Riunioni vive… o faticosamente inutili?
Il problema è tutto nel modo in cui le riunioni vengono condotte e vi si partecipa. Semplicemente come consumatori? Come chiacchieroni che amano sentirsi parlare? O vacillando tra un ascolto inerte/servile e un’aggressività manifestata con la noia, la collera? Soprattutto: è possibile rendere gli incontri luoghi in cui ognuno, in tutta fiducia, si sente libero di dire quello che vive e pensa?… O che almeno – ognuno per la sua parte – tenda a questo?
Si è più intelligenti tutti insieme, che ognuno da solo. Questo è certo. Come è certo che il grido più profondo di ogni essere umano è una domanda di relazione; rivelare a qualcuno il suo valore, la sua bellezza è farlo risorgere… Sicuramente è necessario che i membri di una comunità possano ritrovarsi, perché vivendo non smettano di ‘nascere’. Ma in quale misura oggi le riunioni comunitarie sono un servizio che nutre le intelligenze e i cuori di ognuno?
In realtà ci vuole del tempo perché la propria fiducia negli altri e nella comunità cresca… Non s’impara certo in un solo giorno quell’ascolto pieno di rispetto e perfino di tenerezza che richiama ciò che nell’altro c’è di più bello e più vero; e dispone a rinunciare, per il bene comune, alle proprie piccole idee e progetti.
Non c’è nulla che pregiudichi la vita insieme come mascherare le tensioni, nasconderle dietro segni di cortesia, fuggendo, così, realtà e dialogo. Importante invece è che nelle riunioni ognuno abbia il tempo di esprimere se stesso, dire la sua opinione con la maggiore chiarezza e pace possibile… Finché alcuni hanno paura di esprimersi, è segno che ci sono progressi da fare! I contrasti spesso provengono dall’aver perso il senso dell’essenziale. Anche se possono rivelarsi una nuova chiamata alla fedeltà. Rimane vero che proprio la libertà dalle maschere e dalla paura, dalla cortigianeria e dall’ipocrisia ci fa abitazione di Dio. E la speranza. Nelle riunioni comunque bisogna saper soffrire; passare attraverso momenti di discussioni penose, a volte anche di lotta; dare un posto al silenzio e ai gesti simbolici; ascoltare per capire veramente quello che l’altro dice, soprattutto quando è in disaccordo; prendere la parola senza interrompere né attaccare… Perché la parola in realtà c’è per confermare il gesto e ciò che non è verbale. Li esplicita e prolunga. Ma sono lo sguardo, il modo di tenere la testa, il movimento delle mani… che possono dire ‘mi stai seccando’, o al contrario ‘sono con te’.
Imparare a tener conto di tutto questo – e molto altro – rende le riunioni luogo d’incontro. E Dio, a chi si lascia plasmare dalla fatica dell’ascolto senza negare ciò che nel proprio cuore è ancora irrisolto, sempre regala gioia. Rimettersi, comunque e continuamente, in cammino verso una comunione delle differenze e delle distanze, di sicuro produce Amore.
Luciagnese Cedrone
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