La prima divisione della Bibbia ebraica in tre parti: Toràh, profeti, e scritti è già presente nel libro del Siracide (II secolo avanti Cristo). Il testo del Siracide che presenta questa divisione è scritto in greco, ma testimonia un testo ebraico antico. La fede ebraica non conosce né la parola Bibbia né la definizione Antico Testamento: Per l’ebreo esiste la Tanak, che è un acrostico composto dalla prima lettera delle tre parole che compongono le Scritture ebraiche: Toràh, Neviìm, Ketuvìm, con l’aggiunta di una doppia “a“.
- Per il credente ebreo il termine Toràh non indica solo la Legge ma significa anche “ammaestramento”, “indicazione”, “istruzione”. Il Salmo 119 (118) medita questa funzione poliedrica della Toràh. La Toràh contiene l’ identità religiosa (popolo di JHWH), storica (popolo con una terra propria) e sociale (comunità di fratelli) del popolo d’Israele. La Toràh è sia carta d’identità sia la carta costituzionale del popolo ebraico. La sua forma definitiva sembra doversi collocare al ritorno dell’esilio babilonese nel IV secolo a.C. per opera di Esdra e Neemia. Gli esiliati ritornati in patria, non hanno più il Tempio, ma si ritrovano popolo di Dio attorno alla sua parola, che viene proclamata e spiegata (cfr. Ne 8,8).
La Toràh comprende cinque libri il cui titolo corrisponde alla prima parola che inizia il libro: beresit (in principio), semot (i nomi), wayiqra’ (e chiamò), bamidbar (nel deserto), debarim (le parole).
Nelle Scritture cristiani il titolo è dato dal contenuto del libro: genesi (origine), esodo (uscita), levitico (della tribu’ di Lev), numeri (i censimenti), deuteronomio (la seconda legge).
- Seguono i libri che gli ebrei chiamano Neviìm. Essi contengono sia i libri che i cristiani considerano storici e sia quelli profetici. Le Scritture ebraiche considerano profetici i libri di Giosuè, Giudici, 1 e 2 Samuele, 1 e 2 Re perché ritengono che la parola profetica è anche la promessa di Dio che giunge compimento. Per questo la Tanak chiama questi libri profeti anteriori che sono Giosuè, Giudici, Samuele (1 e 2 uniti), Re (1 e 2 uniti). I libri che i cristiani definiscono profetici nella Tanak sono profeti posteriori perché raccolgono la predicazione di quegli uomini che, chiamati da Dio, rivolgevano la sua parola al popolo, anche a prezzo della vita. Questi uomini invitano alla conversione dai peccati commessi contro la Toràh o preparano ad accogliere la salvezza prossima ad attuarsi nella storia. I profeti posteriori sono: Isaia, Geremia, Ezechiele e I dodici profeti minori: Osea, Gioele, Amos, Abdia, Giona, Michea, Naum, Abacuc, Sofonia, Aggeo, Zaccaria, Malachia.
- I restanti libri della Tanak sono chiamati Ketuvìm, cioè scritti e comprendono testi di diversa natura: poetici, sapienziali, preghiere, storici, apocalittici, ecc. Essi sono: Salmi (o Inni), Giobbe, Proverbi, Rut, Cantico dei cantici, Qoèlet, Lamentazioni, Ester, Daniele, Esdra-Neemia (uniti), Cronache (1 e 2 uniti). La tradizione ebraica, risalente al primo secolo d.C., ritiene di non potere accogliere nella Tanak, sette libri: Tobia, Giuditta, 1 e 2 Maccabei, Sapienza, Siracide, Baruc. I motivi della non accoglienza di questi sette libri sembrano attribuirsi al fatto che per gli ebrei un libro ispirato deve essere scritto nella lingua sacra (l’ebraico!) e nella Terra Santa (la Palestina!). Il canone della Chiesa cattolica li accogli perché si basa sulla antica versione greca dell’Antico Testamento detta dei Settanta (LXX), che fu preparata in ambiente ebraico ellenistico, ad Alessandria d’Egitto, a partire dal terzo secolo a.C. Da questo testo greco provengono anche alcune parti di Ester e Daniele, non presenti nella Tanak.
I cattolici chiamano deuterocanonici (secondo elenco) i sette libri che la Bibbia ebraica non ritiene ispirati. Questo nome è dovuto al fatto che essi sono entrati nel canone in un secondo momento perché non sempre e dovunque si trovarono nel canone, ma sono considerati ispirati da Dio. I protestanti e i testimoni di Geova come i giudei non ammettono l’ispirazione dei deuterocanonici dell’AT.
Il canone ebraico viene fissato tra il 70 e il 135 d.C. per opera di scribi farisei al tempo delle due rivolte giudaiche. La fissazione del canone fu necessaria per vari motivi: anzitutto la caduta del Tempio ad opera dei Romani che suscitò la necessità di rafforzare la propria identità religiosa, intorno al libro sacro, come già accadde al ritorno dall’esilio babilonese. Inoltre sorgeva la necessita di difendersi dai libri religiosi, detti apocalittici, che andavano sorgendo e, infine, ma non meno importante, il fatto che la nascente fede cristiana che cominciava a produrre i suoi testi sacri.
Una storia appassionante: la formazione del testo della Bibbia ebraica
La storia della formazione del testo ebraico si svolge in tre periodi.
Il primo che arriva fino al I sec. a.C., presenta un testo, che come tutti i testi scritti nelle lingue semitiche, è formato solo di consonanti. Questo testo è stato cambiato molte volte. La traduzione greca dei LXX e le scoperte di Qumran, mostrano un testo ebraico diverso che noi conosciamo oggi.
Nel periodo che va fino al 500 circa d.C. viene fissato un unico testo, di sole consonanti. Questo testo viene chiamato con il termine tecnico canonico, cioè accettato da tutti come ufficiale e ispirato.
Nel terzo periodo che va fino al 900 d.C., al testo consonantico vengono aggiunte le vocali per renderne possibile la lettura anche a noi occidentali. Questo è il testo definitivo giunto fino a noi.
Gli studiosi che hanno compiuto questo lavoro di fissazione e di tradizione furono chiamati masoreti perché in ebraico il verbo tramandare si dice masar. Il testo ebraico che si usa oggi è detto, per questo, Testo Masoretico.
Una provvidenziale scoperta
Prima del 1947 si conosceva soltanto il Testo Masoretico. In questa data memorabile, a sud del deserto di Giuda, si scoprirono per caso le grotte di Qumran, che erano state abitate da un particolate gruppo di religiosi ebrei, detti Esseni. In queste grotte, dentro delle giare, si trovarono i rotoli della Bibbia ebraica che risalgono al 150-70 circa d.C., anteriori, quindi, di quasi dieci secoli al più antico manoscritto prima conosciuto, che risale al X secolo d.C. A Qumran è stato trovato il rotolo di Isaia, e con gioia degli studiosi, si è verificato che corrisponde a quello che si leggeva ai tempi di Gesù.
L’edizione critica più autorevole delle Scritture ebraiche che oggi possediamo è la Biblia Hebraica Stuttgartensia, Stuttgart 1967-77, che riproduce la tradizione ebraica storicamente più autorevole, cioè la masoretica.
sr Filippa Castronovo, fsp