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Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo

Dal Vangelo di Marco           9,2-10

trasfigu1Sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli. Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù. Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati. Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: «Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!». E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro. Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai morti. Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti.

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L’episodio evangelico della Trasfigurazione di Gesù è certamente uno dei più studiati, commentati, approfonditi; ben a ragione, data la sua importanza nella vicenda di Gesù e per la nostra spiritualità.

Con tre dei suoi discepoli (Pietro, Giacomo e Giovanni), Gesù sale su un alto monte (probabilmente il Tabor, alto 582 mt.), e lì “fu trasfigurato”, letteralmente “fu trasformato”: le sue vesti divennero bianchissime e accanto a Lui apparvero Mosè ed Elia. In quel momento cioè Egli diventa il Signore luminoso e magnifico esaltato dal Salmo 75/76, a.5: Splendido tu sei, magnifico su montagne di preda) e muta il suo aspetto come Mosè il cui volto fu glorificato mentre parlava con Dio (cfr. Es.34,29) e come sarà per i giusti nel mondo futuro (Apoc. Baruch 51,3-10).

v.3 le sue vesti divennero splendenti, bianchissime……..; il primo termine si può rendere ancor meglio con “sfolgoranti”, perché il verbo greco corrispondente è riferito nell’A.T. allo splendore del sole e delle stelle (cfr. Dan.12,3); quindi è uno splendore accecante; quanto poi al colore bianco, ricordiamo che esso è simbolo dell’appartenenza al mondo celeste.

L’apparizione di Elia e Mosè (cioè i Profeti e la Legge o Pentateuco) accanto al Nazareno ha un’estrema importanza: essi testimoniano che Gesù è il compimento di tutto l’Antico Testamento, che promesse e profezie sono pienamente realizzate in Lui, che egli è il Messia tante volte annunziato e tanto atteso.

La glorificazione di Gesù è poi completata dalla voce del Padre che esce da una nube (consueto simbolo biblico della presenza di Dio), e che proclama: “Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!” (v.7 b)

I discepoli vedono dunque in Gesù, che fino a quel momento aveva condiviso con loro in semplicità la vita quotidiana, nientemeno che lo splendore della gloria di Dio e ne restano estasiati.

Ora, sulla scorta di alcuni fondamentali criteri di lettura e interpretazione della Bibbia, circa la pagina di Marco possiamo notare quanto segue.

L’episodio della Trasfigurazione richiama evidentemente altri due episodi di Cristofania (=

manifestazione di Cristo): il Battesimo (cfr. Mc.1,9-11 e paralleli) dove lo Spirito scende su di Lui

e il Padre lo proclama suo Figlio amato, e la Resurrezione, testimoniata dalle apparizioni di Cristo.

Questi tre episodi sono collocati all’inizio, al centro e al termine della missione di Cristo. Tale disposizione, unita al n° 3 (simbolo di totalità) vuole indicare come quella gloriosa e divina sia una dimensione fondamentale e permanente del rabbi di Nazareth.

Sempre ad uno sguardo complessivo della struttura del vangelo marciano, salta agli occhi un altro elemento ripetuto tre volte: i preannunci della passione, che troviamo in Mc.8,31, 9,31 e 10,33-34 (e nei passi paralleli dei sinottici): essi scandiscono l’unità letteraria di Mc.8,27 – 10,52 incentrata sui temi della identità di Gesù e della sua sequela. Dunque abbiamo ancora un elemento ripetuto 3 volte e ancora in punti-chiave del vangelo. Evidentemente si tratta di qualcosa di importanza pari a quella dei 3 episodi di glorificazione. Non solo, ma la loro disposizione diciamo così “interposta” o inframmezzata li mette in collegamento.

Ne deriva che la gloria di Gesù trasfigurato è intimamente legata alla gloria che Gesù otterrà, in forza della sua morte, nella resurrezione. E anche la sua messianicità è strettamente vincolata all’evento della croce e della resurrezione: al di fuori di quell’evento Gesù non può essere né capito né proclamato (di qui il famoso “segreto messianico” del vangelo di Marco).

Morte e resurrezione costituiscono infatti un mistero unitario da non scindere, pena la riduzione del Cristo alla sola umanità sia pure eroica (la morte) o alla sola divinità separata e lontana dall’uomo (la gloria pasquale). La trasfigurazione è quindi un’apparizione pasquale anticipata, destinata come quelle post-pasquali ad illuminare e a svelare alla Chiesa il mistero della morte e resurrezione di Cristo.

La lezione che emerge da questa pagina evangelica è davvero fondamentale per ciascuno di noi ed è di grande aiuto per affrontare adeguatamente uno degli scogli più duri e resistenti della nostra esistenza: il dolore, la sofferenza, le difficoltà che purtroppo segnano la vita di ogni uomo.

Ebbene, nella sua straordinaria misericordia, Dio ha voluto donarci una “carta di riserva”, un sostegno, una straordinaria consolazione: il pensiero che il dolore, il negativo, il male, prima o poi finiscono, mentre quella gloria-gioia indefettibile che è simboleggiata dalla luminosità sfolgorante di Gesù nella Trasfigurazione, è la sola che ha davvero l’ultima parola, sullo sfondo di una Vita che – come ha dimostrato il Signore nelle apparizioni – alla fine è sempre vittoriosa sulla morte e sullo sfondo di una gloria che sarà propria di tutti i giusti