E’ per questo che sono vicino a tutti quelli che soffrono e a tutta la Francia, cui voglio tanto bene”.

Siamo sconcertate di fronte alla folle violenza terroristica e all’odio, che, fermamente condanniamo unendoci al Papa e a tutte le persone che amano e lottano per la pace.

Custodiamo nella preghiera le vittime, i feriti, l’intero popolo francese e coloro che usano violenza e nutrono nel loro cuore l’odio omicida in tutte le sue forme.

Si apre un nuovo cammino

Cinque vie, un nuovo umanesimo. Uscire, annunciare, abitare, educare, trasfigurare – cinque verbi dell’EvangeliiGaudium – ‘vie’ lungo le quali la comunità ecclesiale italiana è stata invitata a incamminarsi per un confronto sul tema dell’umano oggi, cominciando dall’ascolto dell’esistente, a partire dalle periferie e da un esame di coscienza. È la traccia per il quinto Convegno ecclesiale nazionale. Non un ‘documento’ o una lettera pastorale, ma un testo aperto che ha già stimolato un coinvolgimento diffuso nelle Diocesi, arrivando anche alle realtà delle Chiese locali.
Primo Convegno ecclesiale nazionale decisamente social. Notevole è stato l’interesse reso più condiviso dalle schede in Rete. Della Rete è il merito di rendere completamente interattivo l’aggiornamento, le proposte, le diverse declinazioni dei temi fondamentali del Convegno da parte delle diocesi. I 2500 delegati al Convegno lavoreranno all’inizio in piccoli tavoli dove ognuno potrà prendere la parola. Le attività potranno essere seguite via computer, e ci sarà la possibilità di interloquire con i partecipanti.
La Chiesa al lavoro: dalla realtà alle idee
La scelta del Papa di essere presente all’inizio del Convegno per avviarne i lavori è una novità rispetto ai precedenti Convegni decennali della Cei e ne orienta tutto il cammino. Dopo la sua parola e le relazioni iniziali sarà tutto un lavoro di gruppo per ciascuna delle aree tematiche. Il tema che dà il titolo al Convegno, recepito e ridiscusso nelle diocesi, in un certo senso è diventato anche linguaggio comune su cui confrontarsi: un linguaggio e un modo nuovo di stare in mezzo alla gente. Paolo VI diceva: A che cosa serve dire cose bellissime se poi gli uomini di oggi non ci capiscono? La strada per tutti dunque è raccogliere la sfida dell’incontro con l’uomo contemporaneo; andare verso le persone reali, perché Dio è presente nelle situazioni della vita e va trovato attraverso l’incontro tra persone e il riuscire a vivere un nuovo alfabeto dell’umano.
Sappiamo ancora leggere l’umano?
Per umanizzare una società è essenziale però anche favorire la maturazione della cultura nelle comunità. Questo per il credente significa esercitare il “di più dello sguardo cristiano” -come ripeteva don Giovanni Nervo- che si alimenta nella preghiera e nei sacramenti. È la radice contemplativa del nuovo umanesimo, essenziale per conoscere, valutare e prenderela parola. La parola chiave è ancora «convenire», raggiungersi e riconoscersi insieme.
Luciagnese Cedrone, ismc

In Gesù Cristo il nuovo umanesimo

in_gesuNel bel mezzo del cammino decennale della Chiesa che è in Italia ecco il Convegno di Firenze. Tema concreto e accattivante quello per gli anni 2010-2020: “Educare alla vita buona del vangelo”. Tema altrettanto impegnativo e saporoso quello del prossimo Convegno: “In Gesù Cristo il nuovo umanesimo”. Il primo è un invito a porsi “alla scuola di Cristo, maestro e pedagogo”. Il secondo è una spiccata affermazione dallo sfondo antropologico e teologico, e perciò biblico. Esso intriga ancora tutto l’uomo e ogni uomo nella sua relazione fondamentale con il Cristo, Maestro e Signore, Figlio di Dio e Figlio dell’uomo nato, crocifisso e risorto per ogni uomo che è esistito, esiste ed esisterà sul nostro meraviglioso globo. Ogni essere, appunto perché Egli è il Verbo del Padre, è in qualche modo legato a Lui.

