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Primo Piano

Domenica della Parola

La Parola di Dio al centro della vita cristiana e del rinnovamento pastorale

La Domenica della Parola di Dio è un’iniziativa che Papa Francesco affida a tutta la Chiesa perché “la comunità cristiana si concentri sul grande valore che la Parola di Dio occupa nella sua esistenza quotidiana” (Aperuit illis 2).

Il 30 settembre scorso, in occasione dei 1600 anni dalla morte di san Girolamo, grande studioso della Sacra Scrittura e traduttore in latino dai testi originali, il Santo Padre rendeva pubblica la sua Lettera Apostolica Aperuit illis con la quale istituiva questa Domenica.

Questa Domenica della Parola di Dio si colloca come una iniziativa pastorale di Nuova Evangelizzazione, con lo scopo di ravvivare la responsabilità che i credenti hanno nella conoscenza della Sacra Scrittura e nel mantenerla viva attraverso un’opera di permanente trasmissione e comprensione”.
In questa cornice, “non può passare sotto silenzio anche il grande valore ecumenico che questa Domenica possiede”. Infatti, Papa Francesco ha stabilito che si celebri sempre nella IIIa Domenica del Tempo Ordinario dell’Anno liturgico che cade in prossimità della Giornata di dialogo tra Ebrei e cattolici e della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani.

Nell’Introduzione ai lavori del Consiglio Episcopale Permanente (Roma, 20 – 22 gennaio) il Card. Bassetti, Arcivescovo di Perugia – Città della Pieve e Presidente della CEI ha ricordato che già a conclusione del Giubileo straordinario della misericordia, Papa Francesco aveva chiesto che si pensasse a una domenica dedicata interamente alla Parola di Dio; una domenica “non una volta all’anno, ma una volta per tutto l’anno”. E ha proseguito: Mi ha suscitato un sorriso amaro leggere il racconto di uno scrittore contemporaneo, che in uno dei suoi testi confida di essersi trovato una sera a cena da amici e di aver parlato loro di una storia biblica, dando per scontato che fosse risaputa, fino a trovarsi invece come a divulgare un inedito… Nonostante l’ardore e l’insistenza con cui già il Concilio esortava alla lettura frequente della Parola, l’ignoranza della Sacra Scrittura rimane ampiamente diffusa, anche fra le persone colte. Riscoprirne la centralità è condizione per dirsi e diventare cristiani: occorre tornare a un incontro personale e comunitario con la Parola. Parola mai ovvia, mai banale, tesoro inesauribile, che non afferreremo mai nella sua ricchezza e profondità. Alla Parola sentiamo di appartenere: è all’origine del cammino interiore, risveglia il senso di Dio, l’apertura e la tensione verso il mistero. Della Parola vive ogni discepolo; per la Parola crede; sulla Parola poggia la pietà, la catechesi e la fede vissuta; dalla Parola si riversano sugli altri i gesti della carità e si genera e rigenera la comunità. Attorno alla Parola ci si ritrova fratelli, per cui essa è il “luogo” principale in cui vivere anche questa Settimana per l’unità dei cristiani. Sentiamoci convocati dalla Parola: sarà più facile avvicinare e riconoscere pure i tanti immigrati, che vivono accanto a noi, la maggior parte dei quali è di fede cristiana; la loro presenza porta con sé una serie di implicazioni pastorali che devono trovarci attenti e disponibili. Quando si permette alla Parola di liberare la sua carica profetica, diventano visibili i segni dello Spirito anche in mezzo alle ambiguità e alle contraddizioni del presente. Si diventa, allora, capaci di cogliere ciò che nella vita è vero, giusto, conforme al Vangelo e ciò che non lo è, per discernere e comportarsi di conseguenza. Non rinnoveremo la nostra pastorale se non richiamandoci alla Parola, convinti come siamo che “ogni volta che cerchiamo di tornare alla fonte e recuperare la freschezza originale del Vangelo spuntano nuove strade, metodi creativi, altre forme di espressione, segni più eloquenti, parole cariche di rinnovato significato per il mondo attuale” (EG 11). È questa la condizione per esserne a propria volta annunciatori, capaci di viverla nel quotidiano e di testimoniarla con gioia. Nessuno, del resto, aprirà la porta del proprio cuore ad “evangelizzatori tristi e scoraggiati, impazienti e ansiosi” (EG, 10): la gente è già carica di tante preoccupazioni quotidiane: figli che non nascono, figli che stentano a trovare un lavoro dignitoso, figli che prendono la strada dell’estero; e, ancora, le tante preoccupazioni e difficoltà che, in un modo o nell’altro, segnano ogni famiglia, negli affetti coniugali, nelle relazioni tra generazioni, nella cura prestata ad anziani, disabili e non autosufficienti; una cura tanto più impegnativa laddove si misura con la penuria di servizi socio-sanitari sul territorio.