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Primo piano

Io sono una missione su questa terra – Primo incontro dei Sabati culturali

Alla vigilia della 93ª Giornata missionaria mondiale, sì è svolto il primo incontro dei “I sabati culturali”, una proposta – promossa dal Centro Studi – che cerca di andare alle “frontiere” dove si generano le sfide della storia presente, per ripensare la relazione tra Vita Religiosa e intelligenza cristiana nel mondo di oggi, sulle linee del Magistero di Papa Francesco.

L’incontro – dal titolo Io sono una missione su questa terra -a due voci, un profeta e una testimone, padre Alex Zanotelli e madre Simona Brambilla, è stato denso nei contenuti e ricco di suggestioni. Padre Alex impossibilitato a partecipare per un’improvvisa indisposizione, ha inviato un messaggio, dal quale si è evidenziato tutta la sua carica profetica e la sua schiettezza nel denunciare, lottare per le situazioni di povertà e di ingiustizia “di questo mondo oggi dominato da un sistema economico-finanziario che permette a pochi di avere tutto a spese di molti morti di fame” e la testimonianza di vita evangelica. Impegnato fino al 2001 a Korogocho, lo slum più degradato di Nairobi, baraccopoli che lui stesso definì “un sotterraneo della vita e della storia” p. Alex svolge oggi la sua missione nel rione Sanità di Napoli, un quartiere molto popolato, dove le miserie e la creatività del popolo napoletano trovano piena cittadinanza. Il suo invito a “darci da fare” nasce dal fatto che il missionario/a è “marcato dal fuoco” e quindi impegnato a “illuminare, benedire, vivificare, guarire, liberare” (EG 273), oggi “in un mondo, in una cultura dominato da un Sistema economico-finanziario che permette a pochi di avere tutto a spese di molti, e che sta ammazzando per fame e per guerra e sta creando il disastro dei profughi e migranti”. Dunque, è tempo di “camminare con gli impoveriti del sud del mondo”.

Madre Simona Brambilla, superiora generale delle Missionarie della Consolata, nella sua articolata comunicazione esperienziale, ha fatto emergere tutta la ricchezza della missione “dal volto e dallo stile femminile” del suo Istituto, nato 109 anni, “tra coloro che non sono cristiani”. Nel ricordare suor Leonella Sgorbati e la beata Irene Stefani, la prima uccisa a Mogadiscio il 17 settembre 2006 da estremisti islamici, suor Irene morta in Kenya il 31 ottobre 1930 per aver contratto la peste. “È nel martirio, ha detto, che la missione trova il vertice della sua vocazione”.

Le sue parole hanno tracciato una via per riscoprire la missione come una relazione d’amore, una relazione spirituale perché solo chi ama, ha affermato, può mettersi in movimento, si dona all’altro ed è capace di relazioni che generano vita. La missione è dono dello Spirito Santo che accende “quel fuoco” per rendere capaci di riconoscere che “ogni essere umano è oggetto dell’infinita tenerezza del Signore ed Egli stesso abita nella sua vita” (EG 274).

Alle Religiose e ai Religiosi nei Paesi della Regione panamazzonica – Una lettera speciale

In questo contesto sinodale sentiamo il desiderio di manifestarvi la nostra vicinanza e il nostro apprezzamento per quello che siete e condividete, come vita consacrata, a favore dei gruppi umani in codeste Regioni tanto ricche e per molti aspetti tanto impegnative. Voi siete testimoni viventi del Dio Misericordioso, ogni Istituto secondo il carisma che gli è proprio, inseriti nella vita del popolo, molte volte in mezzo a privazioni, frequentemente nell’anonimato, senza sottrarsi ai conflitti né al martirio stesso per la duplice fedeltà all’umanità e al Vangelo.

Vi incoraggiamo a trasformare questo Sinodo in un kairós (l’«oggi» della salvezza divina) per la vita consacrata impegnata nell’Amazzonia e con ripercussioni sulla Chiesa intera…

 

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Amazzonia: nuovi cammini per la Chiesa e per una ecologia integrale. Sinodo dei Vescovi, 6-27 ottobre

Un nuovo appuntamento sinodale attende la Chiesa: dal 6 al 27 ottobre c.a. si svolge l’Assemblea speciale del Sinodo dei Vescovi per la Regione Panamazzonica dal titolo programmatico Amazzonia: nuovi cammini per la Chiesa e per una ecologia integrale.

«L’Amazzonia è una regione con una ricca biodiversità; è multietnica, pluriculturale e plurireligiosa, uno specchio di tutta l’umanità che, a difesa della vita, esige cambiamenti strutturali e personali di tutti gli esseri umani, degli Stati e della Chiesa» (DP, Introduzione).

Il territorio dell’Amazzonia comprende parte di Brasile, Bolivia, Perù, Ecuador, Colombia, Venezuela, Guyana, Suriname e Guyana francese in un’area di 7,8 milioni di kmq, nel cuore del Sud America. Le foreste amazzoniche coprono circa 5,3 milioni di kmq, che rappresentano il 40% della superficie globale delle foreste tropicali.

La vita in Amazzonia è minacciata dalla distruzione e dallo sfruttamento ambientale, dalla sistematica violazione dei diritti umani fondamentali della popolazione amazzonica: in particolare, dalla violazione dei diritti dei popoli originari, come il diritto al territorio, all’autodeterminazione, alla delimitazione dei territori, alla consultazione e al consenso previo. Secondo le comunità che hanno partecipato a questo ascolto sinodale, la minaccia alla vita deriva da interessi economici e politici dei settori dominanti della società odierna, in particolare delle compagnie estrattive.

