Questo è un tempo femminile.
La giustizia di Dio infatti è stata indebolita, ma la forza
che è in essa stilla e si pone come
guerriera contro l’ingiustizia, finché non sia sconfitta.
è una affermazione di santa Ildegarda di Bingen (1098-1179), donna dalle molteplici competenze e professioni. Scrittrice, drammaturga, poeta, musicista, filosofa, cosmologa, guaritrice, consigliera politica, profeta. In ognuno di questi ambiti ha dato ‘buona prova di sé’. E pertanto possiamo accettare le sue affermazioni.
Il suo (il medioevo) è il tempo in cui la donna è considerata un essere inferiore. Concetto elaborato e ammesso dalla stessa Chiesa.
Dalla nascita parte penalizzata. Il suo venire al mondo è visto come un infortunio. Cresciuta, le attività di sua competenza son due soltanto: attenzione alla casa e la procreazione. Concretamente per il comune pensare un essere soggetto alla fragilità, alla debolezza; per lei non conviene perdere tempo nel darle una formazione culturale adeguata. Cosicché per Ildegarda femminilità e debolezza sono sinonimi.
Dio – che è giustizia ed è amore – ha un progetto diverso. Secondo il testo sacro, l’uomo dalla cui costola era stata tratta la donna, nel momento in cui Dio gliela presenta dice: “Questa volta è osso dalle mie ossa, carne dalla mia carne. La si chiamerà donna perché dall’uomo è stata tratta”. Uomo e donna sullo stesso livello. L’uno accanto all’altra; mai l’uno sopra e l’altra sotto. Mai sudditanza dell’una nei confronti dell’altro. Uomo e donna, nelle loro oggettive, vere, differenze, sono esseri univoci. Dio lì creò sulla stessa lunghezza d’onda, sulla stessa lunghezza d’amore: diversi, ma ambedue a immagine e somiglianza di Lui, Dio, Uno e Trino Signore.
La storia rende sempre giustizia. Il camminare della storia fa esplodere quella stilla che rende omaggio alla giustizia di Dio, nel suo concepire la donna. Rende ragione alla verità, alla obiettività.
Gli ultimi secoli, soprattutto gli ultimi decenni sono gli anni della ricerca, del ripensamento perché sono gli anni della verità. Non si tratta di una semplice emancipazione, di affermazioni a fior di pelle. E’ un cammino di ricerca scrupolosa, di confronto maturo, fatto passo dopo passo, ma passo energico, volitivo, deciso, forse in alcuni momenti caparbio, perché la ricerca e la comprensione della verità non ammettono debolezze o ambivalenze.
È una acquisizione di chiarezze su identità e compiti. Grazie a studi metodici, a donne e uomini dal pensiero forte, dallo sguardo lungimirante, dalla capacità di fare sintesi tra passato e presente, da quell’astuzia che non teme né la sagacità, né l’onestà o la fatica dello studio. E la donna è attualmente vista nella sua identità; a lei vengono affidati uffici di alto impegno alla stesso livello dell’uomo.
Anche la Chiesa, come esperita e saggia Maestra di verità, sta affrontando da decenni la problematica con saggezza, ponderazione, confronto. Non teme il parere altrui, il contradditorio, il dibattito. Con senso concreto propone iniziative che ne favoriscano la valorizzazione nelle sue specificità caratteriali e identitarie.
Il Beato Paolo VI alla conclusione del Concilio Vaticano II mandò un messaggio anche alle donne…
Di san Giovanni Paolo II ricordiamo l’enciclica Mulieris dignitatem e la Lettera alle donne con saluto iniziale: A voi donne del mondo intero. Documenti di alto magistero, sui quali molto è stato scritto e detto.
Papa Francesco non fa mistero sul suo apprezzamento della donna. Molto è scritto, da credenti e non, sulla donna. Il tutto costituisce quel fare giustizia che rivendicava con acume poetico la nostra santa Ildegarda di Bingen nel primo millennio dell’era cristiana.
suor Biancarosa Magliano, fsp
biancarosam@tiscali.it