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Da sempre si è assistito, nella storia del mondo, alla dicotomia giovani e adulti, generazione di scapestrati e impulsivi contro generazione di assennati bacchettoni….

Ascoltare i giovani per un arricchimento e un confronto prolifico

Da sempre si è assistito, nella storia del mondo, alla dicotomia giovani e adulti, generazione di scapestrati e impulsivi contro generazione di assennati bacchettoni. Alberto Rossetti riflette sull’annosa questione in modo indiretto, coinvolgendo direttamente la voce di ragazzi e di ragazze incontrati durante i suoi seminari tenuti in giro per l’Italia. Emerge con limpidezza quanto la nostra società e la società in generale, come è stato da sempre nell’evoluzione antropologica e comunitaria, abbia bisogno dei giovani per come essi sono: polemici, irruenti, insofferenti ai paletti, smaniosi e spregiudicati. Loro rappresentano la nostra stessa sopravvivenza, la linfa che nutre e rigenera il cammino evolutivo senza che avvizzisca e inaridisca in una staticità infeconda.
Il mondo degli adulti è sicuramente infarcito di ipocrisia e di scarsa lungimiranza. Si dice che i giovani sono il futuro, il ‘nostro’ futuro, ad essere esatti, ma poi si leggono sempre i cambiamenti in modo disfattista e, nella migliore delle ipotesi , ci si rintana nella convinzione sempre attuale e sempre profetizzata del degrado morale, della degenerazione dei costumi dai quali con una certa spocchia si prende distanza e ci si dissocia con disgusto e mal sopportazione. Come sostiene Paolo Di Paolo nella prefazione al libro si tratta di una normalissima reazione di difesa e di sano egoismo da sopravvivenza ma ciò che è importante è provare ad allenare la mente, a guardare le cose da prospettive rinnovate, fare uno sforzo di apertura. Certamente non è mai facile sintonizzarsi sulle frequenze dei giovani con disinvoltura e senza pregiudizi.
Ma il punto di partenza intrapreso è davvero focale. Si decide di ascoltare. Ascoltare tutte le loro impressioni buttate giù istintivamente, senza schemi, senza inibizione e poi si prova a fare un ragionamento di tipo associativo. Associare la narrazione a qualche lezione del passato attingibile dal sapere filosofico, letterario, pedagogico. Il tutto con l’intento di provare ad allargare gli orizzonti della comprensione.
Ne esce un arricchimento e un confronto prolifico per tutti. Soprattutto si evita di cadere nel luogo comune di una trattazione improntata all’etica e alla retorica da cattedra, la logica del: mettiamo in guardia i nostri ragazzi! Semmai l’intento che emerge con maggiore incisività è quello di voler mettere in guardia gli adulti a non cadere nelle trappole della narrazione scontata e convenzionale. Il racconto emotivo è un modo per mettere sul piatto equamente le esperienze di ciascuno e per rendere evidente che non può mai esistere bianco o nero, essere su una sponda o sull’altra, essere a favore o contro. Tutti siamo chiamati a fare scelte e dare una direzione alla nostra esistenza e tutti siamo chiamati a delle responsabilità che si acquisiscono lungo il cammino. Serve fiducia, serve l’aiuto degli altri ma soprattutto serviamo noi nella nostra più profonda identità che sulla base di tutto abbiamo la facoltà di scegliere.

Romina Baldoni

Alberto Rossetti
I giovani non sono una minaccia
anche se fanno di tutto per sembrarlo
Città Nuova, Roma 2019, pp. 131, € 15,00