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Biagio

BIAGIO2A inizio anni Novanta Biagio Conte vende tutto quello che ha e lascia la famiglia benestante a Palermo per incamminarsi alla ricerca del senso dell’esistere. Il suo è un percorso iniziatico che passa dalle montagne al mare, in totale povertà, ed è costellato di incontri in cui Biagio “smonta” e inverte di segno la diffidenza e l’ostilità dei suoi “fratelli”, trasformando ogni contatto umano in un’occasione di speranza. Ad accompagnarlo ci sono le parole e l’esempio di San Francesco, e dunque il viaggio di Biagio non può che culminare ad Assisi dove, sdraiato sul pavimento della chiesa, l’uomo troverà la sua pace interiore. Ma avrà veramente trovato Dio? Pasquale Scimeca racconta la (vera) storia di Biagio Conte come una parabola iniziatica e un antidoto per i nostri tempi bui: non a caso si svolge quando ancora c’erano le lire e un senso elementare di accoglienza non del tutto cancellato dalla paura ingenerata dalla crisi. Il punto di vista è quello di un laico, impersonato nel film dall’anziano regista che va ad intervistare Biagio ormai malato e si domanda: perché facciamo i film? La risposta di Scimeca è etica ed estetica: raccontare una favola morale senza sentimentalismi e senza fare dell’uomo che ne è protagonista un santo al di sopra del dubbio e dell’umana sofferenza, attraverso una telecamera digitale che segue Biagio passo passo, all’interno di una natura registrata in alta definizione come un’armonia di contrasti, seguendo una linea narrativa nitida ed essenziale, asciutta e rigorosa. Una linea dal percorso solo apparentemente casuale, in realtà guidato da una volontà interiore che trasforma il vagabondaggio di Biagio in un cerchio che si chiude: l’uomo finirà il suo viaggio nella nativa Palermo dalla quale è fuggito, disgustato dal materialismo del suo ambiente sociale, e fonderà proprio lì la sua Missione di Speranza e Carità per dare asilo agli ultimi e portare fino in fondo la sua ispirazione francescana. Scimeca evita ogni compiacimento e sceglie la strada della semplicità, realizzando non il film che si era messo in testa, ma il film che quella storia gli ha dettato: anche lui si lascia guidare, con umiltà e partecipazione, dalla mano di Biagio, lasciando spazio alla possibilità (ma non alla certezza) che dietro quella ci sia una mano più grande. Il suo film non accetta compromessi, men che meno commerciali (la lentezza della storia non lo aiuterà con il grande pubblico), perché è lui stesso in missione per conto forse di Dio, certamente di una profonda ispirazione spirituale. Contrariamente ai registi di alta tensione mistica (uno per tutti: Carl Theodor Dreyer) Scimeca rifiuta l’ascesi e l’astrazione per rimanere con i piedi ben piantati a terra, nudi come quelli di un francescano, e ci fa sentire il freddo, la fame, la fatica, il dolore fisico. La sua ricerca parte dal basso e si mantiene rasoterra, perché è quintessenzialmente umana, non (ancora) imbevuta di grazia divina. Biagio decide di non toccare più soldi in vita sua, ma tocca liberamente le persone e gli animali, cogliendoli di sorpresa e convertendoli alla propria visione priva di paura, al proprio senso universale di fratellanza. La gente gli risponde perché si presenta disarmato, in ginocchio, dispensando consolazione e conforto. E il fatto che la sua gentilezza colga tutti contropiede la dice lunga sul nostro mondo circospetto. Anche il film Biagio allarga l’anima e trova spazio al bene nelle nostre coscienze. Le immagini limpide e croccanti fanno il resto, lavorando sul nostro inconscio per restituirci un senso del vero e del buono.

Paola Casella

Biagio

Un film di Pasquale Scimeca

Dvd, euro 14,90