Comunicazione e misericordia: un incontro fecondo
Il tema scelto quest’anno dal Santo Padre per la 50° Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali è: Comunicazione e misericordia: un incontro fecondo.
La comunicazione è in primo luogo un segno d’amore, quindi di misericordia. Poiché la Chiesa è chiamata a vivere “la misericordia quale tratto distintivo di tutto il suo essere e il suo agire”, ogni parola o gesto “dovrebbe poter esprimere la compassione, la tenerezza e il perdono di Dio per tutti”. Così si apre il messaggio di papa Francesco per questa giornata “L’amore, per sua natura, è comunicazione, conduce ad aprirsi e a non isolarsi. E se il nostro cuore e i nostri gesti sono animati dalla carità, dall’amore divino, la nostra comunicazione sarà portatrice della forza di Dio”. Tutti, nessuno escluso, sono “chiamati a comunicare da figli di Dio con tutti”, trasmettendo quella “misericordia” in grado di “toccare i cuori delle persone e sostenerle nel cammino verso la pienezza della vita”.
Scegliendo “con cura parole e gesti”, gli uomini possono “superare le incomprensioni, guarire la memoria ferita e costruire pace e armonia”. Le parole, quindi, possono “gettare ponti tra le persone, le famiglie, i gruppi sociali, i popoli”, tanto nell’ambiente “fisico”, quanto in quello “digitale”. A tale scopo, il Papa esorta a “parole e azioni” che aiutino ad “uscire dai circoli viziosi delle condanne e delle vendette, che continuano ad intrappolare gli individui e le nazioni, e che conducono ad esprimersi con messaggi di odio”.
Il cristiano deve quindi esprimersi con parole che facciano “crescere la comunione” e, anche quando deve “condannare con fermezza il male”, è tenuto a cercare di “non spezzare mai la relazione e la comunicazione”. I “risentimenti” e le “vecchie ferite” che rischiano “intrappolare le persone e impedire loro di comunicare e di riconciliarsi”, sono riscontrabili anche nei “rapporti tra i popoli” ma, in tutti questi casi “la misericordia è capace di attivare un nuovo modo di parlare e di dialogare”.
Per questo, papa Francesco cita Shakespeare, che, ne Il mercante di Venezia, scrive: «La misericordia non è un obbligo. Scende dal cielo come il refrigerio della pioggia sulla terra. È una doppia benedizione: benedice chi la dà e chi la riceve».
Il linguaggio della misericordia, dovrebbe permeare anche la “politica” e la “diplomazia”, facendo così appello “a quanti hanno responsabilità istituzionali, politiche e nel formare l’opinione pubblica, affinché siano sempre vigilanti sul modo di esprimersi nei riguardi di chi pensa o agisce diversamente, e anche di chi può avere sbagliato”. La misericordia quindi “offre calore a quanti hanno conosciuto solo la freddezza del giudizio”, con uno stile comunicativo, in grado di superare “la logica che separa nettamente i peccatori dai giusti”.
Se è vero che è “nostro compito ammonire chi sbaglia”, al fine di “liberare le vittime” del male e “sollevare chi è caduto”, mai si può “giudicare le persone, perché solo Dio può leggere in profondità nel loro cuore”.
La verità che ci farà liberi (cfr. Gv 8,32), va affermata “con amore” ed accompagnata da parole di “mitezza e misericordia” che tocchino “i cuori di noi peccatori”. Al contrario, “parole e gesti duri o moralistici corrono il rischio di alienare ulteriormente coloro che vorremmo condurre alla conversione e alla libertà, rafforzando il loro senso di diniego e di difesa”.
Elemento fondamentale nella dinamica della comunicazione è la “mai facile” dimensione dell’ascolto, ovvero la capacità di “condividere domande e dubbi, di percorrere un cammino fianco a fianco, di affrancarsi da qualsiasi presunzione di onnipotenza e mettere umilmente le proprie capacità e i propri doni al servizio del bene comune”. Nell’ascolto, spiega il Papa, “si consuma una sorta di martirio, un sacrificio di sé stessi” che, comunque, comporta “una grazia immensa”, quindi è “un dono che bisogna invocare per poi esercitarsi a praticarlo”.
“Anche e-mail, sms, reti sociali, chat possono essere forme di comunicazione pienamente umane. Non è la tecnologia che determina se la comunicazione è autentica o meno, ma il cuore dell’uomo e la sua capacità di usare bene i mezzi a sua disposizione. Le reti sociali sono capaci di favorire le relazioni e di promuovere il bene della società ma possono anche condurre ad un’ulteriore polarizzazione e divisione tra le persone e i gruppi. L’ambiente digitale è una piazza, un luogo di incontro, dove si può accarezzare o ferire, avere una discussione proficua o un linciaggio morale. Prego, afferma papa Francesco, che l’Anno Giubilare vissuto nella misericordia «ci renda più aperti al dialogo per meglio conoscerci e comprenderci; elimini ogni forma di chiusura e di disprezzo ed espella ogni forma di violenza e di discriminazione» (Misericordiae Vultus, 23). Anche in rete si costruisce una vera cittadinanza. L’accesso alle reti digitali comporta una responsabilità per l’altro, che non vediamo ma è reale, ha la sua dignità che va rispettata. La rete può essere ben utilizzata per far crescere una società sana e aperta alla condivisione.
La comunicazione, i suoi luoghi e i suoi strumenti hanno comportato un ampliamento di orizzonti per tante persone. Questo è un dono di Dio, ed è anche una grande responsabilità. Mi piace definire questo potere della comunicazione come “prossimità”.
L’incontro tra la comunicazione e la misericordia è fecondo nella misura in cui genera una prossimità che si prende cura, conforta, guarisce, accompagna e fa festa.
Il messaggio si conclude ricordando che in un mondo diviso, frammentato, polarizzato, comunicare con misericordia significa contribuire alla buona, libera e solidale prossimità tra i figli di Dio e fratelli in umanità” (Diesse)