Attualmente, i cambiamenti climatici e l’aumento degli interventi umani (deforestazione, incendi e cambiamenti nell’uso del suolo) stanno portando l’Amazzonia a un punto di non ritorno, con alti tassi di deforestazione, spostamenti forzati della popolazione e inquinamento, mettendo a rischio i suoi ecosistemi ed esercitando pressione sulle culture locali.

L’Amazzonia oggi è una bellezza ferita e deformata, un luogo di dolore e di violenza, come sottolineano eloquentemente i rapporti delle Chiese locali ricevuti dalla Segreteria Generale del Sinodo.

La violenza, il caos e la corruzione dilagano. Il territorio è diventato uno spazio di scontri e di sterminio di popoli, culture e generazioni.

C’è chi è costretto a lasciare la propria terra e molte volte cade nelle reti delle mafie, del narcotraffico e della tratta di esseri umani (soprattutto donne), del lavoro e della prostituzione minorile. È una realtà tragica e complessa, che si colloca al di fuori della legge e del diritto.

 

I popoli amazzonici originari hanno molto da insegnarci. Riconosciamo che per migliaia di anni si sono presi cura della loro terra, dell’acqua e della foresta, e sono riusciti a preservarli fino ad oggi, affinché l’umanità possa beneficiare della gioia dei doni gratuiti della creazione di Dio. I nuovi cammini di evangelizzazione devono essere costruiti in dialogo con queste sapienze ancestrali in cui si manifestano semi del Verbo.

Il Sinodo dell’Amazzonia diventa così un segno di speranza per il popolo amazzonico e per tutta l’umanità.

Chiesa profetica in Amazzonia: sfide e speranze

 L’ultima parte del Documento preparatorio al Sinodo invita i Padri Sinodali dell’Amazzonia a discutere sul secondo punto del tema proposto dal Papa: i nuovi cammini per la Chiesa nella regione.

La realtà delle chiese locali ha bisogno di una Chiesa partecipativa, che si renda presente nella vita sociale, politica, economica, culturale ed ecologica dei suoi abitanti; di una Chiesa accogliente verso la diversità culturale, sociale ed ecologica per poter servire senza discriminazione persone o gruppi; di una Chiesa creativa, che possa accompagnare assieme al suo popolo la costruzione di nuove risposte ai bisogni urgenti; e di una Chiesa armoniosa, che promuova i valori della pace, della misericordia e della comunione

Sacramenti e religiosità popolare, ‘cosmovisione’

Le comunità hanno difficoltà a celebrare frequentemente l’Eucaristia per la mancanza di sacerdoti. “La Chiesa vive dell’Eucaristia” e l’Eucaristia edifica la Chiesa. Per questo, invece di lasciare le comunità senza l’Eucaristia, si propone di rivedere alcuni dei criteri di selezione e preparazione dei ministri autorizzati a celebrarla. Le comunità chiedono una maggiore valorizzazione, accompagnamento e promozione della pietà con cui il popolo povero e semplice esprime la sua fede attraverso immagini, simboli, tradizioni, riti e altri sacramenti Si tratta della manifestazione di una saggezza e di una spiritualità che costituisce un autentico luogo teologico con un grande potenziale evangelizzatore. Sarebbe opportuno riconsiderare l’idea che l’esercizio della giurisdizione (potere di governo) deve essere collegato in tutti gli ambiti (sacramentale, giudiziario, amministrativo) e in modo permanente al Sacramento dell’Ordine.

Nuovi ministeri

Oltre alla pluralità delle culture all’interno dell’Amazzonia, le distanze generano un grave problema pastorale che non può essere risolto con i soli mezzi meccanici e tecnologici.

È necessario promuovere vocazioni autoctone di uomini e donne in risposta ai bisogni di un’attenzione pastorale sacramentale; il loro contributo decisivo sta nell’impulso ad un’autentica evangelizzazione dal punto di vista indigeno, secondo i loro usi e costumi.

Si tratta di indigeni che predicano agli indigeni con una profonda conoscenza della loro cultura e della loro lingua, capaci di comunicare il messaggio del Vangelo con la forza e l’efficacia di chi ha il loro bagaglio culturale. È necessario passare da una “Chiesa che visita” ad una “Chiesa che rimane”, accompagna ed è presente attraverso ministri che emergono dai suoi stessi abitanti. Affermando che il celibato è un dono per la Chiesa, si chiede che, per le zone più remote della regione, si studi la possibilità di ordinazione sacerdotale di anziani, preferibilmente indigeni, rispettati e accettati dalla loro comunità, sebbene possano avere già una famiglia costituita e stabile, al fine di assicurare i Sacramenti che accompagnano e sostengono la vita cristiana.

Il ruolo della donna

 È richiesto di identificare il tipo di ministero ufficiale che può essere conferito alle donne, tenendo conto del ruolo centrale che esse svolgono oggi nella Chiesa amazzonica. Viene chiesto il riconoscimento delle donne a partire dai loro carismi e talenti. Esse chiedono di recuperare lo spazio dato da Gesù alle donne, “dove tutti/tutte possiamo ritrovarci”. Si propone, inoltre, di garantire ad esse la loro leadership, nonché spazi sempre più ampi e rilevanti nel campo della formazione: teologia, catechesi, liturgia e scuole di fede e di politica.

