“Considerate la vostra chiamata alla gioia!” (Cor 1,26)
”Dopo anni di ricerca sulla felicità una cosa si è dimostrata essere fondamentale: le relazioni con le persone”. A ricordarlo alle società moderne, che funzionano al contrario, è l’Onu con la proclamazione della Giornata mondiale della felicità.
In un mondo globalizzato, ma frammentato in infinite nicchie, sempre meno ci si lega in modo stabile e fedele a qualcuno e quelle ‘nicchie’ non riescono a dare un senso alle singole vite. Gli effetti sono devastanti. Internet e supermercati diffondono l’illusione che più cose si hanno più si è felici. I politici di tutti gli orientamenti – e soprattutto quelli legati agli interessi economici – diffondono il messaggio che qualunque crescita economica porta benessere. False promesse, che stanno minando le condizioni che invece potrebbero condurre alla felicità ‘sostenibile’. In realtà è il modo in cui si pensa la felicità a guidare ciò che si fa e ciò che si è disposti a sacrificare a orientare il proprio modo di spendere soldi, tempo, energie.
Felicità sostenibile…
È quella che parte dai requisiti e dalle aspirazioni fondamentali dell’essere umano e produce un mondo sano, una società leale. Certo non è possibile ottenere tale felicità in modo rapido, né raggiungerla a discapito di altri o depauperando e inquinando il pianeta. Permette invece a tutti un livello base di sicurezza materiale e potenzialmente è a disposizione di tutti nei momenti buoni come in quelli cattivi. Possedere più cose certamente non ne è la chiave. Tanto meno far lavorare qualcuno in condizioni di sfruttamento per produrre ‘roba’ a buon mercato e alimentare una fame infinita di possesso.
…e diversa
Un uomo – scriveva Schopenhauer – può essere valutato in diversi modi: per ciò che possiede, per ciò che rappresenta agli occhi degli altri, oppure per ciò che egli è in se stesso. Ma neppure questi beni dipendono interamente dalla persona e per quanto ci si può affannare per poterli raggiungere e conservare, niente assicura che saranno eternamente propri.
Rimane soltanto l’interiorità: il bene più inattuale che esista al mondo d’oggi; e certamente anche il più caro perché solo nell’interiorità l’uomo scopre se stesso e il proprio intimo valore. Ma in questo tempo pensare è già un lusso riservato a pochi e pensare entrando in quello spazio di silenzio in cui si è soli di fronte a se stessi e al mistero di Dio può apparire follia. Eppure, se non si cerca in sé il silenzio per pensare, confrontarsi, progettare… allora si è condannati a restare manipolati dai tanti venditori di fumo. Soprattutto si perde la gioia e la responsabilità di abitare nella verità se stessi. Un’affermazione dura ed esigente.
Luciagnese Cedrone, ismc