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Per una necessaria rivoluzione culturale…

gioia-servire1Viviamo in una condizione ormai irreversibilmente cosmopolita di interdipendenza e scambio a livello planetario; ma – ne è sicuro il sociologo Ulrich Beck – non abbiamo neppure iniziato a svilupparne la consapevolezza. Così gestiamo il presente con gli strumenti degli antenati… Ma presumere di poter tornare indietro sottraendosi al vivere insieme è solo una trappola. Si tratta di risolvere i conflitti in maniera diversa da come siamo abituati a fare; e attuare una rivoluzione culturale rispetto al modo in cui oggi si invecchia e si muore prima ancora di crescere (Z.Bauman). Sentirsi ignorati, non amati, non voluti, in Occidente è oggi la malattia più grave. In uno scenario di vita competitivo, nessuno sembra più voler essere un ‘compagno di strada’. Il cercare di apparire a tutti costi, per occupare la scena, muove a cacciare gli altri. L’urgenza di una vera rivoluzione culturale – che passi attraverso il dialogo, l’impegno umile e deciso a pensare, cercare, provare, trovare- è sintesi della Speranza che non delude. Chi annuncia tale Speranza – assicura Papa Francesco – ha orizzonti: vede lontano perché sa guardare al di là del male e dei problemi; al tempo stesso vede bene da vicino, perché è attento al prossimo e alle sue necessità. Chi non desidera per sé che i propri errori siano presi come cose di poco conto e che non gli si parli alle spalle? Chi non sente il bisogno di un sorriso che non sia finto, di una parola che nasca dal rispetto per la propria persona, di qualcuno insomma che ascolti con gli occhi, come fanno i bambini? Madre Teresa per esperienza afferma: “è la conoscenza reciproca che porta all’amore e l’amore al servizio disinteressato”.

“Che cosa cercate?”… è la nuda domanda del Vangelo che richiede con urgenza il ritorno al cuore, là dove non contano ruoli, titoli, poteri…; dove però “si ha tanta forza quanta ne hanno i propri ideali” (E. Ronchi). Se la si lascia entrare e lavorare nel cuore, allora apre sempre sentieri nuovi nel rapporto con se stessi e con le persone. Tutto ha inizio lì. Perché è vero, nella vita non si cammina per colpi di volontà, per ordini o divieti. Si avanza quando si è attratti da una bellezza almeno intravista. E le domande del cuore non mettono a tacere l’altro; rilanciano il dialogo e coinvolgono l’interlocutore; nello stesso tempo lo lasciano libero.

Parlarsi davvero, dice papa Francesco, non è un caffè istantaneo; passa attraverso l’educazione che non dà effetti immediati, ma esige pazienza, perseveranza e profondità. Le chiacchiere di parte dividono gli altri fra ‘chi è nell’errore’ e ‘chi è nel giusto’. Nel dialogo autentico invece s’impara solo ad arricchirsi della diversità dell’altro. Non ci sono insomma perdenti, ma solo vincitori. E il sociologo Bauman, al ‘percorso’ indicato da Francesco per promuovere una cultura del dialogo e ricostruire la tessitura della società, aggiunge una sola parola: ‘Così sia, amen!’.

Luciagnese Cedrone

lucia.agnese@tiscali.it