Vorrei condividere con voi alcune riflessioni che, alla luce dell’Anno della Misericordia e in stretto legame con l’ambito economico, toccano da vicino il nostro vissuto personale e pastorale.
Ognuna di noi è consapevole dei rapidi mutamenti a livello economico, politico e sociale che stanno vivendo i nostri popoli. L’invito ripetuto di Papa Francesco a considerare come un grande male “la globalizzazione dell’indifferenza”, forse è per noi un invito a riflettere su ciò che possiamo vivere e proporre ai nostri contemporanei perché avvenga la “globalizzazione della solidarietà” e quindi vinca la misericordia.
Ci toccano da vicino le sofferenze di tanti migranti che si rivolgono all’Europa per trovare riparo dalle guerre e povertà e le reali difficoltà che affronta l’Europa per trovare la strada migliore per l’accoglienza e anche per la lotta al terrorismo. Se volgiamo lo sguardo all’Oriente, costatiamo anche lì tensioni politiche e grande diversità nel modo con cui gli Stati assicurano una politica sociale di pari opportunità, d’accoglienza e di lotta alla povertà. E in questi ultimi giorni seguiamo con preoccupazione nell’America Latina il clima teso, che scaturisce da realtà nazionali in reale difficoltà e in particolare nel Brasile che si trova in una profonda crisi politica che da qualche tempo grava sull’economia, già in difficoltà; ugualmente seguiamo la realtà del Venezuela che da anni lotta per far riemergere la democrazia e uscire da ciò che oggi si definisce come una crisi umanitaria per carenza di medicine e anche di cibo.
Ognuna di voi nel contatto quotidiano con tante realtà, avrà una visione senz’altro realista su ciò che si sta vivendo e senza dubbio si sente spronata personalmente e come comunità a dare il proprio contributo per lenire le ferite del nostro popolo e accogliere l’invito di Papa Francesco:
«In questo Giubileo ancora di più la Chiesa sarà chiamata a curare queste ferite, a lenirle con l’olio della consolazione, fasciarle con la misericordia e curarle con la solidarietà e l’attenzione dovuta. Non cadiamo nell’indifferenza che umilia, nell’abitudinarietà che anestetizza l’animo e impedisce di scoprire la novità, nel cinismo che distrugge. Apriamo i nostri occhi per guardare le miserie del mondo, le ferite di tanti fratelli e sorelle privati della dignità, e sentiamoci provocati ad ascoltare il loro grido di aiuto. Le nostre mani stringano le loro mani, e tiriamoli a noi perché sentano il calore della nostra presenza, dell’amicizia e della fraternità. Che il loro grido diventi il nostro e insieme possiamo spezzare la barriera di indifferenza che spesso regna sovrana per nascondere l’ipocrisia e l’egoismo»[1].
del suo servizio al bene comune. Come tale, essa ha la responsabilità di aiutare a superare la complessa crisi sociale ed ambientale e di combattere la povertà”. Dunque, la Misericordia è componente imprescindibile di un’economia che sappia salvare se stessa tutelando la dignità dell’uomo e salvaguardando la casa comune facendosi carico delle due dimensioni inestricabilmente congiunte della sostenibilità sociale e di quella ambientale»[2].
Il 2 marzo c.a., nella Cattedrale di San Giusto martire – Diocesi di Trieste, ha avuto luogo un incontro significativo tenuto dal prof. Stefano Zamagni, ordinario di Economia Politica all’Università di Bologna, sul tema “Misericordia e affari: due mondi separati. La proposta cristiana”. In quella sede il prof. Zamagni disse:
Ma cosa dice a noi oggi il mettere a confronto la Misericordia e l’economia? Possono andare insieme? Una risposta la troviamo in un dossier pubblicato dall’Associazione Nazionale dei Commercialisti Italiani, intitolato: ”Misericordia ed Economia: utopia o binomio indispensabile?”. In questo documento essi fanno un’accurata analisi storica delle diverse teorie economiche, le ricadute in diverse Nazioni e fanno anche un’analisi fondata su statistiche. Alla fine però approdano a questa conclusione:
«Per chiudere con le parole che lo stesso Papa Francesco ha rivolto allo World Economic Forum 2016 di Davos, la visione di un capitalismo veramente fruttuoso per l’uomo è quella in cui “l’attività imprenditoriale è una nobile vocazione orientata a produrre ricchezza e a migliorare il mondo per tutti, soprattutto se comprende che la creazione di posti di lavoro è parte imprescindibile e mondi separati. La proposta cristiana”. In quella sede il prof. Zamagni disse:
«E’ possibile coniugare i due aspetti. Il cristiano deve poter credere ad una tale declinazione perché in caso contrario si troverebbe al cospetto di un dilemma etico» Ma come si coniugano in pratica i due mondi separati? «Mirando intanto ad una nozione di giustizia finalizzata al bene, evitando la trappola del facile giustizialismo e stabilendo all’interno della sfera economica e imprenditoriale forme di relazioni interpersonali, in modo più attivo e umano»[3]
Concludo con le parole di Mons. Enzo Gerardi che, a mio avviso, sono una provocazione per il nostro vivere e propone la povertà evangelica nei diversi ambiti pastorali:
«La beatitudine della povertà si ottiene quando la vita si lascia plasmare dal dono, quando le cose non sono più tiranne, quando il cuore si è liberato dalla passione dell’avarizia e della cupidigia. Il passaggio dalla logica del possesso alla logica del dono ottiene ciò che l’uomo desidera dalla vita, vale a dire la beatitudine»[4]
sr Aminta Sarmiento Puentes, sjbp
[1] Misericordiæ Vultus, Bolla Pontificia di Papa Francesco, Roma 2015, n. 15
[2] Giovanni Castellani e Giovanni Ferri, «Misericordia ed economia: utopia o binomio indispensabile?» in Fondazione Nazionale Commercialisti, Roma 2016.
[3] Cardella Francesco, Il “matrimonio cristiano” tra gli affari e la misericordia, in Quotidiano il piccolo, Trieste, 4 marzo 2016.
[4] Gerardi Enzo, Le malattie dell’anima, EDB, Bologna 2013,133