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Editoriale – Comunione di vita (FERNANDA BARBIERO)

Editoriale
La comunione è al centro dell’attenzione del presente numero della Rivista. Anche se sulla comunione si è parlato tanto da sembrare di aver detto tutto, e perciò di non aver nulla di nuova da mettere in attenzione, vogliamo ritornare a parlarne perché accostare la realtà della comunione significa risalire alle sorgenti dell’esperienza cristiana e entrare in una visione trinitaria delle cose: quella che i Padri, soprattutto dell’oriente, ci hanno tramandato1.
In principio la comunione
Dio esiste come evento di comunione. In Dio la comunione non è una struttura, una relazione che esiste per se stessa, ma una Persona: il Padre che è la causa della generazione del Figlio e della processione dello Spirito Santo. Il Padre, fonte unica della divinità, da tutta l’eternità condivide la sua essenza divina con il Figlio e lo Spirito e ciascuno la fa sua e la ridona di nuovo.
La comunione in Dio, perciò, si manifesta non come minaccia all’alterità, ma come il grembo che la genera. Affermare l’alterità è fondamentale per la comunione. La persona non esiste senza la comunione, così come non esiste nessuna forma di comunione che neghi o assoggetti la persona.
La persona è un “Io” che esiste solo nella misura in cui si relaziona a un “Tu” che afferma la sua esistenza e la sua alterità. Una identità che emerge attraverso le relazioni. Questo è ciò che distingue la persona dall’individuo. La persona è alterità in comunione e comunione nell’alterità.
Al fondamento di tutto c’è la comunione. Una comunione che deriva da una persona concreta e libera e che conduce a delle persone concrete e libere. Se non è così allora la comunione non è ad immagine dell’essere di Dio, della Trinità2.
 
Fraternità che attrae
Si tratta -dunque- di imparare a vivere la comunione facendo esercizio di comunione, per contribuire ad edificare insieme la Chiesa che è “casa e scuola di comunione” per ogni uomo3. Se la nostra vita si colloca sempre nuovamente in questa visione, allora siamo in grado di realizzare una fraternità autentica, una fraternità testimoniale, che attrae”4.
Papa Francesco ricorda che la koinonia ecclesiale media la partecipazione alla comunione trinitaria, dove «ogni cosa trova la sua unità» (EG 117). La nostra partecipazione sacramentale al soma pneumatikon di Cristo, Volto del Padre e Unto dello Spirito, ci fa entrare nella realtà della Trinità. Per cui nella Chiesa, Corpo di Cristo, la Trinità ci colma delle energie dello Spirito, fonda e nutre la nostra vita, di modo che l’antropologia stessa diviene trinitaria.
Si tratta di recuperare il mistero che il Battesimo ha compiuto in noi: il mistero della rigenerazione, che è come dire il cammino verso la piena somiglianza con Colui che ci ha amati per primo.
Ora la comunione che possiamo vivere tra noi passa attraverso la nostra rigenerazione, ossia mediante l’unione della nostra umanità con la divinità di Cristo. Come sarebbe possibile vivere il comandamento dell’amore (Gv 13, 34) se il cristianesimo fosse basato solo sulla dimensione umana? Uniti a Cristo noi riceviamo il suo amore e possiamo farlo nostro e viverlo.
Per grazia
La situazione attuale della Vita religiosa ci mette davanti ad alcuni interrogativi.
Dove ci troviamo? Quale spazio di incontro e di convivenza stiamo costruendo? Verso quale figura di donna, di consacrata stiamo andando”? In questa transizione servono persone mature e disposte alla relazione e ai legami fraterni, ecclesiali e sociali, con uno sguardo nuovo sulle varie povertà e sulle speranze diverse che pure abitano le nostre città. Le singole persone sono profondamente toccate da questa situazione. Nelle comunità si va cercando con anelito sempre più consistente un luogo di incontro e di umanizzazione profonda che sia segno umile e forte dell’apertura al mistero di Dio al quale ci siamo votate. Non sarà questa situazione invito e segno ad uscire dalla propria terra e andare verso il luogo promesso, a noi dal Signore? Nella vita del discepolo, occorre ricordarlo, ogni espressione caritativa e sociale è conseguenza dell’unione con Cristo non semplicemente la realizzazione di sé, del senso del proprio vivere. E quanto consegue all’unione con Cristo, tutto ciò che viene da Lui, si manifesta per “grazia”: sola gratia.
La Pasqua di Cristo in noi
È l’obbedienza della fede a noi chiesta. È la logica pasquale in cui il Signore ci vuol far passare, un kairòs di speranza, di vita. La dimensione della comunione in questa ottica presuppone la pasqua, assecondando la dinamica di uscire da noi stessi e di aprirci all’altro. La realizzazione di quello che siamo nella nostra vera identità sta nell’arte di morire per risorgere.
Così la nostra esistenza, si trova a testimoniare il dilatarsi della Pasqua di Cristo in noi, si trova a rivelare l’opera che il Signore compie in noi. E questa è grazia! La via della pasqua è la sola che ci porta alla comunione con l’altro, sia esso Dio o un altro essere umano. “Questa via pasquale della comunione non dipende dalle qualità che l’altro può o non può avere. Venendo verso di noi, mentre eravamo ancora peccatori, per portarci alla comunione con sé, Cristo ha applicato il principi trinitario per il quale la persona non è identificata con le sue qualità, ma con il fatto che è”5. Non possiamo fare discriminazione tra coloro che sono degni della nostra accoglienza e coloro che non lo sono.
 
