Nei giorni 11-13 novembre, presso la sede di Via Zanardelli, si è realizzato il convegno nazionale per superiore maggiori e consigli. Un incontro partecipato con entusiasmo da 180 Madri e Sorelle provenienti da tutta Italia.
Venerdì pomeriggio madre Regina Cesarato, presidente USMI nazionale, introduce il convegno con la lectio divina 1 Cor 13: “La via per eccellenza, l’agape”.
Come donne consacrate a Dio siamo inviate al mondo intero per portare ovunque la Misericordia del Padre che noi abbiamo sperimentato per prime: l’inno alla carità di san Paolo è il testo fondamentale per indicare il percorso di vita cristiana che, partendo dall’iniziativa di Dio come agape (amore) collabora alla salvezza del mondo in Cristo Gesù, per la potenza dello Spirito Santo. I doni di Dio, ieri come oggi, possono essere occasione di ambizione, di invidia e gelosia. Infatti l’ideale della vita cristiana è costruire il corpo di Cristo da concretizzarsi nella storia. La comunità di Corinto così ricca di carismi, presenta vari problemi: come mettere insieme l’alto ideale e il travaglio quotidiano talvolta ambiguo e poco chiaro? Anche noi ci accorgiamo con dolore che il Regno di Dio in mezzo a noi come Chiesa e tra noi come comunità di donne consacrate, incontra ostacoli e ritardi per le nostre chiusure, fragilità e peccati. Il testo di 1Cor 13 può essere assunto come nostro programma di vita. Si tratta di percorrere un interessante itinerario verso la piena maturità cristiana.
La risonanza in assemblea porta alla luce tanti aspetti del bellissimo inno alla carità invitando alla riflessione e alla contemplazione dell’infinito e attuale amore di Dio per noi.
La giornata di sabato si apre con la relazione di fratel Luciano Manicardi, vice priore della comunità di Bose, dal titolo: “Una comunità in cui traspare la misericordia del Padre”.
Partendo dall’affermazione che la misericordia è la “parola sintesi” del Vangelo, è il volto di Dio reso visibile in Gesù, il relatore sottolinea l’importanza della vita comunitaria come manifestazione della misericordia. La vita comune diventa “scuola di amore”. Lì s’impara l’arte di amare, la capacità di entrare in empatia con l’altro, si apprende la compassione.
La prima qualità di chi presiede è la misericordia: chi è posto in autorità deve essere più “madre” che “superiora”, capace di creare un clima di fiducia. L’autorità deve essere “umana” e “spirituale” insieme, a servizio della misericordia, capace di creare sinodalità.
Fratel Luciano si sofferma poi sull’importanza dell’ascolto che è “essere presente senza essere soffocante, dedicare tempo, prendere sul serio quello che la sorella dice, portare i pesi gli uni degli altri, avere cura delle anime malate, non generare infantilismo, aprire gli orizzonti della comunità ai grandi problemi del mondo senza fermarsi al proprio piccolo ambiente”.
Il relatore si sofferma inoltre sul problema della “relazione con le sorelle difficili” affermando che proprio qui “abbiano una grande occasione per esercitare la misericordia”. Naturalmente occorre tanta pazienza, però la “persona difficile” o anche “nemica, ostile” può essere perfino una “grazia” perché è solo “il nemico” che mi fa vedere che cosa io porto nel cuore, mi rende cosciente degli aspetti non ancora redenti del mio cuore.
Altro atteggiamento importante è la comunicazione. La parola è il luogo privilegiato per dire la misericordia, ma può essere anche usata male perché la parola “fa”, è “atto”, colpisce e agisce. Da qui la necessità di un’ascesi riguardo la parola, una disciplina, per usare il linguaggio adatto. E soprattutto, non dimentichiamo che “la misericordia si manifesta nel perdono: ricevuto da Dio e donato al prossimo”.
Le domande poste dall’assemblea danno infine modo al relatore di sottolineare l’importanza di una “rigorosa” formazione iniziale.
