Il cimitero è l’ultima tappa di quello che resta della persona umana sulla terra. Cimitero monumentale o cimitero rustico non fa la differenza. Un piccolo loculo o una cappella vistosa: neppure qui la differenza ha valore. Sono immagini di una ricchezza più o meno simulata e di un amore che non va soggetto al tempo, né alla ‘presenza’ della persona amata. E’ la sede di chi ha terminato il suo corso… Una visita del vivente – con o senza fiori – è dovuta in forza di quell’amore che unisce e che perdura nel ricordo commosso, nell’amore, nella gratitudine, forse anche nella nostalgia, nel rimpianto. E lì, nel cimitero, si impara l’assoluto primato di Dio… grandezza, splendori, potenza senza un supporto spirituale, sono valori che tramontano. Ma… e chi nel cimitero non ci andrebbe mai se non portato da uno sconosciuto? Quel simpatico e provocante libro sulla sapienza qual è il Siracide consiglia: “La tua generosità si estenda a ogni vivente e al morto non negare la tua grazia” (Sir 7,33). Ancor più esplicito è il libro di Tobia il cui autore racconta di sé: “Al tempo di Salmanàssar facevo spesso l’elemosina a quelli della mia gente; donavo il pane agli affamati, gli abiti agli ignudi e, se vedevo qualcuno dei miei connazionali morto e gettato dietro le mura di Ninive, io lo seppellivo. Seppellii anche quelli che aveva uccisi Sennàcherib” (Tb 1,16).
Ma perché nascondere in una bara più o meno lussuosa, o composta da poche ruvide assi, un cadavere che, dopo non molto tempo, non sarà che ossa inaridite? (cfr. Ez 37,2). Ecco il ‘perché’: anche su quel corpo ancora informe, ora esanime, alitò il ‘soffio di Dio’ ed esso divenne un essere vivente (cfr. Gen 2,7). Ognuno proviene dalla Ragione eterna e dall’eterno Amore, da Dio creatore. La ragione del sommo rispetto dovuto ad ogni essere umano in tutta la sua identità sta’ proprio lì, in quella origine.
Valgono qui le stesse motivazioni per cui venne sepolto Cristo. Il corpo è destinato alla risurrezione. Come Gesù è passato dalla morte alla vita, dopo tre giorni non interi di silenzioso riposo nel sepolcro, così ogni defunto vive la beata speranza della risurrezione nell’ultimo giorno. E deporre un cadavere in una pur fortunosa tomba diventa occasione propizia per una seria meditazione sul senso della vita, delle relazioni, delle motivazioni che spingono all’azione. Lì viene offerta la possibilità di concentrarsi nella riflessione sulla vacuità del tempo che passa se non è valorizzato al massimo, sulla inutilità di tutte le nostre ricerche di gloria, di visibilità, di autoreferenzialità. Lì svaniscono come gocce o come polveri spazzate dal vento tutte le ambizioni di visibilità. “Polvere sei e in polvere ritornerai” ammonisce il sacerdote il primo giorno di Quaresima, esattamente detto ’il giorno delle ceneri”.
In un’epoca elettrizzata come la nostra – pur nel quotidiano travaglio di situazioni enigmatiche e confuse – immergersi nel possibile silenzio della vita quotidiana, riflettere sui valori che permangono oltre il tempo, oltre la tomba, prova che in cuore alberga quella saggezza di cui parla il sapiente Siracide.
sr Biancarosa Magliano, fsp
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