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“Con” e “In”= Vita nuova

Vangelo: Lc 24,13-35
30 aprile, arcabasEd ecco, in quello stesso giorno il primo della settimana due dei discepoli erano in cammino per un villaggio di nome Èmmaus, distante circa undici chilometri da Gerusalemme, e conversavano tra loro di tutto quello che era accaduto. Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo. 

Ed egli disse loro: «Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino?». Si fermarono, col volto triste; uno di loro, di nome Clèopa, gli rispose: «Solo tu sei forestiero a Gerusalemme! Non sai ciò che vi è accaduto in questi giorni?». Domandò loro: «Che cosa?». Gli risposero: «Ciò che riguarda Gesù, il Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; come i capi dei sacerdoti e le nostre autorità lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e lo hanno crocifisso. Noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele; con tutto ciò, sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; si sono recate al mattino alla tomba e, non avendo trovato il suo corpo, sono venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. Alcuni dei nostri sono andati alla tomba e hanno trovato come avevano detto le donne, ma lui non l’hanno visto». 

Disse loro: «Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?». E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui.

Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. Ma essi insistettero: «Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto». Egli entrò per rimanere con loro. 

Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma egli sparì dalla loro vista. Ed essi dissero l’un l’altro: «Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?». 

Partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone!». Ed essi narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane. 

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«I loro occhi erano incapaci di riconoscerlo». Eppure era lì, in carne e ossa, al loro fianco! Quanto esprime questa frase della nostra vita cristiana! Affaccendati in mille cose, buone, sante, necessarie. Ma il nostro cuore è incapace di riconoscerlo. Questo è il vero problema. Non il fallimento, la debolezza, neppure la sofferenza e la morte. Situazioni dolorose, a volte al limite dell’umano. Ma il vero dramma per un cristiano è quando non è più capace di riconoscerLo, di vedere il passaggio di Cristo anche lì, dove non lo cercheresti mai. Chi si sarebbe mai immaginato di trovare Dio, grondante sangue, appeso a una croce?

Il mondo grida al disastro, alla tragedia, alla sconfitta, al fallimento. E ha ragione. Quante volte, innanzi ai drammi della nostra esistenza, gli abbiamo chiesto: «Dove sei?». E Lui, presenza discreta, silente ma non assente, si fa accanto e ci cammina a fianco. Dall’inizio alla fine della sua vicenda terrena egli si rivela come l’Emmanuele, il Dio-con. Come compagnia certa per la nostra vita. E in quel “con” si rivela il senso della sua e nostra vita terrena.

Con-Dio: sì, perché egli è venuto a mostrarci un Padre che non tollera distanze; anzi copre la distanza massima, quella tra la vita e la morte, lasciando inchiodare il Figlio in croce perché entrasse – morto – nell’abisso della morte. “Con” anche nel luogo per Dio più inaccessibile, la tomba!

Con-l’uomo: fianco a fianco, in mezzo alle discussioni, litigiose perché chiuse e deluse; presenza discreta e forte nella parola che apre alla speranza; definitivamente accanto e dentro nella consegna di sé rinnovata nello spezzare il pane.

Al discepolo, alla Chiesa intera, a ciascuno di noi è chiesto un ripasso della grammatica del cuore e della fede. È la liturgia il luogo privilegiato, scuola gratis e aperta a tutti, in cui sperimentare in noi che la preposizione “con” può diventare vita nella nostra vita. È proprio nello spezzare il pane che i due – e ogni cristiano – partecipano al “con” di Cristo con la sua Chiesa, lo accolgono, lo comprendono sempre più e se ne lasciano impregnare ogni angolo della propria persona. Allora si può essere certi che nella solitudine, nei fallimenti, nel dubbio, nel buio, a volte nella disperazione, c’è un “con” talmente forte che – solo – può scuotere e ridare vigore ai piedi e calore al cuore.

A quel punto Lui non si vede più. Ma non è sparito. Ha solo cambiato preposizione. Ora è “in”. È la vita nuova, quando Cristo vive in me (Gal 2,20). Per sempre. Anche quando sembra voler andare per un’altra strada, più lontano.

sr Paola Rizzi, SASS

suorpaola@adoratrici.it