La vita consacrata

 Si propone, quindi, di promuovere una vita consacrata alternativa e profetica, inter-congregazionale, inter-istituzionale, con un senso di disponibilità a stare dove nessuno vuole stare e con chi nessuno vuole stare. Si raccomanda che la formazione alla vita religiosa includa processi formativi focalizzati sull’interculturalità, l’inculturazione e il dialogo tra le spiritualità e le ‘cosmovisioni’ amazzoniche.

L’ecumenismo

Il Documento mette in risalto anche un importante fenomeno da tenere in considerazione, ovvero la rapida crescita delle recenti chiese evangeliche di origine pentecostale, soprattutto nelle periferie: “Ci mostrano un altro modo di essere Chiesa dove il popolo si sente protagonista e dove i fedeli possono esprimersi liberamente senza censura, dogmatismo o discipline rituali”.

Chiesa e potere: cammino di croce e martirio

Essere Chiesa in Amazzonia in modo realistico significa porre profeticamente il problema del potere, perché in questa regione le persone non hanno la possibilità di far valere i propri diritti contro le grandi imprese economiche e le istituzioni politiche. Oggi, mettere in discussione il potere nella difesa del territorio e dei diritti umani è mettere a rischio la propria vita, aprendo un cammino di croce e martirio. Il numero di martiri in Amazzonia è allarmante (p. es., solo in Brasile, tra il 2003 e il 2017, 1.119 indigeni sono stati uccisi per aver difeso i loro territori).

La Chiesa non può rimanere indifferente a tutto questo; al contrario, deve sostenere la protezione dei difensori dei diritti umani e ricordare i suoi martiri, tra cui donne leader come Suor Dorothy Stang.

Un lungo periodo di preparazione verso il Sinodo

Durante il periodo di elaborazione dell’Instrumentum Laboris, la voce dell’Amazzonia è stata ascoltata alla luce della fede, si è cercato di rispondere al grido del popolo e del territorio amazzonico per un’ecologia integrale e per nuovi cammini, al fine di favorire una capacità di profezia in Amazzonia. Queste voci amazzoniche interpellano il Sinodo dei Vescovi a dare una nuova risposta alle diverse situazioni e a cercare nuovi cammini che rendano possibile un kairós per la Chiesa e per il mondo.

 

AGORA’: insieme per crescere in umanità e secondo il Vangelo: dal 2 ottobre 2019 al 22 maggio 2020

Percorsi interdisciplinari per la formazione alla vita consacrata nella Chiesa
presso la sede USMI – Via Zanardelli 32, Roma

Usmi e Cism Nazionale propongono itinerari formativi sia per novizie/i che neo-professe, sia per la formazione continua, al fine di aiutare gli istituti a formare persone che desiderano essere in ricera continua del Volto di Dio e dell’humanum nel segno del Vangelo, consapevoli nella sequela Christi quotidiana.

“Se dunque è vero che il rinnovamento della vita consacrata dipende principalmente dalla formazione, è altrettanto vero che questa è, a sua volta, legata alla capacità di proporre un metodo ricco di sapienza spirituale e pedagogica che conduca progressivamente chi aspira a consacrarsi ad assumere i sentimenti di Cristo Signore. La formazione è un processo vitale attraverso il quale la persona si converte al Verbo di Dio fin nelle profondità del suo essere e, nello stesso tempo, impara l’arte di cercare i segni di Dio nelle realtà del mondo.” (VC 68)

Ogni Percorso è pensato come un cammino conoscitivo ed esperienziale che permetta di esprimere il respiro e la bellezza del mistero che abita e trascende la vita consacrata. Attraverso la pluridisciplinarietà s’intende accompagnare la persona ad acquisire uno stile di vita contemplativo e diaconale, coltivando un pensiero aperto all’incontro e al confronto con le culture contemporanee in cui lo Spirito mette a dimora i semina Verbi.

L’OFFERTA FORMATIVA si struttura in tre parti

  • La prima parte è dedicata allo Spazio propedeutico alla Prima Professione dei Consigli Evangelici. Essa include
    1. La settimana residenziale a livello nazionale per le postulanti;
    2. Il corso sistematico biennale per Novizie/i con settimana residenziale aperta anche a Novizie/i non residenti a Roma.
  • La seconda parte è dedicata allo spazio propedeutico alla Professione Perpetua dei Consigli Evangelici. Essa include 
    1. Il corso annuale per Juniores con settimana residenziale aperta anche alle Juniores non residenti a Roma;
    2. Il mese sabbatico (luglio 2020) per Juniores che si preparano alla Professione Perpetua o che l’hanno fatta da poco.
  • La terza parte è dedicata allo spazio della Formazione Continua, che include:
    1. Il Trimestre sabbatico per consacrate con almeno 15 anni di professione religiosa che desiderano un tempo rigenerante;
    2. Il laboratorio in due sessioni di formazione per formatrici/tori su temi di accompagnamento e discernimento;
    3. Percorsi formativi, da concordare con le Regioni Usmi-Cism, a diversi livelli;
    4. Laboratori pluridisciplinari nella sede Nazionale Usmi-Cism secondo diversi luoghi di esperienza.

