Rimettere il lavoro al centro
In pochi, ma densi termini è espressa la finalità della “48ª Settimana sociale dei cattolici italiani” (Cagliari, 26-29 ottobre 2017). Il giorno 23 marzo c. a. ne sono state presentate le “Linee di preparazione”. In esse è chiarito che questa settimana non intende essere “un convegno come tanti”, bensì la “tappa di un percorso, già cominciato nei mesi precedenti e destinato a continuare”. Gli organizzatori, con forte sensibilità per la situazione molto precaria del lavoro e dei lavoratori in Italia, intendono proporre “all’intera società italiana una direzione di marcia per contribuire a trovare una strada” che porti fuori “dalla crisi in cui versa da troppi anni”. Esprimono, in sintesi, vicinanza “a quanti soffrono per aver perso il lavoro o perché non riescono a trovarlo”, e intendono, insieme, “cercare soluzioni e avanzare proposte”.
Queste “linee di preparazione”, firmate dal presidente del Comitato scientifico e organizzatore, l’arcivescovo di Taranto, mons. Filippo Santoro, e sono state, al termine della sessione primaverile del Consiglio permanente della CEI. Il tema specifico suona così: “Il lavoro che vogliamo. Libero, creativo, partecipativo e solidale”. Esso, ammettono gli organizzatori, risponde all’esigenza di “rimettere il lavoro al centro delle nostre preoccupazioni quotidiane a motivo dell’ineliminabile dimensione sociale dell’evangelizzazione”.
Nel testo vengono segnate alcune criticità già di per sé evidenti: il “gravissimo problema della disoccupazione giovanile” – che coinvolge 3 milioni di giovani, a cui si aggiunge la peggiore situazione dei giovani tra i 15 e i 29 anni che “non studiano, non si formano e non lavorano” e di quanti hanno un “lavoro precario prestato irregolarmente… non protetto, non sicuro e non retribuito”. A tal riguardo, la nota pastorale afferma che “una gravità particolare riveste la situazione del Mezzogiorno” a cui è doveroso aggiungere la dimensione problematica connessa al lavoro femminile e alle sue implicanze sulla vita familiare. Altra problematica che verrà affrontata durante la settimana è la “distanza tra il sistema scolastico e il mondo del lavoro” giacché il nostro Paese è intrappolato “in uno schematismo che, separando rigidamente il momento formativo da quello lavorativo, comporta un divario tra la domanda di competenze delle imprese e i profili in uscita da scuole e università”.
Altra particolare attenzione il documento la pone su l’innovazione tecnologica che mentre, “può aiutare a risolvere o mitigare i conflitti tra lavoro e ambiente nella cura della casa comune”, dall’altra parte – nota lo scritto – “per gestire queste nuove forme di lavoro sarà necessario, per il lavoratore, avere un equilibrio umano e spirituale solido”, perché “far coincidere nello stesso luogo il lavoro, gli equilibri relazionali, affettivi e familiari potrebbe essere un fattore di crisi”, come pure “una disordinata gestione del tempo potrebbe appiattire sul lavoro anche quei momenti di riposo mentale, di gratuità e di lucidità di cui la vita ha bisogno”.
Una settimana impegnativa, dunque, che merita tutta l’attenzione e l’interesse di chi per vocazione è chiamato in modo specifico a offrire il proprio apporto per una società sempre più matura e, pertanto, più giusta (B.M.).