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11. I libri dei cristiani

bibbia1I libri cristiani che compongono il Nuovo Testamento, tra i quali emergono i quattro Vangeli (cfr. DV 18), si sono formati in modo più veloce rispetto ai libri delle Scritture ebraiche.  La loro origine coinvolge molto meno persone e il loro contenuto non si basa su di un insegnamento divino da tramettere, ma sulla persona di Gesù, più importante delle stesse Scritture. Gli stessi testimoni oculari erano ritenuti più autorevoli di qualsiasi documento scritto.  Dopo la loro morte nacque la necessità di non perdere la loro memoria fedele e la loro testimonianza su Gesù e cominciò a operarsi il passaggio dalla tradizione orale a quella scritta.  I motivi di questa decisione sono tre:

  1. Dopo la morte dei testimoni, la distanza temporale dalla loro presenza rischiava di far perdere nitidezza ai loro racconti orali, con il rischio di sfumare il contenuto originario della loro ‘tradizione’. La fede cristiana si diffondeva, inoltre, oltre la Palestina e la distanza geografica rendeva difficile sia consultazione sia la comunicazione tra le comunità. Sorgeva dunque la necessità di affidarsi a mezzi più durevoli della tradizione orale originaria.
  2. La scomparsa dei primi testimoni oculari e il ritardo della parusia (ritenuta agli inizi della fede cristiana imminente: cfr. 1Ts 5, 1ss) costrinsero le comunità cristiane a produrre i primi testi scritti adatti a consegnare alle generazioni future il patrimonio della fede.
  3. A questo si aggiungono le controversie tra cristianesimo e giudaismo e tra esponenti interni della stessa fede cristiana che interpretavano in modo diverso i rapporti tra fede cristiana e pratica giudaica. Un esempio è quello della interpretazione della pratica della Legge, rispetto alla centralità della fede cristiana, sostenuta da Paolo. Le comunità cristiane dovevano, dunque, identificarsi nei confronti delle Scritture ebraiche.

La storia della definizione del canone del Nuovo Testamento va dal  II al IV sec. E non è stata pacifica, in quanto le controversie furono numerose. Si stabilirono tre criteri  guida per stabilire la  “canonicità” di un libro:

– la sua origine apostolica;

– la conformità del suo contenuto alla regola della fede apostolica;

– il suo uso nella liturgia

 

Paolo è il primo scrittore ispirato del Nuovo Testamento.  Le lettere da lui redatte sono datate fra il 50 e il 60 circa d.C. Il Vangelo di Marco, primo tra i quattro, fu scritto verso gli anni 70 d.C!  (cfr. scheda 10. Gesù, Parola fatta carne, nel secondo Testamento). All’apostolo di attribuisce il corpus paolinum, cioè,  s’intende l’insieme delle lettere scritte per aiutare le comunità da lui fondate a crescere nella fede che avevano abbracciato e quelle scritte da alcuni suoi discepoli che ne hanno mantenuto vivo il ricordo e interpretato fedelmente il  pensiero nelle nuove situazioni.

Il corpus paolinum è diviso in tre gruppi:  il primo comprende le sette lettere di cui si riconosce la paternità paolina o ‘homologoumena’: la prima ai Tessalonicesi, la prima e la seconda ai Corinzi, Romani, Galati, Filippesi, Filemone. Il secondo o le lettere discusse o ‘antilegomena’: la seconda ai Tessalonicesi, Colossesi ed Efesini. Infine, il terzo, di sui fanno parte la prima e la seconda a Timoteo e Tito, dette pastorali, perché indirizzate a due vescovi.

L’autorevolezza delle lettere di Paolo è testimoniata in 2Pt 3,15-16, scritta verso la fine del I secolo. Quest’autore riconosce agli scritti di Paolo un valore pari alle altre Scritture, cioè all’ Antico testamento che erano gli unici scritti ispirati che allora si riconoscevano.

Terzo gruppo di scritti del NT: questa terza parte conosce una storia molto simile a quella della terza parte dell’AT, cioè  gli Scritti, a causa della mancanza di dati e di informazioni precise. Comprende i protocanonici, la cui canonicità non fu mai discussa: la prima lettera di Pietro  e la prima lettera di Giovanni. I deuterocanonici, riconosciuti come canonici in un secondo momento:  Giacomo, seconda di Pietro, seconda e terza di Giovanni , lettera di Giuda e Apocalisse.

 Il canone dei libri cristiani si definisce definitivamente nel IV secolo, quando terminate le persecuzioni, il cristianesimo ottiene un riconoscimento ufficiale all’interno dell’impero romano. La libertà di culto che favorì le comunicazioni tra le comunità creò la necessità di fissare un canone comune tra tutte le comunità cristiane. Il primo elenco completo è quello di Eusebio di Cesarea (verso il 325) nella sua Storia ecclesiastica (3,25), seguito da quelli di Cirillo di Gerusalemme (350), Atanasio di Alessandria (367), Gregorio di Nazianzo (400), Agostino (400), liste poi sancite dai concili di Ippona (393) e di Cartagine (397).

Il canone delle chiese cristiane

 Canone ortodosso: considera canonici i libri contenuti nella versione greca della LXX, anche se l’ordine è parzialmente diverso da quello ebraico originale. Le chiese greco-ortodosse hanno stabilito in maniera definitiva il canone biblico nel Sinodo di Gerusalemme del 1672.

Canone cattolico: accoglie  l’ordine e la classificazione presente nella traduzione latina di Girolamo a fine IV secolo, che comprendeva pure i deuterocanonici.

Canone protestante: contiene gli stessi libri della Bibbia ebraica.

Canone copto: nell’Antico Testamento accoglie i testi del canone lungo della LXX e alcuni testi considerati apocrifi dalle altre confessioni cristiane (Libro dei Giubilei, Libro di Enoch.

Canone siriaco. La traduzione della Bibbia in siriaco detta Peshitta, ufficiale tra le varie chiese siriache presenta alcune diversità. L’Antico Testamento comprende alcuni testi considerati apocrifi dalle altre confessioni cristiane (Salmi 151-155 e II libro di Baruc).  

In tutte le confessioni cristiane, il Nuovo Testamento comprende 27 libri.

sr Filippa Castronovo, fsp

paceegrazia@gmail.com