TEAM

La Proposta per essere attuata e valutata viene accompagnata da un Team ad hoc, esperti e animatori, che si ritrovano nel lavoro di pensiero, di programmazione, di prassi, di verifica (cf p. 19)

 

Vedi il Programma

Non si tratta solo di migranti. Giornata mondiale del Migrantes e del Rifugiato – 2019

La Chiesa celebra la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato dal 1914. È sempre stata un’occasione per dimostrare la preoccupazione per le diverse categorie di persone vulnerabili in movimento, per pregare per le sfide e aumentare la consapevolezza sulle opportunità offerte dalla migrazione.
Nel 2019, la Giornata verrà celebrata il 29 settembre. Papa Francesco ha scelto il tema “Non si tratta solo di migranti” per mostrarci i nostri punti deboli e assicurarci che nessuno rimanga escluso dalla società, che sia un cittadino residente da molto tempo, o un nuovo arrivato. 
ll titolo del messaggio di papa Francesco per “Non si tratta solo di migranti”, potrebbe apparire come la forma evoluta del “prima noi” che oggi sembra impadronirsi delle nostre società, delle nostre comunità sotto la spinta di una paura che offusca la capacità di vedere i segni dei tempi. In realtà il messaggio va a smascherare proprio questo atteggiamento escludente, che di fatto condanna il cristiano alla chiusura e all’assuefazione alla cultura dello scarto piuttosto che aiutarlo a comprendere come il fenomeno migratorio, oggi, possa farci uscire da questo vicolo cieco.
Chi bussa alla porta del nostro Paese, delle nostre comunità cristiane, ci aiuta a fare discernimento su cosa ci chiede lo Spirito oggi. Diceva lo stesso papa Francesco nel suo ultimo viaggio in Romania incontrando la Comunità Rom di Biaj: «Sempre, nella storia dell’umanità, ci sono Abele e Caino. C’è la mano tesa e la mano che percuote. C’è l’apertura dell’incontro e la chiusura dello scontro. C’è l’accoglienza e c’è lo scarto. C’è chi vede nell’altro un fratello e chi un ostacolo sul proprio cammino. C’è la civiltà dell’amore e c’è quella dell’odio. Ogni giorno c’è da scegliere tra Abele e Caino. Come davanti a un bivio, si pone tante volte di fronte a noi una scelta decisiva».
Allora il messaggio ci offre una bus- sola per muoverci all’interno del nostro mondo sempre più globalizzato, ma sempre più indifferente, e ci offre gli strumenti per vincere il declino morale che ci conduce inesorabilmente alla legittimazione tacita della cultura dello scarto. I migranti e i rifugiati ci aiutano a non cedere alle nostre paure, legittime quando affrontiamo realtà, culture e persone che non conosciamo.
Ci aiutano a riconoscere i nostri fantasmi interiori e a imboccare con speranza la strada dell’incontro con chi è diverso. I migranti, con i loro mancati arrivi, frutto di accordi ignominiosi con Paesi terzi insicuri non rispettosi dei diritti o di vergognosi bracci di ferro nel Mediterraneo, smascherano la nostra perdita progressiva del senso di umanità. Infatti, quando non riusciamo più ad avere compassione, soprattutto di chi soffre in centri di detenzione lontani, anche se bambini e persone vulnerabili, o di chi rischia di morire in mare, progressivamente perdiamo la tenerezza di sguardi e gesti fraterni anche con chi è più prossimo.
I migranti e i rifugiati denunciano, con le loro partenze forzate, le nostre società sempre più elitiste, dove i ricchi sono sempre più ricchi depauperando ingiustamente le risorse del mondo e lasciando i poveri sempre più poveri. Tali ineguaglianze diventano sempre più comuni an- che alle nostre latitudini, divaricando la forbice sociale all’interno delle nostre comunità che si trovano divise e conflittuali. Per ripartire occorre rimettere gli ultimi al primo posto di politiche attente e solidali, non alimentando guerre tra ultimi e penultimi a causa di risorse limitate. Questo è possibile imboccando la strada dello sviluppo umano integrale e i rifugiati, spesso feriti proprio nella loro dignità, ci richiamano a non trasformare i diritti di tutti in privilegi di alcuni. Quello che oggi può apparire una questione solo dei migranti, in realtà, riguarda tutti, perché è in gioco il presente e il futuro della famiglia umana.

° P. Camillo Ripamonte
Presidente Centro Astalli

  • Il commento al messaggio di P. Ripamonte è tratto da Migranti Press, mensile della Fondazione Migrantes, Organismo pastorale della CEI 

N. B.
Domenica 29 p.v. si celebrerà, per la prima volta nel mese di settembre , la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato.
In questa occasione Papa Francesco presiederà la S. Messa in Piazza San Pietro (domenica 29 settembre alle ore l 0,30). I fedeli delle parrocchie romane e delle comunità cattoliche etniche della Diocesi sono particolarmente invitati a partecipare alla Celebrazione Eucaristica.

I biglietti si possono prenotare e ritirare presso l’Ufficio Migrantes
della Diocesi di Roma (Vicariato di Roma, stanza 22-23;
email: pastorale.migrantes@diocesidiroma.it; tel. 0669886558; 3386418400).