Nel pomeriggio madre Paola Mancini, superiora generale emerita della congregazione Pie Discepole del Divin Maestro, tratta il tema “Corresponsabilità e sinodalità nei consigli generali e provinciali”. Partendo dalla figura di Mosé e dalle parole di Papa Francesco, madre Paola sottolinea l’importanza, per chi esercita l’autorità nella congregazione, di farsi aiutare, di consultare le sorelle che la Provvidenza di Dio ha messo accanto. Il governo è “una chiamata di Dio per occuparci delle Sorelle che lui stesso ci ha affidato”, da qui la necessità di vivere la dimensione di fede, la spiritualità, la comunione, la relazione. Assumere il servizio di autorità è vivere la maternità spirituale, è farsi serva di tutte per la crescita di ogni singola persona.
La relatrice enumera poi le qualità che l’autorità deve avere: disponibilità a lasciarsi disturbare, saper esercitare la pazienza, lavorare su “tempi lunghi”, avere comprensione dei problemi degli altri, dare il proprio tempo nell’ascolto che è come “dare la vita”, rispettare il dono che ogni persona ha, saper leggere il positivo che c’è nelle sorelle, curare la relazione con ciascuna, avere apertura e dialogo con tutte, saper lavorare insieme, fare discernimento riguardo le varie situazioni e avere attenzione che le decisioni importanti siano condivise, coltivare la formazione personale continua, formare le responsabili ai vari livelli. E soprattutto mai rompere la comunione con posizioni rigide. Le nostre comunità devono essere “luoghi dello Spirito”: per questo occorre coltivare una profonda spiritualità fin dalla formazione iniziale.
La mattinata di domenica 13 novembre si apre con la celebrazione eucaristica, poi l’assemblea si dispone ad ascoltare la dottoressa Marina Strenfelj del Centro Aletti sul tema: “L’invio in missione”. La relatrice esordisce dicendo che la missione “è rivelare all’umanità l’amore di Dio” ma questo è possibile solamente se facciamo esperienza di “essere noi stesse salvate”, come dice san Paolo: “Per grazia siete stati salvati mediante la fede e questo non viene da voi, ma è opera dello Spirito Santo” (Ef 2). La missione non viene da noi. È dono di Dio. Non viene dalle nostre opere, è opera di Dio. La missione è una grazia, un dono che viene dall’alto.
La volontà è questione relazionale. Posso compiere il mandato solo rimanendo in relazione con il Padre. “Come il Padre dà la vita così il Figlio dà la vita” e ti chiede di rivelare la vita. L’uomo vecchio è chiuso in se stesso, non rivela la vita.
Se la missione è rivelare il volto di Dio, è necessario verificare sempre la nostra volontà. La volontà propria è il più grande ostacolo alla missione. La natura della persona umana è corrotta dal peccato, anche la nostra volontà è corrotta, ma noi la difendiamo finché non abbiano conosciuto la volontà di Dio che è amore. La volontà di Dio mi raggiunge quando io lo desidero e soprattutto quando sperimento che la mia volontà vuole ma non può. L’amore di Dio mi trasforma da individuo a persona, da schiavo a figlio, da tenebroso a luminoso. Quando scopro l’amore di Dio per me quello che ricevo io lo posso donare.
Il tralcio porta frutto solo se rimane unito alla vite: ecco la necessità di accogliere la vita divina, lasciar vivere in noi lo Spirito Santo che è comunione. “A quanti lo hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio”.
Marina Strenfelj si sofferma poi sulla maternità spirituale, tanto importante quanto necessaria perché “essere madri significa dare la vita” e la missione è dare la vita filiale, la vita eterna!
Giornate intense di contenuti per riflettere, pregare e aprire orizzonti di vita nuova. Grazie!
sr Orsola Bertolotto, Muriladine di san Giuseppe
Consigliera USMI Nazionale
In allegato le relazioni del Convegno
cesarato_la-via-per-eccellenza-1-cor-13
manicardi_annunciare-il-vangelo