In ‘Gesù’…: nulla all’infuori di Lui. Egli è il Salvatore, il liberatore da uno stato di deturpazione che implicherebbe una condanna infinita, eterna, un allontanamento imperituro da Dio. Ed è chiamato così – spiega l’angelo a Giuseppe – “perché salverà il suo popolo dai suoi peccati” (Mt 1,21). “In nessun altro c’è salvezza; non vi è infatti altro nel quale è stabilito che possiamo essere salvati” dirà Pietro davanti al Sinedrio per illuminare gli ascoltatori sulle ragioni della guarigione dello storpio seduto alla porta del tempio (cfr. At 4,8-12).. Egli è il modello e la forma ideale di ogni persona. L’apice al quale tutti possiamo guardare. Il punto d’appoggio sicuro, inalienabile; perché è Via, Verità e Vita risponde ad ogni esigenza umana. “L’esperienza di essere salvati ci spinge ad amarlo sempre di più… che dolce è stare davanti a un crocifisso o in ginocchio davanti al Santissimo, e semplicemente essere davanti ai suoi occhi… e lasciare che egli torni a toccare la nostra esistenza e ci lanci a comunicare la sua ‘nuova’ vita”! (cfr. EG 264).
…Cristo, il Messia, l’Atteso e annunciato per millenni, nato da donna nella pienezza del tempo, quindi vero uomo, come altri uomini. Il ‘rampollo di Iesse’ annunciato da Isaia, nel quale le nazioni spereranno. “Non è costui – dicono i suoi compaesani – il figlio del carpentiere?”, meravigliati di tanta sapienza. Non solo è il “Messia promesso da Dio per liberare Israele, ma è il Messia che da sempre è in relazione con Dio. E’ colui che Dio ha ‘consacrato’ e scelto per liberare il suo popolo, il Signore di tutti gli esseri umani” (Lettera al popolo di Dio, cap.7).
Ecco perché, in Lui, il nuovo Adamo – “che sta saldamente dentro la storia umana e l’attraversa Ieri, oggi e sempre perciò contemporaneo di ogni uomo e allo stesso tempo lo supera” – può o deve aver inizio un nuovo umanesimo, un nuovo ‘stile’ che permetta di vivere l’identità relazionale sognata da Dio là nell’eden. Un uomo capace di uscire da sé, di andare oltre la propria individualità e connettersi con il  prossimo vicino e lontano chiunque esso sia – e arrivare a una comunanza di vita e di pace con tutti, senza selezioni, se non per i più poveri e affaticati. Pertanto con una chiara, percepibile attenzione all’altro che diventa rispetto, cura, custodia, zelo, accortezza, compassione e, anche, capacità di ripensare i propri progetti, i propri ritmi, se opportuno; capace di costruire attorno a sé umanità.
E l’uomo, che porta nel proprio cuore una profonda nostalgia del Totalmente Altro, sarà pienamente appagato soltanto quando avrà preso dimora eterna presso di Lui che è Eterno con il Padre e lo Spirito.