 

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Messaggio di Papa Francesco

Veglia di Preghiera

 

Papa Francesco sorprende sempre… Un nuovo patto educativo globale per la cura del creato

Il Papa lancia un evento mondiale per il 14 maggio 2020, che avrà per tema “Ricostruire il patto educativo globale” e richiama anche il Documento che ha sottoscritto con il Grande Imam di Al-Azhar ad Abu Dhabi, il 4 febbraio scorso ad Abu Dhabi, perché, dice: “Il terreno va anzitutto bonificato dalle discriminazioni con l’immissione di fraternità”

Ricostruire “un patto educativo globale” che ci educhi alla “solidarietà universale” e a “un nuovo umanesimo”, al fine di affrontare le sfide di un mondo in “continua trasformazione” e “attraversato da molteplici crisi”. Questo è l’appello lanciato da Papa Francesco a tutti gli operatori del campo dell’educazione e della ricerca e alle “personalità pubbliche che a livello mondiale occupano posti di responsabilità e hanno a cuore il futuro delle nuove generazioni”. L’invito è a unire gli sforzi per rinnovare il dialogo “sul modo in cui stiamo costruendo il futuro del pianeta” e creare “un’ampia alleanza educativa per formare persone mature, capaci di superare frammentazioni e contrapposizioni e ricostruire il tessuto di relazioni per un’umanità più fraterna”. Un’alleanza, spiega il Papa, “tra gli abitanti della Terra e la ‘casa comune’, alla quale dobbiamo cura e rispetto. Un’alleanza generatrice di pace, giustizia e accoglienza tra tutti i popoli della famiglia umana nonché di dialogo tra le religioni”.

Un patto che per Francesco passa innanzitutto attraverso l’educazione, che nei nostri tempi si scontra con un cambiamento epocale, segnato da quella che il Papa chiama rapidàcion. Una “rapidizzazione” culturale, in cui la digitalizzazione “imprigiona l’esistenza nel vortice della velocità tecnologica” e cambia continuamente punti di riferimento, generando nuovi linguaggi che scartano “senza discernimento, i paradigmi consegnatici dalla storia”.  In questo contesto, prosegue il Papa citando l’enciclica Laudato Si’, “l’identità stessa perde consistenza e la struttura psicologica si disintegra di fronte a un mutamento incessante che contrasta con la naturale lentezza dell’evoluzione biologica”. Questo cambiamento, ricorda il Papa, ha bisogno di un “cammino educativo che coinvolga tutti” perché, come recita un proverbio africano, “per educare un bambino serve un intero villaggio”. Un “villaggio dell’educazione”, appunto, dove “nella diversità, si condivida l’impegno di generare una rete di relazioni umane e aperte”.

Per far sì che si realizzi questa convergenza globale “tra lo studio e la vita;  tra le generazioni; tra i docenti, gli studenti, le famiglie e la società civile con le sue espressioni intellettuali, scientifiche, artistiche, sportive, politiche, imprenditoriali e solidali”, il cammino comune del “villaggio dell’educazione” deve muovere tre passi fondamentali. Innanzitutto “avere il coraggio di mettere al centro la persona”, dando “un’anima ai processi educativi” e trovando, secondo una “sana antropologia”, altri modi di intendere “l’economia, la politica, la crescita e il progresso”. Poi bisogna avere “il coraggio di investire le migliori energie con creatività e responsabilità”. Infine è necessario avere “il coraggio di formare persone disponibili a mettersi al servizio della comunità”, “come Gesù si è chinato a lavare i piedi agli apostoli”.

 

BUON ANNO SCOLASTICO!

Quando riceverete questo messaggio, non credo che le vicende politiche, qualunque ne sia l’esito, avranno di molto incoraggiato o migliorato la situazione della Scuola italiana.

Guardare in faccia la realtà, però, è sempre utile, per intravedere una luce possibile e per inquadrare il lavoro quotidiano di tutti noi in una prospettiva di consapevolezza e di supporto ad una futura soluzione.

I neo dirigenti scolastici, pieni di buona volontà, sin dal loro insediamento si troveranno ad affrontare i problemi stratificati e calcificati da anni. In molti casi troveranno la scuola con vuoti di organico per docenti ed ATA, priva del DSGA titolare, figura apicale di grande importanza per il buon funzionamento amministrativo.

Il Governo sul lato del grave problema del precariato scolastico ha perso troppo tempo e la crisi in atto è capitata in un momento cruciale per la scuola che potrà contare sui vecchi e sui nuovi dirigenti volenterosi, ma col problema ancora da affrontare per le migliaia di posti vacanti da coprire con supplenze, spezzettate su miriadi di plessi.

Il diritto allo studio e l’inclusione dei diversamente abili viene assicurata solo a parole; nelle scuole della Lombardia i posti verranno coperti con supplenti annuali e temporanei privi di titolo di specializzazione e di competenze specifiche, che aspirano alla nomina su posto di sostegno per assicurarsi legittimamente uno stipendio e fanno quello che possono.

E’ evidente che il servizio nazionale di istruzione è in grave difficoltà: se la situazione della Lombardia è tale, si può immaginare quale sia in altre Regioni.

Le scuole pubbliche paritarie, anche quando sono ben organizzate, soffrono per a) la perdita di docenti che legittimamente accettano il ruolo nello Stato; b) l’impossibilità di essere scelte a causa del fattore discriminante (e incostituzionale) della retta da pagare. Il povero, in sostanza, e peggio se portatore di disabilità, deve accontentarsi ed è costretto a “scegliere” la scuola statale.

Solo una forte carica motivazionale e carismatica può consentire alle scuole pubbliche paritarie di continuare il proprio servizio pubblico, che per 800.000 alunni costa allo Stato 500 milioni di euro annui, a fronte dei 56 miliardi di euro annui che spende per i 9 milioni di studenti delle scuole pubbliche statali.

