La vera felicità è la pace con se stessi. E per averla non bisogna tradire la propria natura. (Mario Monicelli)
Siamo tutti ricercatori; ricercatori di scienza, di verità, di amore, di benevolenza, e davvero e non per ultimo, siamo ansiosi ricercatori di felicità. E’ un bisogno profondo, inalienabile, immediato e continuo perché è il destino ultimo di ogni esistenza umana. A volte è una ricerca profondamente ansiosa. Altre è una ricerca più tranquilla, forse meditata. Ma vorremmo davvero esseri felici. E’ comunque doveroso credere che non possiamo pensare di essere pienamente felici soltanto quando avremo conseguito un preciso e determinato traguardo; quando avremo forse acquistato un bene non ancora posseduto, ma atteso, o quando avremo raggiunto una posizione sociale di prestigio; o, ancora, quando avremo superato difficoltà relazionali, esigendo giustizia con parenti, vicini di casa o colleghi di lavoro.
La felicità è un bene profondo che ha le sue radici nella giusta stima di sé, dei propri valori, delle proprie potenzialità intellettuali, affettive e decisionali, che vengono valorizzate nel momento e nel modo opportuno, nella concreta vita quotidiana, nei momenti di solitudine o di relazioni. L’immediatezza e l’istintività normalmente non sono consigliere plausibili. Come possono non esserlo alcuni opportunismi, tergiversazioni, doppi giochi, insulsa ricerca di stima, in cui non c’è chiarezza e neppure verità e nei quali abbia importanza soltanto un’esclusiva difesa di sé.
Felicità vera è saper ascoltare benevolenti; l’ascolto apre la mente, gli orizzonti, le conoscenze. In sintesi rende più ricchi di cultura. E la ‘cultura’ è un bene inestimabile. Felicità pertanto è saper essere veri con se stessi, ammettendo e accettando i propri limiti e i propri disinganni, e senza rinnegare le proprie capacità, le mete raggiunte, i successi avuti.
Felicità è accettare di vivere in umiltà sino alla spoliazione di sé quando ciò è richiesto dal dolore o dalla esaltazione del prossimo. Sono i momenti in cui è richiesto il nascondimento, la morte personale, perché l’altro viva e viva nel benessere, nella gioia, viva in pienezza la propria esistenza. Perché, come è scritto nel Testo Sacro, “non c’è ricchezza superiore alla salute del corpo e non c’è felicità più grande della gioia del cuore” (Sir 30,16).
Felicità è godere dell’oggi, senza rimpianti inutili per il passato, e senza sogni illusori per il futuro. “La felicità – ha scritto Phil Bosmans – si trova lì, vicina, molto vicina”. E ha aggiunto: “non c’è nessun ascensore che porti verso la felicità. Bisogna servirsi della scala”. Della scala della propria vita. Giorno dopo giorno. Ora dopo ora. Oggi e domani. Felicità nel tempo che è preludio di quella felicità senza fine e senza limiti che vivremo al cospetto di quel Dio Trinità che è, esso stesso per essenza, felicità infinita.
sr Biancarosa Magliano, fsp
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