Nelle ‘società che non hanno compassione’ il male ha acquisito oggi dimensioni enormi. Di morte parlano milioni di vittime e di sfollati provenienti da Nazioni in guerra che ‘ci invadono’; polizie di frontiera, muraglie di cemento e di filo spinato in tanti Paesi d’Europa; violenza che cresce per le strade e dentro le case, disperazione di chi non trova lavoro… E su tutto indifferenza, impotenza, rassegnazione… Che fare? Benedire i sopravvissuti e dimenticare presto i ‘sommersi’? Illudersi che la forza e le armi possano qualcosa contro il male? Castigare e poi ognuno per la sua strada, coltivando gli stessi rancori di prima, come se per il Padre ci fossero figli ‘riusciti’ e ‘sbagli di produzione’?… Saremmo molto lontani dalla Galilea e molto vicini alle torrette delle nuove Auschwitz.
“Siate pronti a capire la normalità del male”, suggerisce il premio Nobel Svetlana Alexievich: il suo orrore può nascondersi e mimetizzarsi nel quotidiano di ognuno!
La fraternità, giustamente intesa, è parola molto rischiosa. Suo “passaggio fondamentale è essere disarmati di fronte agli altri, senza armi, forti solo dell’amore, della povertà e della gioia del Vangelo” (W. Kasper). La fede assicura che ognuno è un pezzetto dell’Amore di Dio fatto carne. E l’esperienza racconta che la fiducia fra le persone nasce solo dalla persuasione di essere molto amati. È compito grosso vivere come cosa normale la gioia di amare senza aver ricevuto una qualche risposta gratificante; o con nel cuore la sensazione di essere stati ingannati, sfruttati come stupidi. Ma la vita e la luce vanno cercate comunque, sempre… Quale persona mi blocca? Chi vedo come una minaccia per la mia crescita e mi provoca malessere? Se qualcuno è duro con me, magari alle mie spalle, una ragione almeno c’è: non so perché, ma risveglio qualcosa in lui. Sono pronto a incontrare chi mi sembra un nemico? Riesco a non concedere solidarietà ai mugugni e a spostare il discorso su fatti e dati oggettivi che riguardano il contenuto del lamento? Interrogativi da trasformare in ‘compiti’ per non abbandonare la trincea della speranza! E riuscirvi quando si incontra qualcuno che usa ironia, polemica, sarcasmo…; volutamente ferisce e crede di essere spiritoso; perfettino, si lamenta di tutto e di tutti, ma non fa assolutamente niente per cambiare le cose; si sente sempre vittima, dispone di continui alibi per sé ed è bravissimo nell’individuare capri espiatori ad ogni male. Sempre gli…altri?
È la vecchia storia degli uomini di tutti i tempi: rifiutare la diversità. Il giudizio è qualcosa di molto potente nell’essere umano, un modo per spingere gli altri verso il basso e portare se stessi più in alto. Può accadere proprio a tutti di assumere questo atteggiamento inconsapevolmente. Intorno lo vedono, lo sentono, lo percepiscono e … reagiranno!
Il segreto della vita però rimane oltre di noi: nel Cielo sempre aperto sopra le nostre storie; e nella benedizione del ‘giusto’, che pone la mano su ‘qualcosa’ e dice: “nonostante tutto tu appartieni a Dio” (Bonhoeffer).
Luciagnese Cedrone