La soluzione è una: occorre garantire la libertà di scelta educativa dei genitori dando a questi il potere decisionale attraverso il costo standard di sostenibilità per allievo. In sintesi, come i tecnici del Ministero ben sanno, il sistema di una quota capitaria da assegnare ad ogni alunno della Scuola pubblica italiana, statale e paritaria:

– permetterebbe di soddisfare il diritto fondamentale a) degli alunni, inclusi i portatori di handicap, di apprendere senza alcuna discriminazione, b) dei genitori di scegliere la scuola in cui educare i propri figli, come avviene in tutta Europa tranne la Grecia, c) degli insegnanti delle scuole pubbliche italiane di scegliere se insegnare in una pubblica paritaria o in una pubblica statale, a parità di stipendio;

– favorirebbe la concorrenza fra le scuole, rendendo più efficiente il sistema educativo italiano;

– lo Stato risparmierebbe notevolmente – dai 3 ai 7 miliardi di euro annui – sulla spesa del Servizio Nazionale di Istruzione.

Il messaggio che desidero offrirvi all’inizio di quest’anno scolastico fa semplicemente appello all’intelligenza di tutti noi, affinché la situazione della scuola pubblica italiana, statale e paritaria, sia compresa nella sua realtà.

E’ assolutamente opportuno, da parte di chi gestisce Buone Scuole Pubbliche – Stato, Regioni, Comuni, Enti privati – il plauso nei confronti dei propri Collaboratori che quotidianamente, con impegno, intelligenza e – anche – soddisfazione personale contribuiscono in modo fattivo e utile alla formazione di tanti bambini, ragazzi, giovani, ben oltre e con più efficacia di quanto proponga l’ultima normativa sull’educazione civica… e con esempi e motivazioni migliori di quanto recentemente offerto dall’Aula per eccellenza.

Coraggio a tutti e buon anno scolastico, ricco sicuramente di difficoltà, impegni e fatiche, ma anche soprattutto – perché così deve essere – di soddisfazione per il bene che ciascuno farà. Riflettendo sulle condizioni che gli permettono – oppure no – di farlo.

sr Anna Monia Alfieri

 

 

Dal 1 settembre c.a. fino al 4 ottobre, un tempo di preghiera e di azione per il creato

La celebrazione ecumenica annuale di preghiera e azione per il creato si è aperta il 1 settembre c.a., Giornata mondiale di preghiera per la cura del Creato, e si conclude il 4 ottobre, festa di san Francesco.

Oltre un mese per stringersi in un abbraccio ecumenico e darsi da fare per proteggere il Creato, minacciato dalla stessa opera dell’uomo. Anche quest’anno si rinnova “Il Tempo del Creato”, durante il quale i cristiani nel mondo si uniscono in preghiera e azione per prendersi cura della casa comune.

È un comitato direttivo ecumenico a suggerire ogni anno un tema per la celebrazione. Quello per il 2019 è: “La rete della vita”. La perdita delle specie, infatti, sta accelerando: un recente rapporto delle Nazioni Unite stima che l’odierno stile di vita minaccia di estinzione un milione di specie.

Anche Papa Francesco ne parla e le sue parole esplicitano bene l’impegno a cui tutti siamo chiamati. Ecco le sue parole:

«Dio vide che era cosa buona» (Gen 1,25). Lo sguardo di Dio, all’inizio della Bibbia, si posa dolcemente sulla creazione. Dalla terra da abitare alle acque che alimentano la vita, dagli alberi che portano frutto agli animali che popolano la casa comune, tutto è caro agli occhi di Dio, che offre all’uomo il creato come dono prezioso da custodire.

Tragicamente, la risposta umana al dono è stata segnata dal peccato, dalla chiusura nella propria autonomia, dalla cupidigia di possedere e di sfruttare. Egoismi e interessi hanno fatto del creato, luogo di incontro e di condivisione, un teatro di rivalità e di scontri. Così si è messo in pericolo lo stesso ambiente, cosa buona agli occhi di Dio divenuta cosa sfruttabile nelle mani dell’uomo. Il degrado si è accentuato negli ultimi decenni: l’inquinamento costante, l’uso incessante di combustibili fossili, lo sfruttamento agricolo intensivo, la pratica di radere al suolo le foreste stanno innalzando le temperature globali a livelli di guardia. L’aumento dell’intensità e della frequenza di fenomeni meteorologici estremi e la desertificazione del suolo stanno mettendo a dura prova i più vulnerabili tra noi. Lo scioglimento dei ghiacciai, la scarsità d’acqua, l’incuria dei bacini idrici e la considerevole presenza di plastica e microplastica negli oceani sono fatti altrettanto preoccupanti, che confermano l’urgenza di interventi non più rimandabili. Abbiamo creato un’emergenza climatica, che minaccia gravemente la natura e la vita, inclusa la nostra.

Alla radice, abbiamo dimenticato chi siamo: creature a immagine di Dio (cfr Gen 1,27), chiamate ad abitare come fratelli e sorelle la stessa casa comune. Non siamo stati creati per essere individui che spadroneggiano, siamo stati pensati e voluti al centro di una rete della vita costituita da milioni di specie per noi amorevolmente congiunte dal nostro Creatore. È l’ora di riscoprire la nostra vocazione di figli di Dio, di fratelli tra noi, di custodi del creato. È tempo di pentirsi e convertirsi, di tornare alle radici: siamo le creature predilette di Dio, che nella sua bontà ci chiama ad amare la vita e a viverla in comunione, connessi con il creato.

