Sono state circa 1.000 gli economi ed econome generali arrivate a Roma dal 25 al 27 novembre c.a. per partecipare al Secondo Simposio Internazionale sull’economia organizzato dalla Congregazione per gli Istituti di Vita consacrata e le Società di vita Apostolica presso l’Auditorium della Pontificia Università Antonianum.
“Nella fedeltà al carisma ripensare l’economia degli Istituti di Vita consacrata e le Società di vita Apostolica”: questo il tema del convegno, che ha continuato il percorso di riflessione sull’amministrazione dei beni iniziato nel 2014. A seguito del Primo Simposio Internazionale, il Dicastero per la Vita consacrata aveva redatto un testo con le Linee orientative per la gestione dei beni degli Istituti di vita consacrata e le Società di vita Apostolica, in cui si legge: «la formazione nella dimensione economica, in linea con il proprio carisma è di fondamentale importanza affinché le scelte nella missione possano essere innovative e profetiche».
All’inizio del Simposio il Cardinale João Braz de Aviz, Prefetto della Congregazione per gli Istituti di Vita consacrata e le Società di vita Apostolica, salutando i partecipanti giunti da tutto il mondo, ha auspicato che “questi giorni di riflessione possano condurre ad una conversione del cuore che porti i consacrati e consacrate ad essere professionali e a mettere in pratica i valori del Vangelo anche nel campo dell’economia”. «A noi consacrati e consacrate Papa Francesco – ha detto – chiede due realtà in rapporto all’economia: competenza professionale e valori evangelici».
“Il denaro deve servire e non governare!” ha ribadito anche Mons. José Rodríguez Carballo, OFM, Arcivescovo Segretario CIVCSVA: i beni della Chiesa devono servire a migliorare e sfruttare meglio le risorse che la Provvidenza ha messo a disposizione e a sviluppare in modo più efficace la missione di servire Cristo e i poveri. “In questa coerenza, si gioca la credibilità del Vangelo che abbiamo professato”, ha detto Mons. Carballo, e ha sottolineato l’importanza di non separare la gestione economica dalla logica del dono. Lo sviluppo economico, infatti, ha bisogno di essere autenticamente umano e di dare spazio al principio di gratuità come espressione della fraternità.
“Il denaro deve servire e non governare!” ha ribadito anche Mons. José Rodríguez Carballo, OFM, Arcivescovo Segretario CIVCSVA: i beni della Chiesa devono servire a migliorare e sfruttare meglio le risorse che la Provvidenza ha messo a disposizione e a sviluppare in modo più efficace la missione di servire Cristo e i poveri. “In questa coerenza, si gioca la credibilità del Vangelo che abbiamo professato”, ha detto Mons. Carballo, e ha sottolineato l’importanza di non separare la gestione economica dalla logica del dono. Lo sviluppo economico, infatti, ha bisogno di essere autenticamente umano e di dare spazio al principio di gratuità come espressione della fraternità.
Carisma, Fedeltà, Ripensare l’economia. Su questi tre punti si è articolata la riflessione di papa Francesco nel messaggio indirizzato ai partecipanti al secondo Simposio internazionale sull’economia. Il Santo Padre ha ribadito un concetto a lui caro: nella Chiesa i carismi non sono “pezzi da museo”, né nulla di “statico” o “rigido”. I carismi vanno considerati una “realtà viva”, quindi chiamata a “fruttificare”. Si è poi soffermato sul tema della “gratuità” e del “dono”, parole che non si possono “relegare nella sfera privata e religiosa”, laddove l’economia e la sua gestione non possono mai essere “eticamente e antropologicamente neutre”. Senza la “charis”, una società finisce “disumanizzandosi”, generando “situazioni di esclusione e rifiuto”. È importante anche, ha ribadito il Papa, non lasciarsi “sopraffare dalla logica diabolica del guadagno”, poiché “il diavolo spesso entra dal portafoglio o dalla carta di credito”. Ha suggerito di “leggere le domande per rispondere”, di ascoltare il pianto per consolare”, di “riconoscere le ingiustizie per condividere anche la nostra economia”, di “discernere le insicurezze per offrire pace” e di “guardare le paure per rassicurare”. È fondamentale, ha aggiunto il Santo Padre, “chiedersi se le nostre opere manifestano o no il carisma che abbiamo professato, se rispondono o no alla missione che ci è stata affidata dalla Chiesa. Il criterio principale di valutazione delle opere – ha proseguito – non è la loro redditività, ma se corrispondono al carisma e alla missione che l’istituto è chiamato a compiere”. Ha auspicato un ripensamento dell’economia “attraverso un’attenta lettura della Parola di Dio e della storia”, ascoltando il “sussurro di Dio” e il “grido dei poveri”, in particolare dei “nuovi poveri”, ridando “dignità a persone vittime dello scarto, deboli e fragili: i nascituri, i più poveri, gli anziani malati, i disabili gravi”. Ha denunciato la “logica dell’individualismo” che “può intaccare anche le nostre comunità” ed ha sollecitato una “gestione oculata e un controllo sulla gestione non improvvisati”, tenendo sempre fermo il principio per il quale ci “si serve del denaro e non serve il denaro”, se non si vuol renderlo lo “sterco del diavolo”. Gli incaricati di gestire l’economia di un istituto religioso devono essere “astuti come i serpenti e semplici come le colombe (cfr Mt 10,16)”, ovvero essere dotati di quella “astuzia cristiana” che “permette di distinguere fra un lupo e una pecora, perché tanti sono i lupi travestiti da pecore, soprattutto quando ci sono i soldi in gioco”. La parola del Papa si fa poi sempre più esplicita: “Quanti consacrati continuano ancora oggi a pensare che le leggi dell’economia sono indipendenti da ogni considerazione etica? Quante volte la valutazione sulla trasformazione di un’opera o la vendita di un immobile è vista solo sulla base di un’analisi dei costi-benefici e valore di mercato? Dio ci liberi dallo spirito di funzionalismo e dal cadere nella trappola dell’avarizia!”. E in conclusione afferma che “L’ipocrisia dei consacrati che vivono da ricchi ferisce le coscienze dei fedeli e danneggia la Chiesa”(A.S.). |