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La Bibbia, il libro dei credenti nella Parola

Testamento, alleanza, berît: la parola dell’amore
Il titolo Bibbia è il nome che noi cristiani abbiamo dato alle Scritture Sacre. Questa parola proviene dal greco biblìa e significa un insieme di ‘libretti’. La Bibbia, come noi la conosciamo, è, infatti, un insieme di libretti di genere diverso: leggi, racconti, storie, preghiere, scritte in tre lingue: in ebraico, la maggioranza, in aramaico e in greco. La Bibbia cattolica contiene 73 libretti: 46 libri per l’Antico Testamento e 27 per il Nuovo Testamento. La Bibbia è una ‘biblioteca di libri sacri’. Per questo la Bibbia non può leggersi dall’inizio alla fine come se fosse un romanzo, ma in base a un criterio che tenga conto del tipo di libro e dell’interesse del lettore.
Il termine greco biblìa in latino è bìblia, che a differenza del greco è femminile singolare e denomina l’insieme di questi libretti. Da latino bìblia deriva il termine italiano Bibbia. La parola Bibbia indica il libro della nostra fede, perché sappiamo che in esso, anzi in essi, è contenuta la parola di Dio, rivelata nella storia. Attraverso questa Parola, ascoltata e compresa nell’oggi, Dio continua a parlare. I cristiani come anche gli Ebrei possediamo il libro sacro, ma sappiamo che non siamo i credenti nel libro perché non viviamo la religione del libro, ma siamo credenti che ascoltano la Parola/evento e vi rispondono. Mentre il Corano afferma di essere caduto dal cielo e i credenti vivono la religione del Libro; per la fede ebraico cristiana, la Bibbia è parola di Dio, ma frutto dell’ opera degli uomini che hanno scritto nella pienezza delle loro facoltà e di Dio che ha voluto che scrivessero quelle parole e in quel modo.
Due parti ma un’unica Parola
La Bibbia è suddivisa in due parti. La prima, detta Antico Testamento, è più ampia; la seconda più breve è il Nuovo Testamento. Il termine ‘testamento’ traduce la parola ebraica berît, che significa molto di più del termine ‘testamento’ inteso comunemente come la volontà ultima di una persona. Berit, termine chiave di tutta la Bibbia, indica la promessa di un dono speciale da parte di Dio e il conseguente impegno dell’uomo che accetta di osservare la legge di Dio, con tutto il cuore, perché ritiene che essa è dono di vita. La berît indica che Dio e l’uomo decidono di appartenersi l’un l’altro come amici e intimi. La parola ‘testamento’ va, dunque, compresa alla luce del termine originario berît tradotto anche come alleanza. Solitamente usiamo, quasi come sinonimi, i termini testamento e alleanza benché non lo siano perfettamente. Di qui la formula antico e nuovo ‘testamento’ o antica e nuova ‘alleanza’ . La parola ‘alleanza’ richiama l’evento al Sinai quanto Dio, per mezzo di Mosè, dona la sua legge e il accetta di viverla. Il termine alleanza appare la prima volta, esplicitamente, nel racconto del diluvio, quando l’umanità è salvata dalle acque che avevano sommersa la terra. Dio, dopo il diluvio, s’impegna a non distruggere mai più l’umanità peccatrice (cfr. Gen 6,18; 9,8-17). L’alleanza appare nel ciclo di Abramo e del popolo che da lui prende vita. Dio benedice Abramo e s’impegna a donargli una terra e una discendenza numerosa (cfr. Gen 15,18; 17,1-9). L’alleanza tra Dio e il popolo Israele, liberato dalla schiavitù egiziana, viene sancita al Sinai da Mosè con il rito del sangue, dopo aver letto ‘il libro dell’alleanza’ che presenta le condizioni per vivere in amicizia con Dio (cfr. Es 24,3-8). L’espressione «nuova alleanza» proviene da un oracolo del profeta Geremia, il quale, dinanzi alla realtà disastrosa dell’infedeltà del popolo, prevede che nel futuro Dio sancirà un’alleanza ‘nuova’ con Israele, che comprende il perdono, la responsabilità personale e un relazione di interiorità (cfr. Ger 31,31-34). Nella traduzione greca dei Settanta (LXX), questa nuova berît è detta « nuova disposizione » o « nuovo testamento» (kainē diathēkē). L’apostolo Paolo per indicare gli scritti attribuiti a Mosè li denomina «Antico Testamento » (cfr. 2 Cor 3,14-15).
La formula ‘nuova alleanza’ è ripresa nell’ultima cena, quando Gesù offrendo da bere ai suoi discepoli dice: «questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue, che viene versato per voi» (Lc 22,20; cfr.1 Cor 11,25; Eb 8,6-13; 9,15). Gesù nel suo sangue, che sta per essere versato sulla croce, compie l’alleanza annunziata da Geremia, che unisce Dio e la comunità dei discepoli e forma l’«Israele di Dio» (Gal 6,16). Dio non ha abolito l’antica alleanza, essa è parte fondamentale dell’unica storia della salvezza, attraverso la quale Dio, mediante Mosè e in Gesù, ha chiamato e chiama Israele e i cristiani a legarsi a lui, a farsi segno e strumento di salvezza per tutti gli uomini.
Con la formula impropria «antica alleanza» intendiamo il rapporto religioso privilegiato che Dio stabilì con il popolo, Israele; con «nuova alleanza» lo stesso rapporto, ma esteso, in Gesù, a tutti i popoli, di cui la Chiesa è segno. Tra le due alleanze vi è un’unità profonda: la prima è annuncio, promessa e preparazione della seconda. Per questo i cristiani conservano e venerano nella Bibbia sia i testi sacri del popolo ebraico sia i propri, come l’unico libro che contiene l’unica parola di Dio e l’unica salvezza in essa annunziata e attuata.
Gli scritti del Nuovo Testamento non si presentano mai come un’assoluta novità, ma si mostrano, al contrario, solidamente radicati nella lunga esperienza religiosa del popolo d’Israele, esperienza registrata sotto diverse forme in alcuni libri sacri, che costituiscono le Scritture del popolo ebraico. Il Nuovo Testamento riconosce ad essi un’autorità divina; riconoscimento che si manifesta in molti modi, più o meno espliciti. Le numerose citazioni delle Scritture ebraiche negli Scritti cristiani mostrano in modo chiaro che questi riconoscono l’autorità della Bibbia ebraica come rivelazione divina (cfr. Pontificia Commissione Biblica, Il popolo ebraico e le sue Scritture, n.3)
Una diversa terminologia per comprendere e includere
Per significare la validità perenne dell’antica Alleanza si propongono due formulazioni:
1. denominare la Bibbia degli Ebrei ‘primo’ testamento o ‘prima’ alleanza (cfr. Eb 8,7) per sottolineare così sia la priorità temporale rispetto alla ‘nuova’ sia la permanente validità per gli Ebrei di ogni tempo e la sua validità relativa per i cristiani (cfr. Dei Verbum, 14-16).
2. Denominare la Bibbia degli Ebrei ‘sacre Scritture del popolo ebraico’ e quelle cristiane ‘ sacre Scritture dei cristiani’, ben sapendo, comunque, che le Scritture ebraiche sono ispirate e dunque sono parola di Dio anche per i cristiani.
sr Filippa Castronovo, fsp