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I migranti, persone, non numeri

PP_PAPA“Questa è una visita segnata dalla tristezza. Non è un viaggio come gli altri. Noi andiamo ad incontrare una catastrofe umanitaria più grande dopo la Seconda Guerra mondiale. Lo dico non per amareggiarvi ma per trasmettervi lo stato d’animo con cui faccio questo viaggio”, così Papa Francesco commosso ha detto ai giornalisti ne viaggio di andata verso Lesbo.

Il Patriarca Ecumenico Bartolomeo, l’Arcivescovo Ieronymos di Atene e Papa Francesco hanno incontrato e salutato circa 300 profughi provenienti dall’Iraq, dall’Afghanistan, dalla Siria, dall’Africa, e visitato uno dei campi dei rifugiati. Le immagini sono state eloquenti: abbracci, carezze, lacrime, pianto, storie dolorose di famiglie che la guerra e la morte in mare ha diviso.

“Non abbiamo bisogno di dire molte parole. Soltanto quelli che hanno incrociato lo sguardo di quei piccoli bambini che abbiamo incontrato nei campi dei rifugiati, potranno immediatamente riconoscere nella sua totalità, ‘la bancarotta’ dell’umanità e della solidarietà che l’Europa ha dimostrato in questi ultimi anni a queste persone e non soltanto a loro” ha detto l’arcivescovo Ieronymos nel suo breve ma forte discorso al campo di Moria, “tuttavia noi agiremo – ha proseguito – fino a che si ponga fine a tale aberrazione e svalutazione della persona umana. Da questa isola di Lesbo, spero che abbia inizio un movimento mondiale di consapevolezza per un cambiamento dell’attuale situazione da parte di coloro che hanno nelle mani il destino delle nazioni e per riportare la pace e la sicurezza per ogni casa, per ogni famiglia”. Ma anche Bartolomeo I, Patriarca ecumenico di Costantinopoli, ha affermato: “Abbiamo pianto mentre vedevamo il Mediterraneo diventare una tomba per i vostri cari. Abbiamo pianto vedendo la simpatia e la sensibilità del popolo di Lesbo e delle altre isole. Ma abbiamo pianto anche quando abbiamo visto la durezza dei cuori dei nostri fratelli e sorelle – i vostri fratelli e sorelle – chiudere le frontiere e voltare le spalle. Coloro che hanno paura di voi non hanno guardato nei vostri occhi. Coloro che hanno paura di voi non vedono i vostri volti. Coloro che hanno paura di voi non vedono i vostri figli. Il mondo – ha ribadito – sarà giudicato dal modo in cui vi ha trattato. E saremo tutti responsabili per il modo in cui rispondiamo alla crisi e al conflitto nelle vostre regioni di origine”. Non è mancata la voce di Papa Francesco che ha detto: “ Siamo venuti per richiamare l’attenzione del mondo su questa grave crisi umanitaria e per implorarne la risoluzione. Come uomini di fede, desideriamo unire le nostre voci per parlare apertamente a nome vostro. Speriamo che il mondo si faccia attento a queste situazioni di bisogno tragico e veramente disperato, e risponda in modo degno della nostra comune umanità”.

Hanno firmato poi una congiunta dichiarazione e dopo il pranzo consumato con alcuni profughi, i tre leader religiosi si sono recati al porto di Mytiline, per pregare e gettare corone d’alloro nel mare diventato la culla delle vittime di questa tragedia. Il Papa rivolgendosi agli abitanti di Lesbo li ha inviati a “dimostrare che in queste terre, culla di civiltà, pulsa ancora il cuore di un’umanità che sa riconoscere prima di tutto il fratello e la sorella, un’umanità che vuole costruire ponti e rifugge dall’illusione di innalzare recinti per sentirsi più sicura. Le barriere creano divisioni e anziché aiutare il vero progresso dei popoli, e le divisioni prima o poi provocano scontri”.

…Che su tutto prevalga sempre la dignità della persona umana e non gli interessi particolari. La solidarietà diventa gesto di accoglienza che ha voluto fare il Papa accompagnando a Roma con il suo stesso aereo tre famiglie di rifugiati dalla Siria, 12 persone in tutto, di cui 6 minori. Si tratta di persone già presenti nei campi di Lesbo prima dell’accordo fra l’Unione Europea e la Turchia, così ha riferito padre Lombardi nel dialogo con i giornalisti nel viaggio di ritorno da Lesbo. L’iniziativa del Papa è stata realizzata tramite una trattativa della Segreteria di Stato con le autorità competenti greche e italiane. I membri delle famiglie sono tutti musulmani. Due famiglie vengono da Damasco e una da Deir Azzor, che è nella zona occupata dal Daesh. Le loro case sono state bombardate. L’accoglienza e il mantenimento delle famiglie saranno a carico del Vaticano. L’ospitalità iniziale sarà garantita dalla Comunità di Sant’Egidio. (D.S.)