Sinodo della famiglia: una Chiesa in uscita

SINODO: UNA CHIESA “IN USCITA”
VERSO I BISOGNI E LE ATTESE DELLA FAMIGLIA
SINODO_PRIMOPIANOQuesto sinodo è stato ricco di attese, di colpi di scena, di maneggi mediatici e di fatica, come ha detto anche il papa, ma soprattutto è stato, ancora una volta, un’esperienza forte di comunione e di dialogo. I padri convenuti da ogni parte del mondo, attraverso il metodo della sinodalità, hanno testimoniato, infatti, che la Chiesa è una comunità in cammino con la storia, attenta a portare nelle situazioni concrete la mediazione della presenza di Dio che guarisce e che salva.
La chiesa che viene fuori da questo sinodo è una chiesa “in uscita”, come ama definirla papa Francesco, una chiesa attenta alla parola di Dio, nella ricerca della radicalità evangelica, ma attenta anche ai bisogni dell’uomo, alle sue tante parole, a volte angosciate, a volte gioiose, alla sua vita, alle sue aspettative in un contesto molto complesso e problematico.
Vorrei sottolineare questo aspetto, difficile e affascinante: il sinodo sulla famiglia non è stato un evento decisionale per creare nuove regole o nuovi teoremi rispetto alle famiglie, e, in particolare, alle famiglie in crisi. Il sinodo è stato un evento ecclesiale, che ha espresso il desiderio della Chiesa di comprendere come poter annunciare il vangelo della famiglia in un momento in cui l’istituto più sacro e più antico del mondo è messo in crisi da ideologie devastanti, da politiche fuorvianti, da problemi economici e sociali di difficile interpretazione e da tante tentazioni che ne minano alla base l’esistenza.
Al centro delle sue discussioni non c’è stato tanto il problema della comunione ai divorziati risposati o ai gay, come i mass media hanno cercato in tutti i modi di enfatizzare, ma il problema di come valorizzare la bellezza della famiglia, così come l’ha voluta il Signore, così come viene descritta nel disegno divino. è quanto recita il primo numero della Relatio finalis: “La Chiesa, esperta in umanità e fedele alla sua missione, annuncia con convinzione profonda il “Vangelo della famiglia” ricevuto con la Rivelazione di Gesù Cristo e ininterrottamente insegnato dai Padri, dai Maestri della spiritualità e dal Magistero della Chiesa”. E questo perché “la famiglia assume per il cammino della Chiesa un’importanza speciale”.
I padri sinodali hanno precisato anche la metodologia seguita, fatta di dialogo e riflessione, confronto e discernimento nella parresia e nell’ascolto dello Spirito, per focalizzare i punti nodali attorno alla realtà della famiglia oggi, nella prospettiva della fede, con la complessità delle sue luci e delle sue ombre. Lo sguardo sul Cristo, nonostante la fatica di mettere insieme pensieri diversi, ha permesso di “ripensare con rinnovata freschezza ed entusiasmo la rivelazione, trasmessa nella fede della Chiesa”, per discernere le vie con cui rinnovare la Chiesa e la società nel loro impegno per la famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna.
Per questo la conclusione è che: “l’annuncio cristiano che riguarda la famiglia è davvero una buona notizia. La famiglia, oltre che sollecitata a rispondere alle problematiche odierne, è soprattutto chiamata da Dio a prendere sempre nuova coscienza della propria identità missionaria. L’Assemblea sinodale è stata arricchita dalla presenza di coppie e di famiglie all’interno di un dibattito che le riguarda direttamente. Conservando il prezioso frutto dell’Assemblea precedente, dedicato alle sfide sulla famiglia, abbiamo rivolto lo sguardo alla sua vocazione e missione nella Chiesa e nel mondo contemporaneo”.
I punti più controversi, come l’accompagnamento ai divorziati risposati, sono stati affrontati in relazione alla dottrina perenne della Chiesa. Molto significative, a proposito, le citazioni di Humanae vitae e di Familiaris Consortio, che ribadiscono la singolarità del matrimonio cristiano nell’ordine della creazione e della pienezza sacramentale, come unione sponsale fra un uomo e una donna, indissolubile e feconda. Interessanti, infine, le due parole-chiave per affrontare queste problematiche: discernimento e integrazione, per capire come accompagnare e guarire, alla luce del vangelo, le famiglie in crisi, come guidare le coppie giovani, i fidanzati, come orientare l’educazione dei figli.
E concludo con la riflessione di papa Francesco circa i risultati del Sinodo:
“Mentre seguivo i lavori del Sinodo, mi sono chiesto: che cosa significherà per la Chiesa concludere questo Sinodo dedicato alla famiglia? Certamente non significa aver concluso tutti i temi inerenti la famiglia, ma aver cercato di illuminarli con la luce del Vangelo, della tradizione e della storia bimillenaria della Chiesa, infondendo in essi la gioia della speranza senza cadere nella facile ripetizione di ciò che è indiscutibile o già detto.
Sicuramente non significa aver trovato soluzioni esaurienti a tutte le difficoltà e ai dubbi che sfidano e minacciano la famiglia, ma aver messo tali difficoltà e dubbi sotto la luce della Fede, averli esaminati attentamente, averli affrontati senza paura e senza nascondere la testa sotto la sabbia.
Significa aver sollecitato tutti a comprendere l’importanza dell’istituzione della famiglia e del Matrimonio tra uomo e donna, fondato sull’unità e sull’indissolubilità, e ad apprezzarla come base fondamentale della società e della vita umana.
Significa aver ascoltato e fatto ascoltare le voci delle famiglie e dei pastori della Chiesa che sono venuti a Roma portando sulle loro spalle i pesi e le speranze, le ricchezze e le sfide delle famiglie di ogni parte del mondo.
Significa aver dato prova della vivacità della Chiesa cattolica, che non ha paura di scuotere le coscienze anestetizzate o di sporcarsi le mani discutendo animatamente e francamente sulla famiglia.
Significa aver cercato di guardare e di leggere la realtà, anzi le realtà, di oggi con gli occhi di Dio, per accendere e illuminare con la fiamma della fede i cuori degli uomini, in un momento storico di scoraggiamento e di crisi sociale, economica, morale e di prevalente negatività.
Significa aver testimoniato a tutti che il Vangelo rimane per la Chiesa la fonte viva di eterna novità, contro chi vuole “indottrinarlo” in pietre morte da scagliare contro gli altri.
Significa anche aver spogliato i cuori chiusi che spesso si nascondono perfino dietro gli insegnamenti della Chiesa, o dietro le buone intenzioni, per sedersi sulla cattedra di Mosè e giudicare, qualche volta con superiorità e superficialità, i casi difficili e le famiglie ferite.
Significa aver affermato che la Chiesa è Chiesa dei poveri in spirito e dei peccatori in ricerca del perdono e non solo dei giusti e dei santi, anzi dei giusti e dei santi quando si sentono poveri e peccatori.
Significa aver cercato di aprire gli orizzonti per superare ogni ermeneutica cospirativa o chiusura di prospettive, per difendere e per diffondere la libertà dei figli di Dio, per trasmettere la bellezza della novità cristiana, qualche volta coperta dalla ruggine di un linguaggio arcaico o semplicemente non comprensibile.

