L’amore più forte è quello capace di dimostrare la propria fragilità.
Paulo Coelho
L’amore è verità. Innanzitutto verità di sé. Del proprio essere, dei propri limiti e delle proprie potenzialità. L’amore è obiettività. Obiettività nei giudizi, nell’espressione dei propri pareri, del proprio pensare. Perciò l’amore non è fantasia. Non è neppure semplicemente desiderio. L’amore è concretezza; l’amore o è dimostrabile o non è amore.
L’amore portato alle estreme conseguenze porta a considerare tutti fratelli, anche i nemici. Amare è trasformare la cultura della vendetta in cultura di pace, di armonia, di dialogo. È come far combaciare parti distanti. Amare è usare l’arma disarmante della fraternità e della tenerezza.
Amore è compassione e la compassione non è il sentimento dei deboli, è condivisione piena della vita, anche delle fragilità; non è onnipotenza; non è infallibilità. Il ritenersi onnipotente, onnisciente, infallibile pone a rischio di collasso chi si ritiene tale e chi gli vive accanto. Chi si ritiene tale non è capace di amore; attorno a sé suscita lontananza, freddezza, indifferenza.
Nel groviglio delle croci esistenziali, l’amore porta a condividere la sofferenza, a piangere insieme perché esso genera prossimità; amore è provare turbamento di fronte al dolore altrui. Gesù, di fronte alla morte di Lazzaro e alla sofferenza delle due sorelle, piange perché li ama. Gesù nell’orto del Getsemani, mentre sta dando inizio al momento più tormentato della sua vita, accorre agli apostoli; li trova addormentati. Con schiettezza e delusione pone una domanda: “Non avete potuto vegliare un’ora con me?”.
Gesù ammette la propria fragilità; si scopre inetto nell’affrontare da solo una sofferenza brutale, la stessa solitudine. Ha bisogno della presenza di qualcuno tra quelli che gli erano stati vicini in precedenza, che lo hanno amato e che egli stesso ha amato sino a renderli partecipi della propria missione; per questo va a cercare i tre prediletti che avevano condiviso con lui fatiche, delusioni, incomprensioni soprattutto da parte dei farisei, e un momento di gloria sul Tabor…
Necessita della loro preghiera, della loro presenza, della loro vicinanza; dà prova della propria umanità fragile. Non la nasconde. Di fronte a Pilato, quasi manomesso, umiliato, difende la propria identità regale. Nel suo viaggio al Calvario una donna gli si avvicina e gli asciuga il volto. Lui, cadente, la premia e imprime il proprio volto in quel telo.
Accettare e ammettere, anche di fronte al prossimo con cui si condivide parte o tutta la vita, le proprie debolezze senza false o insulse difese, è prova di quello che effettivamente si è; è prova di rispetto per l’altro, di delicata attenzione, quindi di amore.
sr Biancarosa Magliano
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