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La mistica della vita comune (SERENA NOCETI)

Nella sua omelia ai vescovi, sacerdoti, religiosi, seminaristi, in occasione della Giornata mondiale della gioventù del 2013 (Rio de Janeiro, 27 luglio 2013), papa Francesco esortava a «essere servitori della comunione e della cultura dell’incontro. […] quasi ossessionati in questo senso». Sulla centralità della vita comune, quale spazio per sperimentare la salvezza di Dio e maturare in umanità, il papa è ritornato più volte nei suoi discorsi, omelie, catechesi e il tema della comunione, a livello ecclesiale e sociale, segna le pagine della Evangeliigaudium. Documento programmatico per il pontificato (EG 25), in ordine alla conversione dei cuori e al rinnovamento ecclesiale a tutti i livelli, l’Esortazione apostolica guida i credenti e le persone di buona volontà a cogliere nella vocazione alla comunione l’orizzonte per una vita umana autentica e un valore qualificante l’esperienza di fede cristiana. Quanto affermato particolarmente rilevante e impegnativo per coloro che, per scelta di vita, con la professione religiosa, optano per una forma di vita comune e comunitaria. Evangeliigaudiumoffre a questo riguardo profonde motivazioni e preziose indicazioni: accompagna a riconoscersi «chiamati/e insieme» e a cogliere la dimensione sociale dell’annuncio cristiano; segnala – con sapienza e “senso pratico” – atteggiamenti e prospettive necessari per vivere in comunione e comunità; richiama il significato escatologico ed ecclesiale di una vita in comunione.
Riconoscersi chiamati insieme
La visione ecclesiologica di papa Francesco si sviluppa sulla scia della visione di chiesa del concilio Vaticano II: la chiesa è popolo di Dio, formato da battezzati, tutti soggetti attivi nell’evangelizzazione e nell’opera missionaria. La chiesa vive di una dinamica di comunione, che nasce dall’annuncio del vangelo accolto nella fede. Una comunione aperta, dinamica, missionaria; una missione generosa e solidale, vissuta insieme, mediata
in parole significative, attestata in gesti di carità concreta. Richiamandosi alle parole di Gesù nell’ultima cena (Gv 13,35; 17,21), il papa scrive: «Ai cristiani di tutte le comunità del mondo desidero chiedere specialmente una testimonianza di comunione fraterna che diventi attraente e luminosa» (EG 99). Il modo di vivere i rapporti umani nella chiesa, la forma in cui viene organizzata la partecipazione, la capacità di ascolto e comprensione reciproca costituiscono un primo segno essenziale attraverso cui la missione ecclesiale si sviluppa, prima di ogni annuncio verbale. Tale comunione non è frutto di sforzi di volontà, né può nascere da imposizioni giuridiche o legalistiche, ma è opera dello Spirito santo, che
trasforma i cuori e dona una comunione autentica nell’amore. Ancora più profondamente, papa Francesco ricorda che lakoinonia ecclesiale media la partecipazione alla comunione trinitaria, dove «ogni cosa trova la sua unità» (EG 117).
A fondamento di questa lettura ecclesiologica stanno una visione antropologica e un’idea di salvezza che pensano l’essere umano come persona, soggetto in relazione. L’essere umano è stato creato a immagine della comunione divina (EG 178), per cui la salvezza non è individuale, né può essere ridotta a prospettive individualistiche. Citando Lumen gentium9, il papa ricorda che «nessuno si salva da solo, cioè né come individuo isolato né con le sue proprie forze. Dio ci attrae tenendo conto della complessa trama di relazioni interpersonali che comporta la vita in una comunità umana» (EG 113). In questa prospettiva il papa insiste più volte sulla dimensione sociale del Vangelo, sulla testimonianza di relazioni di amore capaci di esprimere la fede nel Dio amore, sul senso del “Noi” che sia critica e superamento di quella postmoderna cultura del narcisismo esasperato, in cui le istanze e i desideri dell’Io sono posti sempre al di sopra di tutto, di cui siamo succubi e talora anche responsabili. L’insistenza sul “Noi” è scevro da qualsiasi tentazione di omogeneizzazione o uniformiamo:Evangelii gaudium richiama più volte il pluralismo, di doni e compiti, di culture e linguaggi, di cui la famiglia umana e la chiesa sono arricchiti e di cui ogni autentica unità vive.
