Sensibili al dramma dei poveri con mentalità da ricchi?
Si può ricercare spiritualmente ciò che è senza prezzo in una economia sottoposta alla legge dei costi? Fare posto alla gratuità di un gesto in una civiltà di mercanti? Papa Benedetto XVI distingueva tra due tipi di povertà: una da combattere ed una da abbracciare. Ma davvero si possono conciliare? Sicuramente nessuno si scalda mai il cuore o si mette in viaggio in nome del pareggio di bilancio, debito, rispetto dei parametri… È anche vero che la ricchezza materiale spesso è un ostacolo al conseguimento della povertà spirituale (cfr.Mt 10,23).
La povertà scelta, invece, predispone ad uscire da se stessi e dilata il cuore. Chiaramente non si è poveri in un modo determinato, e non lo si è una volta per tutte. “Ci vuole una disposizione dell’animo che renda liberi nei confronti di tutto, anche della povertà”, rifletteva il cardinale Roger Etchegaray. In questo senso, forse è più difficile rimanere poveri che diventare poveri… Chi non conosce il morso di tale povertà sulla propria carne, non può, comunque, affinare il suo sguardo per riconoscere, nelle mutate situazioni di oggi, i ‘nuovi’ poveri. Nella società dei consumi la beatitudine della povertà appare oggetto di derisione. Eppure, se le miserie che vediamo intorno a noi sono grandi, nell’abisso delle situazioni più tragiche siamo anche testimoni di segni di fiducia operati dall’uomo. Purtroppo si parla poco di questa Europa, che 60 anni fa – quando è nata l’Unione – come oggi, ha sentieri nel cuore (cfr Sl 84,6) e cammina nella verità. Esiste e si realizza ogni giorno: sulla strada, nelle piazze, nei luoghi dove vive la gente. Per riconoscerla e darle voce occorre riportare la politica alle questioni vere che sanno della vita di tutti i giorni. E se la politica latita, tanti cittadini non si lasciano bloccare dalla paura, non si arrendono alla costruzione di muri; non si arroccano in difesa, ma si rimboccano le maniche… E quando gli adulti – messi così a nudo in tutta la propria umanità – camminano avanti a capo della carovana, i giovani li superano nel costruire un mondo nuovo.
….. Quello che Dio nel suo piano chiede ad ognuno nelle situazioni concrete è un mistero che va sondato. Per questo occorre una fede autentica e una preghiera quotidiana che diventi il vero combattimento dell’esistenza. Si sperimenta allora che la vita non è tempo che passa, ma tempo di incontro. E, tenendo conto delle piccole cose, si procede verso quell’orizzonte che non finisce mai. Il futuro dell’umanità, ricorda Papa Francesco, non è solo nelle mani dei politici, dei grandi leader, delle grandi aziende… Sì, la loro responsabilità è enorme. Ma il futuro è soprattutto nelle mani delle persone che riconoscono l’altro come un “tu” e se stessi come parte di un “noi”. Il che davvero è divino.
Luciagnese Cedrone
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