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Beato chi cerca a tentoni

beatochicercaLa vita non è che un’ombra in cammino, un povero attore che si vanta e si agita per un’ora sul palcoscenico e poi tace (W. Shakespeare). Ma un anelito di infinito e di significato abita il cuore di quest’ombra. Questo è certo. Nella fede si è coscienti di essere amati da Dio, capaci di fare cose belle e certi di essere chiamati ad amare e a sognare un mondo migliore. Si vive infatti per saziare quella sete d’amore che ognuno si porta nel cuore, come ha ricordato papa Francesco. Ciò che descrive la qualità più profonda e significativa dell’uomo è porsi la domanda fondamentale: …ove tende questo vagar mio breve?…che vuol dire questa solitudine immensa? ed io che sono? (G. Leopardi). Non è ancora fede, ma un’antica speranza, un’ansia ‘illogica’ di qualcosa d’impossibile. Ma “chi non osa sperare l’insperabile non lo raggiungerà” suggeriva Eraclito. Quando invece la luce discende nelle profondità della materia e nelle parti oscure dell’uomo, allora il suo essere – come succede a Tommaso davanti al Cristo risorto – si illumina e in lui risuscitano amore e bellezza. Beato è chi cerca a tentoni e non vede ancora, assicura Gesù. Per lui la vita non diventa più facile o più riuscita, ma certo più piena e appassionata.
In realtà, nessuno degli straordinari computer che gestiscono la nostra vita quotidiana, e cui guardiamo con devota deferenza, è complicato e oscuro quanto può esserlo il cuore di un uomo. Di tutti gli abissi, è il più profondo (M. Corradi). Quante volte si reagisce ad un problema dando la colpa ad un collega, agli altri? O si mette la testa sotto la sabbia perché in fondo “non possiamo farci niente“?Succede.E spesso non ce ne accorgiamo nemmeno. Lo facciamo nella speranza che quel problema sparisca o che magari qualcun altro se ne faccia carico. La verità è che i fatti non smettono di esistere per il solo fatto di ignorarli e di certo dare la colpa agli altri o alle situazioni non aiuta. Nutrire, invece, la propria vita interiore come si fa con le radici di un grande albero permette di intuire oltre le apparenze e le banali evidenze del reale. Nella fatica di esplorare la propria vita interiore alla Luce della Parola, però, nessuno può sostituire nessuno. Forse si può cercare di sostenere, incoraggiare. Sempre si può testimoniare. Nient’altro. È tanto facile – succede oggi ai più, e anche fra i consacrati – accontentarsi di vivere una vita ‘a metà’ evitando le domande importanti e cercando di sopravvivere a giorni sempre uguali a se stessi, che corrono inarrestabili uno dietro l’altro? Solo la struggente Luce interiore permette di comprendere che cosa sia la fede.
Luciagnese Cedrone ismc