Nello stile dell’amore di Dio
Ci orienta il vangelo: ossia la Parola di Dio che ci consegna il comandamento nuovo, quello dell’amore declinato in misericordia. Il movimento della ri-edificazione delle comunità richiede l’apertura alla vita nuova infusa in noi dal Battesimo. La comunione può funzionare solo se la vita fraterna ha il suo centro nell’uomo nuovo. La nostra vita di comunione è possibile solo se è vissuta da persone nuove. Non è un carattere più o meno socievole,un temperamento felice che fa funzionare la comunione. Senza la vita nuova è impossibile la vita comunitaria. Si tratta di una nuova capacità di visione. Si tratta di vedere le persone in modo nuovo, si vede con gli occhi dell’uomo interiore, l’uomo interiore dell’altro. Quando sento che mi disturba qualcosa che vedo nell’altro, questo non mi metterà contro di lui, ma sarà, per me, un motivo per unirmi a Cristo e per liberarmi dai miei gusti, dalle mie inclinazioni e dalle mie pretese, perché ormai “noi non conosciamo più nessuno secondo la carne” (2Cor 5,16).
La cura dello sguardo
Allora è necessario esprimere comunità che diffondano la vita nuova. Perché la vita nuova non si crea, si rivela semplicemente per il fatto che ci è donata. Si tratta di riuscire a esprimere quell’amore fattivo che l’incontro con l’amore di Dio in Gesù Cristo ha creato in mezzo a noi. Se è vero che “l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spinto Santo che ci è stato dato” (Rm 5,5), dobbiamo riconoscere effetti concreti, visibili di questo dono invisibile. L’accoglienza dell’amore di Dio ha un corpo visibile nell’accoglienza della comunità fraterna; altrimenti non è, e non diventa credibile. L’importante non è cosa faccio e che cosa sono, ma dove guardo e che cosa vedo. Vedo il mio “io” in tutte le cose o vedo l’altra, la sorella? Ecco allora la cura dello sguardo, di come mi pongo di fronte all’altro, come mi accosto alla sorella. In fondo si tratta di essere attenti a sostenere la nostra parte redenta, la persona riconciliata, l’uomo nuovo. Questo è il principio di attrazione e questo è l’essenziale della vita comunitaria e anche quello che ci fa felici.
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Alle nostre lettrici mettiamo tra le mani questo nuovo numero della Rivista che fa presagire fin dalle prime pagine testi di rara densità e ricchezza sul tema della vita di comunione. È questa una dimensione costitutiva della vita religiosa. Auguriamo una proficua lettura lungo i giorni di quest’ultima parte dell’Anno dedicato alla vita consacrata, alle sue croci e alle sue speranze.
Note
1 Cf I. ZIZIOULAS, L’essere ecclesiale, tr.it. (or. franc. Labor et Fides, Genève 1981), Qiqajon, Bose 2007, spec. le pp. 7-149.
2 Cf M. CAMPATELLI, Ordo amoris e vita fraterna, in AA.VV., Amare sempre o amare per sempre?,CISM, 2013, pp. 48-49.
3 CfNovo millennio ineunte, 43.
4 PAPA FRANCESCO, Discorsoai partecipanti all’Assemblea nazionale della Conferenza Italiana Superiori Maggiori (CISM), 7 novembre 2014.
5 M. CAMPATELLI art. cit.
Fernanda Barbiero
Suore Maestre di S. Dorotea
Via Raffaele Conforti, 25 – 00166 Roma
fernandabarbiero@smsd.it