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Un piccolo cenobio in Cappadocia

BETANIACasa Betania

Un po’ di storia

Sedici secoli fa, il cristianesimo viveva il suo momento aureo. La fine delle persecuzioni, il passaggio da religio illicita a licita prima, e a religione ufficiale dell’impero poi, il decollo della riflessione teologica a seguito del diffondersi di varie eresie, fecero del IV secolo quello della svolta. A quell’epoca in Oriente, l’Anatolia era una delle fucine del monachesimo, annoverava personalità di primordine per santità e cultura, era sede di prestigiose scuole, vantava esperienze caritative e pastorali innovative. In quella regione, emergeva la Cappadocia sia per l’incantevole bellezza naturalistica che per la statura dei suoi teologi. Lì videro i natali alcuni tra i più grandi Padri della Chiesa: Basilio di Cesarea, suo fratello Gregorio di Nissa e Gregorio di Nazianzo, che ebbero un ruolo cruciale nell’elaborazione teologica sulla persona dello Spirito Santo. Accanto a loro, un numero impressionante di eremiti, monaci e missionari, come i giovani Sisinio, Martirio e Alessandro, che furono poi trucidati nella trentina Val di Non. Allora, l’Anatolia risplendeva di cristianesimo e l’Italia in certe aree era ancora terra pagana.

Nel milleseicentesimo anniversario del martirio dei tre giovani missionari, l’Arcivescovo di Trento volle esprimere la gratitudine della chiesa trentina a quella dell’Anatolia aprendo in Cappadocia, a Uçhisar, una piccola comunità di preghiera. L’intento dichiarato di tale gesto era di ristabilire un legame con la terra da cui il Trentino aveva ricevuto il dono del Vangelo. In tre dunque si trasferirono nella “terra dei bei cavalli” – questo il significato dell’antica parola persiana “Cappadocia” – famosa per le sue caratteristiche cime a camino di fata, mèta di turisti e pellegrini da tutto il mondo. Si tratta di tre fratelli della Fraternità di S. Valentino di Ala (TN), che scelsero di essere presenti a Uçhisar per nove mesi l’anno, con uno stile monastico semplice, fatto di preghiera, lavoro manuale, dialogo con i vicini di casa e pellegrini di passaggio. I tre si posero così nella scia del monachesimo cenobitico del grande Basilio, ancora ben visibile nelle rovine di migliaia di chiese rupestri e monasteri. Chiese e monasteri erano parte integrante di un sistema di orti, ruscelli deviati, terrazzamenti, piccionaie per raccogliere fertilizzante. La gente portava cibo ai monaci per sostenerli nella loro vita ascetica, e la preghiera di questi aiutava la comunità a tenere lontano il male e a propiziare il raccolto. Una perfetta coabitazione, ancora oggi valida.

Oggi, dopo ventidue anni, i fratelli di S. Valentino, per il diminuito numero non assicurano il loro servizio. Pertanto il vescovo dell’Anatolia cerca persone che continuino questa bella presenza.

La Cappadocia oggi

Paesaggio dal fascino fiabesco – riconosciuto patrimonio dell’umanità dall’UNESCO – la Cappadocia rimane intrisa di preghiera e permeata di spiritualità. Proprio per questo, molti, di varie religioni, ne sentono il richiamo e vi si recano in cerca di silenzio contemplativo. Ci sono anche molti rifugiati cristiani nella zona, sia iracheni che siriani, senza chiese né pastori. Da marzo a ottobre poi, non mancano pellegrini – singoli e gruppi – che chiedono una cappella per raccogliersi in preghiera e celebrare l’Eucarestia.

Attualmente, in tutta la Turchia non esiste una comunità cristiana di tipo contemplativo e da più parti se ne è espressa la necessità. La Conferenza Episcopale di Turchia e la Nunziatura approvano caldamente il progetto.

 

Il progetto

Dopo la partenza dei membri della fraternità di S. Valentino, il Vicario Apostolico dell’Anatolia, mons. Paolo Bizzeti SJ ha deciso di acquistare la proprietà. Si tratta di una villetta di circa 600 metri quadrati, con giardino, posta all’entrata del paese e con una vista mozzafiato su antiche vestigia di chiese e monasteri.

La casa è in ottimo stato, dotata di sette camere, una cappella che può ospitare una trentina di persone, sala da pranzo ecc. Sono stati fatti periodici lavori di manutenzione e significative migliorie. Conta sulla presenza discreta di un custode esterno che da una ventina d’anni viene quotidianamente per una visita, per assicurare la vigilanza e aiutare nella manutenzione della casa e negli acquisti di quanto è necessario.

La casa si presta ottimamente per accogliere una piccola comunità di consacrate che possa continuare a svolgere, proprio al centro della vasta Turchia, il ministero dell’intercessione, della preghiera umile e del buon vicinato tra cristiani e musulmani. Questo tipo di presenza cristiana è ben accettata a Uçhisar e i vicini sono cordiali e ben disposti. Ancora più gradite saranno le donne, dal momento che nella mentalità locale gli uomini vengono più facilmente sospettati di proselitismo.

Inoltre, la casa potrebbe accogliere piccoli gruppi che vogliono fermarsi per una celebrazione, un tempo di preghiera o di ascolto di una testimonianza monastica. Il Vescovo Paolo garantirà regolari visite durante l’anno. Così egli si esprime: «Una comunità monastica femminile sarebbe l’ideale per rafforzare spiritualmente la presenza cristiana in questa terra di tanti Padri e Madri nella fede. La bellezza e tranquillità del luogo, così come la presenza quasi palpabile dello Spirito, certamente incoraggiano una vita contemplativa di cui si sentirebbero benefici anche nel monastero che decidesse di “distaccare” alcune sorelle in questa “succursale”; e qualche consorella del monastero madre, potrebbe ritrovare slancio grazie ad una permanenza di qualche tempo in questo luogo, in un contesto dove tutto porta a contemplare il Signore dell’universo. È necessario garantire una presenza di almeno nove mesi l’anno, rientrando in Italia durante il freddo inverno per gli Esercizi Spirituali, condividere con le consorelle, vivere momenti di aggiornamento, fare eventuali visite mediche, ecc. Ma si può anche restare tutto l’anno!».

 

Riferimenti di Mons. Paolo Bizzeti SJ:

email bizzeti@gmail.com

tel. +90 542 79 46 708 (con anche whatsapp e skype)