Dal Vangelo Gv 14, 15-21
Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete perché egli rimane presso di voi e sarà in voi.
Non vi lascerò orfani: verrò da voi. Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete. In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi.
Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui».
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Un vangelo di poche righe che ha potere di farci intravedere, oltre il velo, qualcosa del Mistero trinitario. Il Padre, il Figlio, lo Spirito sembrano fare a gara nell’amarsi, nel conoscersi, nell’entrare l’uno nell’altro, perché l’altro abbia un più di vita. Ma, cosa ancora più strabiliante, il discepolo riceve la promessa di poter partecipare di quella vita! Ricevendo lo Spirito Santo infatti, potrà entrare nella dinamica di amore per cui «Io sono nel Padre mio e voi in me e Io in voi».
E la nostra logica si perde… Un circolo di amore e di appartenenza reciproca in cui c’è posto anche per noi. Il passaggio alla novità della vita piena è che «ormai ogni distanza, ogni faccia a faccia sono soppressi: nella relazione personale dell’amore la dualità diventa unione. Si sostituisce così lo schema dell’interiorità, dell’inabilitazione, allo schema dell’esteriorità» (Léon Dufour).
Lungi dall’essere un nostro sforzo, la possibilità di dimorare nell’amore della Trinità è frutto della preghiera del Figlio rivolta al Padre. Gesù promette di pregare per noi, perché il Padre ci doni in abbondanza lo Spirito e noi lo possiamo accogliere. Ancora una volta il Signore ci sta dicendo che non è questione di bravura o di meritocrazia, ma di accoglienza, apertura, adesione al dono promesso dal Figlio.
Tutto questo è vero perché dono, ed è vero, dice Gesù, a una condizione: “se osserverete i miei comandamenti”. Il brano però chiosa con un’altra definizione: “chi osserva i comandamenti mi ama”. Amore e osservanza dei comandamenti sembrano essere sinonimi, perché, è ancora Giovanni a dircelo, il comandamento, quello suo (cf Gv 15,12), è l’amore. Qui sta riassunta tutta la vita cristiana: è la risposta all’amore di Cristo che mi ama e ha dato se stesso per me (Gal 2,20).
Il cristianesimo è essenzialmente amore. Dato e ricevuto.
Allora, anche per noi, è possibile passare da morte a vita; è possibile essere nella vita piena e vedere realizzata la promessa di Cristo «Io vivo e voi vivrete», perché, finalmente, amati, amiamo i fratelli (cf 1Gv 3,14). E la vita della Trinità si riflette nella concretezza della vita di ogni discepolo che ama, dona, serve. In una parola: che vive da figlio e da fratello. Tutto il vangelo finisce qui! Anzi, non finisce mai, perché l’amore non avrà mai fine (1Cor 13,8).
sr Paola Rizzi, SASS
suorpaola@adoratrici.it