“Siamo partiti con la jeep, sotto una pioggia incessante, le ruote sprofondavano nel fango. Arrivati quasi a metà Il vescovo della diocesi congolese aveva tanto insistito perché andassero proprio lì, fra Pigmei e Bantu, a portare i primi aiuti sanitari. Prima in una capanna, poi una piccola costruzione diventata con gli anni sempre più grande. Ora è un vero ospedale in mezzo alla foresta, molto lontano dalla città più vicina. Il Centro Sanitario don Domenico Pincelli oggi è considerato un fiore all’occhiello della sanità congolese. Suor Rita racconta i primi approcci con quella realtà: “Al nostro arrivo dopo un estenuante viaggio, aprendo la pista davanti a noi con piccone, sega, badile e qualche pezzo di corda, abbiamo trovato solamente un rudere, dove 30 anni prima sorgeva una piccola missione, infestato da topi, insetti e serpenti. Senza perderci d’animo, un po’ alla volta, con instancabile pazienza e tanto sacrificio abbiamo iniziato ad offrire alla popolazione due servizi assolutamente mancanti e assolutamente necessari: assistenza medica e istruzione”. L’ospedale è l’unico nel raggio di 200 chilometri e accanto è sorta anche una scuola. Oggi il nuovo padiglione di degenza presso il Centro Sanitario don Domenico Pincelli a Sembé, nel Congo Brazzaville, nel mezzo della foresta equatoriale, è ormai completato e a disposizione della popolazione della zona composta principalmente da due etnie: Bantu e Pigmei, questi ultimi più numerosi e poverissimi. Suor Rita Panzarin, suora francescana, è una leader naturale, una trascinatrice: calma ma decisa. Il coraggio non le manca. è arrivata nel Congo Brazzaville nel gennaio 1995, nessuno avrebbe nemmeno lontanamente immaginato di realizzare ciò che oggi è davanti agli occhi di tutti. L’incontro con i Pigmei, che vivono in misere capanne di foglie sparse nella lussureggiante vegetazione, è stato inizialmente molto difficoltoso. Questa gente ormai non si fidava più di nessuno: alcuni missionari giunti fin lì, dopo pochi mesi non hanno resistito alle durissime condizioni di vita e sono andati via. La svolta è avvenuta da quando le suore iniziano a occuparsi gli ammalati, vaccinano i bambini e forniscono agli adulti fondamentali consigli per la prevenzione delle malattie più diffuse. Contemporaneamente, intorno alla missione, sotto gli alberi iniziano le lezioni ai bambini. E poco alla volta si passa dalle capanne di fango e a piccole costruzioni in legno. L’ultimo “nato” è il padiglione Saint Paul, con 40 posti letto, di cui 16 per l’assistenza pediatrica e altrettanti per l’assistenza ostetrica e ginecologica, più otto posti letto sono assegnati alle emergenze chirurgiche. Ora il Centro sanitario può ospitare fino a 100 malati contemporaneamente, con particolare riguardo ai bambini e alle donne in gravidanza a rischio, ai malati di TBC, malaria, Aids… Allo stesso tempo proseguono le “missioni sanitarie” nel folto della foresta, utilizzando l’apposito fuoristrada attrezzato per il primo intervento e che può trasportare all’ospedale i malati più gravi. Suor Rita Panzarin è l’anima di quest’opera. Oltre al suo lavoro di ostetrica è diventata “geometra”, direttrice dei lavori, economa… È riuscita a coinvolgere i capi villaggio, le autorità locali, i volontari e associazioni italiane di volontariato. E ogni occasione è buona per cercare il dialogo e l’integrazione fra le due principali etnie, spesso rivali tra loro. I risultati sono evidenti: al Centro sanitario sono ricoverati ammalati di entrambe le etnie e nelle aule scolastiche i bambini imparano anche la pacifica convivenza, l’accoglienza reciproca, l’integrazione nella diversità. Oggi anche la foresta sta cambiando sotto la scure dei cinesi, che tagliano ettari e ettari di bosco. Anche per loro c’è l’ospedale di suor Rita, se qualcuno di fa male. Fonte: www.unimondo.org |