Chi vive secondo queste prospettive e si adopera per una trasformazione sociale e culturale alimentate da questa visione percorre un cammino di reale umanizzazione e fede autentica: «quando viviamo la mistica di avvicinarci agli altri con l’intento di cercare il loro bene, allarghiamo la nostra interiorità per ricevere i più bei regali del Signore. Ogni volta che ci incontriamo con un essere umano nell’amore, ci mettiamo nelle condizioni di scoprire qualcosa di nuovo riguardo a Dio» (EG 272).
Camminare in comunione
Nel secondo capitolo, dedicato alla crisi dell’impegno comunitario, il papa segnala – in rapporto allo sviluppo della comunicazioni – l’importanza di «scoprire e trasmettere la “mistica” di vivere insieme, di mescolarci, di incontrarci, di prenderci in braccio, di appoggiarci, di partecipare a questa marea un po’ caotica, che può trasformarsi in una vera esperienza di fraternità, in una carovana solidale, in un santo pellegrinaggio»(EG 87). Un passaggio rapido, espresso nell’evocativo stile di papa Francesco, estremamente significativo per delineare prospettive concrete in cui si esprime e si realizzala comunione fraterna e sororale. Si tratta per questo di maturare in alcune convinzioni e atteggiamenti che rendono possibile questo vivere insieme, mescolarsi, incontrarsi, prendere in braccio, appoggiarsi, partecipare, a tutti i livelli e in tutte le diverse forme di vita comunitaria che ci vedono protagonisti.
Una prima pre-condizione tocca la nostra autocoscienza: dobbiamo riconoscerci “persone in relazione”, segnati da una intersoggettività costitutiva, e per questo imparare a uscire da noi stessi per vivere la solidarietà e la compartecipazione di ciò che siamo; «superare il sospetto, la sfiducia permanente, la paura di essere invasi, gli atteggiamenti difensivi»(EG 88) per aprirci alla gioia del rapporto con l’altro, all’accoglienza del dono che ci viene fatto, alle proposte di cammino comune che ci vengono rivolte.
In secondo luogo diventa essenziale imparare ad affrontare tensioni e conflitti che sempre segnano la vita comunitaria. Davanti all’altro, alla percezione di una differenza ” scomoda”, le reazioni più comuni sono da un lato quella della fuga, di dare la colpa all’altro, di sottrarsi alla propria responsabilità, dall’altra quelle “del silenzio per amore di pace”, di una spiritualizzazione e una sublimazione che “si rifugia nella preghiera” per non affrontare il confronto, la rimessa in gioco di ciò che siamo, la conversione. Il papa è particolarmente lucido sulle dinamiche del conflitto e su quanto, se non affrontate, avvelenino il vivere insieme e l’esercizio della comune missione. Al tema dedica un paragrafo “L’unità prevale sul conflitto” (EG 226-230), in cui – con coraggio e chiarezza– mostra come attraversare il conflitto, maturando in esso, e trasformarlo in un “anello di collegamento ” verso il futuro, perché «il conflitto non può essere ignorato o dissimulato. Deve essere accettato.[…] ma quando ci fermiamo nella congiuntura conflittuale, perdiamo il senso dell’unità profonda della realtà» (EG 226).
L’atteggiamento basilare che deve abitare la coscienza di ogni credente e diventare atteggiamento abituale per giudicare la realtà e stile di comportamento per operare è la misericordia. Il lemma” misericordia” appare come una specie di leitmotivdi Evangelii gaudiume di tutto il pontificato: ritorna nel testo ben 35 volte, spesso in citazioni bibliche. La misericordia è indicata come “la più grande delle virtù” (EG 37) e il cuore del messaggio cristiano. È fedele al vangelo chi vive nella misericordia(EG 193); «la chiesa deve essere il luogo della misericordia gratuita, dove tutti possano sentirsi accolti, amati, perdonati, incoraggiati a vivere secondo la vita buona del vangelo» (EG 114).Perché questo avvenga, anche nella comunità religiosa, la misericordia deve declinarsi in atti e atteggiamenti di perdono e di sostegno dell’altro nella risposta ai suoi bisogni, nella coscienza del limite e della fragilità che segna ogni vita umana, la nostra e quella del fratello/sorella.
