Titolo originale: The Nativity Story
Genere: Drammatico
Regia: Catherine Hardwicke
Interpreti: Keisha Castle Hughes (Maria), Oscar Isaac (Giuseppe), Hiam Abbass (Anna, madre di Maria), Shaun Toub (Gioacchino, padre di Maria), Alexander Siddig (Arcangelo Gabriele), Nadim Sawalha (Melchiorre), Eriq Ebouaney (Baldassarre), Stefan Kalipha (Gaspare), Said Amadis (Tero), Stanley Townsend (Zeccaria), Ciaran Hinds (Re Erode), Shohreh Aghdashloo (Elisabetta).
Nazionalità: Stati Uniti
Distribuzione: Eagle Pictures
Soggetto e sceneggiatura: Mike Rich
Fotografia.(Panoramica/a colori): Elliot Davis
Musica: Mychael Danna
Montaggio: Robert K. Lambert, Stuart Levy
Durata: 102′
Produzione: Wyck Godfrey, Marty Bowen
La trama
Nazaret. Una ragazza, umile e graziosa, vive la propria giovinezza lavorando per contribuire al sostentamento della sua famiglia. È Maria, figlia di Gioacchino e Anna, due modesti genitori che per assicurarle un futuro migliore la promettono in sposa a Giuseppe, originario di Betlemme, uomo di grande sensibilità e rettitudine. Mentre Maria si prepara al matrimonio riceve una visita inaspettata e una proposta singolare, un angelo le annuncia la volontà di Dio per lei: concepirà un bambino, il figlio di Dio, che cambierà per sempre le sorti del mondo. Maria turbata si reca a far visita alla cugina Elisabetta e, al suo ritorno a Nazaret, la gente del paese scopre non senza meraviglia l’evidente e misteriosa gravidanza. Giuseppe ne assume la paternità e salva così la giovane donna dalla lapidazione. Quando il re Erode proclama un censimento e tutti gli abitanti del luogo devono recarsi al proprio paese d’origine per farsi registrare, inizia per Maria e Giuseppe un lungo e faticoso viaggio verso Betlemme, dove vedrà la luce Gesù e, secondo l’affermazione di uno dei magi, luogo dove “Dio si fa carne”.
Ripercorriamo le tappe
Nativity è la storia prodigiosa di una ragazza e della rivelazione di Dio che ha trasformato la sua esistenza e la storia dell’umanità. Il racconto della vita di Maria, e del viaggio verso Betlemme prima della nascita di Gesù, si snoda attraverso un percorso narrativo sobrio e didascalico che inizia e si conclude con l’episodio della Strage degli Innocenti, proposto come preambolo e epilogo di tutti gli altri eventi:
La vita a Nazareth
Il fidanzamento con Giuseppe
L’annuncio dell’Angelo,
La gravidanza prodigiosa
Il viaggio da Nazareth a Betlemme
La Nascita nella grotta, i pastori e i Re Magi
La Fuga in Egitto
Ripercorrendo i Vangeli con un taglio semplice e lineare, il film si conclude con il Magnificat collocato al termine del racconto, durante la fuga in Egitto, quasi a voler evidenziare la trasformazione che la nascita del Messia ha provocato in Maria e nella vita di ogni uomo. La promessa di Dio si è realizzata. La fonte a cui prevalentemente il film si ispira sono i Vangeli di Luca e di Matteo che ripercorre quasi letteralmente. La loro narrazione stringata è arricchita da dialoghi ugualmente scarni e diretti senza cadere mai in divagazioni superflue. Con una grande attenzione alle Scritture e alla storia, il film propone anche una ricostruzione fedele di quel periodo: ambienti, costumi, tradizioni, gesti, preghiere. Non è una sacra rappresentazione ma la descrizione di un racconto che coinvolge e favorisce la partecipazione personale ad un evento che parla ancora oggi a tutta l’umanità.
Riflettiamo sulle parole
…DELLA REGISTA CATHERINE HARDWICKE
«Diciamo che quella di Giuseppe e Maria è una classica storia di teenager, che iniziano a costruire qualcosa nelle loro esistenze. Sono due ragazzi che si trovano di fronte ad un dono effettivamente fuori dal comune, e come se fossero due ragazzini che non hanno soldi e devono mantenere un figlio. Inoltre abbiamo catturato quella istantanea di povertà che mi aveva subito affascinato. Lavoravano sempre, sopravvivevano più che vivere decentemente. Mi sembrava opportuno regalare ai giovani spettatori un’immagine veritiera di quell’epoca e, spero, anche di questo preciso episodio del Vangelo…Mi auspico che il pubblico possa sentirsi in sintonia con la visione e magari trovarvi ispirazione per superare le proprie sfide e le proprie difficoltà. Spero che la gente possa uscirne con una considerazione nuova del sacrificio che Maria e Giuseppe furono disposti a fare. Abbiamo dimenticato cosa deve essere stato il viaggio a Betlemme, con i dialoghi, le paure …Verso la fine, la pellicola sembra trasportarti in un luogo spirituale, un luogo sacro…spero che gli spettatori possano percepirlo».