sr Daniela Del Gaudio, sfi

Ridurre i disastri naturali

DISASTRI_BELLEZZA“Oggi la Terra, nostra sorella, maltrattata e saccheggiata, si lamenta, e i suoi gemiti si uniscono a quelli di
tutti i poveri e di tutti gli ‘scartati’ del mondo” (card. Kodwo Appiah Turkson). Per valorizzare la capacità delle persone e delle comunità di cooperare concretamente alla prevenzione e riduzione dei disastri naturali, la Società delle Nazioni ha promosso una Giornata internazionale, che in tutto il mondo si celebra il 13 ottobre. È ancora un invito per tutti a non rassegnarsi e, per i politici in particolare, a farsi capaci di immaginare un futuro oltre le scadenze elettorali!!

Intanto l’enciclica Laudato sii di Papa Francesco invade il mondo.. La sua è una “riflessione insieme gioiosa e drammatica”; una lucidissima analisi del danno fatto alle cose e alle persone impostando i modelli di sviluppo in maniera dissennata e lasciando la politica soggiacere all’economia e l’economia alla tecnologia. In sintesi le parole del Papa sono una obiettiva e dura presa di coscienza sulla realtà della nostra Casa Comune, che è la Terra. Egli descrive i peggiori disastri in cui versa il nostro mondo: inquinamento, cambiamento climatico, deterioramento della qualità della vita umana, degrado sociale… E, su tutto, il diffondersi dell’iniquità in un mare d’indifferenza e di presunta impotenza.

Insieme, però, Papa Francesco regala la speranza e la gioia di poter credere in un cambiamento rivoluzionario e in una nuova umanità. Esorta tutti indistintamente a interagire in maniera più responsabile con il resto delle specie viventi; a guardare – con la stessa capacità di sorprendersi e intenerirsi di S. Francesco – la bellezza del Creato. Una bellezza che inchioda tutti senza distinzione alla propria responsabilità.

Il tema è universale, attuale e senza tempo. Il Papa chiede a tutti – anche a chi professa altre fedi, o che non è credente – di “sentirsi uniti da una stessa preoccupazione”, quella di vivere con equilibrio la natura più profonda e comune di esseri umani; e avviare così un quotidiano impegno rivoluzionario per il futuro. Un orientamento nel cammino verso una nuova umanità, ognuno lo può ravvisare nei tratti di umanità, paternità e vicinanza, che caratterizzano il modo di Papa Francesco di mettersi in relazione con gli altri.

“Ciascuno ha un ruolo da svolgere nell’operadisensibilizzazione”, scrive il Segretario dell’ONU. E conclude: “Laricorrenza di questa Giornata internazionale,c’infonda rinnovata fiducia nelle nostre capacità di affrontare efficacementelecalamità naturali e i pericoli che esse comportano”.

(Per il Messaggio del Segretario Generale dell’Onu sul tema, clicca su: http://www.unric.org/it/attualita/12686)

Luciagnese Cedrone ismc