Ciò che deve guidare, poi, la crescita della comunità è la consapevolezza che il “tutto è superiore alla parte” e alla somma delle parti(EG 234-237). Il tutto è dato, infatti, anche dalle relazioni che sussistono tra le parti e dalla coscienza di formare insieme il Noi, quali parti co-costituenti. Il papa ricorda che una tale visione non comporta l’annullamento del singolo o forme fusionali che impediscono lo sviluppo individuale: «una persona che conserva la sua personale peculiarità e non nasconde la sua identità, quando si integra cordialmente in una comunità, non si annulla ma riceve sempre nuovi stimoli per il proprio sviluppo. Non è la sfera globale che annulla, né la parzialità isolata che rende sterili» (EG 235).
 
Testimoni di comunione nella misericordia
Il concilio Vaticano II richiama i religiosi al senso ultimo della loro scelta di vita: essere segno vivente nella chiesa e per la chiesa del Regno di Dio, comunione con Dio e unità tra le persone e i popoli (cf. ad es. Lumen gentium, 44). La vita comunitaria appare in tutto il suo carattere di profezia di questo mondo nuovo, in cui si vive nell’amore per Dio e per i fratelli/sorelle, capaci di dare e ricevere nell’agape. L’Esortazione apostolica di papa Francesco delinea le vie concrete di una rinnovata vita nella misericordia che rende possibile questa testimonianza vivente di comunione. In primo luogo, essa sollecita a una meditazione continua del nucleo sorgivo della vita cristiana battesimale, su cui si sviluppa la professione religiosa: l’amore misericordioso di Dio e la partecipazione per grazia alla sua santità. Questa contemplativa inserzione nel mistero di Dio permette di cogliere le linee di una autentica maturazione umana e di sviluppare alcune qualità interiori che rendono poi possibili l’accoglienza e la convivenza: il sentimento di umiltà e bontà, con il riconoscimento umile della tentazione sempre presente di autoaffermazione e di difesa a oltranza del proprio interesse a scapito degli altri, e la longanimità di un animo grande, aperto al futuro e alla speranza di un cambiamento sempre possibile, per l’altro e per noi stessi. La coscienza del limite(proprio e altrui), la magnanimità del cuore, la capacità di compassione e tenerezza sono al cuore di questa mistica e qualificano l’ascesi comunitaria, non nella forma di uno sforzo immane di volontà, ma nella grata aperturaal mistero di Dio e dell’altro. L’esperienza del peccato e della caduta segna ogni vita umana; sitratta di accettare questo fatto e accogliere ogni persona a partire dalla sua fragilità: «Beato l’uomoche conosce la sua debolezza, questa conoscenza sarà per lui fondamento e principio di tutte le cose belle e buone», come scrive Isacco di Ninive. Secondo la ScritturaDio manifesta la sua longanimitànell’essere lento all’ira e nello spegnere le contese; per l’uomo di conseguenza lamisericordia comportala capacità di superare le offesericevute, saggezza e pazienzanel replicare, autodominio, generositàdavanti a manifestazioni di bisogno e richieste di perdono. In un mondo di durezza e di competitività, le relazioni comunitarie nella chiesa e nella vita religiosa, a titolo peculiare, devono essere segnate da compassione e tenerezza: com-prendere l’altro/a, arrendersi alla sua presenza e al coinvolgimento che consegue, porre segni quotidiani di rispetto, attenzione, delicatezza. Consapevoli che di questo e per questo cresce la vita comunitaria, vera icona della comunione divina, autentico spazio di realizzazione dell’umano.
Serena Noceti
teologa
via Libero Andreotti, 54
50142 Firenze