Perciò invito fortemente i fedeli a dedicarsi alla preghiera in questo tempo, che da un’opportuna iniziativa nata in ambito ecumenico si è configurato come Tempo del creato: un periodo di più intensa orazione e azione a beneficio della casa comune che si è aperta, 1° settembre, Giornata Mondiale di Preghiera per la cura del creato, e si concluderà il 4 ottobre, nel ricordo di San Francesco d’Assisi. È l’occasione per sentirci ancora più uniti ai fratelli e alle sorelle delle varie confessioni cristiane. Penso, in particolare, ai fedeli ortodossi che già da trent’anni celebrano la Giornata odierna. Sentiamoci anche in profonda sintonia con gli uomini e le donne di buona volontà, insieme chiamati a promuovere, nel contesto della crisi ecologica che riguarda ognuno, la custodia della rete della vita di cui facciamo parte.

È questo il tempo per riabituarci a pregare immersi nella natura, dove nasce spontanea la gratitudine a Dio creatore. San Bonaventura, cantore della sapienza francescana, diceva che il creato è il primo “libro” che Dio ha aperto davanti ai nostri occhi, perché ammirandone la varietà ordinata e bella fossimo ricondotti ad amare e lodare il Creatore (cfr Breviloquium, II,5.11). In questo libro, ogni creatura ci è stata donata come una “parola di Dio” (cfr Commentarius in librum Ecclesiastes, I,2). Nel silenzio e nella preghiera possiamo ascoltare la voce sinfonica del creato, che ci esorta ad uscire dalle nostre chiusure autoreferenziali per riscoprirci avvolti dalla tenerezza del Padre e lieti nel condividere i doni ricevuti. In questo senso possiamo dire che il creato, rete della vita, luogo di incontro col Signore e tra di noi, è «il social di Dio» (Udienza a guide e scout d’Europa, 3 agosto 2019). Esso ci porta a elevare un canto di lode cosmica al Creatore, come insegna la Scrittura: «Benedite, creature tutte che germinate sulla terra, il Signore; lodatelo ed esaltatelo nei secoli» (Dn 3,76).

È questo il tempo per riflettere sui nostri stili di vita e su come le nostre scelte quotidiane in fatto di cibo, consumi, spostamenti, utilizzo dell’acqua, dell’energia e di tanti beni materiali siano spesso sconsiderate e dannose. In troppi stiamo spadroneggiando sul creato. Scegliamo di cambiare, di assumere stili di vita più semplici e rispettosi! È ora di abbandonare la dipendenza dai combustibili fossili e di intraprendere, in modo celere e deciso, transizioni verso forme di energia pulita e di economia sostenibile e circolare. E non dimentichiamo di ascoltare le popolazioni indigene, la cui saggezza secolare può insegnarci a vivere meglio il rapporto con l’ambiente.

È questo il tempo per intraprendere azioni profetiche. Molti giovani stanno alzando la voce in tutto il mondo, invocando scelte coraggiose. Sono delusi da troppe promesse disattese, da impegni presi e trascurati per interessi e convenienze di parte. I giovani ci ricordano che la Terra non è un bene da sciupare, ma un’eredità da trasmettere; che sperare nel domani non è un bel sentimento, ma un compito che richiede azioni concrete oggi. A loro dobbiamo risposte vere, non parole vuote; fatti, non illusioni.

Le nostre preghiere e i nostri appelli sono volti soprattutto a sensibilizzare i responsabili politici e civili. Penso in particolare ai Governi che nei prossimi mesi si riuniranno per rinnovare impegni decisivi a orientare il pianeta verso la vita anziché incontro alla morte. Vengono alla mente le parole che Mosè proclamò al popolo come una sorta di testamento spirituale prima dell’ingresso nella Terra promessa: «Scegli dunque la vita, perché viva tu e la tua discendenza» (Dt 30,19). Sono parole profetiche che potremmo adattare a noi e alla situazione della nostra Terra. Scegliamo dunque la vita! Diciamo no all’ingordigia dei consumi e alle pretese di onnipotenza, vie di morte; imbocchiamo percorsi lungimiranti, fatti di rinunce responsabili oggi per garantire prospettive di vita domani. Non cediamo alle logiche perverse dei guadagni facili, pensiamo al futuro di tutti!

In questo senso riveste speciale importanza l’imminente Vertice delle Nazioni Unite per l’azione sul clima, durante il quale i Governi avranno il compito di mostrare la volontà politica di accelerare drasticamente i provvedimenti per raggiungere quanto prima emissioni nette di gas serra pari a zero e di contenere l’aumento medio della temperatura globale a 1,5°C rispetto ai livelli preindustriali, in linea con gli obiettivi dell’Accordo di Parigi. Nel prossimo mese di ottobre, poi, l’Amazzonia, la cui integrità è gravemente minacciata, sarà al centro di un’Assemblea speciale del Sinodo dei Vescovi. Cogliamo queste opportunità per rispondere al grido dei poveri e della Terra!

Ogni fedele cristiano, ogni membro della famiglia umana può contribuire a tessere, come un filo sottile, ma unico e indispensabile, la rete della vita che tutti abbraccia. Sentiamoci coinvolti e responsabili nel prendere a cuore, con la preghiera e con l’impegno, la cura del creato. Dio, «amante della vita» (Sap 11,26), ci dia il coraggio di operare il bene senza aspettare che siano altri a iniziare, senza aspettare che sia troppo tardi.

FRANCESCO

 

Dal Vaticano, 1° settembre 2019

 

Buone vacanze!

L’estate è il tempo per sostare, per verificarsi, per riprendere in mano la propria vita. Tempo per sé, tempo per gli altri, tempo per le amicizie, tempo per l’essenziale, tempo per lo spirito, tempo per Dio.

È un tempo creativo. È il tempo per la bellezza.