…DELLO SCENEGGIATORE MIKE RICH
«Avevo letto molto sulla Natività, su Maria e Giuseppe, sui Magi, sui pastori…e mi è venuto in mente che, mentre conoscevo come era finito il viaggio a Betlemme, poco sapevo di come fossero arrivati lì, quali sfide avevano dovuto superare. Da persona di fede quale sono, e da scrittore, queste per me erano diventate domande impellenti».
DELL’AMMINISTRATORE DELLA EAGLE PICTURES, STEFANO DAMMICCO
«Nativity è un evento straordinario. Un vero e proprio messaggio di speranza, pace e amore, che unisce tutte le persone di fede».
Utilizzo pastorale: alcune piste
Ancora una volta il linguaggio cinematografico attraverso parole, immagini e azioni tenta di comunicare il Mistero di una nascita che ha cambiato il mondo. Con il film Nativity, la regista americana Catherine Hardwicke ci fa vedere la nascita di Gesù attraverso lo sguardo di Maria, della quale presenta un quadro delicato e inconsueto: Maria nella quotidianità della sua vita a Nazareth. Niente di eccezionale in lei eppure, per un disegno divino, sarà benedetta da parte di Dio. Attraverso una lettura intima e profonda, la narrazione indaga la figura di Maria e il suo rapporto con Giuseppe, senza cadere nel banale e nella superficialità. È un percorso cinematografico e religioso nel cuore dell’evento più significativo della storia: la Natività di Cristo. Il film ci mostra Maria e Giuseppe come specchio della nostra fatica di credere e dell’accettazione faticosa del Mistero. Ma è anche lo specchio di chi è costretto a misurarsi con gli avvenimenti quotidiani che mettono a dura prova la speranza e la fiducia in Dio. È lo specchio di quelle famiglie che non hanno una casa dove far nascere il proprio bambino. Forse non risponde a tutte le domante che la ricerca autentica ci pone dinanzi ogni giorno, tuttavia, il messaggio di cui è portatore lo rende un film di elevato spessore e straordinaria ricchezza spirituale: l’azione di Dio si identifica con Maria, ma anche con ognuno di noi.
Il film nella stampa
«Catherine Hardwicke, la regista che poi ha trasposto questi fatti sullo schermo, è sembrata ispirarsi nel linguaggio, al Rossellini del Messia e a Pasolini del Vangelo secondo Matteo, privilegiando un realismo senza concessioni oleografiche e accettando solo, al momento della Natività, una luce che si posa sulla grotta. In tutto il resto, sia in Marocco, nel Sahara, sia in Italia a Matera, tenendosi a immagini di una concretezza quasi ruvida, animate al centro da interpreti magnificamente adeguati all’impresa. Non solo la giovanissima australiana di etnia maori Keisha Castle-Hughes, una tenera Maria, ma anche tutti gli altri, con facce giustamente poco note, ma autentiche. Non vi dimentico in mezzo l’irlandese Ciarán Hinds, un Erode quasi agghiacciante. Sempre però con la misura cui tutto il film obbedisce».
(Gian Luigi Rondi, Il Tempo, 1 dicembre 2006)
«Fedelissimo ai vangeli, girato con il massimo realismo (i dolori del parto, le tasse di Erode, la raccolta delle olive, le pietre per macinare), Nativity guarda la più grande storia mai raccontata con gli occhi, i pudori, la fierezza di Maria. Dal matrimonio combinato, all’annuncio della gravidanza senza contatto carnale, dal rischio di essere lapidata come adultera all’amoroso sostegno di Giuseppe. I Re Magi in viaggio forniscono gli intermezzi comici. Gran finale con “Stille Nacht”, mentre la Sacra Famiglia si dispone come nei quadri a venire, con raggio di luce che perfora le nuvole. Parrebbe una scelta azzardata, al limite del kitsch, ma è perfetta».
(Mariarosa Mancuso, Il Foglio, 2 dicembre 2006)
«Realistica, puntigliosa per circa settanta minuti, la Hardwick sbanda solo nell’ultima parte. La notte di Natale è proprio la notte come da illustrazioni di libro di religione. Piacerà a chi non si sazia mai di vedere le Sacre Scritture sullo schermo, naturalmente. C’è tutto, ma senza sdolcinature».
(Giorgio Carbone, Libero, 1 dicembre 2006)
«Catherine Hardwicke guarda il Natale attraverso gli occhi di Maria, alla cui adolescenza rivolge sguardi attenti e inteneriti. Maria ci viene mostrata nella povera quotidianità di Nazareth, tra le ragazze del suo villaggio, intente alla semina, Keisha Castle-Hugles, la giovanissima attrice che la interpreta, ha un volto che sa incupirsi di caparbietà infantile e illuminarsi di fiducia. Non è la più graziosa, non è la più vivace, niente indica in lei l’eccezionalità della prescelta… È poco più di una bambina, si unisce al coro dei piccoli che imparano la Bibbia, ripete, senza capire veramente, che Dio non è nel fuoco, né nel vento, ma in un mormorio indistinto, appena percepibile».
(Rosario Tronnolone, Cinematografo.it, 30 novembre 2006)
Teresa Braccio fsp
teresa.braccio@tiscali.it