Così una preghiera liturgica del III secolo. E’ la segnalazione della ‘presenza’ di un Tu che non è mai venuta meno. E’ un condensato di pace, sintesi pacata e realista di una storia vissuta come storia di salvezza.
Nelle varie esperienze della vita di tutti il ritorno all’età fanciulla – dalla quale far partire la memoria della propria storia – entra nella normalità. E questo richiamare alla mente il tempo trascorso aiuta a comprendere la realtà dell’oggi, le sofferenze, le reazioni, le nostalgie, i rimpianti, i sentimenti emozionanti di gratitudine. La memoria aiuta a fare i necessari od opportuni bilanci, confronti e verifiche. Scrive Romano Battaglia: “E’ nella memoria che ritroviamo tutte le tracce degli avvenimenti, a volte non eccezionali, ma per noi particolarmente significativi, che ci hanno permesso di diventare ciò che siamo”.
La memoria – come la coscienza – è la cosa più personale che esista. Gli altri possono ricordare qualcosa o molto di quello di cui sono stati testimoni, che hanno visto e/o udito, i momenti che hanno vissuto con te, ma soltanto tu porti in te, in un continuo crescendo, la tua storia. Potrai anche avere momenti di amnesia e soffrirne, ma le vicende essenziali restano; l’ordito di fondo ti accompagna in tutto lo scorrere del ‘tuo’ tempo. “Ognuno ha il proprio passato dentro di sé come le pagine di un libro imparato a memoria e di cui agli amici possono solo leggere il titolo” (Virginia Woolf).
Quel liturgista del III secolo si rifaceva alla propria esperienza. Non ricordava semplicemente un data o un evento. In forma matura prendeva coscienza che non aveva mai attuato da o come solista; tutta la sua vita era stata una ‘tessitura a più mani’, una ‘storia accompagnata’, perché il Signore è presenza ed è pienezza in mille modi. Anche se non lo vedi e non lo senti. E se nel tuo fare memoria t’accorgi di aver sbagliato, non puoi fare che non sia. L’unica strada è consegnarlo al Signore, al suo amore e al suo perdono, alla sua misericordia. “La misericordia sarà sempre più grande di ogni peccato. Nessuno può porre un limite all’amore di Dio che perdona” (MV 3) ha scritto papa Francesco. Ed è quanto è avvenuto al ‘buon’ ladrone, là a Gerusalemme, sul Monte Calvario, inchiodato su una croce come Gesù, l’Innocente, in un venerdì che, da allora, è stato e sarà per tutti i secoli a venire, ’venerdì santo’.
sr Biancarosa Magliano, fsp
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