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Donne e uomini di misericordia

1_uominidonne24 marzo 2016: Una commossa memoria ci ha accompagnato in questa Ventesima giornata di preghiera e di digiuno in memoria dei missionari e delle missionarie martiri.

Istituita or sono vent’anni ricorda il giorno in cui mons. Oscar Arnulfo Romero, vescovo di san Salvador, a causa del suo impegno nel denunciare le violenze della dittatura militare del suo Paese, fu ucciso da un cecchino degli squadroni della morte mentre stava celebrando la messa nella cappella di un ospedale. Ne abbiamo fatto una commossa memoria perché è giusto, doveroso e gratificante farne memoria in questo giubileo e definirli – come è stato fatto – “Donne e uomini di misericordia”.

Negli ultimi anni il numero dei martiri è andato crescendo. Domenica scorsa – 20 marzo – fu ucciso in Congo il padre assunzionista Vincent Machozi; il 4 marzo furono massacrate nel loro convento ad Aden nello Yemen, quattro Missionarie della carità (suore di Madre Teresa) con altre dodici persone, tutte dedite gioiosamente, pur nella fatica, all’affettuosa assistenza ad anziani e disabili. Nella stessa occasione fu rapito padre Tom Uzhunnalil, sacerdote indiano salesiano e di lui ancora nessuna notizia.

E’ una gloriosa ininterrotta catena di martiri – ripetiamo – che va crescendo di anello in anello: nel 2015 sono stati 22 gli operatori pastorali uccisi nel mondo; dal 1980 allo scorso anno, sono state 1.084 le vittime – sacerdoti, religiosi, suore e laici – solo i casi accertati e di cui si è avuta notizia. Il martiro è testimonianza di fedeltà, di autenticità di vita; di scelte audaci, di opzioni coraggiose al limite della consapevolezza. Tutti questi nostri martiri conoscevano l’ambiguità della loro situazione, le pericolosità inserite nella loro vita e nello loro azioni di servizio disinteressato, e non si va e non ci si espone alla morte senza una profonda vera vita di fede, di speranza, di amore; senza un ideale che supera gli orizzonti soltanto umani.

“Amando fino alla fine” è stato il tema proposto per questo 24 marzo, perché nel primo giovedì santo della storia – scrive Giovanni nel suo Vangelo – “Gesù, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine”, li amò sino all’stremo del dono di sé, senza riserve, a quell’estremo a cui lo voleva il Padre per la nostra salvezza.

I martiri, i nostri martiri di oggi, anche in forza della grazia del Battesimo, sono lì a testimoniare che vale la pena offrire la propria vita, in piena gratuità giorno dopo giorno e notte dopo notte, se necessario, perché altri abbiano vita, vivano in salute, in condizioni realisticamente e possibilmente umane, secondo la diversità delle situazioni.

I ‘rinati dal Battesimo’, noi – cristiani – sappiamo che il male e la morte non hanno l’ultima parola. Secondo papa Francesco i martiri «ci fanno comprendere che nelle prove accettate a causa della fede, la violenza è sconfitta dall’amore, la morte dalla vita». E si augura che “il sacrificio dei martiri rafforzi l’impegno per la libertà di fede. (B.M.)