La non violenza: stile di una politica per la pace, tema scelto da Papa Francesco per la Giornata della Pace 2017, indica la pace come fondamento di una società – nazionale che internazionale – nella quale vengano rispettati i diritti della vita, l’accettazione della diversità, l’uguaglianza tra gli uomini di ogni età, categoria sociale, religione; in cui venga salvaguardata la natura di ogni vivente, sia esso uomo o animale.
Costruire la società sulla pace
La pace e la violenza affondano le radici nel cuore umano. Se la prima è da coltivare, alimentare ed estendere, la seconda è da combattere ed estirpare. Sempre e dovunque. A partire dalla propria esistenza; a partire dalla famiglia, cuore pulsante della società.
“La pace e la violenza sono all’origine di due opposti modi di costruire la società” (cf Messaggio). Se la violenza è all’origine di sopraffazioni, di lotte e violenze, di guerre e morti, la pace è in grado di offrire e coltivare relazioni di rispetto, di accoglienza, di dialogo, di collaborazione.
Punto l’obiettivo della macchina da presa su quanto oggi stiamo vivendo, alla violenza che alberga nell’animo umano, ai focolari di guerra che si accendono e fioriscono nelle famiglie e nelle varie nazioni, spesso alimentati da interessi celati di potere e di dominio. Passano le immagini: sono volti di persone, bimbi denutriti e abbandonati, corpi massacrati, case e i paesi distrutti. L’obiettivo riprende altre scene: persone curve su chi chiede aiuto, mani e sguardi che si incrociano… Rivedo le immagini e le scene. Sono un invito alla riflessione, a un impegno sincero e duraturo.
Il Messaggio di papa Francesco ci aiuta e ci accompagna in questa riflessione. Egli ha una visione globale del mondo, di quanto esiste e vibra in esso, delle conseguenze nefaste della violenza su persone e popoli indifesi, dell’incapacità di amministratori – locali, nazionali e internazionali – a far rispettare la dignità e la libertà, i diritti inalienabili della persona e dei popoli; a combattere la povertà, lo sfruttamento del suolo e delle persone. E invita a un cambiamento di rotta, a impugnare le armi della pace, impegnandosi a favore di quanti hanno fame e sete di giustizia, di verità e di amore fraterno. La pace è un diritto da alimentare, proteggere e difendere. E’ un diritto della persona come del gruppo sociale e di un popolo. Un diritto che le famiglie, la scuola, i governi hanno il dovere di salvaguardare, e di opporsi a quanti tentano di distruggerlo. Essa “ha conseguenze sociali positive, e consente di realizzare un vero progresso” (cf Messaggio).
Educare alla non violenza
Di fronte ai molteplici scenari di guerre, alle innumerevoli violenze nei confronti di donne e bambini, agli stupri e ai femminicidi, alle torture e all’istigazione alla violenza, di fronte al commercio – spesso clandestino – di armi e di droga, la domanda è d’obbligo: perché tanta violenza? Come si può arginare questo cancro della società? Una prima risposta arriva dall’opera educativa, quindi dalla scuola. Ma non solo! Prima della scuola e a supporto della scuola c’è l’opera importantissima del focolare domestico.
Educare alla pace implica e suppone l’eliminazione della violenza; equivale a educare alla ‘non violenza’. E’ stato scritto: “La non violenza è politica e la politica è non violenza”. La non violenza è un metodo di “lotta politica” pacifica e pacifista: consiste nel rifiuto di ogni atto di violenza.
La politica, avendo a cuore il bene comune e la costruzione della società, nasce come argine a ciò che vi si ostacola. Suo è il compito di assicurare la possibilità di avere quanto è necessario per la propria crescita fisica, intellettuale, etica, morale, spirituale, e di guardare al futuro con fiducia e speranza. Solo governando il dominio dell’uomo sull’uomo, di un popolo su un altro, è possibile immaginare e costruire un futuro per l’umanità.
Sovente la politica ha dimenticato la sua nobile natura e si è fatta essa stessa violenza, dominio; ha creato lotte sociali, imperialismo; ha perseguitato lo straniero, ha innalzato muri, ha creato camere a gas, bomba atomica e armi di distruzione sempre più nocive per l’uomo e la natura. E non raramente la politica ha addormentato le coscienze, presentando come difesa lecita atti di vero dominio e violenza. C’è bisogno del risveglio delle coscienze, di aprire gli occhi e il cuore davanti a quanto accade accanto a noi, nella nostra società e fuori dei nostri confini: le molteplici guerre dimenticate, o non conosciute, in Africa, in Asia, in America Latina, sono un pressante invito alla politica e a ognuno di noi a non dimenticare, ad agire!
Il principio del rifiuto della violenza – respiro di ogni pagina del Vangelo è stato caldeggiato, vissuto e suggerito da Mahatma Gandi, e da Martin Luter King.
Gandi scrisse: “Tre quarti delle miserie e delle incomprensioni del mondo scompariranno se riusciremmo a metterci nei panni dei nostri avversari e comprendere il loro punto di vista. Potremmo venire rapidamente a un accordo con i nostri oppositori o avere nei loro panni un atteggiamento di carità”. E la carità, scriveva san Paolo, è benigna, tutto scusa, tutto sopporta; la carità sa comprendere e perdonar, ma sa anche essere forte con chi la combatte e la calpesta; sa accogliere il povero e il rifugiato; sa intraprendere scelte coraggiose per salvaguardare i diritti di tutti e “ottenere la risoluzione di controversie attraverso il negoziato” (cf Messaggio) sia che si tratti di controversie personali che sociali, politiche e religiose. Educare alla nonviolenza è educare alla pace, ed è cammino sicuro per costruire la pace.
sr anna pappalardo