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La consapevolezza ci renda responsabili!

In quel tempo, Gesù disse ai farisei: «C’era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti. Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe. Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: “Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma”.

Ma Abramo rispose: “Figlio, ricòrdati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti. Per di più, tra noi e voi è stato fissato un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi, non possono, né di lì possono giungere fino a noi”. E quello replicò: “Allora, padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca severamente, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento”. Ma Abramo rispose: “Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro”. E lui replicò: “No, padre Abramo, ma se dai morti qualcuno andrà da loro, si convertiranno”. Abramo rispose: “Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti”».


 

 

Gesù racconta questa parabola ai farisei. Chi sono i farisei? I farisei rappresentavano la classe media di Israele e avevano una grande conoscenza della Torah e della legge orale, di cui seguivano alla lettera le prescrizioni. Spesso e a torto vengono considerati detrattori di Gesù, in realtà invece Gesù si trova frequentemente a discutere con loro: in alcuni casi ne elogia la pietà religiosa e spesso si scontra con loro per gli atteggiamenti di stretta osservanza esteriore. La parabola è narrata in una sezione in cui il tema di fondo è la legge. Il cuore della legge è l’amore a Dio e al prossimo, il ricco invece si dimostra sprezzante e indifferente verso la Parola di Dio e la povertà posta sotto i suoi occhi. Il suo comportamento ha il nome di ingiustizia: è la stessa ingiustizia denunciata dai profeti dell’Antico Testamento, da Gesù e dagli apostoli, e che si manifesta nell’accumulare una quantità smisurata di ricchezze privando gli altri del minimo necessario per la sussistenza. Il ricco non ha nome mentre il povero si chiama Lazzaro che significa “Dio aiuta”: Dio aiuta i poveri e le vittime della storia, e ci sarà un giudizio di Dio alla fine dei tempi, in cui ci chiamerà a rendere conto del nostro comportamento e renderà a ciascuno secondo le sue azioni. La stessa barriera che il ricco aveva creato in terra, la trova rovesciata nell’al di là. A questo ribaltamento delle sorti terrene segue il dialogo tra il ricco e Abramo: con queste parole Gesù non vuole impaurirci o descrivere le “pene dell’inferno”, come siamo soliti pensare, ma semplicemente ricordarci che nella vita può esserci un “troppo tardi”. Dobbiamo vivere il presente come l'”oggi di Dio”, sapendo che il giudizio finale si gioca per ciascuno di noi qui ed ora, perchè l’ultimo giorno non farà che svelare la qualità della nostra vita quotidiana. “Hanno Mosè e i profeti, ascoltino loro”: la fede si fonda sull’ascolto della Parola di Dio e se è autentica, è operante mediante l’amore e si traduce in azioni concrete ispirate dall’amore fraterno. L’amore è l’unica realtà su cui saremo giudicati al termine della nostra vita.

Per la riflessione personale:

1) In cosa oggi la mia consapevolezza non si traduce in responsabilità?

2) In quali scelte oggi sono chiamata a compiere azioni concrete ispirate dall’amore fraterno?

Sr Stefania Sangalli SSM