Il tempo libero è certamente una cosa bella e necessaria, ma se non ha un centro interiore esso finisce per essere un tempo vuoto che non ci rinforza e ricrea.

Benedetto XVI

 

Gli Uffici e la segreteria dell’USMI NAZIONALE resteranno chiusi dal 10 agosto al 01 settembre c.a.

Ancora un ricordo vivo e grato

Pubblichiamo la lettera di sr Claudia Grenga anche a nome di tante suore che hanno conosciuto, apprezzato la saggezza, la paternità spirituale di padre Bruno Secondin. Anche l’USMI Nazionale fa memoria, con riconoscenza dei suoi contributi intellettuali, di ricerca, di “fine” conoscitore della vita religiosa, offerti attraverso la collaborazione alla rivista Consacrazione e Servizio.

 

Carissimo padre Bruno,

con fatica riesco ad ammettere che non ci sei più.

Ho letto cose bellissime sul tuo conto, non mi cemento in altri commenti, voglio scriverti una lettera che non riceverai mai, ma sento di dover esprimere i miei sentimenti per il legame che ci ha in qualche modo, uniti.

Ci siamo conosciuti nel lontano 1975, tu giovane professore di spiritualità moderna nel difficile post Concilio ed io studente all’allora Istituto Pontificio Regina Mundi, alle prese con tutto il rinnovamento della vita religiosa in atto..

Appassionato com’eri ad indicare strade nuove, ad aprire piste inesplorate, ci hai fatto sognare o meglio intravvedere una vita religiosa altra “ segno delle beatitudini” come spesso dicevi e, nello stesso tempo, profezia del futuro di Dio posto in mani fragili, inesperte, timorose, cariche di storia da valorizzare.

Ci hai insegnato a non arrenderci mai, a comprometterci, ad osare sempre , a non cedere mai al richiamo del pensiero dominante. La strada era “cercare, ascoltare il cuore dell’uomo, sintonizzarsi con la storia…”

Io personalmente sentivo tutto questo vero, rispondente al carisma della mia fondatrice Giovanna Antida Thouret , donna forte, di fede e di coraggio, alla ricerca sempre di ciò che meglio poteva contribuire a formare coscienze sane e cristiane e costruire il regno di Dio, così mi sono impegnata a fondo nel mio istituto.

Tu mi hai sempre accompagnato, non mi hai mai perso di vista anche se impegnato in cose grandi sapevi trovare tempo e passione per le cose più piccole. Quando ci si incontrava sembrava che avessimo parlato fino al giorno prima, tanta era l’empatia.

Quando avevo dubbi , o ero molto critica su fatti e persone amavo confrontarmi con te. La tua parola segnava la strada al mio pensare e mi tranquillizzava: “non è poi malvagio il tuo sentire….” Mi dicevi quasi sommessamente.

Abbiamo sognato una chiesa popolo in cammino, assemblea di lode e di confronto, dove la Parola doveva essere sovrana, e negli ultimi tempi ci dicevamo che comunque è stato bello sognare.

Tu, Bruno, hai avuto una vita ricca, impegnata, hai scritto tanto ed ogni volta per me c’era l’ultimo libro pubblicato. Hai amato profondamente la Parola e l’hai coniugata con la storia dell’uomo e del mondo in tutta la tua ricerca, puntuale e pungente, è stata l’ossatura di tutte le tue opere perciò la parola “spiritualità” che tanto mi diceva di disincarnato, diventava vitale, affascinante, esigente.

La Parola è stata la tua carta vincente !

Eravamo anche critici, alcune volte non si potevano giustificare eventi e fatti, ma sapevi raddrizzare le mie vedute “ai margini”, il mio sguardo “sulla soglia” con quel sorriso arguto e pungente che sapeva ricondurre alla verità condivisa, e mai assolutizzata .

Ti sei saputo fare anche piccolo con i piccoli: ricordo una volta che sei passato nella mia casa paterna perché avevi una conferenza da quelle parti e la mia anziana mamma quando ti vide ti abbracciò meravigliata perché quel personaggio che lei ascoltava volentieri e vedeva in TV – era il tempo in cui curavi la rubrica e commentavi il vangelo della domenica – poteva vederlo di persona e poi era amico di sua figlia…

Hai voluto farmi un regalo grande. Hai accettato di guidare gli esercizi spirituali per il mio 50mo di vita religiosa, ed è stato un tempo di grazia davvero speciale. Abbiamo ricordato i tempi belli quando tutto ci sembrava possibile, sognando una vita religiosa significativa su tutti i fronti, abbiamo anche dovuto constatare quanto poco era rimasto del nostro sogno!

Subito dopo ti sei ammalato, il dolore è stato immenso anche se con la tua ironia hai saputo sempre sdrammatizzare la mia eccessiva apprensione.

Fino a quando, la mattina del 7 giugno, mi telefonasti perché volevi salutarmi e mi hai regalato il tuo ultimo libro che conservo come tuo testamento. Quei momenti rimangono indelebili nel mio cuore e nella mia preghiera. Le tue ultime parole, perché nella notte te ne sei andato, sono per me guida sicura; “ Claudia, impara a relativizzare, tutto passa. Io ho ricevuto tanto dalla vita, sono contento di come è andata”

Godevi come un bambino delle cose belle, anche delle mie piccole premure. Grazie per quello che sei stato per me. Voglio farmi voce di tutte le tue alunne di quel tempo speciale “primavera della chiesa” che come me non ti dimenticheranno mai. Grazie padre Bruno!