Fare amicizia con la morte?
La più grave epidemia del mondo contemporaneo – affermava il grande maestro R. Panikkar – è la superficialità, che fa vivere di ‘immediato’ e di ‘cose’ che non durano. Questo blocca la vita al bordo del Mistero e impedisce di riconoscere cosa significa essere umani. E l’uomo – fatto per essere coinvolto in un amore assoluto e incondizionato – si ritrova a sperimentare solo una tristezza infinita.
Ricercare il senso della morte?… sì, è necessario. Ma saremo mai capaci di trovarne uno che possa toglierci la paura? La morte ci svela il senso della vita in cui tutto è provvisorio e nulla vissuto pienamente. Una certezza, però, ridà calore di senso ad ogni situazione, provocata o solo subita dall’uomo: Dio è e rimane lì dove noi siamo, costi quel che costi. “Non c’è grido umano che non sia ascoltato da Dio” (Benedetto XVI), che porta a compimento ciò che nella nostra storia noi stessi -aprendoci all’amore verso gli altri – siamo riusciti a realizzare solo parzialmente. Lui non ha scarto né pattumiere nel suo progetto e nessun gesto umano d’amore va perduto. La risurrezione di Cristo – che certo non affrontò la morte come un bene desiderabile – rivela al cristiano che veramente l’Amore è più forte della morte. E se Gesù ha voluto sperimentare con noi l’intera assurdità della morte, essa non è l’estuario tragico nel baratro del nulla, ma l’ingresso nella piena comunione con Dio… Strada possibile solo per chi ha fede?
Oggi si tratta di ridare dignità alla morte, strappandola alla terra di nessuno in cui l’abbiamo confinata. Come possiamo credere in un Dio che ci ama incondizionatamente, se tutte le gioie e tutti i dolori della nostra vita sono alla fin fine inutili, se si perdono nella terra con il nostro corpo mortale? Quando si giunge alla profonda conoscenza interiore – più del cuore che della mente- che nati dall’amore, moriremo nell’amore, allora tutte le forme della morte perdono il loro potere ultimo su di noi. E se il Creatore ci ha amato così tanto da desiderare che noi facessimo esperienza della totale assurdità della morte, allora deve esserci una Speranza, qualcosa che supera la morte, una promessa che non è compiuta nella nostra breve esistenza. Lo stesso amore, che ci fa mormorare e protestare contro la morte, ci rende liberi di vivere nella Speranza. La fede, insomma, ci dà la liberante certezza che niente di ciò che noi facciamo nella nostra esistenza corporea va perduto; ci chiama a vedere e vivere ogni nostro singolo attimo come un seme di eternità. Il cuore e la mente di Dio superano la misura della nostra comprensione… Tutto ciò che a noi è richiesto è semplicemente avere fiducia in Chi è pronto ad accoglierci: sarà lì quando faremo il grande balzo. Basta solo stendere le braccia e le mani e avere fiducia, fiducia, fiducia.
Luciagnese Cedrone
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